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  • Lamborghini ibrida, un’auto da corsa per due campionati. Ecco la storia completa

    Lamborghini che diventa ibrida e si elettrifica. Non solo per le auto di serie, ma anche per le auto da corsa. E che auto da corsa. La casa di Sant’Agata Bolognese ha infatti annunciato che nel 2024 costruirà una LMDh, ovvero un prototipo capace di gareggiare sia nel WEC sia nell’IMSA, i due campionati di durata più importanti al mondo, nelle rispettive massime classi: Hypercar e GTP.

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    Alla larga dalla pista

    Tante novità in una dunque per un costruttore che, per tradizione si è sempre tenuto alla larga, almeno fino a quando il fondatore è stato in sella. Ferruccio Lamborghini si rifiutò sempre categoricamente di scendere in pista, pur facendo una delle auto più veloci di allora e tra le più belle della storia: la Miura. Eppure tra i suoi creatori c’era Gian Paolo Dallara, uno dei più grandi progettisti di auto da corsa di tutti i tempi.

    Ammutinamento o test di sviluppo?

    Eppure qualcuno che tentò di fare una Miura da corsa ci fu. All’interno la chiamavano tutti Jota (alla spagnola, come tutti i nomi delle Lamborghini) dalla lettera J, la voce che all’interno dei regolamenti FIA regola la trasformazione di un modello di serie in auto da competizione. Qualcuno racconta che fu un ammutinamento e, una volta scoperto dallo stesso Ferruccio, fu sedato senza pietà.

     La lettera J sta per Jota

    Qualcuno invece dice che fu fatto semplicemente per sviluppare soluzioni da applicare sulla Miura stradale. Fatto sta che il suo V12 di 3.929 cc aveva una potenza salita da 350 cv a 440 cv, la struttura era stata alleggerita e vi erano alcune modifiche aerodinamiche, come i fari a bolla al posto di quelli a sollevamento, contornati da deviatori per alleviare la portanza aerodinamica sull’assale anteriore.

    Ricostruzione filologica

    La Jota fu rivenduta poi ad un cliente privato che la distrusse in un incidente. Alcune delle specifiche Jota furono tuttavia applicate ad alcune Miura. A quei tempi le regole di omologazione non erano certo complicate come quelle odierne. L’allora collaudatore della Lamborghini, Bob Wallace, aiutò successivamente un collezionista a ricostruirne un esemplare fedele.

    Una Lambo da rally? Poteva accadere

    Il nome Jota sarebbe stato poi resuscitato nel 2018 per denominare alcune versioni come la Diablo Jota e la Aventador SVJ. SV sono due lettere magiche di Lamborghini e stanno per Super Veloce. Wallace creò nei primi anni ’70 persino due derivativi da rally della Jarama e delle Urraco, ma senza riuscire a portarli mai in gara. Nel 1968 aveva anche aiutato i piloti Gerhard Mitter e Marcello Gallo a preparare una Miura SV per la Preis der Nationen di Hockenheim, ma senza ottenere la qualificazione.

    Il destino tra la Islero e Le Mans

    Eppure nel 1975 una Lamborghini arrivò a tanto così dal debutto in gara. Una Islero GT400 fu infatti iscritta alla 24 Ore di Le Mans. Il pilota francese Paul Rilly aveva acquistato dalla concessionaria Garage Europ Sport il primo esemplare arrivato in Francia nel 1968 e si era messo in mente di correre con una Lamborghini. Rilly si rivolse dunque alla Garage Thépenier, allora importatore Lamborghini d’Oltralpe per avere l’aiuto tecnico della casa madre.

    Diniego con prestito

    Il titolare Jean Thépenier riuscì a far avere a Rilly un appuntamento a Sant’Agata Bolognese con Ubaldo Sgarzi, braccio destro di Ferruccio Lamborghini e direttore commerciale dell’azienda. Il pilota francese voleva un’auto per correre, ma gli fu opposto un no deciso, come da politica aziendale. L’unica cosa che riuscì ad ottenere fu un kit di freni potenziati e sospensioni ribassate per la sua Islero. E neppure a buon mercato: erano un prestito, con un deposito di 15.000 franchi.

    Il gran rifiuto e l’opportunità

    La Islero guidata da Rilly e del suo compagno Roger Levéve non riuscì a qualificarsi. Non era però riuscita a qualificarsi anche una delle Ferrari nel team NART (North American Racing Team) di Luigi Chinetti, personaggio potentissimo e rispettato. Da pilota infatti aveva vinto tre edizioni della Le Mans e una con il suo team nel 1965, l’ultima assoluta conquistata da una Ferrari alla corsa francese. Era inoltre importatore del Cavallino negli Usa. Chinetti chiese allora di ammettere comunque le sue vetture, ma trovando l’irremovibilità dell’Aco, per protesta ritirò tutte le vetture.

    Se ci fossero stati gli smartphone…

    I giudici di gara decisero allora di riammettere in griglia la Islero di Rilly. Lui però se n’era già andato e provarono più volte a chiamarlo a casa, ma non rispose nessuno. Quando riuscirono a parlare con lui, era già sabato e non ce l’avrebbe fatta a tornare a Le Mans per essere in griglia. Per vedere a Le Mans un’altra Lamborghini ci sarebbero voluti altri 31 anni: fu la Murciélago GT-R del team Japan Lamborghini Ownership Club Isao Noritake preparata dalla Reiter Engineering insieme ad Audi, diventata proprietaria del Toro nel 1998.

    La prima Lambo per Le Mans è giapponese

    I piloti erano Marco Apicella, Yasutaka Hinoi e Kouji Yamanishi. Si arrese dopo 283 giri. L’anno dopo ci riprovarono: stesso team e stessa macchina, ma in prova Apicella ebbe un’incidente. La squadra lavorò tutta la notte per rimettere a posto la Murciélago. E ce la fecero, ma dopo un solo giro, l’auto si fermò con il cambio rotto. Fu quello l’anno del debutto con vittoria del Diesel alla 24 Ore più famosa del mondo con l’Audi. La JLOC si prese tuttavia la soddisfazione di vincere il campionato Asian Le Mans Series.

    La Countach QVX di Gruppo C

    Eppure non doveva essere neppure questo il primo atto di Lamborghini nelle corse di durata. Nel 1985, sotto la proprietà dei fratelli francesi Patrick e Jean-Claude Mirman, iniziata nel 1981, l’importatore britannico David Jolliffe ebbe l’idea di fare un prototipo di Gruppo C passato alla storia come Countach QVX. Il motore, derivato da quello da 5,2 litri della Countach Quattrovalvole con testata a 32 valvole – da qui la sigla QV – fu messo nelle mani di Luigi Marmiroli, nome celebre nella storia del motorismo.

    Tante speranze e pochi soldi

    Il telaio fu affidato invece alla Spice Engineering. I piloti chiamati a sviluppare il progetto furono Mauro Baldi e Tiff Needell, diventato poi famoso come personaggio televisivo di Top Gear. La vettura fu esposta a Le Mans nel 1986 e fu iscritta a 7 corse, ma ne fece solo una: la Southern 500 Sun di Kyalami. In qualifica segnò il 7° tempo, confermandosi in gara 1 e migliorandosi al 5° posto in gara 2. Dunque, un buon potenziale, ma pochi sponsor. Per questo il progetto naufragò ben presto, anzi non salpò mai davvero.

    Il sogno italiano di Lee

    Lamborghini nel 1987 passò alla Chrysler. Il suo presidente Lee Iacocca era lo stesso che aveva convinto Henry Ford II agli inizi degli anni ’60 a comprare la Ferrari per correre. Non essendoci riuscita, la Ford costruì la GT40 che vince la 24 Ore di Le Mans per 4 anni consecutivi dal 1966 al 1969. Acquistando la casa del Toro, Iacocca coronava il sogno di prendersi un grande marchio sportivo italiano per farne la punta di diamante del gruppo in termini di tecnologia e di immagine.

    V12 anche per la Formula 1

    In quegli anni la Lamborghini apre un reparto denominato Lamborghini Engineering e lo affida a Mauro Forghieri. L’ex ingegnere Ferrari sviluppa un motore di Formula 1 denominato LE3512: 35 per la cilindrata di 3,5 litri e 12 sono i cilindri a V. Equipaggiò monoposto Larrousse, Lotus, Ligier, Minardi e persino una Lamborghini affidata al Modena Team. Anche la McLaren lo provò e lo stesso Ayrton Senna ne rimase impressionato, ma la squadra inglese preferì il motore Peugeot. Fu dunque accantonato nel 1993.

    La Squadra Corse fa venire l’appetito

    Solo con Audi, la Lamborghini si struttura in modo stabile per le competizioni con la Squadra Corse e un programma di vetture per i clienti per i campionati GT. Da allora, prima con Gallardo e poi Huracàn, ha vinto oltre 40 titoli, si è imposta due volte alla 12 Ore di Sebring e tre volte alla 24 Ore di Daytona. Nel 2019 per la prima volta, l’allora ceo Stefano Domenicali ammette che il Toro sta pensando ad una LMH (Le Mans Hypercar). Nel 2020, Domenicali diventa ceo della Formula 1 e torna Stephan Winkelmann.

    Audi ci ripensa e il Toro incorna

    Il manager tedesco, che aveva già occupato quel posto dal 2005 al 2016 prima di andare in Audi Sport e in Bugatti, vuole fare invece una LMDh (Le Mans Daytona hybrid). Le voci di un annuncio sono sempre più insistenti fino a quando Audi e Porsche comunicano di voler fare una LMDh. Il sogno di Lamborghini sembra ancora una volta infranto, stavolta contro logiche di gruppo. Ed invece Audi a marzo congela il programma e tornano le voci che, finalmente, diventano l’annuncio ufficiale del 17 maggio scorso.

    Iniziare per gradi

    Il responsabile sportivo del progetto è Giorgio Sanna, ex pilota e collaudatore a capo di una struttura che conta 50 persone. Il riferimento tecnico è Maurizio Reggiani, che da poco ha lasciato il suo posto decennale di responsabile prodotto e si è scelto la migliore delle pensioni possibili. L’obiettivo è correre con un’unica squadra sia nel WEC sia nell’IMSA, ma non direttamente e per gradi. Solo successivamente sarà approntato un programma per clienti, simile a quello per le GT.

    La parte elettrica è standard

    L’unica caratteristica tecnica nota è che il motore termico sarà un V8 sovralimentato. La parte ibrida sarà standard per tutte le LMDh: trasmissione Xtrac, batteria Williams Engineering (stesso fornitore della Formula E) e motore elettrico Bosch con potenza di 50 KW in tiro e di 200 kW in rilascio. Per regolamento, la potenza del sistema è di 500 kW e il peso è di 1.030 kg, ma entrambe le grandezze sono soggette al BoP.

    LMH e LMDh, un confronto… bilanciato

    BoP sta per Balance of Performance e serve a creare equilibrio in gara. Servirà anche a creare equilibrio anche con le LMH vetture che fanno parte delle stesse categorie e hanno potenza identica, ma il motore elettrico (che può anche non esserci) ha 200 kW, sia in tiro sia in rilascio, è collegato alle ruote anteriori e può entrare in azione solo dopo i 120 km/h (ma anche qui il BoP può variare la soglia). Il peso è identico, ma nettamente diverso è il discorso del corpo vettura.

    Un poker di telai

    Per le LMH infatti la scocca è fatta dal costruttore stesso. Vi hanno optato: Toyota e Glickenhaus, dal 2023 sono in arrivo Peugeot, ByKolles-Vanwall e soprattutto Ferrari. Per le LMDh vi sono quattro telai standard. Alpine e Acura hanno scelto Oreca, Porsche avrà Multimatic, BMW e Cadillac hanno optato per Dallara. Logica vorrebbe che fosse quest’ultimo ad essere scelto da Lamborghini per due ottime ragioni: la consaguineità emiliana (la Dallara è a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma) e il legame storico con Gian Paolo Dallara, progettista della Miura.

    La quarta scelta

    Le voci invece parlando di Ligier, la quarta scelta prevista da regolamento. Anche in questo caso, si tratterebbe di un ritorno vista la collaborazione nel 1991 per la monoposto JS35 spinta dal motore LE3512. La conferma ufficiale dovrebbe arrivare a settimane. La prima LMDh a girare in pista è stata la Porsche, la Acura (prima casa ad aderire al nuovo regolamento) ha già fatto vedere la ARX-06 camuffata, la BMW la sua M Hybrid V8, la Cadillac è attesa per il 9 giugno. L’Alpine, come la Lamborghini, arriverà nel 2024.

    Basta uno sguardo

    L’elemento che spicca sin dalle prime immagini è la riconoscibilità dei prototipi. Nonostante siano basati su telai standard e il primo criterio per una vettura da corsa sia funzionale, è davvero impressionante come la BMW sembri una BMW con il suo grande doppio rene, la Cadillac presenti i fari anteriori triangolari come gli ultimi modelli, la Porsche le immancabili quattro luci e i gruppi ottici della Acura ricordino la NSX.

    Più marketing che tecnica

    Il primo bozzetto fornito da Lamborghini rimanda direttamente alla Murciélago e alla Huracàn. Dobbiamo ricordare che anche sulla QVX i fari posteriori erano quelli della Countach di serie. Elementi che evidenziano due fenomeni. Il primo è che l’ibrido è un elemento fondante dell’automobile. Il secondo è che le competizioni, più che in passato, rappresentano un veicolo di marketing più che un campo di sviluppo. Lo dimostra la standardizzazione di componenti fondamentali, così come avviene per la Formula E e il WRC.

    Parlare con la lingua dei trionfi

    Ma questo non impedirà comunque di mantenere un legame forte tra competizioni e sviluppo. Le parti elettriche standard sono infatti realizzate da grandi fornitori, pronti a restituire all’industria tutto quello che hanno appreso. Le case potranno concentrarsi sull’integrazione dei sistemi ibridi e sul software, arma di differenziazione sempre più importante insieme allo stile. Quel che conta è che le regole siano uguali per tutti e permettano a chi è più bravo a farsi riconoscere con l’arma di comunicazione più potente: la vittoria.

    L’ibrido per camminare e per correre

    Lamborghini per decenni non vi ha mai creduto, ma col tempo ne ha sperimentato il potere, anche in termini di business. Le auto da corsa infatti si vendono, presso i cosiddetti gentleman driver che, a suon di moneta pesante, giocano in pista con una tecnologia che 25 anni fa sembrava solo un gioco da tavoli per tecnofili: l’ibrido.

  • Formula E, comincia l’era delle Gen3 con più prestazioni e più sostenibilità

    La Formula E entra nella nuova era con la monoposto Gen3 che è stata presentata a Monte Carlo alla vigilia dell’E-Prix che avrà luogo sabato sullo stesso tracciato cittadino che ospita la Formula 1. La nuova vettura rappresenta un deciso passo avanti dal punto di vista tecnico, ma anche sportivo, di sostenibilità e di trasferibilità delle tecnologie. Ma analizziamo tutte le novità.

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    Più piccola e leggera

    La nuova monoposto Gen3 è più corta (-18 cm), più bassa (-4 cm) e più stretta (-10 cm) e ha le ruote completamente scoperte, come su una vera monoposto da corsa. I cerchi sono da 18 pollici come sempre, ma stavolta gli pneumatici sono forniti dalla coreana Hankook invece che dalla Michelin. Il passo è più corto e questo darà alla vettura maggiore agilità insieme al peso, sceso da 900 kg a 840 kg. Alla vigilia era stato ipotizzato un calo di 120 kg, ma questo evidentemente non è stato possibile per vincoli di costo.

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    Più potenza e meno freni

    La potenza massima passa da 250 kW a 350 kW e i motogeneratori diventano due. Quello anteriore inedito è fornito dalla Atieva (Lucid Motors) è standard è ha il solo compito di recuperare l’energia in frenata. Quello posteriore invece sarà, così come ora, prerogativa dei rispettivi team mentre la novità è che le ruote posteriori non avranno un impianto frenante vero, formato da dischi e pinze. Questo particolare riduce le masse non sospese e dà maggiore libertà di disegno per le sospensioni.

    Il 40% dell’energia è da recupero

    A decelerare ci penseranno i 350 kW “negativi” che entreranno in gioco quando il pilota solleverà il piede destro dall’acceleratore per schiacciare il pedale del freno. Il sistema by-wire dovrà dunque bilanciare la pressione elettrica per l’assale posteriore e quella idraulica per l’anteriore dove troviamo dischi e pinze Brembo di dimensioni ridotte perché ridotto sarà il loro lavoro. La capacità di recupero complessiva della Gen3 sarà di ben 600 kW generando oltre il 40% dell’energia utilizzata in gara contro il 25% delle monoposto attuali.

    Il software sempre più importante

    Questo aspetto, oltre a rendere globalmente più efficiente la categoria, rivestirà un importanza decisiva in pista: anche singole frazioni di punto di energia recuperata in più o in meno consentiranno al pilota di andare più o meno forte degli avversari. Oltre al piede del pilota, sarà ancora più importante il software che dovrà tenere insieme l’equilibrio dinamico della vettura, la gestibilità della decelerazione tramite il pedale e la massimizzazione del recupero dell’energia.

    Quattro kWh in 30 secondi

    La batteria è fornita dalla Williams che, dopo la parentesi con la McLaren, torna ad essere padrona del componente standard più importante. Non se ne conoscono al momento le caratteristiche, ma dovrebbe essere almeno a 900 Volt, come l’attuale, leggermente meno capiente di 52 kWh e con un minore sviluppo verticale. L’altra grande novità è che sarà ricaricabile in gara: 4 kWh di energia in 30 secondi con una potenza di ben 600 kW.

    Dove infilare la spina?

    Il bocchettone della ricarica sembra posizionato sul lato destro. Le immagini diffuse però sono confuse e “proteggono” in modo troppo zelante la parte dietro al pilota. Questo fa pensare che la presa vera potrebbe essere posizionata superiormente lì e che, per ragioni di sicurezza, la procedura di ricarica svolta dall’alto e in modo automatizzato. Anche il raffreddamento di impianto di ricarica, caricatore e batteria da fermo è un capitolo tecnico molto sfidante ed interessante.

    Non solo caricatore

    I sistemi di ricarica saranno forniti dalla ABB e non più da Enel. Per assicurare simili potenze ad una ventina di vetture, non sarà sufficiente né la corrente di rete né quella eventualmente prodotta in loco. Stando alle indiscrezioni invece sarà utilizzato un “booster” composto da batterie stazionarie, alimentate di continuo dall’esterno e capaci di offrire picchi di potenza che, a conti fatti, dovranno essere di almeno 12.000 kW.

    Il futuro del rifornimento

    Anche questo capitolo sarà molto interessante perché potrebbe essere questo il modello di distribuzione della ricarica futura ad alta potenza. I distributori cioè, invece di avere grandi serbatoi per i carburanti liquidi come è oggi, avranno enormi batterie di seconda vita alimentate in rete e/o da sistemi di cogenerazione di vario tipo: solare, eolico, biocarburanti e idrogeno, utilizzato come batteria e come vettore per alimentare mezzi.

    Tanta Italia dietro le quinte

    La Gen3 ha una forma a delta, più squadrata che in precedenza e forse anche meno fascinosa. Le prese d’aria, se ci sono, sono invisibili, ma il regolamento potrebbe consentire personalizzazioni ai team in base alle necessità del powertrain. Così come in passato, l’integrazione dell’intera vettura è della francese Spark Racing Technology mentre il telaio è firmato dallo specialista italiano Dallara. Italiano anche il responsabile tecnico del progetto presso la FIA: la modenese Alessandra Ciliberti insieme ad altri 6 ingegneri.

    Rapporto peso/potenza -33%

    Le prestazioni. Le uniche dichiarate sono la velocità massima: 200 miglia orarie ovvero 324 km/h. Ma sono le meno significative di tutte perché anche oggi le monoposto sono dichiarate per 280 km/h, raramente hanno superato i 200 km/h in pista. Quel che più conta è che il rapporto peso/potenza della Gen3 è passato da 3,6 kg/kW a 2,4 kg/kW, dunque un progresso secco del 33% che dovrebbe accorciare drasticamente i 2,8 secondi sullo 0-100 km/h.

    Il confronto a Monte Carlo

    A parte i numeri, il progresso su pista dovrebbe essere evidente. Si parla di un miglioramento di 3-5 secondi al giro. Sarà dunque ancora più interessante il confronto a Monte Carlo, dove corrono anche le Formula 1. L’unica differenza di tracciato è nella chicane all’uscita del tunnel che per le Formula E è più stretta e meno articolata così che ci sono 19 metri in meno da percorrere: da 3.337 a 3.318.

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    Come una Formula 2

    Il record per le Formula E è di 1’31”118 (Mitch Evans su Jaguar) e in gara di 1’34”428 (Stoffel Vandoorne su Mercedes) contro l’1’12”909 della Mercedes di Lewis Hamilton mentre le Formula 2 sono intorno all’1’25” e 5 decimi con pneumatici da qualifica. Considerando che le Formula E corrono con pneumatici tassellati monotipo e che il progresso delle Gen3 è proprio nel rapporto peso/potenza, si può dire che potrebbero pareggiare se non superare le Formula 2, almeno in queste condizioni.

    Aerodinamica, poca o nulla

    I piloti, ancora una volta, non potranno contare sulla deportanza aerodinamica, ma sulla Gen3 si notano alcuni particolari funzionali. Soprattutto nella parte frontale. Il muso rialzato sostiene uno spoiler biplano con la parte inferiore piana, quella superiore sono sagomate ad ala e bordi laterali sghembi negativamente al cui interno si trovano convogliatori che si protraggono fino alla zona terminale posteriore delle ruote. Questo vuol dire che i piloti dovranno stare più attenti all’integrità dell’ala per non penalizzare le prestazioni.

    La sicurezza in città

    Posteriormente, il condotto Venturi appare meno sviluppato e appariscente e c’è un inedito spoiler monoplano posizionato in basso e con inclinazione praticamente nulla. I bordi a pinna sono anch’essi sghembi, ma positivamente. Il muso e il rostro posteriore sono particolarmente allungati, per scoraggiare i contatti e migliorare la sicurezza, aspetto critico per auto a ruote scoperte destinate a circuiti cittadini.

    Monoposto a impronta zero

    La Gen3 ha poi molti altri temi interessanti che riguardano la sostenibilità. Sarà infatti la prima auto da corsa ad impronta zero di CO2 contribuendo a rendere neutrale tutta la categoria, in linea con la politica FIA per il motorsport. Tutte le emissioni che non è stato possibile annullare in sede di progettazione e costruzione saranno compensate e tutti i fornitori sono accreditati secondo lo standard ISO 14001. Solo il telaio ha un’impronta di CO2 inferiore del 10%, ma non solo.

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    Sostenibilità globale

    La fibra di carbonio utilizzata proviene dal riciclo delle monoposto Gen2, riducendo l’utilizzo di quella vergine, notoriamente energivora. Allo stesso tempo, telaio e carrozzeria (costruita in composito e lino) sono riciclabili grazie ad un processo innovativo preso in prestito dall’industria aerospaziale. Anche gli pneumatici sono composti al 26% da gomma naturale e fibre riciclate e saranno recuperati e riciclati dopo essere stati utilizzati. Le celle delle batterie sono costruite con minerali sostenibili e saranno riciclate a fine vita.

    Guarda il mio video basta emissioni in Formula E

    Otto, ma solo per ora

    La nuova Formula E Gen3 dunque è un bell’esperimento di sostenibilità per tutto il motorsport. Otto i team che hanno confermato la loro partecipazione: DS, Envision, Jaguar, Mahindra, Maserati, NIO 333, Nissan e Porsche. Della partita dovrebbero essere ancora la Dragon e la Andretti, magari spalleggiate da costruttori già presenti o nuovi arrivati. Il team Mercedes dovrebbe passare alla McLaren e anche la ABT, dopo l’addio dell’Audi, sta cercando di rientrare.

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    Guarda il mio video a che cosa serve la Formula E

    Lo sguardo verso la Gen4

    Insomma, la Formula E si conferma come il campionato mondiale più affollato e competitivo anche per la stagione 9. Intanto è già iniziata la discussione per la Gen4. I temi più caldi sono il controllo della trazione, sfruttando la coppia dei motori elettrici per indurre effetti sulla dinamica della vettura, e la possibilità di accedere alla batteria. In questo caso il problema è bilanciare l’interesse competitivo e tecnologico da parte dei costruttori con la necessità di contenere i costi. Sul tavolo anche la questione della guida autonoma, magari da utilizzare in alcune fasi di gara come la full course yellow con l’ingresso della safety car in pista o per la zona della pit lane. Altre belle sfide delle quali potrà giovarsi tutto l’automobilismo.

  • Audi RS Q E-Tron, l’elettrico alla Dakar ha attraversato il deserto

    Il futuro dell’auto elettrica deve passare anche attraverso il deserto. E a farlo ha pensato Audi che ha concluso la sua prima Dakar con la RS Q E-tron, prima auto a trazione elettrica ad aver corso il famoso rally raid che si è tenuto per il terzo anno consecutivo in Arabia Saudita, dal I al 14 gennaio. L’Audi aveva annunciato la sua nuova avventura tecnologica e sportiva alla fine del novembre 2020, abbandonando contestualmente il DTM e la Formula E.

    Audi RS Q E-tron
    Un dreamteam assoluto

    Poco dopo erano stati presentati i piloti, un vero dreamteam: lo spagnolo Carlos Sainz (2 titoli mondiali rally e 3 volte trionfatore alla Dakar), lo svedese Mattias Ekström (2 titoli DTM e un mondiale Rallycross) e soprattutto il francese Stephane Peterhansel, vincitore di ben 14 edizioni, 6 delle quali in moto e 8 in automobile. Palmares che gli ha fruttato il sacrosanto soprannome di “Mister Dakar” perché nessuno ha vinto quanto e come lui in questa corsa.

    Audi RS Q E-tron
    L’affidabilità che non ti aspetti

    La Dakar 2022 è stata vinta da Yasser Al-Attiyad su Toyota Hilux e le tre Audi RS Q E-tron sono arrivate nona, dodicesima e 57ma in classifica, ma hanno vinto 4 tappe su 12 e conquistato 10 podi. Dunque grande velocità e nessun problema al sistema di trazione elettrica ricaricato a bordo da un motore a scoppio. Un risultato al di là di ogni rosea aspettativa che poteva essere assai migliore se nei primi giorni di gara Sainz e Peterhansel non avessero compiuto grossi errori di navigazione e a manifestare problemi di affidabilità non fossero state, contro ogni previsione, le componenti più tradizionali del prototipo tedesco: le sospensioni.

    Audi RS Q E-tron
    Le prestazioni fanno già paura

    L’efficacia della vettura è rimarcata dal fatto che tutti e 3 i piloti hanno vinto almeno una tappa (Sainz l’unico a vincerne 2) e con due doppiette. La RS Q E-tron ha dunque un potenziale enorme che fa già paura. David Richards ha detto senza mezzi termini: occorre che la Fia fermi l’Audi altrimenti ucciderà la Dakar perché tutti sanno che le Audi sono molto più veloci. Richards è una vecchia volpe del motorosport, è patron della Prodrive e del team BRX che ha schierato la Hunter T1 con piloti di primo piano come Loeb (9 titoli mondiali rally consecutivi), Roma e Terranova che hanno vinto tappe e ben figurato in classifica finale.

    Audi RS Q E-tron
    Non sono da prendere alla leggera

    Richards sa dunque quello che dice e ha parlato anche per altri dopo aver visto da vicino le Audi. Tale superiorità è frutto evidentemente di ragioni tecniche che analizzeremo tra poco. E questo nonostante le RS Q E Tron siano molto più pesanti delle concorrenti e distanti 150-200 kg dal limite regolamentare di 2.000 kg. Solo da quest’anno auto ibride ed elettriche sono state ammesse per la Dakar che guarda anche al futuro. Dal 2026 infatti ci sarà la nuova classe Èlite per veicoli a basse emissioni e nel 2030 l’energia prodotta al bivacco (compresa quella ricaricare le auto) dovrà provenire da energie rinnovabili.

    Audi RS Q E-tron
    Mentre l’idrogeno fa capolino

    Intanto l’idrogeno ha già fatto la sua prima comparsa con l’H2 Racing Truck sponsorizzato dall’Aramco. La compagnia petrolifera nazionale dell’Arabia Saudita ha già un accordo con la Hong Kong InterContinental Energy per produrre 2,9 milioni di tonnellate di idrogeno (verde e blu) entro il 2030 e salire a 4 milioni nel 2035. Dunque il paese saudita punta con decisione all’idrogeno e la Dakar potrebbe trovare nel vettore energetico la sua tecnologia di elezione viste le sue caratteristiche: lunghe distanze abbondanza di sole per produrre energia elettrica da convertire in idrogeno tramite elettrolisi.

    Riyhad
    Un prototipo a ruote alte

    Ma vediamo come è fatta la RS Q E-Tron. Esternamente, l’elemento saliente è lo studio aerodinamico. La grande pinna e l’attenta sagomatura di prese e sfoghi rimandano ai prototipi da pista. La forma generale ricorda la Odissey, l’auto con la quale si corre la Extreme E, e sulla carrozzeria non appaiono sponsor. La vettura è lunga 4,5 metri, alta 1,95 e, per regolamento, larga 2,3 metri. Le ruote con cerchi da 17 pollici montano pneumatici con circonferenza esterna di 37 pollici e battistrada largo 320 mm. Le sospensioni hanno un’escursione limitata a 350 mm e un solo ammortizzatore per ruota. L’altezza da terra è di oltre 30 cm.

    Audi RS Q E-tron
    Infographic: Audi quattro and Audi RS Q e-tron
    A prova di bomba

    La carrozzeria è in CFRP (fibra di carbonio rinforzata con fibra di vetro) e il telaio è un reticolato in tubo di acciaio al cromo-vanadio-molibdeno. A rinforzo e protezione, ci sono pannelli in fibra di carbonio, Kevlar e Zylon. Il serbatoio è protetto da un guscio in un sol pezzo di fibra di carbonio e si trova alle spalle dell’abitacolo. La batteria è invece alloggiata invece sotto e nel tunnel. Racchiusa in una scatola di alluminio, sopra è protetta da un guscio in carbonio, sotto da una piastra di alluminio e un pannello con struttura a nido d’ape in carbonio con l’interposizione di uno strato in schiuma per assorbire i colpi.

    Audi RS Q E-tron
    Superprotezione per la batteria

    La batteria agli ioni di litio ha una capacità utile di 52 kWh, funziona a 800 Volt e pesa 370 kg. Le celle (fornitore non svelato) sono cilindriche, come Tesla, dunque diverse da quelle a sacchetto e prismatiche che Audi impiega sulle vetture di serie. I motivi di tale scelta sono probabilmente tre: densità di potenza, resistenza (anche strutturale) e raffreddamento. A questo scopo, viene utilizzato il Novec della 3M, un liquido dielettrico a base di idrofluorotere che ha anche proprietà ignifughe. Dunque è probabile che le celle siano immerse in questo fluido. Tecnica simile è impiegata dalla McLaren Speedtail.

    Audi RS Q E-tron
    Raffreddamento moltiplicato 6

    La RS Q E-Tron ha ben 6 circuiti di raffreddamento: batteria, motori elettrici, climatizzazione abitacolo, motore a scoppio, aria di aspirazione e infine anche servosterzo e sistema di sollevamento. Quest’ultimo circuito provvede a tenere costante la temperatura della pompa del servosterzo idraulico, sottoposta a notevoli sollecitazioni, inoltre può essere utilizzato per sollevare la vettura in caso di foratura. Da quest’anno le vetture possono portare con sé solo due ruote di scorta. La presa d’aria superiore a periscopio porta l’aria all’aspirazione, ad alcuni scambiatori e anche agli ammortizzatori, anch’essi super stressati.

    Audi RS Q E-tron
    I motori elettrici dalla Formula E…

    E veniamo ai motori. L’Audi qui ha preso suoi fondi di magazzino, si fa per dire. Quelli elettrici sono infatti gli MGU05 a 6 fasi sviluppati per l’ultima stagione di Formula E. Integrano l’inverter al carburo di silicio con un peso di meno di 35 kg. La trasmissione è monorapporto 20:1 e il differenziale è autobloccante. Può superare i 20.000 giri/min, ha un rendimento di oltre il 97% e può erogare tranquillamente 250 kW con una coppia (stimata) di circa 800 Nm. Sulla RS Q E-tron sono stati notevolmente placati perché la potenza massima di trazione è limitata a 288 kW. Lo è anche la velocità massima a 170 km/h.

    Audi RS Q E-tron
    …E il 4 cilindri dal DTM

    Sulla vettura per la Dakar ne servono tre: due per la trazione (uno per ogni assale) e uno è collegato direttamente al motore a scoppio. Anche qui parliamo di un prezioso cimelio. Trattasi infatti del 4 cilindri 2 litri turbo ad iniezione diretta con il quale Audi ha vinto il DTM (Deutsche Tourenwagen) nel 2020. Pesa solo 85 kg e e nella versione da pista è montato longitudinalmente, eroga 450 kW e gira fino a 9.500 giri/min. In versione Dakar invece è montato trasversalmente alle spalle del serbatoio e dell’abitacolo, è stato “placato” a 220 kW e gira a regime fisso in un arco compreso tra 4.000 e 6.500 giri/min.

    Audi RS Q E-tron
    Audi RS Q e-tron, Drivetrain concept
    L’efficienza si pesa

    In entrambi gli utilizzi dimostra la sua efficienza. Nel primo denuncia un consumo di 90 kg di benzina all’ora, pari a meno di 150 g per ogni cavallo ogni ora. Nel secondo dichiara di consumare 200 g/kWh dunque, teoricamente sono necessari circa 10 kg di benzina (poco più d 14 litri) per ricaricare la batteria da zero. In realtà non deve mai farlo. La batteria è ricaricata esternamente prima di ogni tappa e il motore entra in azione per mantenere lo stato di carica ad un livello ottimale per assicurare che le prestazioni e la risposta dei motori elettrici sia ottimale e costante, ogni volta che il pilota preme l’acceleratore.

    Audi RS Q E-tron
    Audi RS Q e-tron, high-voltage battery and charging process
    La semantica dell’elettrificazione

    Dunque si tratta di ibrido in serie, elettrico ad autonomia estesa o, come dicono, in Audi “elettrico con convertitore”? Le sfumature creano sovrapposizioni semantiche tra le 3 definizioni. Di sicuro l’unico motore di trazione è elettrico e il motore a scoppio allunga l’autonomia permettendo di percorrere tappe di oltre 800 km con un serbatoio da 295 litri contro i 500 e oltre delle altre concorrenti. Vuol dire un’efficienza globale maggiore del 40%. Sicuramente la batteria è l’unica fonte di potenza per i motori e non ha bisogno, come in altri ibridi in serie, del motore a scoppio per erogare il massimo.

    Audi RS Q E-tron
    Il rombo part-time

    Dunque la prima definizione è la meno calzante (non esistono ibridi plug-in solo in serie) e la seconda lo è di più, ma non dice tutto. Almeno per chi conosce come funzionano le batterie e sa che lo stato di carica ne condiziona voltaggio e potenza. Ecco perché, secondo la stessa testimonianza di tecnici e piloti, il motore a scoppio rimane acceso per la metà del tempo in ogni tappa e praticamente sempre quando si affrontano le dune. E quando il sistema non lo fa automaticamente, il navigatore ha la facoltà di intervenire manualmente perché il pilota evidentemente avverte la differenza di potenza in base allo stato di carica.

    Audi RS Q E-tron
    Elettrizzante sulle dune

    E sono proprio sulle dune che, secondo i piloti, la trazione elettrica si dimostra nettamente superiore a quella termica assicurando, grazie alla ripartizione continua sui due assali, un comportamento entusiasmante. «Da quando guido la RS Q E-Tron ho cambiato idea sull’elettrico» ha detto Stephane Peterhansel il quale ha affermato che gli effetti benefici si avvertono anche in rilascio e frenata. Il recupero di energia, gestito dall’impianto frenante by-wire, arriva fino a 200 kW e viene ripartito sui due assali in modo continuo così da permettere un bilanciamento perfetto anche sulla sabbia.

    Stéphane Peterhansel
    Quelle strane sensazioni

    «Ogni volta che rallento mi accorgo che recupero tanta energia» ha detto mister Dakar confermando che l’elettrificazione apre le porte ad una nuova forma di soddisfazione quando si guida. Una forma “di ritorno” visto che i primi ad apprezzarla sono stati gli utenti normali e solo adesso un pilota come il francese ne percepisce il significato. Allo stesso modo non stupisce che Mister Dakar si lamenti della rumorosità del 4 cilindri, proprio come chi guida un’auto ibrida. A dare “fastidio” sono il contrasto con l’elettrico e la disconnessione tra regime e velocità, non tanto in accelerazione o in velocità quanto in frenata.

    Audi RS Q E-tron
    Automatismi già decisi

    Il sistema di erogazione e ripartizione di coppia e potenza è automatico con curve di intervento che sono state messe a punto in fase di collaudo e non possono essere cambiate durante la corsa. Il sistema agisce in funzione della velocità: quanto più cresce in accelerazione, le ruote posteriori ricevono più spinta; quanto è inferiore la velocità, sono le ruote anteriori a esercitare maggiore trazione. Così aumenta la motricità, si ottimizza il consumo di energia e in fase di rallentamento il retrotreno si alleggerisce al punto giusto: poco in velocità in modo da non oscillare, di più ad andatura più bassa così da favorire gli inserimenti in curva.

    Audi RS Q E-tron
    Meno potenza, più massa

    La RS Q E-tron ha una potenza inferiore di 10 kW rispetto ai mezzi a trazione “termica” e, calcolando il suddetto aggravio di peso, lo svantaggio in termini di rapporto peso/potenza è almeno il 10%. Va detto però che l’Audi carica 200-250 litri in meno di carburante, e calcolando che una benzina commerciale ha una densità intorno a 0,7 kg/litro, alla partenza sono praticamente pari. Il baricentro è invece molto più basso: un vantaggio sui curvoni veloci, dove è meno evidente la maggiore inerzia, e sugli avvallamenti allontanando i pericolo di ribaltamento. Secondo Audi, un aggravio di 100 kg costa 1,8 secondi al chilometro.

    Audi RS Q E-tron
    La dieta che conosciamo

    Dunque i termini di confronto e le problematiche sono praticamente pari a quelli delle auto di serie. Nel caso della E-Tron hanno giocato due fattori: la complessità e il tempo. Per il primo, l’affidabilità del sistema è stata assoluta quanto sorprendente, agevolata anche dal clima particolarmente fresco, con la presenza di pioggia e persino di neve. Ora ci sono un anno in più e tutti i dati di gara per rendere la RS Q E-tron ancora più forte. Le due aree dove lavorare sono evidentemente la batteria e il motore a scoppio. Quest’ultimo ha già caratteristiche estreme e sovrabbondante, dunque se ne può ipotizzare uno più piccolo e leggero.

    Audi RS Q E-tron
    Un nuovo equilibrio

    Anche per mettere a dieta la batteria i tecnici tedeschi dovranno ricorrere a qualcosa di diverso trovando il giusto equilibrio tra energia, potenza e apporto del motore a scoppio. In Audi avevano anche pensato ad utilizzare biocarburanti per abbattere l’impatto di CO2, ma anche in questo caso il tempo è stato tiranno. Se ne potrebbe parlare l’anno prossimo. Altro campo di intervento potrebbe essere la gestione predittiva dell’energia, ma occorrerebbe che il sistema di navigazione sia programmabile in pochi minuti. I road book infatti vengono consegnati agli equipaggi solo al mattino prima della partenza e sono ancora cartacei.

    Audi RS Q E-tron
    L’elettrificazione corre e correrà

    Di sicuro è iniziato un altro capitolo della elettrificazione del motorsport. Un processo che, nonostante i mugugni dei nostalgici, sta andando avanti spedito offrendo sempre nuovi spunti tecnici e sportivi. Sarà dunque interessante vedere la reazione dei concorrenti alla Dakar del prossimo anno, prima di tutte quella di Toyota che quest’anno ha vinto e non vorrà lasciare ad Audi il monopolio dell’elettrificazione in questa corsa dove il deserto è il simbolo dell’ignoto: per trovare qualcosa di nuovo, anche riguardo a se stessi, bisogna attraversarlo.

    Leggi l’articolo su tutto il motorsport sarà ad emissioni zero

    Audi RS Q E-tron
  • Jean Todt (presidente FIA): tutto il motorsport sarà ad emissioni zero, con elettrificazione o carburanti

    Tutto il motorsport sarà a emissioni zero. Perché, se lo fa la mobilità, è giusto che lo facciano anche le competizioni. E questo avverrà con l’elettrificazione e i carburanti. È questo il senso delle dichiarazioni fatte da Jean Todt a margine della seconda tappa (con doppio round) della stagione di Formula E a Roma.

    Tutto il motorsport sarà a emissioni zero. Perché, se lo fa la mobilità, è giusto che lo facciano anche le competizioni. E questo avverrà con l’elettrificazione e i carburanti

    Jean Todt
    La platea della Formula E

    Il presidente della FIA ha scelto l’unico campionato mondiale interamente ad emissioni zero per fissare la rotta. Nel 2022 i 5 campionati mondiali FIA saranno tutti elettrificati. La Formula 1 e il WEC hanno aperto la strada con l’ibrido, nel 2020 il WRX ha la categoria Projekt E elettrica e il WRC dal 2022 avrà la Rally1 ibrida plug-in.

    Nel 2022 i 5 campionati mondiali FIA saranno tutti elettrificati. La Formula 1 e il WEC hanno aperto la strada con l’ibrido, nel 2020 il WRX ha la categoria Projekt E elettrica e il WRC dal 2022 avrà la Rally1 ibrida plug-in

    Toyota GR10
    La tentazione del passato

    Di fronte a questa evoluzione, gli atteggiamenti sono contrastanti. C’è chi vede come necessaria l’evoluzione del motorsport per farlo rimanere il banco di prova tecnologico della mobilità. C’è invece chi guarda con nostalgia al rumore, ai tubi di scarico e ai pistoni come elementi imprescindibili del motorismo sportivo.

    Ferrari 312T
    Tu chiamale, se vuoi, emozioni

    Quest’ultima è una visione prevalentemente estetica nella quale si mescolano anche altre sensazioni come l’odore della gomma, dell’olio e della benzina. Sono gli elementi emozionali classici che, insieme alla velocità e al coraggio, hanno sempre reso il motorsport oggetto di fascino.

    Matra
    Avanti tutta verso il futuro

    I costi crescenti e il calo di attenzione, in particolare verso la Formula 1, ha ridato forza al secondo tipo di visione. Il presidente FIA ha dunque detto chiaramente: indietro non si torna e si punta verso le emissioni zero. Questo tuttavia non vuol dire che tutto il motorismo sportivo diventerà elettrico o ad idrogeno.

    Il presidente FIA ha dunque detto chiaramente: indietro non si torna e si punta verso le emissioni zero. Questo tuttavia non vuol dire che tutto il motorismo sportivo diventerà elettrico o ad idrogeno

    Mercedes F1
    L’opzione liquida

    C’è anche la strada dei carburanti. Todt allude a quelli di origine vegetale e ai sintetici prodotti con energia rinnovabile. Dunque non sono fossili e, oltre a ridurre le emissioni allo scarico, si autobilanciano in termini in CO2. La Formula 1 ha già intrapreso questa strada: nel 2022 saranno il 10%, nel 2025 saliranno al 100%.

    Hyundai i20 WRC
    Idrogeno nei motori

    Per la massima categoria c’è anche un’altra strada: l’utilizzo dell’idrogeno come combustibile e il ritorno all’aspirato eliminando la MGU-H, ovvero il turbocompressore elettrificato. L’unico costruttore che ha usato l’idrogeno in un motore a pistoni e non come vettore energetico è stata la BMW negli anni Duemila.

    BMW Hydrogen 7
    Idrogeno nelle celle a combustibile

    Questa strada non è stata abbandonata. Per l’idrogeno fuel cell le prospettive già definite sono la 24 Ore di Le Mans nel 2024 e la Dakar nel 2026. Todt ha definito l’idrogeno «uno sviluppo molto interessante della tecnologia» aggiungendo che molti vi stanno lavorando e che presto ci sarà un annuncio al proposito.

    Leggi l’articolo sull’idrogeno alla 24 Ore di Le Mans nel 2024

    Leggi l’articolo sui 5 costruttori al lavoro per i regolamenti dell’idrogeno alla 24 Ore di Le Mans

    Per l’idrogeno fuel cell le prospettive già definite sono la 24 Ore di Le Mans nel 2024 e la Dakar nel 2026. Todt ha definito l’idrogeno «uno sviluppo molto interessante della tecnologia» aggiungendo che molti vi stanno lavorando e che presto ci sarà un annuncio al proposito

    Un vincente dell’elettrico

    Tali notizie arrivano a 2 mesi dall’insediamento di Xavier Mestelan Pinon come direttore tecnico della divisione Sport della FIA. Pinon viene da DS Performance dove, sotto la sua conduzione, è stato sviluppato il powertrain che ha vinto i titoli Piloti e Team negli ultimi due anni in Formula E con la DS Techeetah.

    Xavier Mestelan Pinon
    La specificità della Formula E

    Todt ha parlato anche di Formula E. «È una categoria nuova che deve educare la gente parlando del futuro. È molto importante avere un motorsport che usi l’elettricità – ha concluso il presidente della FIA – e lo faccia al centro delle città affinché la mobilità ad emissioni zero diventi quotidianità per tutti».

    Leggi l’articolo sulla Formula E che guarda al futuro e alla Gen3 dall’E-Prix di Roma

    «…È molto importante avere un motorsport che usi l’elettricità – ha concluso il presidente della FIA – e lo faccia al centro delle città affinché la mobilità ad emissioni zero diventi quotidianità per tutti»

    Formula E
  • La Formula E guarda al futuro dai colli di Roma verso la Gen3

    La Formula E ha regalato a Roma fine settimana elettrico sulle strade dell’EUR. Due gare a zero emissioni e zero pubblico che rappresentavano il secondo atto di un campionato che punta a promuovere la mobilità elettrica in modo emozionale su percorsi ricavati all’interno di grandi città.

    Un campionato che punta a promuovere la mobilità elettrica in modo emozionale su percorsi ricavati all’interno di grandi città

    Roma E-Prix
    Le difficoltà del caso

    Era difficile organizzare un evento del genere con la pandemia e in un quartiere ad altissima concentrazione di uffici. Rispetto alle prime due edizioni il percorso è stato cambiato allungandolo (da 2.850 a 3.386 metri, il secondo più lungo della storia della Formula E) e diminuendo il numero delle curve (da 21 a 19).

    Roma E-Prix 2021

    Il tracciato è nettamente più veloce con due allunghi di circa 500 metri e uno addirittura di 900 metri in salita. Una grande sfida per la batteria, la gestione dell’energia e anche per l’assetto a causa dei numerosi avvallamenti dell’asfalto. Un vero e proprio piccolo Nürburgring urbano.

    Una grande sfida per la batteria, la gestione dell’energia e anche per l’assetto a causa dei numerosi avvallamenti dell’asfalto. Un vero e proprio piccolo Nürburgring urbano

    Antonio Félix da Costa
    Velocità da Gran Premio

    Il campione in carica, Antonio Felix Da Costa ha definito Roma «il più bel circuito nella storia della Formula E». Dal punto di vista scenografico e televisivo, l’obiettivo era di valorizzare al massimo il Palazzo della Civiltà Italiana meglio noto come Colosseo quadrato. Iniziato nel 1938, fu inaugurato nel 1953.

    Antonio Felix Da Costa ha definito Roma «il più bel circuito nella storia della Formula E». Dal punto di vista scenografico e televisivo, l’obiettivo era di valorizzare al massimo il Palazzo della Civiltà Italiana meglio noto come Colosseo quadrato

    Mitch Evans

    Era il terzo appuntamento tra Roma e la Formula E dopo il debutto nel 2018, la replica nel 2019. Nel 2020 è saltato a causa della pandemia. Al sabato la vittoria è andata a Jean-Éric Vergne sulla sua DS Techeetah, la domenica è stata la volta di Stoffel Vandoorne su Mercedes.

    Stoffel Vandoorne
    Mercedes e Jaguar su tutti

    All’appuntamento romano erano arrivati in testa Nick De Vries (Mercedes) alla classifica Piloti con 32 punti e la Jaguar in quella per Team con 40 punti. La casa inglese nella Capitale ha consolidato il suo primato (82) e piazzato i suoi due piloti Sam Bird (43) e Mitch Evans (39), al 1° e 2° posto.

    Sam Bird

    Curiosità: Bird ed Evans sono i vincitori dei due precedenti E-Prix di Roma e da quest’anno sono compagni di squadra. Il primo è l’unico pilota ad aver vinto un E-Prix in tutte le stagioni. Il secondo nel 2019 ha colto la sua prima vittoria proprio a Roma. In quell’occasione Vandoorne colse il suo primo podio.

    Mitch Evans
    Il pubblico ed i VIP

    Il grande assente di quest’anno è stato il pubblico. Sono stati invece presenti il presidente della FIA, Jean Todt, il presidente dell’ACI, Angelo Sticchi Damiani e Patrick Dempsey, attore, pilota e proprietario di una squadra. Nel 2015 è arrivato 2° alla 24 Ore di Le Mans e vinto al Fuji arrivando 6° nel WEC.

    C’erano ovviamente la sindaca, Virginia Raggi, e Toto Wolff, team principal del team Mercedes di Formula 1 in compagnia della moglie Suzie Stoddard, numero 1 del team Venturi di Formula E.

    Toto Wolf Alejandro Agag Virginia Raggi

    Il tema più discusso a Roma è stato la Gen3, ovvero il nuovo regolamento che andrà in vigore nella stagione 9 (2022-2023). Vi hanno già aderito Mahindra, Nissan, Porsche e DS Performance, il team più vittorioso e che ha dominato nell’ultimo triennio con 3 titoli Piloti consecutivi e 2 per Team.

    Il tema più discusso a Roma è stato la Gen3, ovvero il nuovo regolamento che andrà in vigore nella stagione 9 (2022-2023). Vi hanno già aderito Mahindra, Nissan, Porsche e DS Performance

    Roma E-Prix 2021
    Gen3 sì o Gen3 no?

    Hanno avviato l’iter la Jaguar, in coerenza con il piano di diventare 100% elettrica nel 2025. La grande novità è la McLaren che in origine forniva i motori e sulla Gen2 la batteria. Dovrebbero continuare la Virgin e la NIO 333. La Dragon, appartenente al gruppo Penske gigante dell’automotive e del motorsport con interessi in Italia, studia già nuovo powertrain con la Bosch.

    Leggi l’articolo sul piano strategico Reimagine di Jaguar Land Rover

    Scontata la permanenza della Venturi il cui team è stato recentemente venduto a Scott Swid e José Maria Aznar Botella, figlio dell’ex primo ministro spagnolo José Maria Aznar e cognato di Alejandro Agag, l’ideatore della Formula E.

    Antonio Felix da Costa

    Hanno annunciato invece il loro abbandono già dal prossimo anno Audi e BMW. L’unico lascito della Casa di Monaco è la nuova pace car Mini. La Mercedes temporeggia, ufficialmente per saperne di più sulla struttura del campionato. È il primo segno di arretramento per un campionato che da quest’anno si fregia del titolo di Mondiale FIA, il quinto dopo F1, WRC, WEC e WRX.

    Leggi l’articolo sulla nuova pace car Mini Electric Pace Setter

    Hanno annunciato invece il loro abbandono già dal prossimo anno Audi e BMW. La Mercedes temporeggia

    Roma E-Prix 2021
    Il campionato mondiale più combattuto

    La Formula E è la competizione più combattuta. Su 12 team, 9 vedono la partecipazione di costruttori e, su 24 piloti, 13 hanno vinto almeno un E-Prix. In questa stagione, su 4 gare ci sono stati altrettanto autori di Superpole e vittorie. Il tasso di incertezza e combattività non ha paragoni in nessun’altra disciplina. Resta da capire perché costruttori lanciatissimi verso l’auto elettrica lascino la categoria.

    La Formula E è la competizione più combattuta. Su 12 team, 9 vedono la partecipazione di costruttori e, su 24 piloti, 13 hanno vinto almeno un E-Prix. In questa stagione, su 4 gare ci sono stati altrettanto autori di Superpole e vittorie

    Jean Todt

    Jean Todt, interrogato al riguardo, non è fatto un dramma: «Nel motorsport c’è chi va e c’è chi viene. È sempre stato così. Quello che conta non è che qualcuno vada via, ma che vi siano molti che vogliono entrare. Ed è così per la Formula E: tanti vogliono entrare».

    L’Italia pronta ad arrivare

    Il riferimento è non solo alla McLaren. Si parla di Maserati, Alfa Romeo o anche tutte e due. Potrebbero sviluppare un powertrain in autonomia o ottenerlo da DS che ormai fa parte del gruppo Stellantis. Il nuovo regolamento prevede che i costruttori siano obbligati, a richiesta a cederlo ad un altro team.

    Non solo McLaren. Si parla di Maserati, Alfa Romeo o anche tutte e due. Potrebbero sviluppare un powertrain in autonomia o ottenerlo da DS che ormai fa parte del gruppo Stellantis

    Roma E-Prix

    Il regolamento inoltre obbliga a dare, insieme all’hardware (motore, inverter e trasmissione) anche il software e i relativi aggiornamenti. Così facendo, DS e Stellantis proteggerebbero nel modo migliore i segreti di tecnologie ancora giovani e per le quali ogni piccolo vantaggio è industrialmente decisivo.

    Jean-Eric Vergne
    General Motors ha messo un piede

    Si parla anche di General Motors, che sta marciando a tappe forzate verso l’elettrificazione e vuole dimostrare di avere tecnologie vincenti. Già è entrata con il marchio Hummer accanto alla Chip Ganassi Racing, in Extreme E, la categoria dei suv elettrici creata dallo stesso ideatore della Formula E, Alejandro Agag.

    Leggi l’articolo su General Motors, la trasformazione elettrica in 4 mosse

    Leggi l’articolo sull’Hummer EV, a volte ritornano. Mostruosamente elettrici

    Leggi l’articolo sulla Extreme E

    Interesse dalla Formula E potrebbe venire dalla Corea dove lo scorso anno era prevista una gara, tutt’ora in attesa di trovare posto nel calendario. Andrea Adamo, capo di Hyundai Motorsport, ha già detto che non interessa perché la strategia è prediligere categorie con somiglianze con la produzione di serie.

    Alejandro Agag
    Tutte le ipotesi sul tavolo

    Nissan invece ha scelto di proposito la Formula E quale categoria prototipale e globale, come affermato dal numero uno di Nissan Motorsport, Tommaso Volpe. Si è fatto anche il nome Volvo con il marchio Polestar e di Ford, poi tramontato. L’Ovale Blu però ha raddoppiato il budget per l’elettrico (da 11 a 22 miliardi di dollari) e dal 2030 in Europa avrà solo auto elettriche.

    Il sogno dell’ex politico spagnolo diventato uomo d’affari è duplice: portare in Formula E sia la Tesla sia la Ferrari. Elon Musk non sembra volerne sapere. Oltretutto il suo stile di comunicazione è stato molto più veloce ed efficace di qualsiasi altra attività di promozione. Il motorsport potrebbe essere un rischio.

    Il sogno dell’ex politico spagnolo diventato uomo d’affari è duplice: portare in Formula E sia la Tesla sia la Ferrari

    Andre Lotterer
    La speranza Rossa

    Per Ferrari il discorso è politico. Il ritorno alla 24 Ore di Le Mans con una LMH nel 2023 è un segnale alla Formula 1 in crisi. La Formula E sarebbe il secondo segnale. Una Ferrari elettrica è prevista entro il 2030, la filosofia di Maranello vorrebbe che un’auto stradale portasse tecnologie sviluppate prima nelle corse.

    Fuori gioco sembra essere la Lucid, altro marchio americano elettrico emergente. Sembra infatti che sarà lei la fornitrice del modulo anteriore della Gen3 che comprende un motogeneratore da 250 kW. La sua funzione è solo quella di recuperare energia. Le monoposto rimarranno a trazione posteriore.

    Mercedes Formula E
    Il fascino rischioso delle prestazioni

    La Gen3 rappresenta un passo avanti notevole: 350 kW di potenza massima, peso diminuito di 120 kg (da 900 a 780 kg), batteria più piccola (da 54 a 49 kWh) e rifornimento in gara a 450 o 600 kW di potenza. Il rapporto peso potenza passa da 3,6 kW/kg a 2,2 kW/kg (-38%) e la potenza di rigenerazione fino a 600 kW.

    DS Techeetah

    Il dubbio è che tali potenze e prestazioni allontanino la Formula E dalle città e dalla sua specificità. Il rischio che si avvicini pericolosamente alla Formula 1 è concreto. Probabilmente è questo il timore della Mercedes che in pista ha già vinto abbastanza e ha scelto la Formula E per intercettare platee diverse.

    Il dubbio è che tali potenze e prestazioni allontanino la Formula E dalle città e dalla sua specificità. Il rischio che si avvicini pericolosamente alla Formula 1 è concreto

    Stoffel Vandoorne Pascal Wehrlein
    Roma, fascinazione elettrica part-time

    Dunque, qual è il futuro della Formula E? Il numero del progetto di Porsche in Formula E, Amiel Lindesay, sulla Gen3 ha detto «Oggi non siamo in tantissimi, ma vedrete che altri arriveranno» aggiungendo «Quello che non cambierà è il DNA del campionato. Siamo pienamente convinti che il futuro possa essere roseo».

    Clicca qui e leggi e guarda il video su a cosa serve la Formula E

    E il futuro dell’E-Prix di Roma? L’accordo è fino al 2025 e il nuovo tracciato è affascinante, ma occorre rivedere qualcosa sulla regolarità dell’asfalto e la sua larghezza in qualche tratto.

    Leggi l’articolo sul nuovo tracciato dell’E-Prix di Roma

    Roma E-Prix Mercedes Stoffel Vandoorne

    L’area dell’EUR offre però margini per ulteriori varianti. L’importante è che l’Italia e la sua Capitale accompagnino l’elettrificazione della mobilità e le emissioni zero non solo per due giorni all’anno.

    L’importante è che l’Italia e la sua Capitale accompagnino l’elettrificazione della mobilità e le emissioni zero non solo per due giorni all’anno

    Alberto Sasso Alejandro Agag Virginia Raggi Francesco Venturini Angelo Sticchi Damiani
  • L’E-Prix di Roma ha un nuovo tracciato e la Formula E diventa la grande bellezza

    La Formula E a Roma si correrà ancora all’Eur, ma su un nuovo tracciato che promette scenari più spettacolari che esalteranno la bellezza di una Roma non antica ma comunque monumentale. Il nuovo percorso infatti attraverserà il Parco del Ninfeo e soprattutto correrà per un tratto più lungo che in passato intorno al Palazzo della Civiltà Italiana, meglio noto come Colosseo Quadrato.

    Roma E-Prix
    Intorno al Colosseo, quello quadrato

    Nelle due precedenti edizioni il famoso monumento rivestito interamente in travertino riceveva una sola inquadratura. Il 10 aprile (pandemia volendo) ne avrà sicuramente di più. Gliel’hanno dedicata già grandi registi come Roberto Rossellini, Mario Soldati, Michelangelo Antonioni e Peter Greenaway per citare i più seriosi e colti. Senza dimenticare lo sguardo affettuoso di Carlo Verdone in “Acqua e Sapone”.

    Roma Città Aperta
    Ancora più veloce e bella

    Il film della Formula E ha dunque un altro copione e un altro percorso, meno tormentato, più scenografico e nettamente più veloce. La linea di partenza è fissata in via Romolo Murri. L’arrivo sarà invece in via dell’Industria e a fianco, nel piazzale omonimo, ci sarà la pit lane a U. Da qui le 24 monoposto avranno 400 metri per lanciarsi a capofitto lungo la discesa che porta a via delle Tre Fontane.

    E-Prix Roma
    Oltre un chilometro col piede giù

    Altro allungo di 400 metri, più lungo di prima, perché si passava accanto al Luneur per imboccare subito via dell’Agricoltura. Ed invece si arriva fino a via Romolo Murri, nel cuore del Parco del Ninfeo. Oltre un chilometro in salita in piena accelerazione passando nel verde fino a sbucare ai piedi della scalinata del Colosseo Quadrato. Ancora piede giù lungo via Uberto Tupini e poi frenatona, altra curva ad angolo retto.

    Roma E-Prix
    La svolta di Confindustria

    Siamo in via dell’Astronomia, luogo simbolico visto che qui ha sede di Confindustria. Qui inizia il tratto misto tra via Pasteur, via Quadrato della Concordia e quindi ingresso in via della Civiltà del Lavoro. Stavolta le Formula E si lasciano il Colosseo Quadrato alle spalle e si incrocia via Ciro il Grande. Da qui prima salivano le macchine incontrando una curva secca, ora c’è una chicane che prolunga la visione del monumento.

    Roma E-Prix
    All’ombra dell’Obelisco

    Altro breve rettilineo e si arriva in via Cristoforo Colombo. Curva verso destra e si arriva fino a piazzale Guglielmo Marconi, un cerchio di asfalto che ha al centro un obelisco di marmo. I piloti si girano intorno facendo un’inversione a U e vanno verso il centro, ma svoltano subito verso destra verso l’altro tratto di via della Civiltà del Lavoro, imboccano via Kennedy e trovano l’ultima curva prima del traguardo.

    Roma E-Prix
    Meno curve, sempre saliscendi

    Il nuovo tracciato è più lungo (3.385 metri contro 2.860) e ha meno curve, 19 invece di 21. I circuito di Roma era apprezzato dai piloti di Formula E perché già decisamente veloce, ora lo è ancora di più. Aumentano infatti i tratti di piena accelerazione e i punti di frenata dove sarà possibile tentare il sorpasso. Questo renderà la corsa più avvincente e imprevedibile mantenendo la caratteristica di alternare tratti in salita e in discesa.

    E-Prix Roma
    Le batterie strizzate

    Il nuovo circuito dell’Eur diventa anche più probante tecnicamente e guarda di più al futuro. Le lunghe accelerazioni e le frenate violente metteranno a dura prova le batterie. Dovranno infatti erogare a lungo la massima potenza e recuperare molta energia in brevissimo tempo. Le strade più larghe permetteranno di ospitare meglio le monoposto Gen3 da 350 kW (+100 kW) e più leggere di 120 kg rispetto alle attuali.

    Guarda video su a che cosa serve la Formula E

    Roma E-Prix
    Lo sguardo verso la Gen3

    Un’altra grande novità per la stagione 9 (2022-2023) di Formula E sarà il rifornimento in gara. I piloti avranno 30 secondi per fare biberonaggio alla propria batteria. Ancora in discussione se sarà effettuato a 450 kW o 600 kW. La sfida tecnica è impiantare almeno 12 di questi grandi caricatori in una struttura provvisoria. Per questo piazzale dell’Industria offre molto più spazio di manovra rispetto alle aree dedicate in precedenza.ù

    Guarda il video sulle emissioni in Formula E

    Roma E-Prix
    Più vantaggi, meno disagi

    La nuova disposizione tiene conto delle opinioni dei residenti, delle aziende e dei piloti. Tra gli obiettivi anche ridurre l’impatto sulla viabilità e aumentare invece quello economico sull’area. Si stima che il ritorno dell’E-Prix sia stato di 60 milioni di euro accompagnati dal rifacimento di strade e infrastrutture e dall’ampliamento della rete di ricarica. L’Eur è attualmente la zona di Roma a più alta densità di colonnine a 50 kW.

    E-Prix Roma
    La Roma moderna che guarda al futuro

    La speranza è che questa sia l’occasione per impiantare in zona altri punti di ricarica, magari anche con potenze più elevate facendo dell’Eur un modello di servizio per l’auto ricaricabile sfruttando conformazione, posizione e ruolo del quartiere. Si trova infatti in un punto di scambio con grande arterie di comunicazione e altri mezzi di trasporto. Inoltre è sede di grandi aziende dotate di grandi flotte.

    Leggi l’articolo sui frammenti dell’E-Prix di Roma del 2019

    Mitch Evans
    Il terzo re di Roma

    L’E-Prix di Roma è previsto per il 10 aprile ed è la quarta gara di un calendario che comprende per ora 8 date, ma punta ad averne 15. Sarà la terza edizione, la prima dopo quella del 2020 cancellata per colpa della pandemia. Le altre due sono state vinte dal britannico Sam Bird, al volante della DS Virgin, e dal nezelandese Mitch Evans su Jaguar. Curiosità: i due saranno quest’anno compagni di squadra in Jaguar.

    Leggi l’articolo sull’E-Prix di Formula E di Roma nel 2019

    Virginia Ferrari Mitch Evans
  • Airspeeder, nascono le corse tra auto elettriche volanti

    Airspeeder, il primo campionato di auto elettriche volanti partirà entro la fine dell’anno, Coronavirus permettendo.

    Le corse automobilistiche, che stanno già perdendo i pistoni, probabilmente perderanno così anche le ruote.

    Matt Pearson Airspeeder auto volanti
    Matt Pearson, un Musk “Down Under”

    Matt Pearson, ideatore e fondatore del campionato, ha annunciato di aver chiuso positivamente la prima fase di finanziamento. Chi è costui? Una specie di Elon Musk “Down Under”: è infatti australiano e ha già messo su la Fleet (satelliti per telecomunicazioni) e la Alauda, specializzata appunto in mezzi volanti.

    Un business multimilardario

    L’Alauda (nome scientifico dell’allodola) punta ad intercettare il business dei cosiddetti eVTOL (Electrical Vertical Take Off and Landing) dove si stanno cimentando anche Uber, Porsche, General Electric, Boeing e Airbus. Il giro d’affari previsto per questo settore nel 2040 è di 1.500 miliardi di dollari.

    Leggi l’articolo sui primi test di velivoli elettrici

    Airspeeder auto volanti
    Una start-up da competizione

    L’Alauda dunque è quella che si potrebbe definire una start-up. Il loro obiettivo abituale è sviluppare una tecnologia, entrare in borsa per moltiplicare il valore e infine vendersi ad un grande player. L’originalità sta che Pearson vuole passare attraverso lo strumento evolutivo principe delle tecnologie: le competizioni.

    Airspeeder
    Quel mood da factory inglese

    L’altra originalità di Airspeeder auto elettriche volanti è la dimensione quasi artigianale della Alauda, che ricorda quella delle factory inglesi degli anni ’50 e ‘60. Anche lo stile della Airspeeder Mk 4, che sarà la monoposto del campionato monomarca, è chiaramente ispirato alle Formula 1 di quegli anni con una bocca che ricorda quella aperta di un pesce.

    auto volante
    I soldi ed i partner ci sono

    Alauda ha quartier generale ad Adelaide e ufficio commerciale a Londra. Tra i partner tecnici ci sono giganti del settore aerospaziale come Rolls-Royce e Babcock Aviation. Tra gli sponsor ci sono la DHL (già coinvolta in Formula E) e la Equals, tra i finanziatori società di investimento quali Saltwater Capital e Jelix Ventures.

    Airspeeder
    Quando Pearson volò a Goodwood

    Pearson è partito da prototipi basati su droni ed è andato a presentare la sua idea persino al Festival of Speed di Goodwood, di fronte all’organizzatore della più importante manifestazione al mondo di vintage motorsport: Charles Henry Gordon-Lennox, XI duca di Richmond, Lennox e Aubigny e VI duca di Gordon.

    Matt Pearson & Duke of March
    Quattro motori per otto eliche

    Tecnicamente, Airspeeder auto elettriche volanti Mk 4 sono degli ottocotteri, ovvero hanno 8 eliche.

    Le amiche hanno un diametro di 32 pollici (poco più di 81 cm), disposte a coppie coassiali. Sono spinte da 4 motori elettrici da 24 kW l’uno alimentati da una batteria ioni-polimero di litio da 500 kW di potenza e 15 minuti di autonomia.

    Caratteristiche delle auto volanti Airspeeder
    Tecnologie per la guida autonoma

    Oltre che per batterie e motori, l’Airspeeder sarà un banco di prova anche per i sistemi di guida. Per evitare ogni collisione, ci saranno LiDAR e sistemi di Machine Vision, tecnologie utili per la guida autonoma. L’Airspeeder potrebbe così diventare un collettore tecnologico tra il settore aerospaziale e la mobilità.

    Airspeeder
    Rapporto peso/potenza da competizione

    L’Airspeeder è lungo 4,03 metri, largo 3,42 e alto 90 cm. Ha una massa di 230 kg e può portare un pilota fino a 100 kg di peso. A conti fatti, ha un rapporto/peso potenza di 1,77 kg/cv, degno di supercar da 0-100 km/h in meno di 3 secondi, pari a quello di un caccia da combattimento. L’altitudine di volo è di 900 metri.

    Airspeeder
    Grandi spazi, paesaggi esotici

    In realtà, gli Airspeeder voleranno massimo a 4 metri da terra con sfide uno contro uno in contesti dal paesaggio esotico. La formula dunque è simile a quella della Extreme E. Per il calendario del primo campionato di auto elettriche volanti, si attende la fine dell’emergenza sanitaria, ma è assai probabile che la prima gara si svolgerà in Australia.

    Leggi l’articolo su Extreme E

    Airspeeder
    Il motorsport ci mette la firma

    Al campionato tra Airspeeder auto volanti prenderanno parte 5 squadre, alcune dai nomi già noti nel motorsport.

    Ognuna schiererà 2 piloti, ma non si sa se provengono dal mondo delle 4 ruote, dall’aviazione (anche acrobatica) o da altri sport ad alta velocità, ma non sulla terra ferma. Viene da pensare alla nautica, al bob o ad altri sport estremi.

    Airspeeder griglia di partenza delle auto volanti
    Il deserto delle nuove idee

    I primi test con uomini alla guida si sono già svolti nel deserto del Mojave, in California con piloti provenienti dalla US Air Force e dalla Martin Aviation. Ulteriori test sono stati svolti nel Regno Unito e soprattutto in Australia dove non mancano certo spazio e deserti. E, a quanto pare, neppure le idee.

    Airspeeder bozzetto auto volanti
  • L’idrogeno alla 24 Ore di Le Mans, 5 costruttori al lavoro sul regolamento

    Anche l’idrogeno si prepara a fare il proprio ingresso nel motorsport. La notizia non è nuova e, come è noto, la prima competizione a ospitare la più nobile e perfetta tra le forme di elettrificazione sarà la 24 Ore di Le Mans nel 2024.

    Pininfarina GreenGT H2 concept

    All’idrogeno non basta partecipare

    Le dichiarazioni di intenti dell’ACO e della FIA non sono rimaste lettera morta e, accanto al progetto Mission H24, va avanti il processo di definizione del regolamento. E ci sarebbero già ben 5 costruttori al lavoro. Lo conferma il presidente dell’ACO, Pierre Fillon, il quale si spinge anche oltre affermando che queste regole permetteranno di avere alla 24 Ore di Le Mans del 2024 un’auto a idrogeno in grado di vincere la corsa. Fillon non rivela chi siano questi costruttori, ma solo la loro nazionalità: Francia, Stati Uniti, Germania, Giappone e Corea.

    Peugeot Le-Mans Hypercar

    PSA con Opel, GM o Ford per l’America

    Considerando i marchi che sono impegnati o lo sono stato di recente nelle corse di durata, possiamo fare alcune ipotesi. Per la Francia il candidato numero 1 è PSA che ha già annunciato il ritorno nel WEC a Le Mans con Peugeot nel 2022. C’è una Citroen che, dopo l’abbandono improvviso del WRC, è un personaggio in cerca di autore, agonisticamente parlando. A correre tuttavia potrebbe essere Opel. Il marchio di Rüsselsheim infatti sta portando avanti il programma sull’idrogeno per tutto il gruppo facendo tesoro anche di tutto il lavoro compiuto negli anni scorsi all’interno di General Motors, primo marchio ad aver sperimentato l’idrogeno su un veicolo. Proprio quest’ultima potrebbe l’americana coinvolta e che vanta un palmares di rilievo a Le Mans avendo vinto 9 volte tra le GT con la Corvette. Non da meno è la Ford, vincitrice assoluta per 4 volte e nel 2016 nelle GT, che all’idrogeno lavora da molti anni.

    GM Fuel Cell Milestones

    La Germania a tre punte. Elettrificate…

    L’ipotesi sul costruttore tedesco coinvolto è più controversa. Audi, che ha vinto 14 edizioni della Le Mans, ha detto chiaramente che c’è l’idrogeno nel proprio futuro e ha lasciato le corse di durata per la Formula E. Stessa cosa ha fatto la Porsche, anche se solo per la categoria regina mentre continua ad essere presente tra le GT. La Mercedes è da sempre la casa teutonica più esposta nelle fuel cell, spadroneggia in Formula 1 da quando è diventata ibrida e si è appena affacciata in Formula E, ma manca da parecchio nelle corse di durata. Chissà che non voglia fare un tris che corrisponderebbe alle 3 forme diverse di elettrificazione. Da tenere d’occhio anche BMW che all’idrogeno sta lavorando con Toyota e lo tiene sempre in caldo. Ha lasciato il WEC in anticipo e potrebbe decidere di tornarvi in un modo inaspettato.

    Mercedes GLC Fuel Cell
    Hyundai alla ricerca di competizioni pulite

    Pochi dubbi ci sono per chi rappresenta la Corea al tavolo dove siedono i tecnici incaricati di redigere il regolamento. Il gruppo Hyundai è all’avanguardia assoluta per l’idrogeno, ha annunciato programmi industriali davvero importanti ed è alla ricerca di una competizione elettrificata dove esprimere tutto il suo expertise ad emissioni zero. Già nel 2017 aveva ipotizzato un’auto da corsa ad idrogeno, la N 2025 Vision Gran Turismo con 4 motori, accumulatori a supercondensatore e celle in grado di erogare fino 500 kW. Concepita dapprima per essere il modello virtuale in un famoso videogioco, è poi diventata reale.

    Hyundai N 2025 Vision Gran Turismo

    Dal Sol Levante arriva Toyota. Oppure Honda

    Per il Giappone la candidata numero uno è la Toyota. La casa di Nagoya ha vinto le ultime due edizioni della 24 Ore di Le Mans, è stata il primo costruttore ad aderire alla nuova classe regina Hypercar e la prossima Mirai ha uno stile decisamente più sportiveggiante. Tuttavia nell’arcipelago c’è un altro costruttore che crede nell’idrogeno e nelle competizioni: è la Honda che in Formula 1 sta tornando a livelli di massima competitività, ma anch’essa potrebbe essere alla ricerca di un’altra categoria dove esprimere tutta la propria tecnologia. Le competizioni di durata sono nelle sue corde visto che corre nell’IMSA e, fino a qualche anno fa, forniva i motori per alcune vetture a Le Mans nella categoria LMP2.

    Toyota TS050

    La passione di quei ragazzacci di Delft

    Intanto un’auto a idrogeno che corre in pista già c’è. È la Force VIII, un prototipo costruito dalla Forze Delft, un team costituito da una fondazione costituitasi nel 2007 a cui aderiscono 50 studenti dell’università olandese di Delft. La Force VIII è basata su un telaio LMP3, ha celle a combustibili Ballard, un serbatoio a 700 bar, due motori posteriori da 160 kW ciascuno inoltre pesa 1.100 kg e accelera da 0 a 100 km/h in meno di 4 secondi. Lo scorso 23 agosto si è presa il lusso di arrivare seconda nel Supercar Challenge di Assen precedendo 41 vetture a benzina. E i ragazzi di Delft stanno già lavorando alla Forze IX.

    Delft Forze VIII

    Stack e serbatoi decideranno la vittoria

    Le competizioni offrono un formidabile banco di prova per le auto ad idrogeno, in particolare per il packaging della vettura e per le celle. Sarà infatti interessante vedere dove saranno posizionati i serbatoi in base alla massa e all’ingombro, reso problematico dalla forma cilindrica. Sarà inoltre interessante vedere quali soluzioni saranno adottate per creare stack potenti ma compatti e capaci di funzionare a temperature elevate senza deteriorarsi. La sfida sarà ancora più avvincente se il regolamento fisserà un price cap per questo componente così da spingere la ricerca verso materiali che permettano di fare a meno dei metalli preziosi. Così le celle a combustibile delle auto di serie saranno sempre più dense e meno costose.

    GreenGT schema

  • Volkswagen ID.R, si prende il record per le elettriche al Nürburgring

     

    Le emissioni zero vanno sempre più forte e la Volkswagen ID.R si prende anche il record del Nürburgring fermando il cronometro su uno strabiliante 6’05”336 che batte di oltre 40 secondi e mezzo il precedente limite stabilito nel 2018 dalla NIO EP9. Il prototipo elettrico tedesco aveva già fissato il record a Goodwood (43’86) e alla Pikes Peak con un incredibile 7’57”148 che ha abbassato di oltre 17 secondi il record di Sebastien Loeb e ha portato per la prima volta oltre i 150 km/h la media della cronoscalata più difficile del mondo.

    Il tris di Romain Dumas

    In tutte e tre le occasioni al volante c’era Romain Dumas il cui palmares parla chiaro: 4 volte la 24 Ore del Nürburgring (2007, 2008, 2009 e 2011) e la 24 Ore di Sebring, due volte la 24 Ore di Spa (2003 e 2010) e nel 2016 ha anche trionfato alla 24 Ore di Le Mans nello stesso anno in cui ha conquistato il titolo mondiale nel WEC. Dumas ha anche vinto altre 3 volte alla Pikes Peak (2014, 2015 e 2017), una gara perfetta per un’auto elettrica visto che i 19,99 km e le 156 curve del suo percorso portano da 2.862 a 4.302 metri di altitudine. Una condizione simile taglia la potenza ad un’auto con motore termico via via che si avvicina alla vetta, mentre un’elettrica è completamente insensibile al fattore altimetrico.

    Romain Dumas

    L’energia contro la velocità

    Il Nürburgring invece pone la ID.R in condizione di svantaggio perché è ancora più lungo (20.852 metri) e ha meno della metà delle curve (72), dunque più allunghi e minore possibilità di recupero dell’energia. Per bilanciare al massimo questo svantaggio, la ID.R che ha battuto il record sul circuito dell’Eifel ha un assetto aerodinamico nettamente più scorrevole rispetto a quello adottato per la cronoscalata in Colorado. La grande ala posteriore ha il deflettore superiore mobile come quello del DRS sulle monoposto di Formula 1. Identici invece il sistema di propulsione, con due motori per un totale di 500 kW, e la batteria agli ioni di litio. L’accumulatore agli ioni di litio è ripartito in due blocchi (uno dietro e l’altro sul lato destro del pilota), si ricarica in 20-30 minuti a 1.000 Volt ed è raffreddato ad aria per limitare il peso totale a 1.200 kg, compresi i 66 kg di Dumas.

    ID.R aerodinamica

    L’aria è meglio dell’acqua

    Nonostante non vi sia un circuito a liquido o una pompa a calore, i tecnici tedeschi sono riusciti a mantenere la temperatura dei pacchi intorno ai 30 gradi ottimali, fattore fondamentale per permettere alla batteria di fornire costantemente il massimo delle prestazioni. Per non sbagliare, i tecnici Volkswagen hanno provato lungamente al circuito del Paul Ricard che presenta 4 allunghi prolungati. Il video del record mostra come la ID.R superi più volte i 270 km/h, una velocità relativamente bassa per un’auto da corsa, ma mortale per la salute delle batterie e la loro durata. Un banco di prova esemplare per le ID di serie, attese già per la fine di quest’anno, molto più probante di E-Prix di Formula E che invece si svolge su circuiti cittadini molto brevi.

    Tra i fulmini dell’Eifel

    Per avere un’idea della prestazione raggiunta dalla ID.R basta osservare il tempo e confrontarlo con quello di altre auto da corsa o stradali. Il 6’05”336 straccia letteralmente la Lamborghini Aventador LP770-4 SVJ spinta da un V16 6.5 da 770 cv, che ha il record per le auto stradali (6’44”97), e batte persino il 6’11”13 della Porche 956 Gruppo C di Stefan Bellof che rappresentava il limite assoluto fino al mostruoso 5’19”546 fissato dalla Porsche 919 Hybrid Evo da 1.150 cv. Questo significa che due dei record assoluti al Nürbrugring appartengono a due auto elettrificate. La ID.R è stata anche più veloce delle Formula 1: il record per le monoposto è il 6’58”6 stabilito dal compianto Niki Lauda nel 1975 con la sua Ferrati 321T, anche se ottenuto sul vecchio tracciato di 22.832 km.