BMW rafforza l’approvvigionamento delle celle per le batterie con una fornitura da 2 miliardi di euro con Northvolt. Questo nuovo contratto si aggiunge a quelli già stabiliti con CATL per 7,3 miliardi e con Samsung SDI per 2,9 miliardi. Dunque BMW ha ordinato un totale di 12,2 miliardi in celle.
Spina su 7 milioni di auto nel 2030
È quanto serve per sostenere una crescita della gamma elettrificata al ritmo del 30% all’anno. L’obiettivo è raddoppiare il mezzo milione di auto elettrificate su strada già dal 2021, nel 2023 avere 25 modelli (12 ibridi plug-in e 13 BEV) e arrivare a 7 milioni di unità complessive vendute per il 2030, due terzi elettriche.
La BMW ha iniziato dal 2014 con la i3 elettrica e la i8 ibrida plug-in. Oggi il 10% di auto alla spina vendute in Europa è riconducibile al gruppo tedesco (Mini compresa) con una quota del 13,3% per marca rispetto ad una media dell’8%. L’obiettivo è di raggiungere il 25% per il 2021, il 33% nel 2025 e il 50% nel 2030.
Batterie in proprio dal 2008
Il costruttore tedesco produce in casa le proprie batterie dal 2008 e prevede che nel 2030 la densità di energia raddoppierà. Tenendo fede al proprio nome, i propulsori sono prodotti in casa. Il powertrain Gen5 integrerà trasmissione, elettronica di potenza e motore privo di terre rare. C’è un accordo con Jaguar Land Rover.
La batteria sarà prodotta con elettricità al 100% da fonti rinnovabili. BMW condivide questo obiettivo proprio con Northvolt. Nell’azienda svedese la Volkswagen detiene il 20% e anche BMW è tra le finanziatrici attraverso la stessa operazione di raccolta condotta dalla banca d’affari, Goldman Sachs.
BMW presta anche attenzione alla stabilità, alla sostenibilità e all’eticità degli approvvigionamenti delle materie prime. Ha infatti stabilito un contatto di 540 milioni con Ganfeng per il litio dalle miniere di litio. Uno da 100 milioni con Managem regola invece la fornitura di cobalto dal Marocco.
Le novità si succederanno a ritmo frenetico. Hanno versioni ibride plug-in le Serie 2, 3, 5, 7, X1, X2, X3 e X5 coltre alla Mini Conuntryman. Sono elettriche l’antesignana i3, la Mini e l’ultima arrivata, la iX3. Recenti sono gli annunci per le versioni completamente elettriche di X1, Serie 5 e Serie 7.
Prima arriveranno la i4 e la iNext. La prima è una coupé 4 porte con un’autonomia di 600 km e uno 0-100 km/h in 4 s. La seconda è un suv con 600 km di autonomia e ricarica fino a 150 kW, come la iX3. BMW ha anche confermato che nel 2022 debutterà la i Hydrogen Next basata sulla X5 con tecnologia Toyota.
La strategia, al contrario di altri costruttori, prevede di sfruttare piattaforme comuni per ospitare più forme di propulsione. BMW include l’ibrido mild a 48 Volt ed esclude il full-hybrid che non è evidentemente funzionale all’obiettivo di ridurre drasticamente le emissioni secondo quanto richiesto dalla UE.
La neutralità? Ça va sans dire
BMW, al contrario di altre case, non ha annunciato obiettivi per il raggiungimento della neutralità di CO2. Ha però avviato progetti di riciclo per recuperare fino al 90% dei materiali contenuti nella batteria abbattendo l’emissione di gas serra del 40%. C’è anche un progetto per la “seconda vita”.
La prima auto elettrica di massa della storia è lei. Fu presentata nel 2009, in occasione del nuovo quartier generale a Yokohama. Ma nessuno guardava l’edificio perché di fronte c’era la Leaf: ‘Leading, Environmentally friendly, Affordable, Family car’ ovvero la ‘prima automobile da famiglia amica dell’ambiente e accessibile’.
In una parola: la Leaf. Un acronimo che più verde non si può. Da allora, ne sono state vendute quasi mezzo milione. La seconda generazione è arrivata nel 2017 con batteria da 40 kWh e motore da 110 kW, la versione e+ ha invece 62 kWh e 160 kW. Per avere un riferimento, la prima Leaf aveva 80 kW (+100%) e una batteria da 24 kWh (+250%).
Un’auto nata per essere una pietra angolare. Gli aspetti fondamentali da approfondire sono:
Lo stile
Abitabilità e capacità di carico
Plancia e materiali
Connettività
Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida
La batteria
La ricarica
Il motore
La guida
Il recupero di energia
Consumi ed autonomia
Le prestazioni
I prezzi
La clientela
Lo stile
La Leaf è lunga 4,49 metri, larga 1,79 e alta 1,53 con un passo di 2,70. Lo stile della seconda generazione è più “normalizzato” rispetto alla prima. Il messaggio di Nissan è: l’auto elettrica è il presente, non è nulla di diverso da quello che già esiste o da un’altra Nissan. Forse si poteva osare qualcosa di più. La tinta bicolore aiuta a snellire i fianchi e a rendere meno percepibile l’altezza del corpo vettura.
Abitabilità e capacità di carico
La Leaf da 62 kWh e quella da 40 kWh hanno abitabilità e bagagliaio identici nonostante una batteria di capienza superiore del 55%. La seduta del sedile posteriore è bassa perciò le gambe rimangono alte e questo riduce il comfort negli spostamenti più lunghi. Il bagagliaio da 420 litri è infossato e intralciato dal modulo dell’impianto audio Bose. I cavi (6 metri) sono all’interno di sacche sistemate lateralmente.
Plancia e materiali
La plancia è fatta di materiali piuttosto duri. La strumentazione ha il tachimetro digitale e, a fianco, un display multifunzione da 7 pollici. Tante le informazioni fornite, anche per la guida elettrica e la ricarica. Per scegliere quali controllare, occorre azionare i tasti sulla razza di sinistra del volante. Quest’ultimo è di diametro ridotto e parte bassa schiacciata, ma ha un’impugnatura sottile e il piantone è regolabile solo in altezza.
Connettività
Il nuovo sistema è su schermo da 8 pollici ed è aggiornabile over-the-air. Sono migliorate la definizione, la grafica, ma soprattutto la velocità di risposta. Anche le mappe, più chiare e complete, si aggiornano in tempo reale, anche per le colonnine di ricarica. Due manopole e due tasti fisici permettono di arrivare subito alle funzioni principali. Non sempre infallibile il sistema di riconoscimento vocale.
Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida
La Leaf e+ ha tutto quello che deve avere un’auto moderna. Il pulsante per avviare il cruise control adattivo non è molto intuitivo per la grafica, ma si individua per il colore diverso. Il menu ha una logica intuitiva e la strumentazione dà molte indicazioni. I sistemi di assistenza alla guida hanno le idee molto chiare, ma non sono mai eccessivamente invadenti. Il suono artificiale è disinseribile attraverso un pulsante.
Visibilità e maneggevolezza
Si vede su ogni lato senza problemi. L’unico problema viene dai montanti posteriori massicci. Funzionali i sensori, con indicazioni chiare sulle distanze dall’ostacolo. Molto chiaro il sistema di visione perimetrica con 4 telecamere. Merito sia della definizione dell’immagine sullo schermo sia del software che fornisce la visione dell’auto dall’alto. Molto utile anche il sistema di parcheggio completamente automatico.
La batteria
La prima Leaf aveva un’autonomia di 175 km con lo standard NEDC, oggi raggiunge i 385 km WLTP. Rispetto alla batteria da 40 kWh (192 celle in 24 moduli), quella da 62 kWh ha la stessa chimica (nichel-Manganese-Cobalto) e celle fornite sempre dalla AESC, ma ha una diversa ripartizione (288 celle in 16 moduli) e una densità energia/massa migliorata del 25%, ma con ingombri simili. La differenza di peso è di 150 kg.
La ricarica
Il caricatore di bordo è da 6,6 kW in AC e da 50 kW in DC. In questo caso la velocità varia in base allo stato iniziale. Se si parte da almeno il 50%, il picco di 46-47 kW si raggiunge intorno al 70%. Al 90% si marcia ancora a 30 kW, al 95% si scende a 11 kW e a 4 kW al 98%. Se si parte dal 20% o meno, il ritmo di ricarica rallenta in anticipo per l’aumento della temperatura della batteria raffreddata ad aria.
Il motore
La Leaf a un motore sincrono che eroga 160 kW tra 4.600 e 5.800 giri/min e una coppia di 340 Nm a 500-4.000 giri/min. Dunque 50 kW in più e solo 20 Nm in più rispetto all’altra versione, ma con caratteristiche di erogazione nettamente diverse: i 110 kW si trovano a 3.283-9.785 giri min con la “zona rossa” a 10.500 mentre il nuovo arriva a 11.330 giri/min, dunque ha sulla carta caratteristiche più sportive.
Ricarica
La porta di ricarica è di fronte, dietro uno sportellino che si sblocca dall’interno o tramite la chiave. Il vano ospita la presa CCS e la CHAdeMO ed è illuminato. Il processo di ricarica è riassunto dall’accensione di tre Led sotto il parabrezza. I tempi di avanzamento e di previsione sono ben indicati sulla strumentazione (ma solo a vettura accesa) e sulla app. Ricarica e climatizzazione (a pompa di calore) sono programmabili.
La guida
Con il selettore a joystick in D, la Leaf privilegia la scorrevolezza nei tratti veloci. La spinta è graduale e la sensazione è che l’erogazione sia controllata nei primi metri. Invece diventa prorompente in ripresa alle velocità intermedie, a tal punto da creare qualche reazione allo sterzo nei sorpassi o se si esagera in uscita dalle curve. Il baricentro basso, nonostante 17 quintali di massa, la rende comunque composta.
Il recupero dell’energia
In B il recupero di energia cresce, ma è sempre graduale e proporzionale alla velocità. In modalità Eco calano sensibilmente potenza e risposta e il recupero si intensifica. Il pulsante è un po’ nascosto sul nostro esemplare, dotato di sistema di parcheggio automatico. Sugli altri è sul tunnel, accanto al selettore di marcia e al comando dell’e-pedal. È una novità della Leaf ed è sistema che permette il “one pedal drive” integrale, fino ad arrestare la vettura.
Consumi ed autonomia
La Leaf mantiene e a volte supera la percorrenza dichiarata di 385 km. A fronte di un consumo WLTP massimo di 18,5 kWh/100 km, abbiamo rilevato 16 kWh/100 km. La versione da 40 kWh dichiara 21 kWh e questo indica un miglioramento generale nella gestione dell’energia. Se si sfruttano le sue prestazioni e si marcia in salita o in autostrada, la situazione peggiora, ma sempre entro margini prevedibili.
Le prestazioni
La Leaf ha un’accelerazione da sportiva (0-100 km/h in 6,9 s.), un secondo in meno della versione da 110 kW, ma potrebbe essere migliore se i 217 cv fossero trasmessi alle ruote posteriori. La velocità massima di 157 km/h si raggiunge rapidamente e con una bella progressione. Le migliori performance si ottengono alle andature intermedie: si schiaccia l’acceleratore e gli incrementi di velocità sono impressionanti.
I prezzi
La Leaf e+ parte da 40.500 euro. Dunque avere 22 kWh di batteria e 50 kW di motore addizionali costa 5.300 euro in più rispetto alla versione da 40 kWh e 110 kW. Tale differenza cresce di altri 1.000 euro per l’allestimento di punta Tekna. L’autonomia effettiva di quasi 400 km e le prestazioni qualificano la e+, ma per sfruttarle bisogna mettere in preventivo una wallbox a casa da 7 kW.
La clientela
I numeri differenziano le rispettive destinazioni delle due versioni: più cittadina da un lato, più attenta alle prestazioni e ad un utilizzo totale l’altra. La Leaf sta in mezzo al guado anche in virtù delle sue dimensioni, a metà strada tra la cittadina e l’auto da viaggio. Per questo la sceglie chi ha già deciso, in ogni caso, di passare all’elettrico, vuole andare sul sicuro e può farlo contrando su due declinazioni diverse.
La Renault Zoe è un’antesignana dell’elettrico. Nasce infatti nel 2012 e ad agosto 2019 ne erano state prodotte 160mila unità. È stata a più riprese l’auto elettrica più venduta sia in Italia sia in Europa. La sua storia e la sua evoluzione fanno capire assai bene i progressi di questo tipo di propulsione e soprattutto della batteria, ora da ben 52 kWh.
Lunga 4,08 metri, è larga 1,73 e alta 1,56 così da sembrare più compatta di quello che è. Il restyling intervenuto alla fine del 2019 è stato incisivo senza modificarne la personalità. Volumi morbidi, linee tese e un tocco di hi-tech in più per tenersi al passo con i tempi: la Zoe si mantiene giovane e interessante.
Un’auto da città, ma non solo, i cui aspetti fondamentali sono:
Abitabilità e capacità di carico
Plancia e materiali
Connettività
Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida
Visibilità e maneggevolezza
La batteria
La ricarica
Il motore
La guida
Consumi ed autonomia
Le prestazioni
I prezzi
Abitabilità e capacità di carico
La Zoe mantiene inalterate le sue misure interne. L’abitabilità e buona, dietro l’accessibilità è condizionata dal taglio della portiera e dalle maniglie a scomparsa: una soluzione che favorisce l’estetica sulla praticità. Il bagagliaio è sempre da 338 litri e una parte è sacrificata ai cavi con un doppio fondo. Dunque non le solite sacche, ma due vani ricavati sotto il piano. Abbattendo lo schienale si arriva a 1.225 litri.
Plancia e materiale
L’evoluzione qui è marcata. La strumentazione è digitale su display da 10 pollici, al centro c’è un altro schermo da 9,3” e la consolle presenta la nuova leva del cambio, il freno elettrico e la piastra per la ricarica wireless. Alcune parti visibili sono in polipropilene riciclato, i tessuti dei sedili derivano per metà da PET, per l’altra metà da tessuto di cinture di sicurezza e riducono del 60% l’impatto di CO2.
Connettività
Il nuovo sistema R-Link è chiaro, semplice e permette di interagire in remoto attraverso smartphone. Anche la ricerca vocale funziona bene, c’è la ricerca su Google e la navigazione permette due cose importanti. La prima è la programmazione del viaggio in base alla disponibilità e ai tempi di ricarica. La seconda è vedere sulla mappa (aggiornabile online) immediatamente il raggio di azione concesso dalla ricarica.
Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida
Anche in questo caso l’evoluzione è marcata. Ora ci sono infatti la frenata automatica, l’allerta per l’angolo cieco, il riconoscimento dei segnali, l’avviso per i limiti di velocità e l’antisuperamento delle linee di demarcazione della carreggiata. Fino a 30 km/h c’è il suono esterno artificiale, da navicella spaziale. La Zoe insomma ha saputo puntualmente adeguarsi ai tempi anche per questo importante capitolo. E non è poco per un’auto nata 8 anni fa.
Visibilità e maneggevolezza
Davanti e di lato la percezione degli ingombri non dà problemi. Il lunotto invece non è molto ampio. Per fortuna ci sono i sensori (avanti e dietro, anche sulla tre quarti) e la telecamera posteriore con le linee di guida, con una riserva. Lo schermo a sviluppo verticale limita un po’ l’ampiezza della visione. Comodo e funzionale il sistema di parcheggio semiautomatico, il diametro di sterzata è contenuto.
La batteria
La prima Zoe aveva 22 kWh con celle AESC, pesava 290 kg e aveva da spingere un motore da 65 kW. L’ultima ha 52 kWh e celle LG Chem occupando spazio identico, pesa 326 kg e alimenta un motore da 100 kW. Da 76 Wh/kg la densità di energia è passata a 159 (+110%) e la potenza di ricarica è cresciuta da 22 kW AC a 50 kW DC. Peccato che sia un optional da 1.000 euro.
La ricarica
Con 22 kW alla Zoe basta un’ora per incamerare 125 km di autonomia. Se si ha una wallbox da 7 kW e la sera avete poca energia, la notte è sufficiente per fare il pieno. Per la salute della batteria da 52 kWh (raffreddata ad aria) e la velocità, non conviene andare oltre l’80%: con una colonnina da 11 kW partendo dal 70% il sistema indicava un’ora e 35 minuti, dunque la potenza media è sotto i 10 kW.
La porta di ricarica CCS2 Combo è di fronte, dietro la Losanga e lo sportellino si sblocca dall’interno. La scritta Z.E. da arancione diventa verde quando parte la ricarica. I tempi e l’avanzamento sono indicati sulla strumentazione e visibili in remoto tramite app. Si può anche programmare la climatizzazione (molto silenziosa), con pompa di calore così da ridurre al minimo l’assorbimento di energia.
Il motore
La Zoe ha un motore sincrono costruito dalla stessa Renault che eroga 100 kW tra 4.600 e 11.163 giri/min. La coppia di 245 Nm è disponibile tra 1.500 e 3.600 giri/min. Dunque garantisce maggiore ampiezza di erogazione per la potenza che costanza nella spinta senza darne troppa ai bassi regimi per dare piacevolezza e ridurre i consumi. Volendo, c’è anche la versione da 80 kW e 225 Nm , sempre da 52 kWh con 395 km di autonomia.
La guida
La Zoe è silenziosissima. La differenza di risposta tra la posizione Eco e quella normale è evidente. Con la leva del cambio in D in decelerazione si recuperano 9-12 kW in rilascio, in B si arriva 42 kW e in città si può guidare solo con l’acceleratore. Attenzione però: a batteria carica il sistema esclude il freno motore. In frenata il recupero arriva fino a 49 kW con una buona modulabilità del pedale e rallentamenti efficaci.
Consumi ed autonomia
Renault dichiara 386 km (WLTP), le percorrenze medie effettive si attestano intorno ai 350 km anche su percorsi non favorevoli sulla carta come un trasferimento di 200 km che prevede tratti veloci e 3 passi appenninici. Unico appunto è il computer di bordo: aggiorna troppo spesso il dato sull’autonomia infondendo quella spiacevole sensazione di ansia che una minore puntualità aiuterebbe ad evitare.
Le prestazioni
Da 0 a 100 si va in 9,5 s., da 0 a 50 in 3,6 s. La ripresa da 80 a 120 km/h avviene in 7,1 s. e si superano facilmente i 140 km/h con una dose di fruscii decisamente accettabile. La sensazione è che la Zoe dà il meglio di sé entro i 120 km/h, sia per il comfort sia per le prestazioni. La guida è divertente e, nonostante gli oltre 1.500 kg di peso, le sospensioni non sono dure sulle sconnessioni.
I prezzi
Un’elettrica da 52 kWh costa ancora. La Zoe parte da 34.100 euro, 25.900 con la batteria a noleggio. Si va da 74 euro al mese con 7.500 km/anno fino a 124 euro senza limiti. Interessanti le versioni N1 e van a 2 posti. Così la Zoe diventa un piccolo commerciale ideale per le piccole consegne in città e non solo. Se avete a portata di mano una colonnina da 50 kW, la Zoe si ricarica all’ora di pranzo e, in pratica, non ha limiti.
Chi invece la comprerà come auto da utilizzare tutti i giorni dovrà avere una sola accortezza: ricaricarla per bene per il venerdì. Così potrà uscire dal lavoro e partire direttamente per il fine settimana. Se la vostra destinazione è la casa di campagna a 100 km, basterà fare un po’ di biberaggio dalla presa di casa. Se andate al mare o in montagna, assicuratevi solo che abbiate una colonnina a destinazione.
Tesla si allarga e si allunga. L’azienda americana infatti si prepara a diventare anche un produttore sia di energia sia di celle per le proprie batterie. Le evidenze arrivano dai luoghi del delitto.
Il primo indizio
La prima evidenza è la richiesta inoltrata presso la Office of Gas and Electricity Markets (OFGEM) ovvero l’autorità garante per l’energia del Regno Unito. La firma è di Evan Rice, direttore vendite Energy Products di Tesla per EMEA. Dunque si comincia da un singolo paese.
Il secondo indizio
La seconda è la notizia data dal Korea Times secondo cui Tesla avrebbe acquistato da Hanwha macchinari industriali per la cosiddetta formazione delle batterie. Tale processo riguarda in maniera specifica le singole celle e la formazione di anodo e catodo.
Addio Panasonic
Tesla dunque vuole fare tutta la batteria in casa e non più realizzarla sulla base di celle cilindriche 2170 Panasonic. Il legame storico tra i due giganti si sta allentando anche sul fronte delle celle solari poiché anche questa joint-venture è in esaurimento.
Tesla dunque vuole fare tutta la batteria in casa e non più realizzarla sulla base di celle cilindriche 2170 Panasonic
Alla luce del solare
Di contro, Tesla ha dal 2015 rapporti sulle celle solari proprio con Hanwha che è uno dei chaebol, ovvero grandi conglomerati industriali coreani. Oltre che nel settore del solare e dei macchinari, opera anche in vari campi con un fatturato di oltre 55 miliardi di dollari.
Puntare al cuore
L’azienda di Elon Musk guarda verso la Corea e al cuore delle batterie: la cella. L’avvicinamento è iniziato già dallo scorso anno quando Tesla ha acquistato la Hibar, azienda canadese specializzata anch’essa nei macchinari per la manifattura delle celle per batterie.
La chimica di certi amori
Altra operazione “chimica” portata a compimento nel corso del 2019 è l’acquisizione di Maxwell, leader mondiale per le celle dei supercondensatori per 235 milioni di dollari. Segno che Tesla non guarda solo alle batterie come forma di accumulo per le auto elettriche del futuro.
A proprio uso e consumo
Tesla ha già confermato di aver avviato a Fremont, sede del suo principale stabilimento, una linea pilota per la produzione di celle. L’obiettivo è mettere a punto quei processi industriali che oggi sono il geloso patrimonio di aziende chimiche e di elettronica di consumo.
Tesla ha già confermato di aver avviato a Fremont, sede del suo principale stabilimento, una linea pilota per la produzione di celle
Il progetto Roadrunner
La regia tecnologica di questo avvicinamento sarebbe di Jeff Dahn, canadese e uno dei pionieri della batterie agli ioni di litio. Tesla gli ha affidato il progetto Roadrunner che ha come obiettivo una batteria priva di cobalto capace di durare un milione di miglia e di costare meno di 100 dollari al kWh.
Il progetto Roadrunner ha come obiettivo una batteria priva di cobalto capace di durare un milione di miglia e di costare meno di 100 dollari al kWh
La filiera che si allunga
Tesla vuole controllare tutta la filiera dell’auto elettrica. All’inizio si limitava a maritare i glider (le scocche fornite dalla Lotus) con le batterie. Poi è passata a costruire i motori, le automobili, l’infrastruttura di ricarica e ad assemblare le batterie. Ora vuole farsi anche le celle e a produrre l’energia.
L’auto pigliatutto
Anche Volkswagen con Elli è diventato fornitore di energia, ma non produttore. Tesla invece vuole farsi tutto. In termini pratici è come se oggi comprassimo una Fiat o Volkswagen e trovassimo lo stesso marchio al benzinaio e sulla bolletta della luce. E pagassimo tutto ad un unico fornitore.
Tesla invece vuole farsi tutto. In termini pratici è come se oggi comprassimo una Fiat o Volkswagen e trovassimo lo stesso marchio al benzinaio e sulla bolletta della luce
Una nuova industria dell’auto
Con Tesla l’auto elettrica mostra la sua specificità industriale. L’automobile ha speso gli ultimi decenni a snellirsi demandando almeno tre quarti delle sue componenti a fornitori esterni e liberandosi di business come i servizi finanziari e di noleggio. Allora li riteneva non fondamentali e strategici.
Meglio il soft dell’hard
Oggi sta accadendo il contrario. Gli aspetti hard si sono enormemente semplificati e non portano guadagno, ma non averli all’interno rappresenta un costo. Quelli soft invece hanno un maggiore potenziale di profitto e sono gli strumenti principali di conquista e di mantenimento del cliente.
La catena della mobilità
Ecco perché oggi si chiama mobilità e non più semplicemente automobile. Ecco perché si può e si deve ricompattare la filiera che porta dalle materie prime, anche quelle intangibili, fino alle persone e al loro bisogno di muoversi in modo libero, sicuro e rispettoso dell’ambiente.
…si può e si deve ricompattare la filiera che porta dalle materie prime, anche quelle intangibili, fino alle persone e al loro bisogno di muoversi in modo libero, sicuro e rispettoso dell’ambiente
Le novità di ritorno
Le grandi case lo hanno capito e stanno correndo ai ripari. Anche le aziende che forniscono celle, moduli o batterie complete monitorano attentamente la situazione per bilanciare la domanda con gli investimenti. I costruttori, se questa è la tendenza, potrebbero non avere più bisogno di loro tra non molto.
Opportunità e rischi
In questo processo, gli astri nascenti come Tesla hanno il vantaggio di poter partire dal foglio bianco senza affrontare riconversioni industriali e culturali. Con un paradosso e un pericolo: che la loro snellezza porti allo sviluppo di un corpo sì sottile, ma troppo lungo da articolare nei movimenti.
Lexus dunque punta tutto sulla rassicurazione con una garanzia a 6 zeri. È ciò che deve fare per differenziarsi, ma soprattutto è ciò che può legittimamente offrire il marchio premium che ha fatto da tempo scelte ben precise nel campo dell’elettrificazione e si prepara al futuro.
Partire in anticipo
Lexus fu nel 2005 il primo marchio premium a introdurre un’auto ibrida, la RX 400h. Nel 2013 in Italia ha deciso di commercializzare solo versioni ibride anticipando le tendenze del mercato europeo.
Nel nostro Continente il 99% delle Lexus immatricolate è ibrido e 1,7 milioni quelle vendute storicamente nel mondo.
Seguono plug-in e idrogeno
La strategia di Lexus prevede l’elettrificazione di tutti i propri modelli entro il 2025 aggiungendo anche ibride plug-in e fuel cell a idrogeno.
Tali concetti sono stati espressi da diversi concept come la LF-LC a idrogeno, la LF-1 Limitless e la LF-30 elettrica a 4 motori da 400 kW con batteria allo stato solido.
La consegna del silenzio
La UX 300e ha un motore da 150 kW e 300 Nm con trazione solo anteriore. La trasmissione, molto compatta, ha una conformazione a 3 alberi con ingranaggi lucidati per diminuire la rumorosità.
A questo proposito, il fondo della vettura è stato carenato e impiegato un sistema di soppressione attiva del rumore.
La batteria va ad aria
La parte più interessante è la batteria. Ha una capacità di 54,3 kWh, è costruita da Toyota con 288 celle Panasonic ed ha il raffreddamento ad aria.
Il sistema, integrato con quello di climatizzazione, si serve di ventole piazzate sulla parte frontale del pacco e utilizza piastre riscaldanti in presenza di climi freddi.
La lezione dell’ibrido
Il principio è dunque lo stesso utilizzato da oltre 20 anni per le batterie delle Toyota e delle Lexus ibride, con la presa d’aria all’interno dell’abitacolo.
In questo modo, l’accumulatore è protetto dagli agenti esterni. Resta da vedere come tale concetto sia stato adattato a potenze e capacità superiori di 40-50 volte.
Dal Nickel al Litio
Va anche considerato che le batterie al NiMh sono gestite dal software in modo molto più soft: in un arco di ricarica compreso tra il 30% e il 70% e con potenze e tempi di risposta più blandi.
Le prime batteria al litio Toyota le ha applicate sulla Prius+, poi Lexus sulle LC e sulla LS. Anche la nuova Yaris Hybrid avrà la batteria al litio.
Semplicità, leggerezza, costanza
Rispetto al sistema a liquido, il raffreddamento ad aria è più semplice, leggero ed efficace nel gestire la temperatura sia in marcia sia durante la ricarica a corrente continua a 50 kW.
La potenza relativamente contenuta concorre alla stabilità termica che si tramuta in costanza di prestazioni e autonomia.
Quella proverbiale cautela
Questo fattore è anche fondamentale per l’affidabilità. Toyota è andata con i piedi di piombo per la tecnologia degli ioni di litio sviluppando al massimo quella del NiMh (oltre 1.000 brevetti…).
Se dunque si è decisa ad utilizzarla e a garantirne la durata e l’efficienza fino a questo punto, avrà i suoi buoni motivi.
Il valore della credibilità
Toyota arriva in ritardo sull’auto elettrica, ma ha diverse leve per farsi spazio nella mente del cliente. Le prime sono l’esperienza e l’immagine nel campo dell’elettrificazione.
Entrambe rendono credibile l’originalità dell’approccio verso l’elettrico. E il certificato più coerente è una forma di garanzia senza eguali.
Non meno del 70 percento
La copertura di 10 anni o un milione di chilometri comprende anche il mantenimento della capacità utile di almeno il 70%.
Nessuno finora si era spinto oltre gli 8 anni/160.000 km o 7 anni a chilometraggio illimitato.
La Lexus UX 300e è garantita nella sua interezza per 3 anni, la trasmissione per 5 anni o 100.000 km.
Alla ricerca dell’efficienza globale
La Lexus UX 300e conferma l’approccio minimalista per la batteria tipicamente giapponese.
Dunque no a grandi capacità, voltaggi e potenze di ricarica a beneficio invece dell’efficienza globale, della semplicità di utilizzo e della massima scurezza. Senza dimenticare i costi, sia per il veicolo sia per la ricarica.
Volkswagen Golf Gte, Gti e Gtd si presentano tutte insieme al Salone di Ginevra 2020.
La nuova Volkswagen Golf Gte è una sportiva elettrificata
Il nuovo sistema plug-in hybrid ad alte prestazioni promette di declinare la componente elettrica secondo parametri di grande dinamismo
Potente come la Golf Gti
Grazie al motore turbo benzina e al motore elettrico, la Golf Gte raggiunge la potenza di 245 CV (180 kW), pari a quella della Golf Gti
La nuova batteria da 13 kWh ha il 50% di capacità in più rispetto alla versione precedente, che si traduce in un’autonomia in modalità esclusivamente elettrica di circa 60 km, secondo i dati forniti dalla Volkswagen.
Il sistema ibrido plug-in della Golf Gte parte da fermo sempre in modalità elettrica.
Sistema ibrido predittivo
La trazione ibrida predittiva presentata dalla Volkswagen prevede che il sistema di gestione dell’elettronica di potenza della Golf Gte prenda in considerazione i dati GPS e i dati sul percorso importanti nel navigatore per la gestione ottimale dei motori e delle fonti di energia di bordo (serbatoio e batterie).
Guida assistita anche ad alta velocità
Il Travel Assist supporta il guidatore mediante un sistema di guida assistita che interviene sullo sterzo, sulle accelerazioni e sulle frenate funzionante per velocità fino a 210 km/h.
Segni distintivi e strumentazione
La Golf Gte non ha terminali di scarico visibili (mentre la Gti ha terminali di scarico sui lati destro e sinistro, la Gtd li ha doppi sul lato sinistro) La strumentazione digitale e l’infotainment hanno integrati indicatori di efficienza e autonomia specifici per il sistema ibrido.
Caratteristiche e prestazioni
L’architettura ibrida plug-in della Golf Gte si compone di un motore turbo benzina TSI da 1,4 litri con una potenza di 150 cavalli, di un motore-generatore elettrico da 85 kW (115 cv) e di un cambio DSG a 6 rapporti, oltre alla nuova batteria agli ioni di litio da 13 kWh.
Il sistema eroga una potenza massima di 245 CV (180 kW) e una coppia massima di 400 Nm.
Rispetto al modello precedente, è incrementata l’autonomia esclusivamente elettrica, che oggi raggiunge circa 60 km.
Velocità massima e accelerazione
La nuova Volkswagen Golf Gte ha una velocità massima di oltre 225 km/h e l’accelerazione da 0 a 100 km/h richiede meno di 7 secondi.
In modalità esclusivamente elettrica può raggiungere una velocità massima di 130 km/h.
Con la batteria sufficientemente carica, la Golf Gte parte da fermo sempre in modalità elettrica E-Mode.
Se il livello di caricaa della batteria scende sotto il livello minimo previsto o la velocità aumenta oltre i 130 km/h, il sistema passa automaticamente alla modalità Hybrid.
Funzionamento in modalità Hybrid
In modalità Hybrid, mediante tre simboli visualizzati sullo schermo del sistema di infotainment, il guidatore ha la possibilità di mantenere invariato il livello di carica della batteria (utilizzando il segno dell’uguale) oppure di aumentarlo (freccia verso l’alto) o di ridurlo fino a un minimo predefinito (freccia verso il basso).
In tal modo, anche alla fine di un lungo viaggio, è possibile raggiungere il luogo di destinazione, per esempio in un centro urbano, in modalità esclusivamente elettrica, ossia a emissioni zero.
Per assicurare che, giunti a destinazione, la batteria abbia il contenuto di energia desiderato, con il navigatore attivo, il sistema di gestione della batteria prende in considerazione anche i dati delle strade che si percorreranno e i dati topografici.
L’utilizzo della batteria viene così adeguato in base al percorso, al fine di raggiungere l’autonomia elettrica ottimale.
Ha elettrificato il mondo. Per questo chi ha inventato e sviluppato la batteria agli ioni di litio ha ricevuto il Premio Nobel per la Chimica 2019. Loro sono John B. Goodenough, M. Stanley Wittingham e Akira Yorshino e si divideranno equamente il premio in denaro di 9 milioni di corone (825mila euro), ma soprattutto l’onore della storia per aver creato qualcosa che ha effettivamente rivoluzionato la nostra vita quotidiana.
Senza la batteria agli ioni di litio non ci sarebbero gli smartphone, i personal computer e tanti altri oggetti che, nati stanziali, si sono liberati del filo.
Tutto partì dalla crisi petrolifera
E non ci sarebbero neppure le auto elettriche, che rappresentano l’abbandono dei carburanti fossili. E fu proprio con questo scopo e la crisi petrolifera degli anni ’70 sullo sfondo che Wittingham inizio le prime sperimentazioni con una batteria con anodo di litio metallico e catodo al disolfito di titanio all’interno della quale, a livello molecolare, si muovevano ioni di litio. Nel 1980 Goodenough raddoppiò il voltaggio della singola cella, introducendo il catodo all’ossido di cobalto. Nel 1985 Yoshino utilizzò il petroleum coke come materiale anodico aumentando la sicurezza dell’intero sistema e il numero dei cicli di carica, essenziali per l’industrializzazione e la commercializzazione delle batterie agli ioni di litio.
Uno scatto in avanti
Si deve al lavoro di Yoshino il varo della prima batteria agli ioni di litio per elettronica di consumo messa in commercio da parte della Sony nel 1991. A beneficiarne per prime furono le macchine fotografiche. E da allora è stato un crescendo continuo. I tre professori non hanno mai lavorato insieme, ma la storia li lega attraverso un filo rosso al quale il Premio Nobel mette un sigillo indelebile. «La batteria agli ioni di litio – ha detto il professor Olof Ramström, membro del Comitato Premio Nobel – è la metafora stessa di un mondo ricaricabile. Abbiamo carica energia ovunque andiamo e questo è molto importante per le nostre vita. È la metafora anche della carica del mondo e dell’accessibilità all’energia in ogni luogo della Terra».
La tecnologia del Duemila
Le batterie agli ioni di litio sono il presente e il futuro dell’energia, anche per massimizzare la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Dunque sono la tecnologia chiave di una società che tende verso le emissioni zero. Ci sono tuttavia ancora molte sfide: tecnologiche, industriali e strategiche tanto che il litio è stato più volte indicato come il nuovo petrolio.
Le batterie, per quanto sempre più capaci e potenti, sono ancora poco dense di energia e di potenza, costose a causa dei processi necessari per produrle e per i prezzi delle materie che le compongono. A quest’ultimi, non sono estranee speculazioni e logici tentativi di stabilire posizioni predominanti da parte di aziende e paesi.
Litio-natural-durante
E per quanto ci siano altre tecnologie molto promettenti, la catena industriale di valore e il volume di investimenti legati al litio sono così imponenti che questo è il futuro almeno per un altro decennio. Oltretutto, la storia dimostra che occorrono decenni per sviluppare in modo compiuto un nuovo tipo di batteria e si può solo sperare che le grandi risorse impiegate possano accelerare i processi che portano una nuova scoperta scientifica fino al consumatore.
L’annuncio da parte dell’Accademia di Svezia dell’assegnazione del Premio Nobel alla Chimica 2019
Intervista al professor Olof Ramström, membro del Nobel Committee sull’assegnazione del Premio Nobel per la Chimica 2019
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