Che tempo farà? A Bologna oggi e domani oltre 100 scienziati ed esperti, più di 70 presentazioni scientifiche per fare il punto su uno dei temi crescenti nel dibattito pubblico che coinvolge scienza e istituzioni.
Conoscenze e strumenti, innovazione e tecnologia, il contributo della scienza alla pianificazione e ai processi decisionali in ambito pubblico e privato, nei diversi settori dell’economia e della società.
Le nuove sfide del Meteo: rischio, adattamento, incertezza e previsioni
Dopo la nascita dell’Agenzia ItaliaMeteo e il data center del Centro europeo per le previsioni, Bologna ospita un evento di grande rilievo scientifico (21-22 giugno 2022, presso Regione Emilia-Romagna Terza Torre) e si conferma una delle capitali europee delle scienze del clima e del meteo.
Temi della conferenza sono:
Previsioni e sistemi di allerta per la gestione e la mitigazione del rischio;
Previsioni per la pianificazione e l’adattamento;
Comunicare le previsioni e la loro incertezza;
Il valore delle previsioni: diversi punti di vista e metodi di valutazione.
La Seconda Conferenza Nazionale sulle Previsioni Meteo Climatiche è l’unico evento nazionale di questo genere nel settore delle previsioni.
La manifestazione consiste di due giorni di incontri in cui scienziati ed esperti faranno il punto sullo stato delle conoscenze attuali, e sulle prospettive future della ricerca sulle previsioni meteorologiche e climatiche e, soprattutto, delle loro applicazioni pratiche.
Programma dei lavori
Durante la prima giornata, si svolgono due sessioni che focalizzate sull’uso delle previsioni sia a breve termine, per la definizione e l’attuazione di sistemi di allerta, sia a più lungo termine, per la pianificazione di strategie di adattamento.
Nella seconda giornata, si affrontano i problemi della comunicazione delle previsioni – sia quella indirizzata al grande pubblico, che quella rivolta agli esperti in specifici settori – e le metodologie per quantificare il valore economico e sociale che i diversi soggetti coinvolti nel loro utilizzo possono assegnare ai dati e alle informazioni prodotte e ricevute.
Dibattiti e tavole rotonde
Oltre agli interventi di prestigiosi relatori, la conferenza propone dibattiti e tavole rotonde che favoriscono una vasta e attiva partecipazione dei convenuti.
La comunità italiana si confronterà con più di cento partecipanti, oltre settanta ricerche presentate, divise in quattro sessioni con due keynote speakers di rilievo.
Carlo Cacciamani (Direttore dell’Agenzia ItaliaMeteo) che parla dello “Stato dell’arte delle risorse meteo presenti in Italia e il ruolo della nuova Agenzia ItaliaMeteo nella gestione del rischio”.
Ruben Sacerdoti (Regione Emilia‐Romagna) propone un intervento dal titolo “Le politiche per la ricerca sul cambiamento climatico della Regione Emilia-Romagna”.
Considerando la grande rilevanza e risonanza che il tema dei cambiamenti climatici sta avendo nella vita quotidiana, la conferenza vuole offrire, sia a un pubblico di specialisti che a una più vasta platea di partecipanti, ulteriori elementi che aiutino a meglio valutare, in modo scientificamente robusto, i cambiamenti che stanno avvenendo nell’ambiente che ci circonda.
Che tempo farà?
Le previsioni meteorologiche e climatiche sono sempre più al centro di interesse da molteplici settori della società.
Da una parte, è la cronaca stessa dei nostri giorni che, portando alla pubblica attenzione le conseguenze di fenomeni siccitosi e di temperature più elevate di quanto non siamo mai stati abituati a rilevare, ci dice come la capacità di conoscere in anticipo questi fenomeni possa portare beneficio alla realizzazione di sistemi di allerta e a strategie di adattamento dei nostri sistemi socioeconomici a condizioni meteoclimatiche che sono già cambiate, e continueranno a cambiare in futuro, con impatti rilevanti sulle vita delle persone, delle aziende e delle istituzioni.
Dall’altra parte, intorno a questi temi cresce un’attenzione che parte dalla comunità internazionale e, nel nostro paese, vede un polo di attrazione nella città di Bologna, protagonista di una serie di iniziative di primissimo livello nell’ambito della ricerca scientifica e di come questa fornisca conoscenza a supporto di processi decisionali, settori economici, società.
Due grandi associazioni
Su queste premesse nasce la seconda edizione della Conferenza Nazionale sulle Previsioni Meteorologiche Climatiche (Bologna, 21-22 giugno 2022) organizzata in maniera congiunta dalla Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC) e dall’Associazione Italiana di Scienze dell’Atmosfera e Meteorologia (AISAM) con il patrocinio della Regione Emilia Romagna e del Comune di Bologna ed il supporto di Codifesa Bologna e Ferrara.
Prima edizione nel 2019
La conferenza, che segue la prima edizione realizzata nel 2019, mira a mettere in evidenza come la ricerca scientifica sui temi delle previsioni si leghi strettamente e molto concretamente a settori reali della società.
Gestione del rischio e sistemi di allerta per la gestione e la riduzione del rischio, i piani di adattamento ai cambiamenti climatici e la pianificazione di strategie e soluzioni, la comunicazione dei dati e la valorizzazione delle previsioni sono i quattro temi che chiamano a un dialogo intenso e produttivo rappresentanti del mondo della ricerca insieme a decisori pubblici, esponenti del mondo delle aziende e della società civile oltre che dei media e della comunicazione.
Produttori e utilizzatori delle previsioni, quindi, si incontrano per individuare barriere e lacune nella realizzazione e nell’utilizzo di previsioni per ridurre gli impatti della variabilità meteorologica e dei cambiamenti climatici, in molteplici settori socioeconomici.
L’Italia ha finalmente un’altra stazione di rifornimento ad idrogeno. Si trova a Mestre, in località San Giuliano, è stata realizzata da Eni e servirà la città metropolitana di Venezia con l’apporto di Toyota. La casa giapponese infatti sarà la prima a sfruttare a dovere la nuova stazione grazie anche ad un accordo siglato nel 2019 e che punta a fornire la città dei dogi di una nuova mobilità.
Per questo arriveranno su Venezia ben 10 Mirai, sia di prima sia di seconda generazione. Tre di queste andranno al Comune di Venezia e tre saranno inserite da settembre nella locale flotta di Kinto Share, il servizio di car sharing aggiungendosi alle Yaris, Yaris Cross e alle Lexus UX Hybrid già presenti. Le altre saranno affidate ai concessionari locali per altre iniziative. A questo proposito, era presente all’inaugurazione della stazione anche Mauro Caruccio, amministratore delegato di Kinto Italia che nel 2019 aveva firmato l’accordo.
«Sarà sicuramente il primo car sharing a idrogeno in Italia – afferma il presidente e amministratore delegato di Toyota Motor Italia, Luigi Ksawery – e questo ci permetterà di parlare direttamente all’utente e all’utilizzatore finale di idrogeno. Le persone finalmente guiderà un’auto a idrogeno e capirà quanto sia facile e piacevole da utilizzare. In questo modo l’idrogeno comincerà a fare parte del nostro linguaggio quotidiano».
Un segno dei tempi
«Mettere una stazione di idrogeno in Italia – continua il numero uno di TMI – è per Toyota un risultato straordinario perché vuol dire che qualcosa finalmente si muove. Per anni abbiamo avuto solo i “capitani coraggiosi” di Bolzano e ce n’è voluto un altro come il sindaco Brugnaro per averne una seconda. Questo però vuol dire che sta partendo un movimento importante e che Eni lo supporta sostenendo un percorso che vedrà altre stazioni. Nel PNRR sono previste 40 stazioni e questa di Mestre rappresenta un momento di svolta. Toyota crede nell’idrogeno da sempre ed è già realtà in altri paesi. Vorremmo che lo fosse anche in Italia e siamo pronti a fare la nostra parte».
Non sta nella pelle il sindaco Luigi Brugnaro che ha voluto fortemente l’idrogeno e questa stazione a Venezia per farne la capitale mondiale della sostenibilità «La più antica città del futuro diventa così un esempio per tantissime altre amministrazioni che potranno guardare a quanto stiamo facendo. Questa stazione di rifornimento ci consentirà di procedere speditamente in quel piano di ammodernamento del trasporto pubblico locale alimentato ad idrogeno che stiamo portando avanti» ha dichiarato il primo cittadino.
Una tecnologia, tante soluzioni
Anche i concessionari potranno finalmente lavorare con l’idrogeno vendendolo sul proprio territorio. «Con questa novità metteremo sicuramente ed effettivamente sul mercato una tecnologia diversa – è sicuro l’amministratore delegato di Toyota Motor Italia – e dimostreremo ulteriormente tutte le nostre capacità tecnologiche e di innovazione. Già l’acquisto di un ibrido Toyota rappresenta per il cliente un passo importante, anche perché sa che facciamo anche l’ibrido plug-in, l’elettrico e l’idrogeno e che dietro c’è un’unica grande tecnologia».
Una stazione per tutti i livelli di elettrificazione
La stazione di Mestre inoltre è la perfetta rappresentazione di questo credo. Oltre alle pompe per benzina e gasolio, ci sono infatti due colonnine di ricarica, delle quali una rapida. «La mobilità dell’idrogeno non è solo automobile, anzi sarà soprattutto altro arrivando anche sull’acqua, un capitolo che interessa una città come Venezia e che ha già dimostrato di poter funzionare in mare. «Al centro della nostra idea ci sono il sistema di propulsione e le celle a combustibile – continua Lucà – che proponiamo a vari partner e possono essere utilizzate per vari scopi. Con la navigazione abbiamo già iniziato 6 anni fa con l’Energy Observer. Se noi riusciamo a mettere le fuel cell su navi e traghetti e tutta la mobilità nautica, allarghiamo il nostro ecosistema. Le stiamo applicando anche ai treni, ai camion e ai bus».
La visione di Venezia
A questo proposito, Venezia ha già emesso un bando per 90 bus a idrogeno e 33 elettrici entro il 2026. E della partita sarà sicuramente Caetano Bus, che ha già portato in Italia uno dei suoi bus a Terni. E chissà che non vi sia anche Mercedes, da poco diventata acquirente delle fuel cell Toyota per i propri bus. «Abbiamo già individuato l’area per rifornirli, ma non lo dico altrimenti quei terreni ci costano di più» scherza, ma non troppo, il sindaco Bugnaro che vede evidentemente almeno un’altra stazione di idrogeno sul territorio.
Stessi ha obiettivi ha del resto Toyota. «Dopo questa iniziativa dobbiamo continuare a costruire questo ecosistema. Abbiamo Toyota Handling che produce carrelli elevatori alimentati ad idrogeno e andremo a proporci come fornitori di soluzioni. Accanto a questo, dobbiamo continuare a costruire l’infrastruttura insieme ad altri partner come Eni e presso le autorità locali per facilitare e accelerare questo sviluppo». È la cosiddetta “società dell’idrogeno”, un lavoro lungo e paziente che Toyota ha già iniziato da tempo e che ha dimostrato di saper fare con l’ibrido.
Il paradosso di San Donato
L’Eni ha in programma anche un’altra stazione di servizio a San Donato Milanese la cui costruzione è iniziata addirittura prima di quella di Mestre. Paradossale, se si pensa che l’Eni ha proprio nel comune della cintura milanese la propria sede come ha sottolineato Giuseppe Ricci, direttore generale Energy Evolution in occasione dell’inaugurazione dell’impianto di Mestre.
Il clima è cambiato
Si spera che il cambio del contesto sblocchi anche questa situazione. «Il clima è sicuramente cambiato – afferma ancora Lucà – e c’è stata un’accelerazione fondamentale. È cambiato il paradigma e finalmente si riesce ad avere una conversazione sull’idrogeno. Il recovery fund, il PNRR e ora anche il REPowerEU stanno dando un impulso finalmente decisivo a livello istituzionale».
Un quintale di idrogeno al giorno
La stazione ad idrogeno ha una capacità di 100 kg di idrogeno al giorno e sarà trasportato dalla località di produzione che è, al momento, Terni. Si tratta di idrogeno grigio prodotto da metano che presto diventerà blu con il sistema di cattura della CO2. Urge dunque un elettrolizzatore più vicino per accorciare la catena di questo idrogeno e renderlo verde. Va detto che attualmente il 98% dell’idrogeno prodotto in Italia proviene ancora da fonti fossili. Il lavoro sulla infrastruttura va dunque proseguito guadando anche alla logistica e la produzione.
Urge anche un lavoro sul prezzo. Quello esposto all’inaugurazione è di 10 euro al kg, ma si parla di 15 euro al kg come prezzo definitivo. Vuol dire che per fare il pieno ad una Mirai occorrono 90 euro per percorrere 650 km. Vuol dire poco più di 7 euro ogni 100 km che, con il gasolio a 2 euro al litro, rende già l’idrogeno conveniente. E lo rende tale anche se immaginiamo che la percorrenza effettiva di una Mirai si attesti intorno ai 500 km. Con la possibilità di fare il pieno in self-service in 5 minuti, potrebbe essere un’idea anche per i taxi, come già accade in diverse capitali europee come Copenaghen. I taxi sono stati la testa di ponte per l’ibrido per Toyota e potrebbero rappresentare un veicolo di esperienza e promozione preziosissimo anche per l’idrogeno.
Lamborghini che diventa ibrida e si elettrifica. Non solo per le auto di serie, ma anche per le auto da corsa. E che auto da corsa. La casa di Sant’Agata Bolognese ha infatti annunciato che nel 2024 costruirà una LMDh, ovvero un prototipo capace di gareggiare sia nel WEC sia nell’IMSA, i due campionati di durata più importanti al mondo, nelle rispettive massime classi: Hypercar e GTP.
Tante novità in una dunque per un costruttore che, per tradizione si è sempre tenuto alla larga, almeno fino a quando il fondatore è stato in sella. Ferruccio Lamborghini si rifiutò sempre categoricamente di scendere in pista, pur facendo una delle auto più veloci di allora e tra le più belle della storia: la Miura. Eppure tra i suoi creatori c’era Gian Paolo Dallara, uno dei più grandi progettisti di auto da corsa di tutti i tempi.
Ammutinamento o test di sviluppo?
Eppure qualcuno che tentò di fare una Miura da corsa ci fu. All’interno la chiamavano tutti Jota (alla spagnola, come tutti i nomi delle Lamborghini) dalla lettera J, la voce che all’interno dei regolamenti FIA regola la trasformazione di un modello di serie in auto da competizione. Qualcuno racconta che fu un ammutinamento e, una volta scoperto dallo stesso Ferruccio, fu sedato senza pietà.
La lettera J sta per Jota
Qualcuno invece dice che fu fatto semplicemente per sviluppare soluzioni da applicare sulla Miura stradale. Fatto sta che il suo V12 di 3.929 cc aveva una potenza salita da 350 cv a 440 cv, la struttura era stata alleggerita e vi erano alcune modifiche aerodinamiche, come i fari a bolla al posto di quelli a sollevamento, contornati da deviatori per alleviare la portanza aerodinamica sull’assale anteriore.
Ricostruzione filologica
La Jota fu rivenduta poi ad un cliente privato che la distrusse in un incidente. Alcune delle specifiche Jota furono tuttavia applicate ad alcune Miura. A quei tempi le regole di omologazione non erano certo complicate come quelle odierne. L’allora collaudatore della Lamborghini, Bob Wallace, aiutò successivamente un collezionista a ricostruirne un esemplare fedele.
Una Lambo da rally? Poteva accadere
Il nome Jota sarebbe stato poi resuscitato nel 2018 per denominare alcune versioni come la Diablo Jota e la Aventador SVJ. SV sono due lettere magiche di Lamborghini e stanno per Super Veloce. Wallace creò nei primi anni ’70 persino due derivativi da rally della Jarama e delle Urraco, ma senza riuscire a portarli mai in gara. Nel 1968 aveva anche aiutato i piloti Gerhard Mitter e Marcello Gallo a preparare una Miura SV per la Preis der Nationen di Hockenheim, ma senza ottenere la qualificazione.
Il destino tra la Islero e Le Mans
Eppure nel 1975 una Lamborghini arrivò a tanto così dal debutto in gara. Una Islero GT400 fu infatti iscritta alla 24 Ore di Le Mans. Il pilota francese Paul Rilly aveva acquistato dalla concessionaria Garage Europ Sport il primo esemplare arrivato in Francia nel 1968 e si era messo in mente di correre con una Lamborghini. Rilly si rivolse dunque alla Garage Thépenier, allora importatore Lamborghini d’Oltralpe per avere l’aiuto tecnico della casa madre.
Diniego con prestito
Il titolare Jean Thépenier riuscì a far avere a Rilly un appuntamento a Sant’Agata Bolognese con Ubaldo Sgarzi, braccio destro di Ferruccio Lamborghini e direttore commerciale dell’azienda. Il pilota francese voleva un’auto per correre, ma gli fu opposto un no deciso, come da politica aziendale. L’unica cosa che riuscì ad ottenere fu un kit di freni potenziati e sospensioni ribassate per la sua Islero. E neppure a buon mercato: erano un prestito, con un deposito di 15.000 franchi.
Il gran rifiuto e l’opportunità
La Islero guidata da Rilly e del suo compagno Roger Levéve non riuscì a qualificarsi. Non era però riuscita a qualificarsi anche una delle Ferrari nel team NART (North American Racing Team) di Luigi Chinetti, personaggio potentissimo e rispettato. Da pilota infatti aveva vinto tre edizioni della Le Mans e una con il suo team nel 1965, l’ultima assoluta conquistata da una Ferrari alla corsa francese. Era inoltre importatore del Cavallino negli Usa. Chinetti chiese allora di ammettere comunque le sue vetture, ma trovando l’irremovibilità dell’Aco, per protesta ritirò tutte le vetture.
Se ci fossero stati gli smartphone…
I giudici di gara decisero allora di riammettere in griglia la Islero di Rilly. Lui però se n’era già andato e provarono più volte a chiamarlo a casa, ma non rispose nessuno. Quando riuscirono a parlare con lui, era già sabato e non ce l’avrebbe fatta a tornare a Le Mans per essere in griglia. Per vedere a Le Mans un’altra Lamborghini ci sarebbero voluti altri 31 anni: fu la Murciélago GT-R del team Japan Lamborghini Ownership Club Isao Noritake preparata dalla Reiter Engineering insieme ad Audi, diventata proprietaria del Toro nel 1998.
La prima Lambo per Le Mans è giapponese
I piloti erano Marco Apicella, Yasutaka Hinoi e Kouji Yamanishi. Si arrese dopo 283 giri. L’anno dopo ci riprovarono: stesso team e stessa macchina, ma in prova Apicella ebbe un’incidente. La squadra lavorò tutta la notte per rimettere a posto la Murciélago. E ce la fecero, ma dopo un solo giro, l’auto si fermò con il cambio rotto. Fu quello l’anno del debutto con vittoria del Diesel alla 24 Ore più famosa del mondo con l’Audi. La JLOC si prese tuttavia la soddisfazione di vincere il campionato Asian Le Mans Series.
La Countach QVX di Gruppo C
Eppure non doveva essere neppure questo il primo atto di Lamborghini nelle corse di durata. Nel 1985, sotto la proprietà dei fratelli francesi Patrick e Jean-Claude Mirman, iniziata nel 1981, l’importatore britannico David Jolliffe ebbe l’idea di fare un prototipo di Gruppo C passato alla storia come Countach QVX. Il motore, derivato da quello da 5,2 litri della Countach Quattrovalvole con testata a 32 valvole – da qui la sigla QV – fu messo nelle mani di Luigi Marmiroli, nome celebre nella storia del motorismo.
Tante speranze e pochi soldi
Il telaio fu affidato invece alla Spice Engineering. I piloti chiamati a sviluppare il progetto furono Mauro Baldi e Tiff Needell, diventato poi famoso come personaggio televisivo di Top Gear. La vettura fu esposta a Le Mans nel 1986 e fu iscritta a 7 corse, ma ne fece solo una: la Southern 500 Sun di Kyalami. In qualifica segnò il 7° tempo, confermandosi in gara 1 e migliorandosi al 5° posto in gara 2. Dunque, un buon potenziale, ma pochi sponsor. Per questo il progetto naufragò ben presto, anzi non salpò mai davvero.
Il sogno italiano di Lee
Lamborghini nel 1987 passò alla Chrysler. Il suo presidente Lee Iacocca era lo stesso che aveva convinto Henry Ford II agli inizi degli anni ’60 a comprare la Ferrari per correre. Non essendoci riuscita, la Ford costruì la GT40 che vince la 24 Ore di Le Mans per 4 anni consecutivi dal 1966 al 1969. Acquistando la casa del Toro, Iacocca coronava il sogno di prendersi un grande marchio sportivo italiano per farne la punta di diamante del gruppo in termini di tecnologia e di immagine.
V12 anche per la Formula 1
In quegli anni la Lamborghini apre un reparto denominato Lamborghini Engineering e lo affida a Mauro Forghieri. L’ex ingegnere Ferrari sviluppa un motore di Formula 1 denominato LE3512: 35 per la cilindrata di 3,5 litri e 12 sono i cilindri a V. Equipaggiò monoposto Larrousse, Lotus, Ligier, Minardi e persino una Lamborghini affidata al Modena Team. Anche la McLaren lo provò e lo stesso Ayrton Senna ne rimase impressionato, ma la squadra inglese preferì il motore Peugeot. Fu dunque accantonato nel 1993.
La Squadra Corse fa venire l’appetito
Solo con Audi, la Lamborghini si struttura in modo stabile per le competizioni con la Squadra Corse e un programma di vetture per i clienti per i campionati GT. Da allora, prima con Gallardo e poi Huracàn, ha vinto oltre 40 titoli, si è imposta due volte alla 12 Ore di Sebring e tre volte alla 24 Ore di Daytona. Nel 2019 per la prima volta, l’allora ceo Stefano Domenicali ammette che il Toro sta pensando ad una LMH (Le Mans Hypercar). Nel 2020, Domenicali diventa ceo della Formula 1 e torna Stephan Winkelmann.
Audi ci ripensa e il Toro incorna
Il manager tedesco, che aveva già occupato quel posto dal 2005 al 2016 prima di andare in Audi Sport e in Bugatti, vuole fare invece una LMDh (Le Mans Daytona hybrid). Le voci di un annuncio sono sempre più insistenti fino a quando Audi e Porsche comunicano di voler fare una LMDh. Il sogno di Lamborghini sembra ancora una volta infranto, stavolta contro logiche di gruppo. Ed invece Audi a marzo congela il programma e tornano le voci che, finalmente, diventano l’annuncio ufficiale del 17 maggio scorso.
Iniziare per gradi
Il responsabile sportivo del progetto è Giorgio Sanna, ex pilota e collaudatore a capo di una struttura che conta 50 persone. Il riferimento tecnico è Maurizio Reggiani, che da poco ha lasciato il suo posto decennale di responsabile prodotto e si è scelto la migliore delle pensioni possibili. L’obiettivo è correre con un’unica squadra sia nel WEC sia nell’IMSA, ma non direttamente e per gradi. Solo successivamente sarà approntato un programma per clienti, simile a quello per le GT.
La parte elettrica è standard
L’unica caratteristica tecnica nota è che il motore termico sarà un V8 sovralimentato. La parte ibrida sarà standard per tutte le LMDh: trasmissione Xtrac, batteria Williams Engineering (stesso fornitore della Formula E) e motore elettrico Bosch con potenza di 50 KW in tiro e di 200 kW in rilascio. Per regolamento, la potenza del sistema è di 500 kW e il peso è di 1.030 kg, ma entrambe le grandezze sono soggette al BoP.
LMH e LMDh, un confronto… bilanciato
BoP sta per Balance of Performance e serve a creare equilibrio in gara. Servirà anche a creare equilibrio anche con le LMH vetture che fanno parte delle stesse categorie e hanno potenza identica, ma il motore elettrico (che può anche non esserci) ha 200 kW, sia in tiro sia in rilascio, è collegato alle ruote anteriori e può entrare in azione solo dopo i 120 km/h (ma anche qui il BoP può variare la soglia). Il peso è identico, ma nettamente diverso è il discorso del corpo vettura.
Un poker di telai
Per le LMH infatti la scocca è fatta dal costruttore stesso. Vi hanno optato: Toyota e Glickenhaus, dal 2023 sono in arrivo Peugeot, ByKolles-Vanwall e soprattutto Ferrari. Per le LMDh vi sono quattro telai standard. Alpine e Acura hanno scelto Oreca, Porsche avrà Multimatic, BMW e Cadillac hanno optato per Dallara. Logica vorrebbe che fosse quest’ultimo ad essere scelto da Lamborghini per due ottime ragioni: la consaguineità emiliana (la Dallara è a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma) e il legame storico con Gian Paolo Dallara, progettista della Miura.
La quarta scelta
Le voci invece parlando di Ligier, la quarta scelta prevista da regolamento. Anche in questo caso, si tratterebbe di un ritorno vista la collaborazione nel 1991 per la monoposto JS35 spinta dal motore LE3512. La conferma ufficiale dovrebbe arrivare a settimane. La prima LMDh a girare in pista è stata la Porsche, la Acura (prima casa ad aderire al nuovo regolamento) ha già fatto vedere la ARX-06 camuffata, la BMW la sua M Hybrid V8, la Cadillac è attesa per il 9 giugno. L’Alpine, come la Lamborghini, arriverà nel 2024.
Basta uno sguardo
L’elemento che spicca sin dalle prime immagini è la riconoscibilità dei prototipi. Nonostante siano basati su telai standard e il primo criterio per una vettura da corsa sia funzionale, è davvero impressionante come la BMW sembri una BMW con il suo grande doppio rene, la Cadillac presenti i fari anteriori triangolari come gli ultimi modelli, la Porsche le immancabili quattro luci e i gruppi ottici della Acura ricordino la NSX.
Più marketing che tecnica
Il primo bozzetto fornito da Lamborghini rimanda direttamente alla Murciélago e alla Huracàn. Dobbiamo ricordare che anche sulla QVX i fari posteriori erano quelli della Countach di serie. Elementi che evidenziano due fenomeni. Il primo è che l’ibrido è un elemento fondante dell’automobile. Il secondo è che le competizioni, più che in passato, rappresentano un veicolo di marketing più che un campo di sviluppo. Lo dimostra la standardizzazione di componenti fondamentali, così come avviene per la Formula E e il WRC.
Parlare con la lingua dei trionfi
Ma questo non impedirà comunque di mantenere un legame forte tra competizioni e sviluppo. Le parti elettriche standard sono infatti realizzate da grandi fornitori, pronti a restituire all’industria tutto quello che hanno appreso. Le case potranno concentrarsi sull’integrazione dei sistemi ibridi e sul software, arma di differenziazione sempre più importante insieme allo stile. Quel che conta è che le regole siano uguali per tutti e permettano a chi è più bravo a farsi riconoscere con l’arma di comunicazione più potente: la vittoria.
L’ibrido per camminare e per correre
Lamborghini per decenni non vi ha mai creduto, ma col tempo ne ha sperimentato il potere, anche in termini di business. Le auto da corsa infatti si vendono, presso i cosiddetti gentleman driver che, a suon di moneta pesante, giocano in pista con una tecnologia che 25 anni fa sembrava solo un gioco da tavoli per tecnofili: l’ibrido.
L’industria verde può trainare la riconversione di filiere legate a tecnologie ad alte emissioni, destinate ad uscire presto dal mercato. Per l’evoluzione della normativa, oppure per semplice ed ineluttabile mancanza di clienti.
Bisogna parlare subito di questo tema, guardando all’esempio di chi di treni ne ha persi pochi negli ultimi decenni. Come la Bosch, leader della componentistica automobilistica e gigante industriale con produzione che spazia dagli elettrodomestici alla robotica industriale.
Efficienza energetica
L’efficienza energetica è l’elemento chiave in quanto consente a macchinari e attrezzature di consumare meno energia.
È qui che entra in gioco la digitalizzazione, che permette anche di individuare con precisione in quale punto viene propria Energy Platform unita al software Nexeed per l’Inutilizzata l’energia.
Per gestire il consumo di calore, elettricità e aria compressa, Bosch si affida alla propriaEnergy Platformunita al software Nexeed per l’Industry 4.0. In questo modo è più facile prevedere i consumi di energia, evitare i carichi di picco e riconoscere e correggere le deviazioni dei singoli macchinari.
Al momento la piattaforma viene utilizzata in più di 120 sedi aziendali e in oltre 80 progetti dei clienti.
Nello stabilimento Industry 4.0 di punta di Bosch, a Homburg, in Germania, questo software contribuisce a ridurre il fabbisogno energetico di oltre il 40% per ogni prodotto fabbricato.
Intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale offre ancora più possibilità. Nello stabilimento di Eisenach, sempre in Germania, Bosch sta conducendo un progetto pilota con la propria Balancing Energy Network. Basata sulla piattaforma di energia, questa soluzione di IA gestisce e ottimizza la richiesta di energia di 1.000 macchinari.
L’IA mostra la correlazione tra i dati di produzione e logistica, informazioni meteo e prezzi dell’energia e offre suggerimenti da mettere in atto. Secondo le proiezioni, l’IA consentirà di ridurre i costi di energia annui della sede di un ulteriore 5% circa.
Connessione e gemelli digitali
La connessione intelligente di macchinari e processi e la loro interazione con la tecnologia informatica e di comunicazione creano le basi per una produzione efficiente sotto il profilo energetico.
Sempre più funzioni saranno trasferite dall’hardware al software, anche grazie ai gemelli digitali.
Secondo Rolf Nojork, responsabile Industrial Technology della Bosch:
Nella fabbrica del futuro sarà possibile regolare molti elementi semplicemente premendo un pulsante.
Bosch ha adottato dunque un approccio modulare. Gli unici elementi statici di una fabbrica così concepita sono il pavimento, il soffitto e le pareti.
Tutto il resto sarà dinamico e variabile, le macchine saranno costantemente disposte in nuovi assetti e cambieranno configurazione in base al lavoro da svolgere. Stabilimento e apparecchiature dureranno più a lungo e diminuirà la quantità di materie prime utilizzate per la produzione di nuovo hardware.
I gemelli digitali forniscono la capacità di progettare, sviluppare e testare i sistemi produttivi per renderli più efficienti in termini di consumo di risorse.
Le copie virtuali dei beni fisici nella fabbrica reale ci permettono di simulare e ottimizzare i flussi di lavoro e i processi, senza interrompere le attività
Il car sharing di Kinto share, proposto dalla Kinto del GruppoToyota, si sta rapidamente diffondendo in alcune regioni del nord Italia (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna) e in Sardegna.
Per capire come funzioni e di cosa si tratti realmente, ho utilizzato direttamente questa proposta di car sharing in un mio viaggio di lavoro a Treviso. Il mio volo di trasferimento da Roma arriva infatti all’aeroporto Marco Polo di Venezia, dov’è attivo il servizio Kinto share.
Iscrizione a Kinto share
Il primo passo, per poter accedere al servizio, è naturalmente l’iscrizione. Tutto molto semplice, a dire il vero. Servono la patente, un secondo documento di identità, una carta di credito (non ricaricabile) e il gioco è fatto.
Si fa tutto dallo smartphone, inquadrando i documenti richiesti, scattando una foto e caricandoli insieme a un selfie che viene aggiunto al profilo creato dalla App.
Nel mio caso funziona tutto velocemente e molto bene, con la sola operazione di caricamento del documento di identità ripetuta due volte per rotazione inesatta del documento (la app lo vuole in orizzontale) al primo caricamento.
Prenotazione dell’auto a Venezia
Appena iscritto, procedo con la mia prima prenotazione. Individuo subito il parcheggio di mio interesse presso l’aeroporto Marco Polo di Venezia.
Ci sono diverse auto disponibili, dalla Toyota Yaris Hybrid, alla Toyota Yaris Cross Hybrid, fino alla Toyota C-Hr Hybrid. Tutti modelli Toyota, tutti con tecnologia Full Hybrid, quindi con guida elettrificata ma senza necessità di ricarica alla colonnina.
Scelto il luogo e confermata la durata del noleggio, nel mio caso di circa un giorno dal 28 maggio, subito dopo l’atterraggio a Venezia, fino al 29 maggio, in tempo per riprendere il volo per Roma.
La mia scelta finale è per una Toyota Yaris Cross Hybrid, sufficientemente capiente e da poco introdotta sul mercato, quindi anche piacevole da possedere per il tempo del mio soggiorno tra Venezia e Treviso.
Esperienza diretta
Al mio arrivo a Venezia accendo l’app e cerco l’auto. Si trova in un parcheggio comodissimo da raggiungere, pochi metri fuori dell’area arrivi dell’aeroporto.
Apro l’auto dall’app Kinto share, faccio un attento giro attorno all’auto seguendo le indicazioni dell’applicazione per riscontrare eventuali danni già esistenti al momento della presa in carico. C’è una piccola abrasione dell’adesivo Kinto (e forse della vernice, ma si tratta di questioni millimetriche…), per precauzione scatto una foto – come richiesto e guidato dall’app – la carico e da quel momento in poi posso guidare tranquillamente.
Il serbatoio è quasi pieno, quindi la benzina disponibile più che abbondante per il mio utilizzo, che mi porta da Venezia a Treviso e poi nei dintorni soltanto per piccoli spostamenti.
Parcheggio direttamente davanti al Municipio del Comune di Villorba, praticamente attaccato a Treviso, dove c’è in bella mostra il punto informativo con il programma di Artificial Intelligence Agorà, la manifestazione alla quale devo partecipare.
Nella pausa pranzo scopro, grazie agli organizzatori della manifestazione, l’agri-ristorante Nonno Andrea, dove c’è un bellissimo mercato di frutta e ortaggi (molti di produzione locale e biologica) e l’Italianità del gusto per il bello, il sano e il buon mangiare completa l’esperienza andandosi a unire agli interessantissimo contenuti della manifestazione alla quale partecipo, organizzata da BiblioTreviso insieme al Comune di Villorba, assessorato alla Cultura.
La guida scorre senza intoppi, l’auto è nuovissima, con interni ed esterni molto ben puliti e con un allestimento ricco di optional. L’utilizzo del navigatore è semplice, intuitivo e ovviamente essenziale – visto che viaggio da solo e non conosco bene la zona.
Il mattino seguente rispetto al mio arrivo rientro a Venezia, non ci sono molte indicazioni per trovare l’area car-sharing e questo rischia di essere un problema.
Vado a memoria e arrivo all’ingresso per il parcheggio più vicino al terminal, visto che ricordo di aver avuto l’impressione di essere veramente nell’area di sosta più facilmente raggiungibile.
Trovo tutto senza problemi, parcheggio l’auto e scendo per qualche foto.
Costo e livello di soddisfazione
Ho trovato l’auto immediatamente fuori l’area arrivi, il serbatoio era pieno e l’auto nuova e pulita fuori dentro.
L’ho utilizzata per andare da Venezia a Treviso, muovermi per piccoli spostamenti locali ed averla comunque sempre a disposizione per ogni eventualità.
Il conto finale di 100,40 euro è più basso rispetto ad auto in noleggio a breve termine che avevo cercato tramite i migliori motori di ricerca (dai 120 euro in su con modelli anche più piccoli, non ibridi e meno accessoriati).
Car-sharing competitivo anche per viaggi di lavoro
Esperienza molto positiva, che estende la competitività del car-sharing all’utilizzo nelle trasferte brevi di lavoro, oltre che agli spostamenti urbani o metropolitani.
Tornerò sull’argomento. Anche con test di altri servizi e in altre condizioni. La Nuova Mobilità offre possibilità che a volte nemmeno immaginiamo.
Kinto Mobility
Kinto non è soltanto car-sharing, visto che la famiglia di offerte Kinto Mobility comprende anche auto in noleggio a lungo termine (Kinto One) e una App (Kinto Go) che premette l’accesso a servizi di mobilità locale, regionale e nazionale e altre offerte che prescindono dall’utilizzo di un’automobile.
Volvo con Epic Games per fare un salto in avanti epocale nell’esperienza di vita a bordo di un’automobile. Il primo obiettivo è di rendere disponibile la tecnologia di visualizzazione fotorealistica nella prossima generazione dei modelli elettrici del marchio svedese.
Le due aziende hanno deciso di collaborare per introdurre il motore per videogiochi Unreal Engine di Epic a bordo delle Volvo di prossima produzione, garantendo una grafica di alta qualità ineguagliata dentro l’abitacolo.
Sulla prossima generazione di Volvo, tali display offriranno agli automobilisti una grafica eccezionale e di alta qualità. Rendering molto più nitidi, colori più ricchi e nuovissime animazioni 3D rappresentano solo una prima tappa, dal momento che gli sviluppatori di Volvo Cars continueranno a migliorare le prestazioni grafiche.
Debutto entro l’anno sull’erede elettrica della Volvo XC90
La prima auto dotata della grafica rinnovata è la nuova ammiraglia a trazione completamente elettrica che Volvo Cars presenterà nel corso di quest’anno.
Questo modello è il primo di una nuova generazione di vetture al 100% elettriche prodotte da Volvo, che si propone di vendere solo auto a propulsione elettrica entro il 2030.
Informazioni e intrattenimento
Volvo Cars è la prima Casa automobilistica europea a utilizzare Unreal Engine per lo sviluppo dell’interfaccia uomo-macchina (HMI).
In particolare, si concentrerà inizialmente sul Driver Information Module (DIM), uno dei display all’interno dell’abitacolo che fornisce al conducente informazioni importanti e funzioni di infotainment.
Unreal Engine da Fortnite all’auto
Epic Games è una società leader nel settore dell’intrattenimento interattivo e della produzione di software, conosciuta soprattutto per Fortnite, uno dei videogiochi più famosi al mondo.
Epic Games ha sviluppato Unreal Engine, considerato da molti il più avanzato tool di creazione 3D in tempo reale utilizzato in vari settori oltre a quello del gaming, che sarà ora impiegato da Volvo Cars per lo sviluppo di interfacce digitali a bordo delle sue auto e per il rendering grafico in tempo reale nel veicolo.
Visione Volvo
“Per offrire ai nostri clienti la migliore esperienza d’uso possibile e contribuire a una guida sicura e personalizzata, è necessario che le nostre auto siano dotate di una rappresentazione grafica ricca, immersiva e reattiva”, ha dichiarato Henrik Green, responsabile di Prodotto di Volvo Cars.
L’utilizzo di Unreal Engine a bordo dei nostri veicoli consente una rappresentazione grafica ricca, immersiva e reattiva e rende ancora più piacevole il tempo trascorso all’interno di una Volvo.
Abbinamento con Snapdragon
L’abbinamento di Unreal Engine con la potenza di calcolo ad alte prestazioni delle piattaforme per il cockpit Snapdragon di terza generazione consentirà alle auto Volvo di definire un nuovo standard in termini di grafica e prestazioni del sistema di infotainment.
Generazione immagini dieci volte più veloce
Di conseguenza, il sistema di infotainment di nuova generazione di Volvo Cars sarà oltre due volte più veloce della versione precedente, mentre la velocità della generazione e dell’elaborazione delle immagini all’interno dell’abitacolo sarà fino a dieci volte superiore.
Grafica interattiva in auto
“Quando si porta a bordo dell’auto una grafica interattiva, ad alta risoluzione e in tempo reale, si apre la porta a un’ampia gamma di nuove modalità di informazione e intrattenimento per tutti gli occupanti”, ha dichiarato Heiko Wenczel, responsabile Automotive e HMI di Epic Games per Unreal Engine.
I team di progettazione e sviluppo prodotto di Volvo hanno colto questa opportunità per realizzare qualcosa di nuovo, che continuerà a evolversi aggiungendo nuove ed entusiasmanti funzionalità in grado di sfruttare al meglio le potenzialità di Unreal Engine.
Applicazioni future
Per il futuro, la Casa automobilistica ritiene che Unreal Engine possa offrire ulteriori opportunità di evoluzione in altre aree tecnologiche a bordo delle nuove Volvo, dal momento che gli sviluppatori di VolvoCars continuano a esaminare nuove applicazioni per questa e altre piattaforme tecnologiche basate su software, mantenendo sempre in primo piano la sicurezza.
La quinta generazione della Lexus Rx fa esordire due novità assolute in Europa.
La versione ad alte prestazioni Rx 500h è il primo turbo-ibrido della storia Lexus, con motore benzina turbo 2,4 litri di cilindrata inserito in un inedito sistema full hybrid con motore elettrico integrato in una trasmissione automatica a sei rapporti.
Turbo-ibrido inedito
Una tecnologia ibrida completamente nuova, quindi, che non utilizza il sistema Hybrid Sinergy Drive con giunto epicicloidale che ha equipaggiato finora tutte le Toyota e Lexus ibride sul mercato in Europa.
Il turbo-ibrido della Lexus Rx 500h ha due frizioni, poste ai due lati del motore elettrico inserito tra il quattro cilindri benzina e la trasmissione. Questa architettura ibrida, grazie a un ulteriore motore elettrico da 80 kW sull’asse posteriore, consente di equipaggiare il modello del sistema di ripartizione della potenza tra asse anteriore e posteriore Direct4, capace in millisecondi di passare dal tutto avanti al tutto dietro.
Batterie con elettrodi bipolari
Ma non è tutto, perché sulla Rx 500h e sull’altra full hybrid della gamma, la Rx 350h, debuttano al di fuori del mercato giapponese anche le nuove batterie al Nichel-idruri metallici con elettrodi bipolari.
In questo modo, secondo i tecnici Lexus, come visto in Giappone a bordo della Toyota Aqua (primo modello del gruppo con batterie NiMH bipolari), la risposta in termini di erogazione della potenza e la compattezza sono altamente competitivi rispetto alle batterie al litio.
La Lexus Rx 500h accelera da zero a 100 km/h in 5,9 secondi, ha una potenza complessiva di 273 kW (371 cavalli) e 645 Nm di coppia massima, con una guidabilità attesa ai massimi livelli grazie al Direct4.
La versione di punta per il nostro mercato è la Lexus Rx 450h+ dotata di sistema ibrido plug-in. In questo caso il motore a benzina è di 2,5 litri di cilindrata, la potenza complessiva massima del sistema ibrido è di 225 kW (306 cavalli) con accelerazione 0-100 km/h in 7 secondi e coppia massima di 572 Nm. L’autonomia in marcia esclusivamente elettrica è di oltre 65 km, grazie alla batteria agli ioni di litio da 18,1 kWh. In elettrico l’auto può arrivare fino alla velocità di 135 km/h.
Completa la gamma la Lexus Rx 350h full hybrid, che con 180 kW di potenza (245 cavalli), 335 Nm di coppia massima e accelerazione 0-100 in 8 secondi offre prestazioni al livello della Rx 450h attualmente sul mercato con consumi ed emissioni decisamente ridotti.
Arriverà a fine anno
L’arrivo sul mercato in Italia è atteso per la fine dell’anno e i prezzi non sono ancora stati comunicati. La nuova Lexus Rx modello 2023 è prenotabile da subito senza vincoli, versando 300 euro e accedendo così anche a condizioni speciali per il pacchetto di servizi Lexus Omotenashi.
Commenti in evidenza