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  • Energia, mobilità e ambiente, cinque pilastri per ripartire davvero

    Bisogna costruire in modo solido e veloce cinque pilastri nei settori giusti per ripartire.

    Miopia generale

    Energia e mobilità sono considerate alla stregua di altri settori da troppi analisti, strateghi e decisori. Tutti affetti da grave miopia, evidentemente. O da incapacità di lettura di situazioni complesse.

    Industria manifatturiera, turismo, cultura, agricoltura, allevamento, edilizia sono ovviamente aree cruciali per il rilancio e il successivo successo del nostro paese.

    Tutti parlano di ripartenza in questi ed altri settori ma per fare in fretta e bene servono idee chiare e priorità ben definite.

    Ingredienti base per lo sviluppo

    Lo sviluppo, in tutti i settori, ha bisogno di molti ingredienti. Gli ingredienti di base, però sono relativamente pochi e variano in funzione dei tempi.

    Nel nostro tempo le risorse capaci di mettere in moto tutte le altre sono l’energia, la mobilità e l’ambiente.

    Crescita economica
    Energia

    L’energia è un requisito primario da sempre.

    Mobilità

    La mobilità, invece, è un bisogno del nostro tempo fatto di mercati e relazioni senza confini e senza distanze.

    La mobilità non è soltanto quella di uomini e merci, ma anche dei dati e delle informazioni, dell’energia e dei nuovi combustibili.

    Le nuove infrastrutture di trasporto – si intenda bene – sono anche quelle relative alla digitalizzazione, alla produzione e distribuzione elettrica intelligente, ai nuovi vettori energetici utilizzabili a zero emissioni.

    Ambiente

    L’ambiente è un requisito di ritorno; ritenuto fondamentale per millenni è stato dimenticato negli ultimi due secoli, in modo particolare a partire dall’avvento dei combustibili fossili.

    Oggi l’ambiente non è più soltanto quello naturale ma anche il contesto socio-economico.

    Cinque pilastri

    Nel 2011 ho pubblicato un lavoro scientifico che diventa oggi di stringente attualità.

    Il lavoro, in una situazione generale che parla di sviluppo sostenibile senza essere capace di indicarne realmente il percorso, individua i pilastri della sostenibilità energetica (Energy Sustainability Pillars, International Journal of Hydrogen Energy, Elsevier, 2011):

    Cinque pilastri bianchi
    • Rinnovabilità delle risorse;
    • Efficienza di conversione, distribuzione e utilizzo;
    • Contenimento dell’impatto ambientale;
    • Incremento dell’accessibilità;
    • Adattamento delle soluzioni alle situazioni socio-economico-ambientali locali.

    Cinque punti per la ripartenza

    Proprio quei cinque pilastri, identificati per garantire la sostenibilità delle soluzioni energetiche, offrono ora una semplice bussola grazie alla quale non sbagliare strada nella ripartenza possibile e meritata, per la nostra nazione e l’Europa, nel contesto globale.

    Tutti e cinque sono perfettamente applicabili ai tre settori chiave: energia, appunto, ma anche mobilità ed ecosistema socio-economico-ambientale.

  • SFIDA AMBIENTALE E CONFRONTO TRA GENERAZIONI

    La più famosa di tutti è Greta Thunberg, la ragazza sedicenne che per prima ha scioperato non andando a scuola per mettersi davanti al parlamento di Stoccolma a protestare per l’inerzia degli adulti, primi tra tutti i politici, nella lotta contro i cambiamenti climatici.

    Ma negli Stati Uniti, in Europa, in Asia e in tutto il mondo si moltiplicano le iniziative di gruppi di ragazzini, anche di dieci-dodici anni, che protestano perché i grandi stanno lasciando loro un pianeta malato, deturpato e inquinato.

    Gli scioperi generali per l’ambiente vedono coinvolti i ragazzi di decine di nazioni raccolti attorno a una semplice richiesta: fate di più.

    GLI SFIDANTI. FORZE E DEBOLEZZE.

    La sfida è generazionale, più che ideologica. Vi invito a guardare in rete quante siano le proteste e ne rimarrete impressionati.

    I giovani vogliono ricevere un pianeta sano dai loro genitori. Stanno crescendo con un’educazione ambientale che le precedenti generazioni non avevano. Ma stanno per ricevere in eredità un pianeta estremamente più inquinato di quello nel quale i loro padri, madri, nonni hanno vissuto. Sono perciò più sensibili, e si trovano in una condizione peggiore. Quindi l’effetto disgusto è amplificato.

    Gli adulti si sono divisi per decenni tra scetticismo e pressapochismo, non facendo in effetti molto per cambiare le cose. Hanno dalla loro però delle motivazioni economiche molto valide: se i loro figli oggi possono pensare all’ambiente è perché il benessere generato dall’inquinamento che contestano è indiscutibile. Più o meno diffuso, ma certamente da ritenere un patrimonio da difendere.

    Da una parte sembra quindi esserci l’idealismo della gioventù, dall’altra il pragmatismo dell’esperienza. Peccato che tutto questo sedicente pragmatismo non abbia via d’uscita.

    CHE FUTURO FA.

    Il futuro che sta prendendo forma può riservare delle sorprese. Perché proprio la tecnologia gioca a favore delle nuove generazioni, capaci di comunicare, incontrarsi e capirsi come nessuna generazione ha mai potuto fare prima. Non c’è la barriera della comprensione, perché molti sanno parlare più lingue – prima tra tutte l’inglese. Non c’è il problema dei costi di comunicazione, perché la rete permette di parlarsi, vedersi, scambiarsi tutto in tempo reale.

    Non li chiamerei ragazzini, con queste premesse. Possono farcela. E speriamo che ce la facciano.

    DICO LA MIA PERCHE’ LE COSE POSSONO CAMBIARE. E SPESSO E’ MEGLIO CHE CAMBINO.

    La mia opinione è che l’energia, l’industria, la mobilità come le abbiamo conosciute fino a oggi siano visibilmente senza futuro. Scambiare la semplicità di ripetere schemi noti e familiari con il progresso è un errore clamoroso.

    Sappiamo sfruttare l’energia del sole, del vento, dell’acqua, della terra, stiamo sviluppando sistemi in grado di gestire tutto questo con il ragionamento artificiale e ancora pensiamo di dover accendere dei fuochi bruciando olio combustibile, carbone e gas per produrre elettricità, far muovere le nostre auto e per riscaldarci?

    Non mi sembra all’altezza della nostra intelligenza.

    Voi cosa dite di fare?

  • Il Metano è il passato o il futuro? – Video Sfida

    Si parla molto di auto elettrica, di auto ibrida, dei diversi livelli di elettrificazione della trazione per ridurre consumi ed emissioni.

    Si parla poco del futuro del metano, che invece nel nostro paese ha una rete di trasporto e distribuzione capillare. Questo ne fa un combustibile diffusissimo per gli usi domestici di riscaldamento e cottura, oltre che per impianti di produzione dell’elettricità ad elevatissimo rendimento.

    Il gas naturale è il combustibile fossile più pulito che abbiamo a disposizione. In gran parte è composto proprio di metano, appunto, che con la sua formula chimica CH4 mostra immediatamente le sue principali caratteristiche, cioè di essere un ottimo combustibile (essendo molto ricco di idrogeno) con ridotte emissioni di CO2 rispetto a benzina e gasolio, oltre che minime emissioni inquinanti.

    Gli sfidanti. Forze e debolezze.
    Mercato italiano

    Il metano per auto in Italia costa meno – a parità di chilometri percorribili – di benzina e diesel. E le auto a metano sono regolarmente esentate dai blocchi del traffico per motivi ambientali.

    La rete di stazioni di servizio ha in molte regioni un ottimo livello di diffusione geografica.

    E’ nostra, inoltre la migliore industria al mondo per la realizzazione di impianti a gas per auto e i bus a metano sono certamente una delle soluzioni che si sono dimostrate economicamente percorribili per il rinnovo a basse emissioni delle flotte di trasporto pubblico locale nelle nostre città.

    Mercato internazionale

    Fuori dell’Italia, però, la rete di distribuzione del metano non è altrettanto diffusa. Soltanto in Germania c’è una copertura accettabile. E il metano è visto più come un combustibile per impianti energetici, capace di sostituire il petrolio e il carbone con maggiore efficienza e molte meno emissioni, che come un gas da inviare nelle case per il riscaldamento domestico o tantomeno utilizzare per le auto. Fanno eccezione i bus, che anche altrove vengono rinnovati con mezzi a metano.

    Da un punto di vista energetico il discorso non è sbagliato. Il metano può permettere di produrre elettricità e calore, da inviare a un sito industriale o al riscaldamento domestico attraverso il teleriscaldamento, in impianti che arrivano a superare l’80% di rendimento globale.

    Questo è un risultato enorme se lo paragoniamo con il rendimento dell’ordine del 20% nel motore di un’auto.

    Che futuro fa.

    Il futuro del metano è fatto di un’ulteriore espansione in campo energetico e nella cogenerazione industriale.

    Sarà sempre maggiore il bisogno di produrre energia a basse emissioni e alta efficienza. Dotandosi della capacità di sfruttare a pieno il rendimento elettrico e quello termico, con il metano si ha la risorsa giusta.

    Per le auto invece il futuro appare legato a specifici mercati, dove però se l’elettrico non si diffonderà velocemente, avrà un ruolo da nuovo protagonista.

    Dico la mia, perché le cose possono cambiare. E spesso è meglio che cambino.

    La mia opinione è che nel futuro del metano la filiera di origine fossile vada integrata da quella del biometano. Cioè metano prodotto da fonte biologica.

    Gli studi sull’effetto serra

    Se è vero che allo scarico con il gas naturale si emette poca CO2, infatti, sempre più studi dimostrano che sono troppe le dispersioni di metano nelle fasi di estrazione, trasporto e distribuzione con effetti pessimi sulle emissioni climalteranti, visto che il metano è un gas serra.

    Ecco tutto questo si rovescia con il biometano, capace al contrario di impedire emissioni dirette di metano in atmosfera da agricoltura, allevamento o rifiuti, riducendole alla sola CO2 rimanente dopo la combustione.

    Benefici per tutti, quindi. Ambiente, agricoltura, economia. Queste sono le Zero Emissioni da realizzare. Capaci di creare sviluppo invece che inquinamento e consumo di risorse naturali.

  • A cosa serve la Formula E – Video Sfida

    A cosa serve la Formula E. Il campionato per monoposto elettriche che rappresenta una sorta di Formula Uno con zero emissioni allo scarico, è alla sue quinta stagione e per la seconda volta si corre anche a Roma sull’affascinante circuito cittadino dell’Eur.

    Nata un po’ in sordina per quanto riguarda i grandi nomi dell’automobile, che in una prima fase se ne sono tenuti fuori, adesso vanta la presenza di 11 team dei quali 7 sono diretta emanazione di grandi case auto: Audi, Bmw, DS, Jaguar, Mahindra, Nissan e la cinese Nio. L’energia elettrica è fornita in tutto il campionato da Enel X e le gomme sono della Michelin per tutti. Dall’anno prossimo ci saranno anche la Mercedes e la Porsche.

    Roba seria, insomma.

    L’auto è uguale per tutti ed è realizzata dalla Spark Technologies su telaio dell’italiana Dallara, come le batterie al litio tutte uguali fornite dalla MacLaren Advanced Technologies.

    Il costo di una stagione per ogni team non è noto nel dettaglio ma può essere stimato attorno ai 20 milioni di euro. Sembrano tanti, ma sono pochissimi se li paragoniamo ai 400 milioni di costo per i top-team della Formula Uno. E garantiscono un ritorno in termini di immagine e tecnologia che al momento non ha probabilmente eguali.

    Gli sfidanti, forze e debolezze

    La sfida della Formula E non è soltanto sportiva ma culturale e tecnologica.

    Sfida culturale

    Il mercato è soltanto all’inizio e anche la semplice dimostrazione che un’auto possa perdere il rombo ed avere comunque un suo fascino costituisce di per sé un enorme valore.

    Ogni successo sportivo può quindi portare alla costruzione di un’identità capace di attirare nuovi clienti in un mercato dove gli equilibri sono ancora tutti da costruire e – come ha dimostrato la Tesla partendo da zero e arrivando a impensierire i grandi nomi del lusso – potrebbero saltare completamente le scale di valori costruite in decenni nel mondo delle auto tradizionali.

    Sfida tecnologica

    La sfida è tutta nel riuscire ad avere nuovi motori altamente efficienti e sistemi di gestione dell’energia di bordo precisi e affidabili.La batteria rimane il componente chiave di una vettura elettrica ma ha un suo filone di sviluppo che per molti versi prescinde dall’automobile. Il fatto che sia uguale per tutti in Formula E evita spreco di risorse, perché il problema principale per chi progetta auto elettriche, non è tanto quello di avere batterie sempre più capienti, economiche e affidabili ma di usare al meglio l’energia che ha a bordo.

    Le priorità attuali sul mercato sono la riduzione del costo e l’incremento di autonomia con una singola ricarica.

    Che futuro fa

    Direttamente dalle piste della Formula E arriveranno nei prossimi anni nuove logiche e sistemi inediti per il controllo dello stato di carica delle batterie, per la frenata rigenerativa, che con il suo contributo è fondamentale per ottenere elevate autonomie di marcia, di erogazione della potenza.

    Oltre a motori elettrici sempre più leggeri, compatti ed efficienti e a sistemi di regolazione e di gestione termica capaci quasi di coccolare i processi elettrochimici delle batterie.

    Il tutto insieme a nuovi materiali leggeri e a moltissimi dati estremamente utili per l’incremento della capacità di simulazione e calcolo dei software di progettazione.

    Il peso di una Formula E, nonostante 280 chili di batterie, è di 900 chili pilota compreso. Una Formula Uno, avanzatissima e costosissima, pesa soltanto il 20% in meno.

    Dico la mia. Perchè le cose possono cambiare e a volte è meglio che cambino

    La Formula E con il suo nuovo modo di correre su quattro ruote senza pistoni, senza fumo e con nuove sonorità che non sono silenzio, come qualcuno potrebbe immaginare, ma sibilo che non ha certo l’impatto sui timpani della Formula Uno ma può trasmettere a suo modo brividi ed emozioni avvicina all’auto chi oggi di auto non se ne intende.

    Tra gli intenditori, di macchine o di corse, ci sono molti scettici. Tra chi di auto non sa nulla, però, prevale la curiosità.

    E a me questa curiosità per il nuovo, capace di rimettere l’auto al centro della discussione della famiglia, piace veramente tanto.

    Una gara di Formula E si propone come una festa per lo sport – motoristico in questo caso – e per la tecnologia che guarda con ottimismo all’ambiente.

    Beh, non mi pare affatto poco.

    Anche Bernie Ecclestone sceglierebbe oggi la Formula E, clicca qui e leggi l’articolo.

  • Tecnologia 5G nasce l’iperconnettività

    La principale differenza tra le più avanzate auto di oggi, dotate di sistemi di guida automatica, e le auto del prossimo futuro è nella capacità di scambiare dati e informazioni con l’esterno.

    Dalla connessione, adesso presente soltanto sui modelli più avanzati, si passerà in pochi anni a una vera e propria iperconnessione, capace di far sì che ogni auto non diventi soltanto intelligente, ma sia soprattutto estremamente informata su ciò che le succede attorno, oppure lungo il percorso e nel luogo di destinazione. E sia essa stessa in grado di informare le altre auto e le infrastrutture.

     

    Gli sfidanti. Forze e debolezze.

    La tecnologia 5G in arrivo per la telefonia cellulare, con le sue caratteristiche di estrema velocità di risposta nello scambio di dati, si propone come soluzione chiave, in grado di soddisfare pienamente le esigenze dell’auto iperconnessa.

    Ne ho parlato con Stefano Sorrentino, ingegnere italiano laureato al Politecnico di Milano che lavora nei laboratori della Ericsson a Stoccolma e ha un ruolo di punta nello sviluppo delle soluzioni 5G per la guida autonoma delle auto, spiega: L’obiettivo è la guida cooperativa. Le auto devono cioè poter scambiare in modo estremamente veloce molti dati tra loro e con l’esterno, perché situazioni di pericolo o allerta possano essere immediatamente tenute in considerazione aumentando notevolmente il livello di sicurezza. La tecnologia 5G, grazie alla sua velocità di risposta dieci volte superiore rispetto al 4G, è la soluzione appropriata.

    La tecnologia 5G non è l’unica proposta per garantire all’auto la possibilità di parlare con l’esterno. Negli Usa le prime applicazioni e numerosi progetti di Toyota e General Motors prevedono l’adozione del sistema Dsrc – Dedicated short range communications, simile a un wi-fi. E proprio il Dsrc è stato il primo ad essere considerato dalle autorità americane per introdurre la connettività automobilistica.

     

    Che futuro fa.

    Il 5G sembra candidato a diventare il principale standard a livello mondiale per l’iperconnettività dell’auto. Questo anche per la scelta operata in questa direzione dalla Cina.

    La 5GAA (5G Automotive association), nata nel 2016 su iniziativa di Audi, Bmw, Daimler, Ericsson, Nokia, Huawei, Intel e Qualcomm, è arrivata a cento associati tra costruttori auto, fornitori di alta tecnologia, aziende delle telecomunicazioni e operatori telefonici.

     

    Dico la mia, perché le cose possono cambiare. E spesso è meglio che cambino.

    Una caratteristica della tecnologia 5G molto interessante per l’auto è la possibilità di suddividere l’enorme mole di dati che viaggiano nella rete in segmenti chiamati slice (cioè fette) che possono essere dedicati a una determinata tipologia di servizi di connessione.

    Non si sa ancora bene quante saranno le slice e a cosa saranno dedicate. Ogni slice potrebbe avere caratteristiche diverse da un punto di vista di velocità, piuttosto che quantità di dati trasferibili.

    Grazie al 5G può iniziare una fase completamente nuova per l’auto, fatta di informazioni capaci di raggiungere il veicolo in maniera immediata, consentendogli di diventare sempre più autonomo, e di funzioni oggi limitate a poche marche o modelli, come la diagnosi a distanza o l’aggiornamento del software di bordo, che verranno svolti anche durante la marcia e sono destinati a diventare pura normalità.

    L’iperconnettività non è importante soltanto per l’auto, ma anche per l’ambiente, la mobilità in senso più ampio e l’energia. 

    Con sistemi iperconnessi e la tecnologia delle slice (fette di servizio di scambio dati dedicate a specifici utilizzi e dotate di caratteristiche qualitative appropriate) lo sviluppo di un metasistema capace di arrivare alle Zero Emissioni diventa molto più vicino.

  • Audi investe in una nuova stazione ferroviaria per la città di Ingolstadt in Germania

    Entro alcuni mesi Ingolstadt avrà la sua terza stazione ferroviaria. Abbiamo pianificato e finanziato questo progetto insieme con le Ferrovie Tedesche, lo Stato della Baviera e la Città di Ingolstadt.

    A parlare così non è un capo di governo, un ministro o un politico totale, tantomeno il responsabile di un azienda di trasporto. A pronunciare queste parole è stato Peter Kössler, membro del consiglio di amministrazione di Audi con delibera per Produzione e Logistica, pronunciandole lo scorso 14 marzo in occasione della presentazione annuale del bilancio.

    Peter Kessler membro del Board of Management della AUDI AG Responsabile Produzione e Logistica

    Può sembrare strano – almeno alle orecchie di chi è abituato a vedere l’auto come alternativa agli altri mezzi di trasporto – che uno dei massimi esponenti dell’industria automobilistica parli di ferrovie promuovendone direttamente lo sviluppo fino a metterci soldi di tasca propria.

    È ben strano che un sistema di trasporto che non sia quello su gomma sia considerato amico e necessario piuttosto che nemico potenziale per la vita stessa di un’azienda automobilistica che occupa circa 45mila persone, un terzo dell’intera popolazione di Ingolstadt. È ben strano infine che la ferrovia sia considerata una questione strategica, soprattutto se vista da questa parte delle Alpi in questo momento, visto che contemporaneamente si sviluppa un dibattito che giudica poco conveniente lo sviluppo di un sistema di trasporto su rotaia.

    Le questioni sono diverse tra loro ma il grande tema è lo stesso e riguarda il ripensamento, la progettazione e la pianificazione di un diverso modo di muovere persone e merci.

    In Germania, a all’Audi in particolare, sembra abbiano le idee chiare: sviluppare una logistica a basso impatto ambientale, mettendola anche a disposizione della collettività in modo da ridurre l’utilizzo proprio dell’automobile, migliora le performance ecologiche ed economiche dell’industria che la produce, anche se ha un costo immediato e anche se l’offerta non manca.

    Stiamo infatti parlando della terza stazione in una città da 132mila abitanti. Un concetto che Kössler ha riassunto in una frase: «Molte delle nostre attività non trovano riflesso nei bilanci economici». È un modo diverso di produrre e di essere presenti sul territorio chiedendo la collaborazione di tutti gli attori, sia politici sia economici. Un modo che pare oggi interpretare questa presenza in modo responsabile e propositivo e non come la ragione per godere di sconti o eccezioni.

    L’Audi – è proprio il caso di dirlo – crede nella rotaia: nel 2017 è stata la prima azienda ad avere una logistica ferroviaria carbon neutral e dal 2018 è a bilancio zero di CO2 anche lo stabilimento di Bruxelles dove viene prodotta la Audi E-Tron elettrica – e presto la Audi E-tron Sportback – e che viene letteralmente lambito dalla ferrovia.

    La logistica, insieme all’ottimale utilizzo dell’energia, delle materie prime e dell’acqua rappresentano la base per abbattere le emissioni e l’impatto well to wheel ovvero l’impatto globale delle automobili, misurato non solo attraverso quello che emettono mentre marciano durante le loro vita, ma anche prima e dopo.

    Audi ha l’obiettivo ridurre questo indice del 35% nel 2025 rispetto al 2010. Sono già al 23,7%, anche grazie alla ferrovia.

     

  • Nuova intelligenza artificiale lavoro di gruppo per Robot

    L’intelligenza artificiale è uno dei grandi canali di sviluppo individuati da tutte le grandi aziende del mondo in tutti i settori. Fondamentale per il futuro dell’automobile, dell’energia e dell’ambiente.

    Perché oggi abbiamo grandi moli di dati e di informazioni che è possibile raccogliere e catalogare. Ma la cosa difficile è passare dalla raccolta e dalla catalogazione all’utilizzo mirato, ragionato e utile delle informazioni raccolte.

    E’ come se avessimo sviluppato una grande memoria, capace di imparare alla perfezione tutti i libri che le facciamo leggere. Poi però, quei libri noi non vogliamo sentirceli soltanto ripetere, vogliamo che dallo studio emerga un ragionamento, capace di offrirci nuove soluzioni, nuove opportunità.

    Ecco, in mezzo tra ampiezza della memoria e capacità di ragionamento c’è l’intelligenza artificiale.

     

    Gli sfidanti. Forze e debolezze.

    La sfida è tra diversi approcci allo sviluppo del ragionamento automatico. E’ tra il singolo e il gruppo, anche nel mondo dei robot.

    Il singolo. L’intelligenza artificiale applicata al singolo robot (che nel nostro immaginario è spesso anche un umanoide, ha cioè fattezze o addirittura sembianze umane, ma può essere un’auto, un impianto energetico o il sistema di monitoraggio di un sito ambientale) si basa su concetti radicati nella ricerca di settore, come quelli di intelligenza artificiale debole (weak AI) e intelligenza artificiale forte (strong AI), che hanno riempito negli anni interi volumi di pubblicazioni specializzate. Questo insieme ai più recenti concetti di Machine learning e Deep learning, che differenziano una capacità meramente allenante da una che emula la mente biologica con sofisticate strutture di reti neurali.

    Il gruppo. Si tratta di macchine-robot capaci di aiutarsi vicendevolmente nel ragionamento. Robot che, come gli uomini, imparano il lavoro di gruppo. Così più AI deboli riescono ad essere molto più potenti ed efficaci di un’AI forte. Proprio come nella società umana.

    La nuova intelligenza artificiale mette in contatto un elevato numero di singoli elaboratori, ne raccoglie i risultati e ne supporta la capacità di elaborazione da una nuvola, oppure distribuisce compiti – anche di ragionamento – alle singole macchine e arriva a un risultato impensabile anche per un’AI di grandissima forza tenuta però indipendente dalla connessione in rete.

     

    Che futuro fa.

    Il futuro sta prendendo forma nella rete. Un cambio di scala capace di produrre effetti incredibili, reso possibile da una diversa strategia nella ricerca sull’intelligenza artificiale.

    Per semplificare, si può dire che dall’inseguimento della singola intelligenza molto raffinata da sviluppare in una macchina o in un impianto, simile a quella che ogni essere umano può esercitare grazie al proprio cervello, si passa allo sviluppo di un’intelligenza diffusa, composta dalle capacità di calcolo ed elaborazione di moltissimi computer, funzionanti in altrettanti potenziali robot.

     

    Dico la mia, perché le cose possono cambiare. E spesso è meglio che cambino.

    Io credo che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale diffusa, in campo energetico, automobilistico, ambientale sia una grande occasione. La ritengo un’opportunità da non perdere per realizzare un futuro fatto di mobilità ed energia a zero emissioni e di un ambiente riconosciuto come risorsa e non come problema.

  • L’AUTO ELETTRICA E’ UNA LAVATRICE CON QUATTRO RUOTE? – VIDEO SFIDA

    L’auto sta diventando elettrica, la lavatrice lo è già.

    Prendo in esame questi due oggetti perché sempre più spesso sono messi l’uno vicino all’altro.

    Da parte dei detrattori dell’auto elettrica perché a loro parere la macchina, perdendo il motore a combustione interna, diventerebbe una sorta di lavatrice con le ruote, termine usato come dispregiativo per indicare come un oggetto di culto, passione e design rischi di ridursi a una specie di elettrodomestico.

    I sostenitori dell’elettrico puro, invece, vedono nella facilità con cui si usa e si alimenta energeticamente una lavatrice l’esempio lampante di come potrebbe essere semplice e meraviglioso il mondo dell’auto elettrica.

     

    Gli sfidanti. Forze e debolezze.

    La sfida tra auto e lavatrice, da un punto di vista energetico, è più sensata di quanto possa sembrare.

    Mette in evidenza alcune caratteristiche poco esplorate della rivoluzione possibile legata alla trazione a Zero Emissioni.

    Parlando di tecnologie che utilizzano elettricità, ci sono due parametri che permettono di inquadrare il confronto: energia e potenza.

    L’auto elettrica, considerando i modelli già sul mercato guidati in condizioni reali, ha bisogno di 15-20 kWh per percorrere 100 chilometri. Per una percorrenza annua di 10.000 chilometri (oggi non realizzabile a causa della scarsa infrastruttura ma domani ipotizzabile), necessita di 1.500-2.000 kWh di energia.

    Per la ricarica – se ha batterie capienti più di 60 kWh, come sta succedendo anche ai modelli di media grandezza – si sta dimostrando in modo sempre più netto che ha bisogno di potenze di 11-22 kW per l’utenza del garage o della casa.

    La lavatrice di ultima generazione in Classe A si accontenta invece di potenze domestiche standard di 3 kW e consuma circa 1 kWh per lavaggio. Ipotizzando 250 lavaggi l’anno, abbiamo che necessita di 250 kWh l’anno.

    L’auto elettrica di famiglia, quindi, consumerebbe in un anno come 6-8 lavatrici di uso domestico.

     

    Che futuro fa.

    Il futuro dell’auto elettrica non ha però le caratteristiche che hanno nel presente i nostri elettrodomestici, lavatrice compresa.

    Soprattutto dal punto di vista energetico. Non tanto per la quantità di energia, che è comunque pari ad alcune lavatrici per famiglia che oggi non ci sono e domani virtualmente compariranno.

    Soprattutto dal punto di vista delle potenze da rendere disponibili sulla rete elettrica, se il modello rimane quello attuale.

    I 22 kW della presa elettrica di ricarica domestica valgono più di 7 volte gli attuali 3 kW di casa.

     

    Dico la mia, perché le cose possono cambiare. E spesso è meglio che cambino.

    Per l’auto elettrica serve potenza, molta più potenza che per la lavatrice.

    Non serve però secondo me una rete potente e centralizzata.

    La soluzione è in una galassia di piccole reti gestite però in modo intelligente.

    Capaci di produrre energia il più vicino possibile a dove l’energia viene richiesta.

    La soluzione si chiama Smart Grid e l’auto elettrica non ne può davvero fare a meno. Così avrà la sua potenza, non col sistema attuale.

  • CONSUMA PIU’ L’AUTO O LA CASA? VIDEO SFIDA

    L’energia è ovunque nella nostra vita. Capire l’energia, ci permette di capire cosa stiamo facendo veramente come società, come Paese, anche come singola famiglia.

    Quasi tutti sanno quanto consumi la loro auto. Guardano il computer di bordo, oppure fanno i conti sui chilometri percorsi ad ogni pieno di benzina o gasolio.

    Pochi sanno però quanto consumi la loro casa. Ma da un punto di vista energetico consuma più l’auto o la casa?

     

    Gli sfidanti. Forze e debolezze.

     

    La sfida è quindi tra auto (a benzina o a gasolio) e consumi domestici.

     

    Auto. In media ogni anno un’auto di famiglia con motore a combustione interna, se percorre 10-12.000 chilometri, consuma 10.000 kWh.

    Casa. I consumi elettrici in una casa dove vivono 3-4 persone con TV, lavatrice, lavastoviglie, anche dei condizionatori e il PC sono di 2.500 kWh l’anno. Tutto la casa, consuma cioè per tutte le sue necessità elettriche un quarto della sola automobile. Il consumo dell’auto in un anno vale da solo come 10.000 lavaggi in lavatrice. E spesso di auto ce ne sono due o tre.

    Se poi consideriamo anche il gas naturale per il riscaldamento, l’acqua calda e la cucina dobbiamo aggiungere attorno ai 600 smc l’anno (ovviamente con variazioni tra alpi e Sicilia…) che equivalgono a 6.600 kWh l’anno.

     

    Chi vince la sfida.

     

    Dal punto di vista energetico siamo in presenza di un pareggio, se così si può dire. Perché da una parte ci sono tutte le necessità energetiche di una famiglia di 3-4 persone in termini di elettricità e gas naturale, considerando questi come i due vettori energetici più diffusi in Italia. Tutto il pacchetto arriva a totalizzare 10.000 kWh l’anno di fabbisogno.

    Dall’altra c’è un’unica auto, che potrebbe anche essere semplicemente quella del papà o della mamma. Da sola mangia 10.000 kWh, come tutta la casa. Se di auto – come spesso accade – ce ne sono due o tre, pur calcolando che non facciano tutte 10.000 km l’anno ma di meno, siamo facilmente al doppio dell’energia della casa che viene consumata dalle sole automobili.

     

    Dico la mia, perché le cose possono cambiare. E spesso è meglio che cambino.

     

    Io credo che l’auto debba rimanere tra le dotazioni familiari. Magari utilizzata meglio, per gli spostamenti di piacere o quelli più complessi, non necessariamente per andare ad accompagnare il bambino a scuola, azione che da sola – per una scuola vicinissima e raggiungibile a piedi – può valere ogni mattina l’equivalente di 3-4 lavatrici in termini energetici. Oltre a traffico davanti alla scuola e inquinamento per tutti, soprattutto a motore e sistema di trattamento dei gas di scarico freddo.

    I 10-000 kWh devono diventare però 5.000 e – soprattutto – non possono essere tutti esclusivamente di origine petrolifera. Deve diminuire il consumo, e deve cambiare la fonte, che deve poter essere rinnovabile. Allora sì…

  • AUTO DIESEL E BENZINA VS AUTO ELETTRICA CONFRONTO CONSUMI E COSTI – VIDEO SFIDA

    Si parla tanto di auto elettriche e del loro confronto, anche in termini di consumo, con le auto tradizionali.

    A prima vista sembra di dover confrontare mele e arance, o patate e caramelle.

    Cioè i litri di Diesel e benzina, con i consumi delle auto elettriche espressi ormai piuttosto comunemente in kWh.

    Abbiamo quindi dei dati in litri necessari per percorrere cento chilometri da confrontare con quelli in kWh necessari per 100 chilometri.

    Sembra un grattacapo, invece parliamo sempre di energia, quindi è assolutamente possibile rendere il tutto più chiaro, anzi completamente trasparente.

    Basta sapere quanta energia, in kWh, c’è in un litro di benzina o di gasolio.

    E lo sappiamo, visto che questo valore viene utilizzato per molte finalità tecniche ma anche istituzionali. Ci sono perciò dei numeri precisi e insindacabili.

    Ci accorgiamo così che ciò che dobbiamo fare è semplicemente confrontare arance con arance, soltanto che un venditore ci dà il prezzo al chilo, un altro a cassetta. Basta sapere quanti chili di arance ci sono nella cassetta e il conto è fatto.

    Gli sfidanti. Forze e debolezze.

    La sfida più interessante parlando di consumi omogenei, cioè espressi nella stessa unità di misura, è tra auto a benzina, a gasolio ed elettriche.

    Le auto dieselattualmente sul mercato consumano in media in condizioni reali dai 4,5 ai 12 litri ogni 100 chilometri.

    Arriviamo all’informazione chiave: Un litro di gasolio contiene 10 kWh di energia.

    Questo significa che i diesel consumano dai 50 ai 120 kWhper percorrere 100 chilometri.

    Le auto a benzina consumano in media in condizioni reali dai 5 ai 15 litri ogni 100 chilometri.

    Un litro di benzina contiene però meno energia rispetto al gasolio: 8,9 kWh.

    Questo significa che le auto a benzina consumano dai 45 ai 130 kWhper percorrere 100 chilometri.

    Le auto elettriche attualmente sul mercato in Italia consumano in media in condizioni reali dai 13 ai 24 kWh di energia per percorrere 100 chilometri.

    Quindi l’auto elettrica, dal punto di vista energetico, a parità di chilometri percorsi, consuma in media meno di un quarto delle auto diesel e benzina.

    Che futuro fa.

    Capendo l’energia, capiamo il futuro.

    Avendo riportato tutto ai KWh, possiamo notare come dal punto di vista economico le cose stiano in modo molto diverso per i diversi vettori. E questo è un elemento decisivo per comprendere dove ci stia portando l’attuale sistema politico-industriale.

    Un kWh di diesel costa oggi in Italia 15 centesimi di euro, 1 kWh di benzina costa quasi 18 centesimi di euro.

    Mentre la ricarica in una colonnina veloce della Enel X per un’auto elettrica costa 50 centesimi al kWh, e a casa si spendono 25 centesimi al kWh – questo con i dati presi dalla mia ultima bolletta.

    Quindi un kWh elettrico costa quasi il doppio, per arrivare a più del triplo nel caso della ricarica che tutti vogliamo – quella veloce – di un kWh diesel e benzina. Questo nonostante le accise che pesano sui combustibili per auto.

    Dico la mia, perché le cose possono cambiare. E spesso è meglio che cambino.

    Dal punto di vista energetico è chiaro, vince l’auto elettrica.

    Se poi consideriamo che molti di quei kWh sono già oggi da fonti rinnovabili, vince anche l’ambiente.

    Ma dal punto di vista economico i conti non tornano. Viaggiare in auto elettrica costa meno soltanto perché l’auto elettrica consuma molto di meno.

    A parità di kWh consumati, l’attuale sistema premia economicamente i combustibili fossili. Non rinnovabili, che causano emissioni di CO2 e anche emissioni inquinanti come NOx e particolato.

    Così non va bene. Non va proprio bene per niente.