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  • Lamborghini ibrida, un’auto da corsa per due campionati. Ecco la storia completa

    Lamborghini che diventa ibrida e si elettrifica. Non solo per le auto di serie, ma anche per le auto da corsa. E che auto da corsa. La casa di Sant’Agata Bolognese ha infatti annunciato che nel 2024 costruirà una LMDh, ovvero un prototipo capace di gareggiare sia nel WEC sia nell’IMSA, i due campionati di durata più importanti al mondo, nelle rispettive massime classi: Hypercar e GTP.

    Leggi l’articolo su Cor Tauri, la strategia di elettrificazione di Lamborghini

    Leggi l’articolo sulla Lamborghini Sian, l’elettrificazione del Toro arriverà in un lampo

    Alla larga dalla pista

    Tante novità in una dunque per un costruttore che, per tradizione si è sempre tenuto alla larga, almeno fino a quando il fondatore è stato in sella. Ferruccio Lamborghini si rifiutò sempre categoricamente di scendere in pista, pur facendo una delle auto più veloci di allora e tra le più belle della storia: la Miura. Eppure tra i suoi creatori c’era Gian Paolo Dallara, uno dei più grandi progettisti di auto da corsa di tutti i tempi.

    Ammutinamento o test di sviluppo?

    Eppure qualcuno che tentò di fare una Miura da corsa ci fu. All’interno la chiamavano tutti Jota (alla spagnola, come tutti i nomi delle Lamborghini) dalla lettera J, la voce che all’interno dei regolamenti FIA regola la trasformazione di un modello di serie in auto da competizione. Qualcuno racconta che fu un ammutinamento e, una volta scoperto dallo stesso Ferruccio, fu sedato senza pietà.

     La lettera J sta per Jota

    Qualcuno invece dice che fu fatto semplicemente per sviluppare soluzioni da applicare sulla Miura stradale. Fatto sta che il suo V12 di 3.929 cc aveva una potenza salita da 350 cv a 440 cv, la struttura era stata alleggerita e vi erano alcune modifiche aerodinamiche, come i fari a bolla al posto di quelli a sollevamento, contornati da deviatori per alleviare la portanza aerodinamica sull’assale anteriore.

    Ricostruzione filologica

    La Jota fu rivenduta poi ad un cliente privato che la distrusse in un incidente. Alcune delle specifiche Jota furono tuttavia applicate ad alcune Miura. A quei tempi le regole di omologazione non erano certo complicate come quelle odierne. L’allora collaudatore della Lamborghini, Bob Wallace, aiutò successivamente un collezionista a ricostruirne un esemplare fedele.

    Una Lambo da rally? Poteva accadere

    Il nome Jota sarebbe stato poi resuscitato nel 2018 per denominare alcune versioni come la Diablo Jota e la Aventador SVJ. SV sono due lettere magiche di Lamborghini e stanno per Super Veloce. Wallace creò nei primi anni ’70 persino due derivativi da rally della Jarama e delle Urraco, ma senza riuscire a portarli mai in gara. Nel 1968 aveva anche aiutato i piloti Gerhard Mitter e Marcello Gallo a preparare una Miura SV per la Preis der Nationen di Hockenheim, ma senza ottenere la qualificazione.

    Il destino tra la Islero e Le Mans

    Eppure nel 1975 una Lamborghini arrivò a tanto così dal debutto in gara. Una Islero GT400 fu infatti iscritta alla 24 Ore di Le Mans. Il pilota francese Paul Rilly aveva acquistato dalla concessionaria Garage Europ Sport il primo esemplare arrivato in Francia nel 1968 e si era messo in mente di correre con una Lamborghini. Rilly si rivolse dunque alla Garage Thépenier, allora importatore Lamborghini d’Oltralpe per avere l’aiuto tecnico della casa madre.

    Diniego con prestito

    Il titolare Jean Thépenier riuscì a far avere a Rilly un appuntamento a Sant’Agata Bolognese con Ubaldo Sgarzi, braccio destro di Ferruccio Lamborghini e direttore commerciale dell’azienda. Il pilota francese voleva un’auto per correre, ma gli fu opposto un no deciso, come da politica aziendale. L’unica cosa che riuscì ad ottenere fu un kit di freni potenziati e sospensioni ribassate per la sua Islero. E neppure a buon mercato: erano un prestito, con un deposito di 15.000 franchi.

    Il gran rifiuto e l’opportunità

    La Islero guidata da Rilly e del suo compagno Roger Levéve non riuscì a qualificarsi. Non era però riuscita a qualificarsi anche una delle Ferrari nel team NART (North American Racing Team) di Luigi Chinetti, personaggio potentissimo e rispettato. Da pilota infatti aveva vinto tre edizioni della Le Mans e una con il suo team nel 1965, l’ultima assoluta conquistata da una Ferrari alla corsa francese. Era inoltre importatore del Cavallino negli Usa. Chinetti chiese allora di ammettere comunque le sue vetture, ma trovando l’irremovibilità dell’Aco, per protesta ritirò tutte le vetture.

    Se ci fossero stati gli smartphone…

    I giudici di gara decisero allora di riammettere in griglia la Islero di Rilly. Lui però se n’era già andato e provarono più volte a chiamarlo a casa, ma non rispose nessuno. Quando riuscirono a parlare con lui, era già sabato e non ce l’avrebbe fatta a tornare a Le Mans per essere in griglia. Per vedere a Le Mans un’altra Lamborghini ci sarebbero voluti altri 31 anni: fu la Murciélago GT-R del team Japan Lamborghini Ownership Club Isao Noritake preparata dalla Reiter Engineering insieme ad Audi, diventata proprietaria del Toro nel 1998.

    La prima Lambo per Le Mans è giapponese

    I piloti erano Marco Apicella, Yasutaka Hinoi e Kouji Yamanishi. Si arrese dopo 283 giri. L’anno dopo ci riprovarono: stesso team e stessa macchina, ma in prova Apicella ebbe un’incidente. La squadra lavorò tutta la notte per rimettere a posto la Murciélago. E ce la fecero, ma dopo un solo giro, l’auto si fermò con il cambio rotto. Fu quello l’anno del debutto con vittoria del Diesel alla 24 Ore più famosa del mondo con l’Audi. La JLOC si prese tuttavia la soddisfazione di vincere il campionato Asian Le Mans Series.

    La Countach QVX di Gruppo C

    Eppure non doveva essere neppure questo il primo atto di Lamborghini nelle corse di durata. Nel 1985, sotto la proprietà dei fratelli francesi Patrick e Jean-Claude Mirman, iniziata nel 1981, l’importatore britannico David Jolliffe ebbe l’idea di fare un prototipo di Gruppo C passato alla storia come Countach QVX. Il motore, derivato da quello da 5,2 litri della Countach Quattrovalvole con testata a 32 valvole – da qui la sigla QV – fu messo nelle mani di Luigi Marmiroli, nome celebre nella storia del motorismo.

    Tante speranze e pochi soldi

    Il telaio fu affidato invece alla Spice Engineering. I piloti chiamati a sviluppare il progetto furono Mauro Baldi e Tiff Needell, diventato poi famoso come personaggio televisivo di Top Gear. La vettura fu esposta a Le Mans nel 1986 e fu iscritta a 7 corse, ma ne fece solo una: la Southern 500 Sun di Kyalami. In qualifica segnò il 7° tempo, confermandosi in gara 1 e migliorandosi al 5° posto in gara 2. Dunque, un buon potenziale, ma pochi sponsor. Per questo il progetto naufragò ben presto, anzi non salpò mai davvero.

    Il sogno italiano di Lee

    Lamborghini nel 1987 passò alla Chrysler. Il suo presidente Lee Iacocca era lo stesso che aveva convinto Henry Ford II agli inizi degli anni ’60 a comprare la Ferrari per correre. Non essendoci riuscita, la Ford costruì la GT40 che vince la 24 Ore di Le Mans per 4 anni consecutivi dal 1966 al 1969. Acquistando la casa del Toro, Iacocca coronava il sogno di prendersi un grande marchio sportivo italiano per farne la punta di diamante del gruppo in termini di tecnologia e di immagine.

    V12 anche per la Formula 1

    In quegli anni la Lamborghini apre un reparto denominato Lamborghini Engineering e lo affida a Mauro Forghieri. L’ex ingegnere Ferrari sviluppa un motore di Formula 1 denominato LE3512: 35 per la cilindrata di 3,5 litri e 12 sono i cilindri a V. Equipaggiò monoposto Larrousse, Lotus, Ligier, Minardi e persino una Lamborghini affidata al Modena Team. Anche la McLaren lo provò e lo stesso Ayrton Senna ne rimase impressionato, ma la squadra inglese preferì il motore Peugeot. Fu dunque accantonato nel 1993.

    La Squadra Corse fa venire l’appetito

    Solo con Audi, la Lamborghini si struttura in modo stabile per le competizioni con la Squadra Corse e un programma di vetture per i clienti per i campionati GT. Da allora, prima con Gallardo e poi Huracàn, ha vinto oltre 40 titoli, si è imposta due volte alla 12 Ore di Sebring e tre volte alla 24 Ore di Daytona. Nel 2019 per la prima volta, l’allora ceo Stefano Domenicali ammette che il Toro sta pensando ad una LMH (Le Mans Hypercar). Nel 2020, Domenicali diventa ceo della Formula 1 e torna Stephan Winkelmann.

    Audi ci ripensa e il Toro incorna

    Il manager tedesco, che aveva già occupato quel posto dal 2005 al 2016 prima di andare in Audi Sport e in Bugatti, vuole fare invece una LMDh (Le Mans Daytona hybrid). Le voci di un annuncio sono sempre più insistenti fino a quando Audi e Porsche comunicano di voler fare una LMDh. Il sogno di Lamborghini sembra ancora una volta infranto, stavolta contro logiche di gruppo. Ed invece Audi a marzo congela il programma e tornano le voci che, finalmente, diventano l’annuncio ufficiale del 17 maggio scorso.

    Iniziare per gradi

    Il responsabile sportivo del progetto è Giorgio Sanna, ex pilota e collaudatore a capo di una struttura che conta 50 persone. Il riferimento tecnico è Maurizio Reggiani, che da poco ha lasciato il suo posto decennale di responsabile prodotto e si è scelto la migliore delle pensioni possibili. L’obiettivo è correre con un’unica squadra sia nel WEC sia nell’IMSA, ma non direttamente e per gradi. Solo successivamente sarà approntato un programma per clienti, simile a quello per le GT.

    La parte elettrica è standard

    L’unica caratteristica tecnica nota è che il motore termico sarà un V8 sovralimentato. La parte ibrida sarà standard per tutte le LMDh: trasmissione Xtrac, batteria Williams Engineering (stesso fornitore della Formula E) e motore elettrico Bosch con potenza di 50 KW in tiro e di 200 kW in rilascio. Per regolamento, la potenza del sistema è di 500 kW e il peso è di 1.030 kg, ma entrambe le grandezze sono soggette al BoP.

    LMH e LMDh, un confronto… bilanciato

    BoP sta per Balance of Performance e serve a creare equilibrio in gara. Servirà anche a creare equilibrio anche con le LMH vetture che fanno parte delle stesse categorie e hanno potenza identica, ma il motore elettrico (che può anche non esserci) ha 200 kW, sia in tiro sia in rilascio, è collegato alle ruote anteriori e può entrare in azione solo dopo i 120 km/h (ma anche qui il BoP può variare la soglia). Il peso è identico, ma nettamente diverso è il discorso del corpo vettura.

    Un poker di telai

    Per le LMH infatti la scocca è fatta dal costruttore stesso. Vi hanno optato: Toyota e Glickenhaus, dal 2023 sono in arrivo Peugeot, ByKolles-Vanwall e soprattutto Ferrari. Per le LMDh vi sono quattro telai standard. Alpine e Acura hanno scelto Oreca, Porsche avrà Multimatic, BMW e Cadillac hanno optato per Dallara. Logica vorrebbe che fosse quest’ultimo ad essere scelto da Lamborghini per due ottime ragioni: la consaguineità emiliana (la Dallara è a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma) e il legame storico con Gian Paolo Dallara, progettista della Miura.

    La quarta scelta

    Le voci invece parlando di Ligier, la quarta scelta prevista da regolamento. Anche in questo caso, si tratterebbe di un ritorno vista la collaborazione nel 1991 per la monoposto JS35 spinta dal motore LE3512. La conferma ufficiale dovrebbe arrivare a settimane. La prima LMDh a girare in pista è stata la Porsche, la Acura (prima casa ad aderire al nuovo regolamento) ha già fatto vedere la ARX-06 camuffata, la BMW la sua M Hybrid V8, la Cadillac è attesa per il 9 giugno. L’Alpine, come la Lamborghini, arriverà nel 2024.

    Basta uno sguardo

    L’elemento che spicca sin dalle prime immagini è la riconoscibilità dei prototipi. Nonostante siano basati su telai standard e il primo criterio per una vettura da corsa sia funzionale, è davvero impressionante come la BMW sembri una BMW con il suo grande doppio rene, la Cadillac presenti i fari anteriori triangolari come gli ultimi modelli, la Porsche le immancabili quattro luci e i gruppi ottici della Acura ricordino la NSX.

    Più marketing che tecnica

    Il primo bozzetto fornito da Lamborghini rimanda direttamente alla Murciélago e alla Huracàn. Dobbiamo ricordare che anche sulla QVX i fari posteriori erano quelli della Countach di serie. Elementi che evidenziano due fenomeni. Il primo è che l’ibrido è un elemento fondante dell’automobile. Il secondo è che le competizioni, più che in passato, rappresentano un veicolo di marketing più che un campo di sviluppo. Lo dimostra la standardizzazione di componenti fondamentali, così come avviene per la Formula E e il WRC.

    Parlare con la lingua dei trionfi

    Ma questo non impedirà comunque di mantenere un legame forte tra competizioni e sviluppo. Le parti elettriche standard sono infatti realizzate da grandi fornitori, pronti a restituire all’industria tutto quello che hanno appreso. Le case potranno concentrarsi sull’integrazione dei sistemi ibridi e sul software, arma di differenziazione sempre più importante insieme allo stile. Quel che conta è che le regole siano uguali per tutti e permettano a chi è più bravo a farsi riconoscere con l’arma di comunicazione più potente: la vittoria.

    L’ibrido per camminare e per correre

    Lamborghini per decenni non vi ha mai creduto, ma col tempo ne ha sperimentato il potere, anche in termini di business. Le auto da corsa infatti si vendono, presso i cosiddetti gentleman driver che, a suon di moneta pesante, giocano in pista con una tecnologia che 25 anni fa sembrava solo un gioco da tavoli per tecnofili: l’ibrido.

  • Toyota Yaris Cross, continuità e svolta in un piccolo suv ibrido

    Una parola può cambiare tutto. Così, se si mette accanto la parola Cross dopo Yaris ecco che arriva il piccolo suv di Toyota. Si tratta del segmento più in crescita del mercato italiano e si prevede che diventerà il più importante già nel 2022. Anche Toyota prevede che la Yaris Cross diventerà il proprio modello più targato in Italia. Ne venderà 30mila all’anno, il 30% del totale e un quinto delle 150mila previste in Europa a regime.

    Toyota Yaris Cross
    Yaris fammi posto

    Le faranno a Valenciennes, sulle linee della Yaris in un ideale affiancamento che costringerà il “piccolo genio” a trasferirsi parzialmente a Kolin, in Repubblica Ceca. La Toyota ha infatti rilevato lo stabilimento da PSA dove si costruivano anche le Citroën C1 e la Peugeot 108 insieme alla Aygo. L’erede di quest’ultima continuerà ad essere prodotta qui dunque insieme alla Yaris condividendone lo stesso pianale GA-B.

    Toyota Yaris, la lezione dell’ibrido

    Toyota Yaris Cross

    La Yaris Cross è dunque un modello cruciale nello scacchiere industriale per raggiungere gli obiettivi commerciali che Toyota si è data per il 2025 in Europa: 1,5 milioni di auto vendute delle quali 80% ibride, 10% ad emissioni zero e il resto ancora con pistoni in purezza.

    Toyota Yaris Cross
    Un prima e un dopo

    Nel presentarla qualche mese fa, Mariano Autuori direttore commerciale di Toyota Motor Italia ha dichiarato: «Per noi ci sarà un prima e un dopo Yaris Cross». Una frase che non si sentiva dalla fine del secolo scorso, quando la casa giapponese si preparava a lanciare la Yaris e a uscire dalla sua nicchia di fuoristrada inarrestabili e auto sportive che vincevano nei rally.

    Leggi l’articolo su Toyota Yaris Cross nata ibrida per puntare in alto

    Toyota Yaris Cross

    Della Yaris Cross abbiamo già parlato. Abbiamo avuto finalmente avuto la possibilità di guidarla in coincidenza con l’inizio della sua commercializzazione. Quattro ore passate in macchina sulle strade intorno a Bruxelles, sotto una pioggia intermittente e il termometro a 16 gradi. L’abbiamo analizzata seguendo soprattutto questi temi:

    Il confronto dimensionale con la Yaris e le concorrenti

    Abitabilità

    Capacità di carico

    Visibilità e posto guida

    Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida

    Il nuovo sistema infotelematico

    Il sistema ibrido

    La guida

    L’utilizzo ibrido

    Il lancio commerciale

    Toyota Yaris Cross
    Il confronto dimensionale con la Yaris e le concorrenti

    La Yaris Cross è lunga 4.180 mm (+240 mm), alta 1.595 mm (+95 mm) e larga 1.765 mm (+20 mm). Il passo di 2,56 metri è identico. Rispetto alle concorrenti, è tra le più corte. Dunque stesso posizionamento della Yaris rispetto alle concorrenti, anche se meno in modo meno esasperato sfruttando proprio il vantaggio di chiamarsi Yaris per differenziarsi in modo netto.

    Toyota Yaris Cross
    Abitabilità

    A parità di dimensioni, poche auto offrono di più in termini di spazio interno. Il progresso è evidente per chi siede dietro, però anche su questa Cross l’angolo di apertura delle portiere non è eccezionale. Nettamente meglio la seduta: è più alta e non c’è bisogno di sollevare il poggiatesta. Testa e gambe senza problemi.

    Toyota Yaris Cross
    Capacità di carico

    Anche qui, buono è il rapporto con le dimensioni esterne. Il vano ha una capacità di 397 litri, 100 in più rispetto alla Yaris. Il piano è regolabile su due livelli e c’è un sistema di fissaggio a cinghie. Lo schienale è abbattibile 60/40 o 40/20/40 a seconda dell’allestimento. Si ottengono 1.097 litri. La versione a trazione integrale vede diminuire tali quote rispettivamente a 320 e 1.043 litri. Il portellone è elettrico “a piede”.

    Toyota Yaris Cross
    Visibilità e posto guida

    Il punto è anca è più alto di circa 5 cm rispetto alla Yaris, dunque l’aumento è inferiore a quello in altezza. C’è ancora più spazio per gli oggetti. La visibilità è ottima perché la linea di cintura e quella del parabrezza sono molto basse. I montanti sono sottili e i retrovisori ben dimensionati.

    Toyota Yaris Cross

    Ci sono anche il sistema di visione a 4 telecamere e un sistema di parcheggio automatico molto sofisticato: trova lo stallo anche al buio ed i guidatore deve solo spostare la leva del cambio da D a B e viceversa. Sulle versioni di punta i fari sono a matrice di Led, utilissimi perché offrono la massima illuminazione senza abbagliare.

    Toyota Yaris Cross
    Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida

    C’è tutto il patrimonio tecnico della Yaris che ha ottenuto le 5 stelle EuroNCAP. Dunque il meglio della categoria e, nota di merito, è tutto di serie con due eccezioni (optional): l’allerta per l’angolo cieco e quella per il traffico trasversale in retromarcia che, oltre a fornire segnali acustici, frena anche la vettura.

    Toyota Yaris Cross
    Il nuovo sistema infotelematico

    Finalmente! Schermo da 9” ad alta definizione (1.280×720) e nuova grafica. Modulo di connessione autonomo, si aggiorna over-the-air, ha la navigazione in cloud e possibilità di condividere notizie sul traffico. Tali servizi sono gratis per 4 anni. Inoltre ha Android Auto e Apple Carplay wireless.

    Toyota Yaris Cross
    Il sistema ibrido

    È lo stesso della Yaris. Il 3 cilindri 1.5 ha l’iniezione indiretta e il rapporto di compressione (14:1), ma il ciclo Atkinson riduce quello effettivo lasciando aperte le valvole di aspirazione per un tratto della risalita del pistone nella fase di compressione. Con il variatore di fase (elettrico) si può modulare tale effetto influendo anche sul ricircolo dei gas. Grazie a questo tipo di funzionamento, questo 3 cilindri ha un rendimento del 40%. Eroga 92 cv a 5.500 giri/min e 120 Nm tra 3.600 e 4.800 giri/min.

    Toyota Yaris Cross

    La parte elettrica è composta da due motogeneratori sincroni a magneti permanenti. Uno ha funzione di trazione ed eroga 59 kW e 141 Nm, l’altro di generatore. Funzionano a 650 Volt, grazie all’inverter che trasforma la corrente continua a 177,6 Volt della batteria agli ioni di litio da 0,76 kWh di capacità. Pesa 27 kg ed è raffreddata ad aria tramite una presa che si trova all’interno dell’abitacolo, come su tutte le Toyota.  Il microchip dell’elettronica di potenza ha una frequenza di 10 kHertz ed è verticale per migliorare il raffreddamento.

    Toyota Yaris Cross

    Un rotismo epicicloidale permette di accoppiare i tre motori, realizzare la variazione continua del rapporto e permettere al sistema di funzionare in serie o in parallelo. C’è anche la versione integrale realizzata attraverso un motore asincrono ad induzione (che a riposo non ha attrito) da 3,2 kW e 51 Nm. Interviene automaticamente o secondo due modalità selezionabili: Trail o Snow. Il motore aggiuntivo diminuisce lo spazio del bagagliaio, aumenta il peso di almeno 60 kg e comporta la presenza delle sospensioni posteriori indipendenti al posto dell’assale torcente.

    Toyota Yaris Cross
    La guida

    La Yaris Cross è un’auto molto compatta anche alla guida. È estremamente maneggevole, lo sterzo ha una sensibilità gradevole. Montanti sottili, linea di cintura e di parabrezza basse permettono di avere un’ottima visibilità. La fluidità di marcia e un buon comfort acustico e sospensivo completano il quadro di una perfetta cittadina: facile e parcheggiabile facilmente.

    Toyota Yaris Cross
    L’utilizzo ibrido

    La messa a punto del sistema ibrido è diversa. Si nota infatti una minore tendenza a veleggiare. Dunque il 3 cilindri è più presente ed è meno facile innescare la marcia in elettrico con l’acceleratore. Probabilmente sono i quintali in più e la peggiore aerodinamica a determinare questa scelta. Ciononostante, abbiamo rilevato un consumo di 4,5 litri/100 km, dunque persino inferiore ai 4,7-5,1 litri/100 km (107-115 g/km di CO2) di omologazione della versione AWD-i che abbiamo guidato.

    Toyota Yaris Cross

    Abbiamo raggiunto anche velocità di oltre 130 km/h in autostrada. Il sistema ci ha dato un Eco Score pari a 88 e ci ha detto che abbiamo compiuto il nostro percorso in elettrico per il 59% del tempo. Un ottimo risultato considerando che abbiamo incontrato un traffico regolare su lievi declivi e di una certa intensità, con code, solo nell’ultimo tratto. Dunque è verosimile che, in condizioni di traffico urbano si possa arrivare al 70% del tempo e al 40% di percorrenza ad emissioni zero dichiarati da Toyota.

    Toyota Yaris Cross

    Questi numeri sono essenziali non solo per ottenere il massimo dell’efficienza del veicolo, ma anche per decidere se fa per voi WeHybrid. Come è noto, con questa formula assicurativa si pagano solo i chilometri percorsi con il motore a benzina acceso.

    Leggi l’articolo su WeHybrid, a zero emissioni non paghi l’assicurazione

    Toyota Yaris Cross
    Il lancio commerciale

    La commercializzazione della Toyota Yaris Cross inizia in questi giorni. Il prezzo di listino parte da 25.400 euro che si riducono a 22.650 con l’incentivo Toyota in caso di rottamazione. Il vantaggio, a seconda dell’allestimento, va da 2.750 a 4.250 euro. La versione AWD-i costa 2.500 euro in più e conterà per il 20% delle vendite. Con il finanziamento si parte da 189 euro al mese (x36), con il noleggio a lungo termine da 269 euro. Gli obiettivi sono di conquistare l’8% del segmento e posizionarsi tra le top 5.

    Toyota Yaris Cross
  • Jean Todt (presidente FIA): tutto il motorsport sarà ad emissioni zero, con elettrificazione o carburanti

    Tutto il motorsport sarà a emissioni zero. Perché, se lo fa la mobilità, è giusto che lo facciano anche le competizioni. E questo avverrà con l’elettrificazione e i carburanti. È questo il senso delle dichiarazioni fatte da Jean Todt a margine della seconda tappa (con doppio round) della stagione di Formula E a Roma.

    Tutto il motorsport sarà a emissioni zero. Perché, se lo fa la mobilità, è giusto che lo facciano anche le competizioni. E questo avverrà con l’elettrificazione e i carburanti

    Jean Todt
    La platea della Formula E

    Il presidente della FIA ha scelto l’unico campionato mondiale interamente ad emissioni zero per fissare la rotta. Nel 2022 i 5 campionati mondiali FIA saranno tutti elettrificati. La Formula 1 e il WEC hanno aperto la strada con l’ibrido, nel 2020 il WRX ha la categoria Projekt E elettrica e il WRC dal 2022 avrà la Rally1 ibrida plug-in.

    Nel 2022 i 5 campionati mondiali FIA saranno tutti elettrificati. La Formula 1 e il WEC hanno aperto la strada con l’ibrido, nel 2020 il WRX ha la categoria Projekt E elettrica e il WRC dal 2022 avrà la Rally1 ibrida plug-in

    Toyota GR10
    La tentazione del passato

    Di fronte a questa evoluzione, gli atteggiamenti sono contrastanti. C’è chi vede come necessaria l’evoluzione del motorsport per farlo rimanere il banco di prova tecnologico della mobilità. C’è invece chi guarda con nostalgia al rumore, ai tubi di scarico e ai pistoni come elementi imprescindibili del motorismo sportivo.

    Ferrari 312T
    Tu chiamale, se vuoi, emozioni

    Quest’ultima è una visione prevalentemente estetica nella quale si mescolano anche altre sensazioni come l’odore della gomma, dell’olio e della benzina. Sono gli elementi emozionali classici che, insieme alla velocità e al coraggio, hanno sempre reso il motorsport oggetto di fascino.

    Matra
    Avanti tutta verso il futuro

    I costi crescenti e il calo di attenzione, in particolare verso la Formula 1, ha ridato forza al secondo tipo di visione. Il presidente FIA ha dunque detto chiaramente: indietro non si torna e si punta verso le emissioni zero. Questo tuttavia non vuol dire che tutto il motorismo sportivo diventerà elettrico o ad idrogeno.

    Il presidente FIA ha dunque detto chiaramente: indietro non si torna e si punta verso le emissioni zero. Questo tuttavia non vuol dire che tutto il motorismo sportivo diventerà elettrico o ad idrogeno

    Mercedes F1
    L’opzione liquida

    C’è anche la strada dei carburanti. Todt allude a quelli di origine vegetale e ai sintetici prodotti con energia rinnovabile. Dunque non sono fossili e, oltre a ridurre le emissioni allo scarico, si autobilanciano in termini in CO2. La Formula 1 ha già intrapreso questa strada: nel 2022 saranno il 10%, nel 2025 saliranno al 100%.

    Hyundai i20 WRC
    Idrogeno nei motori

    Per la massima categoria c’è anche un’altra strada: l’utilizzo dell’idrogeno come combustibile e il ritorno all’aspirato eliminando la MGU-H, ovvero il turbocompressore elettrificato. L’unico costruttore che ha usato l’idrogeno in un motore a pistoni e non come vettore energetico è stata la BMW negli anni Duemila.

    BMW Hydrogen 7
    Idrogeno nelle celle a combustibile

    Questa strada non è stata abbandonata. Per l’idrogeno fuel cell le prospettive già definite sono la 24 Ore di Le Mans nel 2024 e la Dakar nel 2026. Todt ha definito l’idrogeno «uno sviluppo molto interessante della tecnologia» aggiungendo che molti vi stanno lavorando e che presto ci sarà un annuncio al proposito.

    Leggi l’articolo sull’idrogeno alla 24 Ore di Le Mans nel 2024

    Leggi l’articolo sui 5 costruttori al lavoro per i regolamenti dell’idrogeno alla 24 Ore di Le Mans

    Per l’idrogeno fuel cell le prospettive già definite sono la 24 Ore di Le Mans nel 2024 e la Dakar nel 2026. Todt ha definito l’idrogeno «uno sviluppo molto interessante della tecnologia» aggiungendo che molti vi stanno lavorando e che presto ci sarà un annuncio al proposito

    Un vincente dell’elettrico

    Tali notizie arrivano a 2 mesi dall’insediamento di Xavier Mestelan Pinon come direttore tecnico della divisione Sport della FIA. Pinon viene da DS Performance dove, sotto la sua conduzione, è stato sviluppato il powertrain che ha vinto i titoli Piloti e Team negli ultimi due anni in Formula E con la DS Techeetah.

    Xavier Mestelan Pinon
    La specificità della Formula E

    Todt ha parlato anche di Formula E. «È una categoria nuova che deve educare la gente parlando del futuro. È molto importante avere un motorsport che usi l’elettricità – ha concluso il presidente della FIA – e lo faccia al centro delle città affinché la mobilità ad emissioni zero diventi quotidianità per tutti».

    Leggi l’articolo sulla Formula E che guarda al futuro e alla Gen3 dall’E-Prix di Roma

    «…È molto importante avere un motorsport che usi l’elettricità – ha concluso il presidente della FIA – e lo faccia al centro delle città affinché la mobilità ad emissioni zero diventi quotidianità per tutti»

    Formula E
  • Renault Clio E-Tech, un euroibrido alla francese

    Ricominciare dall’ibrido. Potrebbe essere il titolo per la storia di un costruttore come Renault che aveva puntato direttamente all’elettrico 10 anni fa e poi è tornato all’ibrido partendo dalla Clio E-Tech. Parliamo del modello più venduto nel segmento più importante in Italia dove la Clio è da anni l’auto straniera preferita dai nostri connazionali.

    Renault Clio E-Tech
    Pronta a colpire nel cuore

    I numeri del nostro mercato dicono che la Clio E-Tech è l’auto giusta al momento giusto. Nel 2020 le ibride sono passate dal 5,7% al 16% del mercato. Vero è che la maggior parte è composta da mild-hybrid, ma la quota in dicembre è stata del 21,7% a incentivi esauriti. Il dato fondamentale dunque è che l’ibrido è entrato stabilmente nel cono visivo del cliente medio. E un modello come la Clio lo può spostare ancora di più verso il centro del suo sguardo.

    Il dato fondamentale dunque è che l’ibrido è entrato stabilmente nel cono visivo del cliente medio. E un modello come la Clio lo può spostare ancora di più verso il centro del suo sguardo

    Renault Clio E-Tech

    Leggi l’articolo sul confronto tra le full-hybrid di segmento B: Toyota Yaris, Honda Jazz e Renault Clio.

    La tecnologia ibrida di Renault si chiama E-Tech, sfrutta circa 150 brevetti e può essere “full” o plug-in. La casa francese afferma di averci lavorato 8 anni e di aver sfruttato il know-how maturato in Formula 1.  Per la Regié è stato sempre difficile capitalizzare i suoi successi sportivi in immagine. Eppure è il quarto costruttore di motori più vincente di tutta la storia della Formula 1 con 11 titoli, 2 dei quali ottenuti con un proprio team (2005 e 2006).

    Leggi l’articolo sul sistema ibrido E-Tech e come funzione su Clio, e plug-in su Captur e Mégane

    Renault Clio E-Tech

    La Clio E-Tech sfrutta sicuramente tutta l’esperienza di Renault nel campo dell’elettrificazione. È la prima auto full-hybrid di segmento B europea e trova sulla propria strada due giapponesi: la Honda Jazz e soprattutto la Toyota Yaris.

    Leggi la prova della Toyota Yaris

    Leggi la prova della Honda Jazz

    Su questa sfida, sul suo significato ideale e di mercato, abbiamo già scritto. Così come le sue concorrenti, la francese va analizzata principalmente per questi aspetti:

    Stile

    Abitabilità e capacità di carico

    Plancia e materiali

    Connettività

    Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida

    Visibilità e maneggevolezza

    Il sistema ibrido

    La guida

    Consumi ed autonomia

    Le prestazioni

    I prezzi

    Renault Clio E-Tech
    Stile

    La Clio è una classica berlina due volumi di segmento B. È lunga 4 metri e 5 centimetri, ha un passo molto lungo (2,58 metri) ed ha proporzioni equilibrate. Per lo stile della quinta generazione Renault ha deciso per la continuità con la precedente. La E-Tech Limited Edition che abbiamo guidato si riconosce dai cerchi, dalle scritte e da alcune finiture in nero lucido e cromate. Per il resto è indistinguibile dalle altre Clio.

    Abitabilità e capacità di carico

    La Clio è accogliente e confortevole. Lo spazio riservato ai passeggeri è identico a quello delle altre versioni. Dunque ottimo davanti e dietro buono per due persone, occasionalmente per tre. Anche i più alti non hanno difficoltà a entrare, sedersi ed uscire. Buona anche la disponibilità di spazio per le tasche sulle portiere e dietro gli schienali. Anche il cassetto e i vani sul tunnel sono ben studiati per la vita di tutti i giorni.

    Renault Clio E-Tech

    Il sistema ibrido mangia invece 90 litri alla capacità record del bagaglio: da 391 si passa 301 litri, 979 con i sedili abbattuti. In compenso il vano ha comunque un volume buono e una forma che lo rende fruttabile. Inoltre il gradino formato dal piano con la soglia e il divanetto è meno marcato. Rimane scomodo il pulsante di apertura alloggiato nel portatarga: è basso e si sporca facilmente.

    Renault Clio E-Tech
    Plancia e materiali

    La nuova Clio è molto migliorata nella qualità degli interni. I materiali sono robusti, con qualche tocco di raffinatezza. La plancia, classica nell’ergonomia, è morbida, gli accoppiamenti solidi e alcuni comandi sono abbelliti da finiture in metallo. La strumentazione digitale ha sulla sinistra l’indicatore dello stato di carica della batteria, simmetrico a quello della benzina. La E-Tech Edition si riconosce per la combinazione bicolore, la selleria mista tessuto-pelle e le finiture in azzurro, così come le scritte sui tappetini.

    Renault Clio E-Tech
    Connettività

    Lo schermo da 9,3” è verticale e orientato verso il guidatore. È sempre ben visibile, la grafica è accattivante e la logica è chiara. Utili e ricche di informazioni anche le schermate del sistema ibrido. Ci sono Android Auto e Carplay, il sistema di comandi vocale e la possibilità di utilizzare Google per la ricerca di destinazioni e punti di interesse. È aggiornabile sia per il software, sia per le mappe e c’è uno store online per arricchirlo di applicazioni e servizi.

    Renault Clio E-Tech

    Possibile anche l’associazione con lo smartphone per gestire alcune funzioni in remoto. Per fare questo c’è un modulo 4G integrato che è gratis per i primi 3 anni. Non c’era all’inizio, invece ora c’è la piastra di ricarica ad induzione. Tra le funzionalità, la possibilità di adattare l’illuminazione ambiente in base anche alla modalità di guida selezionata.

    Renault Clio E-Tech
    Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida

    La Clio ha conquistato subito le 5 stelle EuroNCAP confermando la grande attenzione che Renault ha da sempre per la sicurezza. La scocca della piattaforma CMF-B ha permesso di tagliare il peso della vettura di 50 kg eppure è ancora più protettiva. I dispositivi di assistenza si servono di radar e telecamera, ma su questa E-Tech non raggiungono la guida autonoma di livello 2.

    Renault Clio E-Tech

    All’appello manca infatti il cruise control adattivo, disponibile solo con il motore 1.3 da 130 cv con cambio EDC a doppia frizione. Niente da dire in ogni caso sulla funzionalità dei sistemi presenti, efficaci e mai troppo invasivi. La loro azione può essere esclusa o regolata.  

    Renault Clio E-Tech
    Visibilità e maneggevolezza

    Si vede bene di fronte e di lato, dietro e sulla tre quarti posteriore bisogna considerare la forma del lunotto, la finestratura ascendente e i fianchi rialzati. Funzionali i sistemi di ausilio al parcheggio, con sensori che, oltre che ad un’azione acustica, fanno percepire su schermo ostacoli e pericoli. Oltra alla retrocamera, si può avere il sistema di visione perimetrica a 360 gradi. Il raggio di sterzata è contenuto e il comando è giustamente leggero. Sia i fari sia le luci posteriori sono a led.

    Renault Clio E-Tech
    Il sistema ibrido

    Il sistema di propulsione è un ibrido serie-parallelo di nuova concezione. Come i sistemi delle concorrenti Yaris e Jazz, ha un’unita termica aspirata, due motogeneratori elettrici inseriti all’interno della trasmissione e una batteria agli ioni di litio raffreddata ad aria. Renault dichiara che può marciare in elettrico fino a 75 km/h e per l’80% del tempo in città.

    Ha un’unita termica aspirata, due motogeneratori elettrici inseriti all’interno della trasmissione e una batteria agli ioni di litio raffreddata ad aria. Renault dichiara che può marciare in elettrico fino a 75 km/h e per l’80% del tempo in città.

    La novità principale del sistema Renault è di avere un cambio automatizzato a 4 rapporti pur facendo a meno di frizioni. Il motogeneratore elettrico principale da 36 kW è sempre in presa. In questo modo la sua azione non è filtrata né verso le ruote né verso l’unità termica. L’altro elettrico da 15 kW sincronizza invece la velocità degli ingranaggi per permettere gli innesti.

    Il motogeneratore elettrico principale da 36 kW è sempre in presa. In questo modo la sua azione non è filtrata né verso le ruote né verso l’unità termica. L’altro elettrico da 15 kW sincronizza invece la velocità degli ingranaggi per permettere gli innesti

    L’unità termica è un 1,6 litri ad aspirazione atmosferica a ciclo Otto di origine Nissan che eroga 91 cv. Dunque sembrerebbe più orientato alle prestazioni che all’efficienza. La potenza totale del sistema di 140 cv è infatti notevole. La batteria lavora ad una tensione di 230 Volt e ha una capacità di 1,2 kWh. La Clio ibrida pesa 1.238 kg, solo 10 kg in più rispetto alla versione con il diesel 1.5.

    Renault Clio E-Tech
    La guida

    La Clio E-Tech è l’ibrida più “parallela” della sua classe. Sotto l’acceleratore si sente e si regola la spinta diretta del motore elettrico. Allo stesso tempo, l’interazione con l’unità a benzina è fluida e il suo intervento può essere ben modulato col piede così da arrivare in elettrico fino a 70-75 km/h.

    Non si può scegliere di guidare solo in elettrico né controllare il tempo di funzionamento ad emissioni zero. Si può veleggiare al di sotto di 100 km/h. Il guidatore può scegliere tra la modalità normale, Eco o Sport attraverso lo schermo attivando il menu con un pulsante. Un passaggio in meno sarebbe stato meglio.

    La Clio è l’ibrida più “parallela” della sua classe. Sotto l’acceleratore si sente e si regola la spinta diretta del motore elettrico

    Il recupero dell’energia in D è già efficace, in B la sua intensità cresce. Tale caratteristica può essere sfruttata in città per utilizzare i freni il meno possibile. La strumentazione indica chiaramente fino a che punto stiamo recuperando energia senza sprecarla in calore generato dall’azione delle pinze sui dischi. Il sistema ha 15 modalità operative, ma nella guida normale è difficile sentirlo funzionare in serie.

    La strumentazione indica chiaramente fino a che punto stiamo recuperando energia senza sprecarla in calore generato dall’azione delle pinze sui dischi

    La natura più “parallela” e la presenza di rapporti veri e propri si rivela assai piacevole nella guida. Se odiate l’effetto CVT, l’E-Tech è il vostro ibrido. Di suo, la Clio è un’auto ben salda al terreno e confortevole. Il 4 cilindri è silenzioso, ha una buona progressione e dolci sono i passaggi di marcia. La distanza tra un rapporto e l’altro si percepisce invece quando si affonda l’acceleratore per scalare o si affrontano salite ripide. In questo caso, il motore sale parecchio di regime prima di passare alla marcia superiore.

    Renault Clio E-Tech
    Consumi

    La Clio E-Tech dichiara 3,6 litri/100 km e 82 g/km di CO2 nel ciclo NEDC che diventano 96 g/km in quello WLTP. Nella guida normale si va da 4 ai 5,5 litri/100 km con due positività. La prima è che in città si può davvero decidere se risparmiare al massimo o andare di fretta. La seconda è che le richieste di benzina non sono invece influenzate particolarmente dallo stile di guida fuori dalle mura. Con 39 litri di serbatoio, l’autonomia media è di circa 800 km.

    Renault Clio E-Tech
    Le prestazioni

    La francese raggiunge 180 km/h e accelera da 0 a 100 km/h in 9,9 secondi. Ci si poteva aspettare di più da un sistema così potente, ma proprio la trasmissione E-Tech, che sulla carta dovrebbe dare alla Clio maggiore sportività, la rallenta quando si chiedono le massime prestazioni. Viceversa, nella guida normale la brillantezza e la risposta all’acceleratore si percepiscono con favore.

    La trasmissione E-Tech, che sulla carta dovrebbe dare alla Clio maggiore sportività, la rallenta quando si chiedono le massime prestazioni. Viceversa, nella guida normale la brillantezza e la risposta all’acceleratore si percepiscono con favore

    Renault Clio E-Tech
    I prezzi

    La Clio ibrida parte da 21.950 euro e ha 4 allestimenti: Zen, Intens, R.S. Line e Initiale Paris. A questi, si aggiunge la E-Tech Limited Edition a 25.400 euro, con finiture distintive e un rapporto favorevole tra prezzo e dotazione. Con gli incentivi previsti per il nuovo anno, si devono togliere 1.500 euro o 3.500 con la rottamazione. Salvo incentivi locali e sconti di costruttore e concessionario. Da considerare poi le esenzioni, totali o parziali, sulla tassa di possesso, sugli accessi nelle ZTL, nei giorni di fermo al traffico e per i parcheggi.

    Renault Clio E-Tech
  • I droni sono il seme dell’aeronautica di domani ad emissioni zero

    Ibrido, elettrico o idrogeno? Non parliamo di automobili ma di droni e, in seconda battuta di eVTOL ovvero gli electrical Vehicle Take Off and Landing e tutti i tipi di velivolo. I droni infatti hanno “in nuce” le tecnologie che vedremo su tutto ciò che vola. La discussione è quale sia la fonte di energia migliore: un motore a scoppio, una batteria o uno stack di celle a combustibile?

    I droni infatti hanno “in nuce” le tecnologie che vedremo su tutto ciò che vola. La discussione è quale sia la fonte di energia migliore: un motore a scoppio, una batteria o uno stack di celle a combustibile?

    Ibrido a 2 tempi

    La spagnola Quaternium ha segnato un altro punto per la prima delle tre fissando in 10 ore e 14 minuti il record per droni elettrici. Il quadricoptero HYBRiX ha consumato 16 litri di benzina a 95 ottani utilizzando come range extender un motore 2 tempi. Di certo, non il massimo per l’ambiente.

    drone
    L’elettrico è lontano…

    Un limite inavvicinabile per un drone elettrico. Il record relativo appartiene al turco Okzuz: 1 ora 5 minuti e 51 secondi. Interessante che il velivolo pesasse meno di 5 kg e che il record risalga al 2015. Segno che le caratteristiche attuali delle batterie costringe a guardare altrove.

    Leggi l’articolo sul primo volo elettrico della Boeing

    L’idrogeno vola a lungo

    L’idrogeno è decisamente più competitivo. Nel 2019 il sud coreano MetaVista ha volato per 12 ore, 7 minuti e 5 secondi. Montava uno stack da 800 Watt e un serbatoio da 6 litri di idrogeno liquido. Dunque quasi 2 ore in più in aria, ma con un ‘combustibile’ decisamente più impegnativo.

    drone
    Una tecnologia ancora liquida

    L’idrogeno ribadisce la sua supremazia per il rapporto energia/massa: 6 kg di idrogeno danno quasi il 20% in più di autonomia rispetto a 16 litri di benzina. Ma quest’ultima, per essere liquida, non ha bisogno di -252,9 °C, occupa un volume molto inferiore e non si disperde al ritmo dell’1% al giorno.

    O società o niente

    L’idrogeno dunque ha un potenziale enorme per l’aviazione, ma la sua produzione e gestione deve essere strutturata. I problemi sono analoghi a quelli per i veicoli terrestri. Per quelli volanti, l’idrogeno andrebbe prodotto e stoccato nelle aerostazioni, pronto per il rifornimento. Per l’idrogeno ci vuole una società dell’idrogeno.

    L’idrogeno dunque ha un potenziale enorme per l’aviazione, ma la sua produzione e gestione deve essere strutturata. I problemi sono analoghi a quelli per i veicoli terrestri

    drone
    La via degli ioni

    Ma c’è anche una quarta via e l’ha intrapresa la Undefined Technology. Il suo drone sfrutta un vento ionico o plasma creato attraverso un forte campo magnetico che ionizza le particelle di ossigeno e azoto presenti nell’aria. Molte le analogie con la tecnologia che il MIT sta studiando per gli aerei.

    Leggi l’articolo sulla sfida tra MT e Wuhan per l’aereo del futuro

    Elettrica senza movimento

    Si tratta di una forma di propulsione elettrica senza parti in movimento che però non elimina un problema fondamentale: come generare l’energia necessaria? Un altro problema è il rumore. La Undefined Technology afferma però di essere riuscita a tenerlo sotto i 70 dB, dunque ai livelli di un aspirapolvere.

    drone
    Il vento potrebbe cambiare

    Il prototipo della start-up di Doral (15 miglia a Est di Miami) dimostra che anche per la propulsione a vento ionico ci stiamo avvicinando ad un bilancio tra massa, potenza ed energia competitivo. Peccato che proprio il fatto di non avere parti in movimento lo escludano da applicazioni “terrestri”.

    Il futuro è già in volo

    Chi vincerà? Probabilmente accadrà quello che sta succedendo anche per i veicoli: coesistenza tra tante tecnologie con tassi di elettrificazione che cresceranno gradualmente. L’altro fattore di differenziazione sarà il tipo di utilizzo. Tra aerei a corto, medio o lungo raggio, elicotteri, eVOTL per servizi taxi o logistici e droni c’è sicuramente spazio per tecnologie e applicazioni diverse.

  • Honda Jazz, l’ibrido è di serie

    Tutta un’altra musica. Facile fare dell’ironia su un’auto che si chiama Jazz. Una volta si faceva sul nome Honda. Ma è tale la reputazione conquistata dalla casa giapponese in tutti i campi che da tempo nessuno osa canzonare un nome che fa quasi 20 milioni di moto e 5 milioni di automobili all’anno. A questi vanno aggiunti 5,7 milioni dei cosiddetti “power product” (gruppi elettrogeni, tosaerba e altro ancora).

    Honda Jazz Hybrid
    Una potenza da 30 milioni di motori

    Honda è il numero 1 al mondo per il numero di motori prodotti (quasi 30 milioni), compresi i jet da aereo. Una potenza tecnologica che adotta tutti i sistemi di elettrificazione, anche ibrido plug-in e idrogeno (anche se non in Italia). E di tanto in tanto, riesce persino a spezzare il dominio Mercedes in Formula 1, senza contare gli innumerevoli successi nelle competizioni motociclistiche.

    Honda Jazz Hybrid
    Una world car, nel resto del mondo

    E poi ci sono i numeri della Jazz. Una vera world car da 8 milioni di esemplari venduti dal 2001, ma che in Europa non ha mai trovato un successo adeguato. La quarta generazione diventa ibrida al 100%. E ibrida “full”, dunque senza i compromessi di tante concorrenti e a confronto diretto con Toyota Yaris e Renault Clio.

    Leggi l’articolo di presentazione della Honda Jazz

    Leggi l’articolo con il confronto tra Toyota Yaris Hybrid, Renault Clio E-Tech e Honda Jazz

    Honda Jazz Hybrid
    È stata già ibrida e anche elettrica

    Da rimarcare che, in realtà, una Jazz ibrida è già esistita con la seconda generazione nel 2011 anche per la terza. Nel primo caso il sistema era l’IMA (Integrated Motor Assist) della Insight con un 1,3 litri a benzina e un motore elettrico da 10 kW inserito nel cambio CVT. Nel secondo aveva un 1.5 da 122 cv e un elettrico da 22 kW inserito in cambio DCT a doppia frizione a 7 rapporti per 137 cv in totale. È esistita anche una Jazz elettrica, ma venduta tra il 2013 e il 2015 solo con il nome Fit con cui è presente in Giappone e USA. Aveva un motore da 92 kW, batteria da 20 kWh e autonomia di 122 km.  Tutte queste versioni elettrificate non sono mai arrivate in Italia.

    La nuova Jazz Hybrid è disponibile anche in variante Crosstar, con look offroad e assetto rialzato di 30 mm. È un’auto prevalentemente cittadina che, viste le sue caratteristiche va analizzata principalmente per questi aspetti:

    Stile

    Abitabilità e capacità di carico

    Plancia e materiali

    Connettività

    Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida

    Visibilità e maneggevolezza

    Il sistema ibrido

    La guida

    Consumi ed autonomia

    Le prestazioni

    I prezzi

    Honda Jazz Hybrid
    Stile

    La Jazz conferma la sua impostazione a metà tra la berlina 2 volumi e la monovolume. Gli elementi fondamentali sono l’altezza di 1,53 metri, a fronte di una lunghezza di 4 metri e 4 centimetri, e la parte anteriore. Il muso infatti è corto, molto raccordato con il parabrezza inclinato e ci sono anche i deflettori con doppio montante. L’insieme è molto pulito, banale per alcuni, minimale e tecnologico per altri.

    Honda Jazz Hybrid
    Abitabilità e capacità di carico

    Sono da sempre i punti forti della Jazz. Nessuna auto di questa classe offre di più. C’è quantità, ma anche qualità. Grazie alle portiere, molto leggere, e che si aprono quasi ad angolo retto, si entra e si esce in modo molto agevole. E poi ci sono i famosi “magic seats”. Il divanetto posteriore ha al di sotto spazio utile vuoto e può essere sollevato così da poter infilare anche oggetti alti e sottili. Lo schienale del passeggero anteriore è abbattibile così che si possono trasportare anche oggetti molto lunghi.

    Honda Jazz Hybrid

    Magico anche il sistema di abbattimento che, simultaneamente, abbassa anche le sedute per ricavare una superficie di carico continua. Rispetto alla precedente, la nuova Jazz ha perso qualcosa in capacità (da 354-1.317 a 304-1.216 litri) e c’è un gradino, dall’andamento graduale. È il prezzo da pagare per far posto alla batteria agli ioni di litio mentre il serbatoio della benzina da 40 litri è al centro della vettura, sotto i sedili anteriori, una caratteristica unica di Honda, anche per altri modelli.

    Honda Jazz Hybrid
    Plancia e materiali

    I materiali sono raffinati e la plancia, interamente digitale, ha uno stile molto hi-tech. Tutti i comandi sono a portata di mano e retroilluminati, compresi quelli sul volante. Manca però un pulsante per rispondere al telefono e chiudere. Ci sono molti vani e cassetti e persino i portabicchieri ai lati. Raffinata la combinazione bicolore chiaro-scuro e funzionale quella tra tessuto (seduta) e pelle per i sedili.

    Honda Jazz Hybrid
    Connettività

    Il sistema è veloce ed intuitivo. Lo schermo da 9” è ben illuminato, ma a volte soffre di qualche riflesso. Ha Android Auto e Carplay, quest’ultimo wireless, una caratteristica che facilita le cose anche se la ricarica è a cavo. Si aggiorna over-the air, la però procedura necessita di un’unità di memoria USB da inserire in una delle quattro prese presenti. Due sono per i sedili posteriori. L’assistente vocale è ad intelligenza artificiale e c’è l’hotspot per il wi-fi. L’app permette di impostare da remoto la destinazione e di rilevare gli eventuali spostamenti della vettura con il geofencing.

    Honda Jazz Hybrid
    Sistemi di sicurezza e assistenza alla guida

    La Jazz è la prima auto della sua classe con airbag centrale, sistemato sul fianco interno del sedile del guidatore per proteggere meglio in caso di urto laterale. In tutto si sono ben 10 airbag, compresi quello per le ginocchia e i due laterali posteriori. I dispositivi di assistenza permettono una guida autonoma di livello 2 e, nonostante abbiano come occhio solo una telecamera e nessun radar, funzionano in modo davvero egregio. Ci sono anche l’ACC con stop&go che si legge automaticamente il limite. I sistemi si possono attivare e regolare singolarmente su display o disinserire con solo tasto.

    Honda Jazz Hybrid
    Visibilità e maneggevolezza

    La forma della carrozzeria e la posizione di guida creano le premesse migliori per avere una visibilità davvero encomiabile. I montanti anteriori sono spessi solo 55 mm e il parabrezza è praticamente piatto. Questo migliora la percezione della strada e facilità il lavoro dei tergicristalli in caso di pioggia. Molto contenuto il raggio di sterzata e funzionale la combinazione acustico-visiva fornita dai sensori di parcheggio anteriori e posteriori. Per legge, c’è il sound artificiale esterno stile “navicella spaziale” fino a 30 km/h.

    Honda Jazz Hybrid
    Il sistema ibrido

    Il sistema di propulsione segue lo stesso schema di quello della CR-V ed è un ibrido serie-parallelo, ma molto più il primo del secondo. Per stessa amissione degli uomini Honda, è ispirato a quello della Mitsubishi Outlander. Fino a 30 km/h il solo motore di trazione è quello elettrico da 80 kW e 253 Nm, collegato alle ruote attraverso un rapporto fisso ed è coassiale al generatore da 70 kW all’interno della trasmissione.

    Honda Jazz Hybrid

    In questa fase, il 4 cilindri 1.5 a ciclo Atkinson da 98 cv entra in azione solo per ricaricare o per supportare una richiesta di potenza superiore ai 35 kW erogata dalla batteria. L’accumulatore agli ioni di litio da 0,86 kWh è posizionato tra lo schienale posteriore e il vano bagagli ed è raffreddato ad aria attraverso una presa d’aria interna all’abitacolo. Tra 30 e 80 km/h una frizione miscela la forza del motore termico con l’elettrico.

    Honda Jazz Hybrid

    In questa fascia, la Jazz marcia a volte con il solo motore ad elettroni come ibrido in serie, a volte come parallelo. Sopra i 90 km/h il 4 cilindri diventa l’unica unità motrice a velocità costante. Il motore elettrico interviene se serve ulteriore spinta in accelerazione, ripresa oppure in salita o a pieno carico. Tale apporto bilancia la mancanza di un cambio di velocità vero e proprio. L’1,5 litri ha un’efficienza del 40,5%.

    Honda Jazz Hybrid
    La guida

    La natura del sistema di propulsione dà alla Jazz una guida molto elettrica. Dunque fluidità estrema e ottima spinta allo spunto. Il 4 cilindri è molto silenzioso nella fascia di funzionamento misto e nella guida normale, diventa un po’ ruvido quando si chiedono le massime prestazioni. A velocità costante, si può marciare in solo elettrico anche oltre i 100 km/h e veleggiare.

    Honda Jazz Hybrid

    Non essendoci normalmente alcun collegamento meccanico diretto tra acceleratore e i motori, non è possibile innescare il veleggiamento come su altri sistemi. Bisogna dunque affidarsi in toto alla centralina che gestisce il funzionamento del sistema ibrido. L’unica modalità di guida alternativa a quella normale è la Econ. Con la leva della trasmissione in B, il recupero dell’energia si intensifica.

    Honda Jazz Hybrid

    La strumentazione indica come si muovono i flussi, ma non fa capire quanta energia si sta recuperando per rallentare la vettura con il pedale e quanta invece si sta disperdendo attraverso i dischi dei freni. Gli alberini fanno capire quanto si è stati virtuosi con il piede destro. Preciso e piacevole lo sterzo a rapporto variabile, buono il comfort sospensivo e anche la tenuta di strada nonostante il leggero rollio.

    Honda Jazz Hybrid
    Consumi

    I dati ufficiali parlano di 3,8 litri/100 km e 82 g/km di CO2 nel ciclo NEDC, di 4,5 litri/100 km e 102 g/km in quello WLT. Nei fatti si va dai 4 ai 6 litri/100 km, a seconda delle situazione di guida. La condizione migliore è ovviamente quella cittadina, poi l’extraurbano e infine l’autostrada che non rappresenta la destinazione per elezione della Jazz. L’autonomia media indicata dal computer di bordo si attesta intorno agli 850 km.

    Honda Jazz Hybrid
    Le prestazioni

    La giapponese raggiunge 175 km/h e accelera da 0 a 100 km/h in 9,4 secondi. Affondando l’acceleratore, il sistema simula i passaggi di marcia, in realtà è tutta finzione perché solo è il motore elettrico a spingere le ruote. Appoggiando invece il piede con garbo, si parte morbidamente e si guadagna velocità in modo costante. È così che si ottiene il meglio dalla Jazz, in tutti i sensi.

    Honda Jazz Hybrid
    I prezzi

    Si parte da 22.500 euro con tre allestimenti: dal Comfort all’Executive passando per il mediano Elegance. Quest’ultimo la soglia per la variante Crosstar che, a parità di dotazione, costa 1.500 euro in più. Ci sono 1.750 euro di incentivo con rottamazione e 1.000 senza a cui si sommano gli sconti dal concessionario.

    Honda Jazz Hybrid
  • McLaren, ibride subito e sviluppo concentrato sulle elettriche dal 2030

    La McLaren presenta la sua nuova piattaforma in fibra di carbonio e fa due annunci. Il primo è che servirà per una nuova generazione di auto ibride. Il secondo è che dal 2030 interromperà lo sviluppo di modelli dotati di motore a combustione interna. Dunque: da questo momento in poi, solo auto elettrificate.

    McLaren nuova scocca in carbonio
    Vendite ibride al 50% entro il 2022

    La prima notizia non è un fulmine a ciel sereno. Il piano “Track22” già prevedeva per il 2022 il 50% delle vendite con l’ibrido e il “Track25” parla di 100% ibrido per il 2025. La seconda neppure, almeno per chi osserva ciò che succede nelle viscere di Woking. McLaren è infatti il fornitore delle batterie per la Formula E (fino alla fine della stagione 8) ed è l’unico costruttore di Formula 1 ad aver detto chiaramente che nel 2050 la massima categoria motoristica sportiva sarà elettrica.

    Batteria Formula E Gen2
    Una Formula 1 elettrica dal 2050

    McLaren nel 2019 ha svelato la sua visione della Formula 1 nel 2050 con il concept MCLExtreme. La monoposto raggiunge 500 km/h e ha la batteria agli ioni fluoruro, 15 volte più densa di energia rispetto a quelle attuali. Si ricarica completamente nel tempo necessario ad una F1 per compiere il giro a Montecarlo (1 minuto e 10 secondi). Oppure può farlo ad induzione passando sulla pitlane: 30 secondi per il 50% e 10 per il 10%. L’intelligenza artificiale sostituisce il team in pista e assiste costantemente il pilota.

    Leggi l’articolo sulle batterie agli ioni fluoruro di Toyota

    MCLExtreme
    Tuta anti-G e interazione con il pubblico

    Quest’ultimo indossa una tuta gravitazionale per resistere alle accelerazioni 5G che si sviluppano lungo le curve percorse ad oltre 400 km/h. La scocca può cambiare di forma e di colore, così come gli pneumatici. L’aerodinamica attiva dunque non riguarda solo le appendici, ma l’intero corpo vettura. Si stabilisce inoltre un’interazione cromatica con il pubblico (concetto già presente in Formula E) grazie anche alla rappresentazione olografica del pilota e ai tracciati che, per alcuni tratti, si snodano lungo tubi trasparenti. Chissà che cosa ne avrebbe pensato Bruce McLaren.

    Bruce McLaren
    L’ibridizzazione all’inglese

    Alla McLaren il collegamento tecnologico tra la pista e la strada è diretto. La prima ibrida targata è stata la P1 nel 2013, due anni dopo l’introduzione del KERS in Formula 1. Dal motogeneratore della P1 nacque il primo powertrain per la Formula E. Il modello di Woking più potente e veloce è la nuova Speedtail, un’ibrida da 1.070 cv e 250 miglia orarie (403 km/h). Il motogeneratore da 230 kW che spalleggia il V8 biturbo pesa meno di 28 kg mentre la batteria da 1,647 kWh e 270 kW ha una densità di 5,7 kW/kg, il quadruplo della P1 ed è raffreddata attraverso un olio isolante nel quale sono isolate le celle.

    McLaren Speedtail
    L’elettrificazione che viene da lontano

    Dunque l’elettrificazione è un tema centrale da almeno un decennio a Woking con ottica autenticamente britannica. Le prestazioni vanno raggiunte primariamente attraverso la limitazione delle masse. McLaren puntava a pareggiare il peso delle sue nuove auto ibride con quelle non elettrificate. Non ci è riuscita, per 30-40 kg. Il risultato è comunque ragguardevole perché il rapporto peso/potenza sarà perlomeno uguale. Il merito è anche della nuova scocca e di un motore V6 più piccolo e meno frazionato dell’attuale V8.

    McLaren P1 sistema ibrido
    Elettrica dopo il 2025, la spina subito

    Le McLaren ibride saranno sicuramente plug-in. L’autonomia sarà di circa 30 km, il giusto equilibrio per una supersportiva. Per la prima elettrica invece occorrerà aspettare la seconda metà del decennio. La casa britannica conta di fornire entro quella data un ragionevole bilancio tra peso, potenza, autonomia e dinamica di guida. Nel frattempo gli elettroni avranno preso il sopravvento e, se nel 2030 gli sviluppi dei motori a pistoni saranno interrotti, vuol dire che già nel 2035 tutte le McLaren stradali saranno elettriche.

    McLaren P1
    La crisi che scosse anche gli scettici

    La McLaren non era mai stata così chiara sul tema dell’elettrificazione. Nel 2018 il suo atteggiamento era ancora scettico su una sportiva ad emissioni zero. Le cose sono però cambiate e, come spesso accade, sono le crisi a dare la scossa. La pandemia infatti ha colpito duro: 40% delle vendite in meno, 1.200 persone licenziate su 4.000 (il 30%), ricavi da sponsorizzazioni in F1 azzoppati, perdite per 150 milioni di sterline, ricorso a finanziamenti per 300 milioni e richiesta al governo di un prestito di altri 150 milioni.

    McLaren
    Challenges and opportunities

    Anche la Brexit ha avuto il suo peso e sta già modificando gli assetti industriali. Le future McLaren avranno infatti il 60% di parti prodotte nel Regno Unito, oltre il 55% richiesto dalla “regole di origine” per gli accordi doganali tra i paesi. McLaren rinuncerà anche alle trasmissioni prodotte dalla italiana Graziano (controllata dalla americana Dana) per un fornitore britannico. La McLaren ha una grande opportunità: sviluppare tecnologie per l’elettrificazione che possano servire all’industria di massa britannica.

    McLaren carbonio
    Union Jack e Tricolore

    Per questo in Inghilterra non rinunciano alla bravura dei tecnici italiani. Claudio Santoni è il direttore tecnico del centro tecnologico di Sheffield che si occupa dei materiali compositi. Qui la McLaren ha investito 50 milioni di sterline per produrre le strutture prima costruite dall’austriaca Carbo Tech. Luciano De Oto è responsabile della progettazione delle scocche. Quest’ultimo, quando era in Lamborghini, ha firmato la Aventador e seguito i progetti per l’integrazione tra struttura e accumulazione di energia attraverso i nanocompositi. E chissà che non l’abbiano voluto proprio per questo.

    McLaren Technology Center Sheffield
  • H2X, il sogno australiano dell’auto ad idrogeno “down under”

    Portare le zero emissioni lì dove l’industria automobilistica è stata azzerata. È l’obiettivo di H2X, start-up australiana che vuole diventare costruttore di auto a idrogeno nel paese dove l’ultima fabbrica di veicoli è stata chiusa alla fine del 2017.

    Idrogeno Australia
    Esperienza internazionale

    La H2X ha sede a Sidney ed è stata fondata dall’australiano Brendam Norman e dall’austriaco Chris Reitz. Entrambi hanno esperienze decennali nel campo dell’automotive. Il primo è il CEO e ha ricoperto posizioni in BMW, Audi, Volkswagen e 12 anni con la Hydrogen Fuel Cel Electric Vehicles.

    H2X Snowy

    Il secondo è un designer ed è stato in Audi, Volkswagen, ma anche nel gruppo Fiat e in Nissan prima di fondare un proprio studio di consulenza. Il suo motto è ripreso da una frase di Ferdinand Porsche: «Non siamo riusciti a trovare l’auto sostenibile dei nostri sogni, per questo abbiamo deciso di farcela da soli».

    Al lavoro dal 2015

    H2X è al lavoro dal 2015, ma solo recentemente si sono visti i primi disegni e le prime dichiarazioni. L’obiettivo è assumere 5mila persone e creare un indotto di 25mila. I primi prototipi marcianti sono previsti per novembre, test pre-produzione nel 2022 e primi esemplari di serie su strada tra il 2022 e il 2023.

    H2X Snowy

    Al momento, lavorano per H2X circa 70 persone che diventeranno 100 entro il 2020, anche a Indianapolis, Barcellona e Kuala Lumpur. Il sito produttivo previsto da H2X è Port Kembla, 100 km a Sud di Sydney, nel Nuovo Galles del Sud. Il volume iniziale previsto è di 3.700 unità, 25mila nel 2025.

    Una gamma completa

    La gamma prevederà mezzi commerciali, mezzi pesanti e industriali e ovviamente autovetture. La prima anzi sarà un Suv che si chiamerà Snowy, un suv lungo 4,56 metri a trazione anteriore con una potenza di 190 kW e uno 0-100 km/h in 6,9 secondi. I serbatoi contengono 5 kg di idrogeno e sono a 700 bar.

    H2X Snowy

    Il sistema di propulsione è un ibrido che prevede uno stack da 60 kW di potenza spalleggiato da una batteria agli ioni di litio (ricaricabile e richiesta) e un supercondensatore per recuperare la maggior quantità di energia. Anche le sospensioni trasformano l’energia degli scuotimenti in energia.

    Interni anti virus, tecnologia asiatica

    Altrettanto interessanti, visti i tempi, sono i materiali anti-microbici utilizzati per l’abitacolo. Tutte le superfici interne possono godere di questo trattamento che tiene alla larga virus e batteri. H2X promette anche un uso massiccio di materiali leggeri, riciclati e/o riciclabili.

    H2X Snowy

    Il pianale e i componenti saranno forniti da terzi asiatici, ma i nomi rimangono top secret. Gli indizi portano verso la Grove, azienda di Wuhan, per la quale Norman e Reitz hanno sviluppato ben tre prototipi mostrati al Salone di Shanghai nel 2019: i suv Obsidian e Obsidian Sport e la coupé 4 porte Granite.

    La rete di rifornimento

    Eppure i piani parlano di una quota dell’80% di contenuti “Made in Australia” e una seconda piattaforma in grado di accogliere potenze fino a 550 kW. Tra i finanziatori, oltre ai dirigenti di consumata esperienza, ci sono altri come la Elvin, società australiana specializzata in inerti e conglomerati.

    H2X

    Nel progetto c’è anche lo sviluppo di una rete di distribuzione per l’idrogeno che, al momento, conta un solo punto presso la capitale Canberra. L’obiettivo e costruirne altri a Port Bundaberg, Port Kembla e Dubbo insieme alla ANT Energy Solutions, azienda australiana specializzata in sistemi energetici.

    Energia per un terzo dal carbone

    In attesa di capire la fattibilità industriale, resta da capire quella energetica. Secondo il World Energy Data, l’Australia ha una quota di rinnovabili del 10,8%, seguite da gas (23,7%), petrolio (32,4%) e carbone (33,2%) al quale si deve il 60% dell’energia elettrica prodotta pur con un calo del 21% rispetto al picco del 2008.

    carbon coke

    È il comportamento energetico di un paese che produce la stessa quantità di carbon fossile dell’Europa intera (quasi 500 milioni di tonnellate), ma con una popolazione di 25 milioni. Il petrolio estratto copre il 15% del fabbisogno. L’Australia produce l’11% dell’uranio mondiale, ma ha solo due centrali nucleari.  

    Il paese senza costruttori

    L’abbondanza energetica e di materie prime rende l’Australia un paese teoricamente ideale per la produzione dia automobili. Vi hanno avuto stabilimenti Mitsubishi, Toyota, British Leyland, Chrysler, Ford, General Motors, Volkswagen e persino Renault, ma l’ultima fabbrica ha chiuso nel 2017.

    Holden

    La produzione ha toccato il suo massimo nel 1970 (475mila unità) per poi scendere inesorabilmente. Alla fine del 2020 cesserà la propria attività commerciale anche la Holden, azienda nata nel 1856. General Motors, che la possiede dal 1931, ha deciso che le sue auto avranno i marchi globali.

    Automobili solo 3 su 10

    E pensare che dagli stabilimenti Holden per un periodo provennero addirittura i motori dell’Alfa Romeo 159: un 4 cilindri 2,2 litri da 185 cv e un V6 3.2 da 260 cv. Erano i tempi in cui Fiat e GM tentavano un matrimonio che poi non si fece, anzi ebbe un esito alquanto burrascoso.

    Alfa Romeo V6 3.2 GM Holden

    Nel 2019 la Holden è stato per vendite il decimo marchio in un mercato da 1,063 milioni di veicoli. Il calo è stato di quasi l’8%. L’unico dato positivo è la crescita dei suv (dal 43% al 45,5%). Le automobili sono meno del 30%, la quota restante veicoli commerciali. Più della metà sono vendite a flotte e aziende.

    Toyota ha un quinto del mercato

    Toyota domina con 206mila unità, seguita a grande distanza da Mazda (98mila), Hyundai (86mila), Mitsubishi (83mila) e Ford (63mila). Il primo marchio europeo è Volkswagen (8° posto, 50mila unità), MG (8mila) è il primo tra i cinesi, grazie anche alle sue discendenze britanniche.

    I modelli più venduti sono due pick-up: Toyota Hilux (48mila) e Ford Ranger (41mila). La prima tra le auto è la Corolla (30mila), tra i suv è la Mazda CX-5 (26mila). Le auto ibride non raggiungono le 31mila unità, anche se sono in forte ascesa. Idem per le plug-in e le elettriche che però sono meno di 3mila unità.

    Tesla domina invisibile

    Tra queste ultime non sono statisticamente conteggiate le Tesla. Si ritiene però che nel 2019 la casa americana abbia collezionato circa 5mila targhe, di queste 3.300 sarebbero Model 3. Per l’anno nuovo ci sarebbe una crescita ulteriore. Nei primi 2 mesi dell’anno sarebbero già 1.300 le Tesla vendute in Australia.

    Tesla Model 3 Supercharger

    Dunque il mercato vero delle elettrificate è del 3,5-4%. La sensibilità ambientale e verso i cambiamenti climatici tuttavia è in netta ascesa. I catastrofici incendi che hanno devastato l’Australia tra la metà del 2019 e i primi due mesi del 2020 hanno evidenziato i rischi legati ai cambiamenti climatici.

    Si punta alla rete domestica

    Secondo l’Electric Vehicle Council, in Australia ci sono circa 2.000 stazioni di ricarica pubbliche. Di queste, 250 sono veloci con potenze fino a 350 kW. Si contano 9 gestori che operano persino lungo la direttrice di 3mila km che taglia il paese da Darwin fino ad Adelaide passando per l’immenso outback.

    Australia infrastruttura ricarica elettrica

    La strategia del governo australiano punta tuttavia a potenziare la ricarica domestica. La grande disponibilità di spazio rende plausibile questa strategia, anche in base all’esperienza. Ad esempio, Tesla ha solo 35 Supercharger rispetto ai circa 700 destination charging.

    Il passo delle emissioni zero

    L’auto ad emissioni zero dunque sta maturando anche “down under”. L’elettrico è la prima scelta, ma affinché sia coerente ci vorrebbe una quota di rinnovabili ben maggiore dell’attuale. Ecco perché l’idrogeno è una soluzione plausibile. La H2X punta evidentemente a questo fattore, ma ve n’è un altro.

    Miniera Australia

    L’Australia è, al momento il più grande produttore di litio: 42 milioni di tonnellate su 77 in totale. Nel 2018 era a 58,8 e le sue riserve sono nettamente inferiori a quelle del Sudamerica. Sarebbero in ogni caso sufficienti per assicurare un’industria delle batterie che non c’è e, verosimilmente, non tornerà.

    L’idrogeno alla distanza?

    L’esperienza (anche quella australiana) insegna che il fattore tecnologico e distributivo sono più importante delle materie prime per la localizzazione dell’industria automobilistica. Questo esclude il ritorno dell’industria estera sotto forma di elettrico, ma apre uno spazio per quella “aussie” ad idrogeno.

    Idrogeno ciclo grafica

    Ci sono altre circostanze favorevoli. Una sono le distanze. Anche se la popolazione vive principalmente nelle grandi aree urbane, per muoversi fuori deve compiere lunghe percorrenze. Una è la predominanza del trasporto attraverso mezzi pesanti dalle dimensioni colossali, i famosi “road train”.

    Road Train

    Senza contare l’enorme disponibilità di energia solare per la produzione in loco dell’idrogeno dove la rete elettrica non arriva. Tra gli obiettivi strategici dell’Australia c’è l’aumento della produzione di idrogeno a tal punto da esportarlo in purezza o di composti chimici. La possibilità dunque esiste, anche per H2X.

    Sidney
  • Renault E-Tech, l’ibrido full e plug-in per Clio, Captur e Mégane

    Cambiare idea è sintomo di intelligenza. E fu così che uno dei pionieri dell’elettrico fece due mezze marce indietro con l’ibrido e l’ibrido plug-in. Dopo l’apparizione ai saloni sono infatti pronti i listini delle versioni E-Tech di Clio e Captur. Parliamo di veri e propri pezzi da novanta del mercato, in grado di poter far fare al circolante un balzo nel tasso di elettrificazione e di dare un colpo d’accetta alle emissioni medie di CO2 che, contrariamente alle intenzioni, aumentano ininterrottamente dal 2016.

    Guarda la prima analisi dal vivo del sistema Renault E-Tech

    …pezzi da novanta del mercato, in grado di poter far fare al circolante un balzo nel tasso di elettrificazione e di dare un colpo d’accetta alle emissioni medie di CO2…

    Renault Clio e Captur E-Tech
    C’è più di una prima volta

    Parliamo infatti della seconda e ottava auto più vendute in Europa nel 2019. La Clio è la terza in Italia nei primi mesi e l’auto straniera più venduta. La Captur è invece il terzo crossover più venduto nei primi 5 mesi e, con un prezzo di 32.950 euro, si annuncia come l’ibrida plug-in più economica del mercato.

    La Captur è invece il terzo crossover più venduto nei primi 5 mesi e, con un prezzo di 32.950 euro, si annuncia come l’ibrida plug-in più economica del mercato

    Renault Captur E-Tech

    La Clio E-Tech parte invece da 21.950 euro nell’allestimento Zen. La versione di lancio E-Tech a 25.400 euro, con 1.600 euro in più rispetto alla Intens, include il sistema Easy Link con schermo da 9,3”, caricatore wireless per lo smartphone e finiture specifiche.

    Un full di ibridi veri

    La Clio è dunque la terza full hybrid di segmento B dopo la Toyota Yaris e la Honda Jazz. Sarà interessante osservare quale sarà la quota di mercato che si ricaveranno. Siamo di fronte a tre modelli freschissimi, nel segmento più importante per volumi, anche se dotati di sistemi profondamente diversi tra loro.

    La Clio è dunque la terza full hybrid di segmento B dopo la Toyota Yaris e la Honda Jazz. Sarà interessante osservare quale sarà la quota di mercato che si ricaveranno

    Renault Clio E-Tech

    La Yaris ha una posizione di rendita. La forza commerciale della Clio tuttavia non è da sottovalutare. Insieme lo scorso anno hanno targato in Italia 80mila unità, ovvero oltre il 4% dell’intero mercato, quasi il 6% considerando la Captur. La Jazz può mettersi in scia trovando il successo che non ha mai trovato.

    Guarda il filmato sulle tecnologie ibride in campo

    Guarda il filmato del confronto tra ibrido e ibrido plug-in

    Renault Captur E-Tech
    Analogie e differenze

    La Clio E-Tech dichiara 140 cv, 180 km/h e 9,9 s. da 0 a 100 km/h. Il consumo combinato (WLTP) è di 4,3 litri/100 km pari a 96 g/km di CO2. In città può marciare per l’80% del tempo in elettrico tagliando del 40% i consumi. In elettrico raggiunge i 75 km/h. La batteria è agli ioni di litio a 230 Volt e ha una capacità di 1,2 kWh.

    Il consumo combinato (WLTP) è di 4,3 litri/100 km pari a 96 g/km di CO2. In città può marciare per l’80% del tempo in elettrico tagliando del 40% i consumi. In elettrico raggiunge i 75 km/h

    Renault Captur E-Tech

    La Captur ha un sistema strutturalmente identico: il 4 cilindri di 1,6 litri eroga 91 cv, cambia la potenza dei due motogeneratori: 49 kW e 25 kW contro rispettivamente 36 kW e 15 kW. Quest’ultimi sono inseriti nel cambio automatizzato a 4 rapporti attraverso un accoppiamento a ingranaggi a denti, senza frizioni.

    Renault E-Tech
    Si danno la carica differentemente

    Il crossover può contare su una potenza di 158 cv e su una batteria ricaricabile a 400 Volt da 9,8 kWh di capacità. I consumi sono di 1,5 litri/100 km pari a 34 g/km di CO2. L’autonomia in elettrico è di 50 km, 65 km nel ciclo urbano. Raggiunge 173 km/h (135 km/h in elettrico) e accelera da 0 a 100 km/h in 10,1 s.

    I consumi sono di 1,5 litri/100 km pari a 34 g/km di CO2. L’autonomia in elettrico è di 50 km, 65 km nel ciclo urbano. Raggiunge 173 km/h (135 km/h in elettrico)

    Renault Mégane E-Tech

    Entrambe hanno le modalità di guida Sport e B, che intensifica il recupero di energia. La Captur E-Tech ha anche la E-Save che mantiene la ricarica durante i trasferimenti interurbani per utilizzarla a destinazione circolando a emissioni zero in ambito urbano. Lo stesso sistema sarà montato anche sulla Mégane.

    Renault Clio, Captur e Mégane E-Tech
    Un lavoro che viene da lontano

    Renault lavora a questo sistema ibrido sin dal 2013 e ha depositato per esso oltre 150 brevetti. Può funzionare in serie o in parallelo attraverso 15 diverse combinazioni operative tra il motore a scoppio, il primo motore elettrico (di trazione) e il secondo (generatore).

    Renault lavora a questo sistema ibrido sin dal 2013 e ha depositato per esso oltre 150 brevetti. Può funzionare in serie o in parallelo attraverso 15 diverse combinazioni operative

    Il sistema appare leggero e compatto. La Clio E-Tech pesa 1.238 kg, solo 10 kg in più rispetto alla versione con l’1.5 dCi da 115 cv. Per la Captur E-Tech, la differenza è maggiore: 1.564 kg contro 1.326 kg, mentre sono invariate la capacità e la funzionalità del bagagliaio (379-1.275 litri) con divanetto scorrevole per 16 cm.

    Renault Captur E-Tech
    Quella volta a Parigi con l’Eolab

    Ripensamento sull’elettrico? Semplicemente pragmatismo. Una strategia basata completamente sulle emissioni zero non funziona per un costruttore di volume. In Renault se ne sono accorti da tempo. La svolta fu segnalata nel 2014 dal concept Eolab presentato al Salone di Parigi di quell’anno.

    Ripensamento sull’elettrico? Semplicemente pragmatismo. Una strategia basata completamente sulle emissioni zero non funziona per un costruttore di volume

    Renault Eolab

    L’Eolab nasceva sulla base della Clio, ma aveva un’aerodinamica notevole (cx di 0,235) e pesava meno di 1.000 kg. Il sistema ibrido plug-in era basato su un 3 cilindri mille da 75 cv, un elettrico da 40 KW, cambio a 3 rapporti e batteria da 6,7 kWh. Poteva percorrere 65 km in elettrico ed emetteva di 22 g/km di CO2.

    Renault Eolab
    Strategie e altri ripensamenti

    Renault a suo tempo disse che i contenuti di quel concept li avremmo visti entro il 2020 ed è stata di parola. La strategia ne prevede in tutto 12 entro il 2022 insieme ad 8 elettrici. Per questi ultimi ne manca solo uno e dovrebbe essere un crossover basato sulla piattaforma CMF-EV, la stessa della Nissan Ariya.

    Guarda l’articolo sulla nuova Renault Twingo ZE

    Guarda la prova della Renault Zoe

    Renault Scénic

    E l’ibrido a 48 Volt? Nel 2017 Renault ne era stata l’antesignana applicandolo alla Scénic con motore dCi 1.5 da 110 cv per un guadagno in termini di consumi e di emissioni del 6% sui dati di omologazione e dell’8-10% nella guida normale. Costava 1.000 euro, ma presto sparì dai listini. E chissà che anche su questo non ci sia una retromarcia.

    Renault gamma ZE e E-Tech
  • Coronavirus, ecco perchè la crisi economica non fermerà l’elettrificazione dell’auto

    Coronavirus e crisi economica sono ormai un tutt’uno. Questa constatazione porta parecchi osservatori a ipotizzare un rallentamento nel processo di elettrificazione dell’auto.

    L’equazione

    L’equazione presentata da molti relativamente al rapporto tra Coronavirus, crisi economica ed elettrificazione è semplice, quasi banale. L’auto elettrificata costa di più dell’auto con tecnologia convenzionale.

    Inoltre, se si tratta di un’auto con tecnologia ibrida plug-in, oppure esclusivamente elettrica a batterie, i sistemi di ricarica richiedono anche investimenti importanti in nuove infrastrutture.

    Quindi, l’auto della nuova specie nel difficile scenario economico dei prossimi anni sarà completamente fuori mercato.

    Coronavirus crisi economica elettrificazione

    Gli indizi

    Il primo indizio citato a supporto di questa tesi così elementare è il crollo senza precedenti del mercato dell’auto in tutti i paesi interessati dalla pandemia di Covid-19. Nessuno ha voglia di auto mentre fa la guerra al virus, figuriamoci se si complica la vita andando a cercare nuove soluzioni.

    Il secondo indizio, terribilmente efficace, è la caduta del giro d’affari in quasi tutti i settori dell’economia. Con conseguente perdita di posti di lavoro e di potere d’acquisto. Pochi soldi in giro, uguale poco interesse per tecnologie elettrificate e più costose.

    Il terzo indizio è relativo all’enorme necessità di denaro per tamponare con interventi pubblici la caduta del mercato, i fermi produttivi e gli adattamenti necessari nella fase – che si prevede lunga – del distanziamento sociale e della grande attenzione comportamentale per impedire la ripresa dell’epidemia.

    Auto ferma panne coronavirus e crisi economica

    Se il denaro serve per far sopravvivere interi settori produttivi, non può essere indirizzato verso gli investimenti sulle infrastrutture necessarie alla diffusione delle auto elettrificate ricaricabili.

    L’errore

    Chi immagina un ritorno da protagonista di un’auto retrograda sul mercato dell’auto, invece, si sbaglia di grosso.

    Nel crollo dei mercati dell’auto in tutta Europa, accanto agli evidenti e pesanti “segni meno” relativi alle vendite globali e a quasi tutte le categorie di veicolo, c’è un solo “segno più” e riguarda proprio le auto elettriche ed elettrificate con tecnologia ibrida Full-Hybrid e Plug-in Hybrid.

    Segno più sui principali mercati

    Secondo i dati ACEA e UNRAE, a marzo 2020 si registra –85% dell’Italia, con l’insieme dei 5 Major Markets a -56% (Germania, Italia, Francia, Regno Unito, Spagna).

    In Germania, Regno Unito e Francia, però, crescono a tassi a doppia e anche tripla cifra le immatricolazioni di elettriche plug- in ed elettriche pure (queste ultime anche in Italia), con quote di mercato complessive mai viste prima, tra il 7% del Regno Unito e il 12% della Francia, con il 9% in Germania

    Germania

    Auto ibride al 12,5% di quota (+62%), con le ibride plug-in che registrano un +208%. Mentre le auto elettriche fanno segnare +56%.

    Francia

    Ottimo risultato dei veicoli ibridi (+47%), con un +140% delle ibride plug-in (che sono al 2,6% di quota). Le ibride nel complesso raggiungono quasi l’11% del mercato complessivo (+6 punti percentuali). Le auto elettriche segnano una crescita del 145% e arrivano al 7,1% di quota

    Regno Unito

    Le auto elettriche triplicano quasi le immatricolazioni con un +197% e balzano in avanti nella quota passando dallo 0,9% al 4,6%. Le auto ibride plug-in fanno registrare un +38%.

    Clicca qui e leggi l’articolo: I mercati crollano, l’elettrificazione fa un balzo. La lezione del Covid-19 per il futuro.

    Pochi soldi spesi bene

    I pochi soldi che ci saranno durante la crisi economica che ci aspetta, quindi, saranno spesi con grande parsimonia. Si tratterà più di investimenti, per le singole famiglie e imprese, che di spesa intesa come semplice costo. Investire dei soldi, significa guardare a tecnologie che promettono di durare nel tempo, non a tecnologie obsolete – per quanto convenienti.

    mano con soldi crisi economica ed elettrificazione

    Il mercato del futuro

    Il mercato dell’auto nei prossimi anni sarà caratterizzato da numeri certamente e sostanziosamente inferiori rispetto agli anni pre-Coronavirus, come prevedono tutti gli operatori del settore. All’interno di quei numeri, però, le tecnologie elettrificate aumenteranno il loro peso relativo

    Non solo, perchè cresceranno anche in termini assoluti andando a costituire la vera e solida ossatura sulla quale crescerà il mercato dell’auto del futuro.

    Investimenti strategici

    Anche la questione degli investimenti pubblici e dell’indirizzo da parte della mano pubblica dei grandi investimenti privati in una lettura legata a Coronavirus, crisi economica ed elettrificazione è tutt’altro che ostativa.

    La rinascita economica si basa sulle grandi opere, che intese in forma moderna non sono soltanto ponti, autostrade, stadi o roba simile. Le grandi opere del presente e del futuro sono nell’infrastruttura di servizio al bene comune.

    Certamente l’istruzione, la ricerca e la sanità come ci insegna con ferocia l’esperienza Coronavirus. Io faccio parte di questo mondo (istruzione e ricerca) e spero che finalmente sia una visione condivisa la necessità di investire sull’educazione e l’innovazione per il nostro futuro.

    Ma anche grandi reti, come quella delle telecomunicazioni, dell’energia e – in modo specifico – dell’elettricità intelligente.

    Coronavirus crisi economica ed elettrificazione

    L’auto che si ricarica dalla presa elettrica fa parte di almeno due di queste reti strategiche per il futuro di ogni società: la rete delle telecomunicazioni e quella dell’elettricità.

    Gli investimenti per evolvere queste due reti continueranno e – auspicabilmente – aumenteranno nel prossimo futuro. Proprio per farci uscire dalla crisi nella quale un virus globale ci ha cacciati.

    Questione ambientale

    Un ulteriore elemento che in troppi sembrano aver dimenticato, è che all’uscita dal tunnel ci aspettano gli stessi problemi ambientali di prima.

    Le emissioni si sono ridotte momentaneamente con il fermo generalizzato e planetario di moltissime attività. Ma il cambiamento climatico è un nemico che ci aspetta rabbioso, non è stato ancora né affrontato, né tantomeno sconfitto.

    Clicca qui e leggi Coronavirus e inquinamento, ecco le tre verità.

    Coronavirus e crisi economica non ci potranno esimere dal doverlo affrontare e l’elettrificazione nel settore dell’auto è uno dei principali strumenti a nostra disposizione. Non la potremo abbandonare.

    Insieme all’esperienza del Coronavirus, la questione ambientale sarà l’altro grande elemento che disegnerà il nostro futuro.

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    Aspetto psicologico

    C’è poi l’aspetto psicologico a chiarire ulteriormente il quadro nel rapporto tra Coronavirus, crisi economica ed elettrificazione.

    Auto del futuro elettrificazione

    Non si esce da una crisi guardando al passato, ma rivolgendo l’attenzione completamente al futuro. Non c’è grande crisi della nostra storia che si sia conclusa con mercati caratterizzati da tecnologie obsolete.

    Al contrario, all’uscita dal tunnel si ha addirittura voglia di salti in avanti dal punto di vista tecnologico.

    L’arrivo su larga scala e con u peso importante – relativamente al totale del mercato – delle tecnologie di trazione auto altamente elettrificate (Full Hybrid, Plug-in Hybrid, Elettrico puro a batterie e, perchè no, a idrogeno) può essere addirittura accelerato della crisi economica che ci attende.

    Si venderanno meno auto, questo è sicuro, ma quelle che si venderanno saranno maggiormente elettrificate.