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Azzeramento delle emissioni, troppe ombre negli impegni di alcune multinazionali

Si fa presto a dire Azzeramento delle Emissioni. Molti degli impegni presi da governi, associazioni e multinazionali sono tutt’altro che convincenti.

Ben seicentoventidue delle duemila società quotate in borsa più grandi del mondo per fatturato hanno un obiettivo fissato per il raggiungimento delle zero emissioni di gas serra.

Realtà e apparenza

Questo secondo la tabella realizzata per Net Zero Tracker da un gruppo di organizzazioni senza scopo di lucro e centri di ricerca indipendenti semplicemente attingendo a informazioni di pubblico dominio.

Net zero emission

Andando a guardare con attenzione cosa fanno realmente alcune delle multinazionali che hanno chiaramente e pubblicamente dichiarato di avere come obiettivo l’azzeramento delle emissioni per il 2030, 2040 oppure per il 2050 e presentato un relativo piano di azione, ci si accorge subito della debolezza dell’impianto.

Uno dei metodi più utilizzati e più semplici da comprendere nella schematizzazione delle azioni da considerare per la redazione o la valutazione di un piano di azione per l’azzeramento delle emissioni fa riferimento al Greenhouse Gas Protocol.

Clicca qui per andare al sito ufficiale del Greenhouse Gas Protocol.

Tre livelli

Il Protocollo, noto e utilizzato da molte multinazionali, prevede tre livelli di valutazione delle emissioni prodotte da un’attività industriale.

  • Primo livello (Scope 1): riguarda le emissioni direttamente associate con l’attività produttiva;
  • Secondo livello (Scope 2): riguarda le emissioni indirette, legate ad esempio alle attività di produzione dell’elettricità e del calore acquistati, come anche il funzionamento degli impianti di riscaldamento o raffrescamento degli impianti;
  • Terzo livello (Scope 3): riguarda le emissioni indirette generate nella catena del valore dell’industria, quindi tutte le attività dei fornitori, della logistica e dei clienti nell’utilizzo dei prodotti loro venduti dall’azienda.

Il terzo livello fa cadere molti dei piani di azzeramento presentati da grandi multinazionali negli ultimi mesi.

Saudi Aramco, petrolio dell’Arabia Saudita

Saudi Aramco, società saudita che ha in mano gran parte delle esportazioni di petrolio mondiali, ha annunciato nel corso del Saudi Green Initiative Forum (Riad, 23 ottobre 2021) di voler arrivare all’azzeramento delle emissioni climalteranti entro il 2050.

Peccato che l’annuncio non riguardi affatto il livello tre, quello dei clienti che quindi continueranno ad avere le loro forniture di petrolio e a produrre emissioni nocive (sia inquinanti, sia climalteranti) senza intaccare l’immagine del piano di riduzione comunicato dalla Saudi Aramco.

Clicca qui e leggi l’articolo Bloomberg sull’annuncio della Saudi Aramco e sull’inesistenza di vincoli relativi al livello tre.

Walmart, supermercati degli Stati Uniti

Walmart, la più grande catena di supermercati del mondo, ha un piano di riduzione che prevede l’azzeramento delle emissioni entro il 2040.

Peccato che anche in questo caso le emissioni imputabili al livello 3 (che pesano secondo fonti ufficiali del gruppo per il 95% del totale) non siano conteggiate.

Clicca qui per vedere il piano e gli obiettivi, compresa la specifica relativa ai livelli interessati, sul sito ufficiale della Walmart.

Esiste un progetto chiamato Gigaton, che mira a ridurre di una gigatonnellata (un miliardo di tonnellate) le emissioni dei fornitori entro il 2030, ma il conteggio degli eventuali successi (o fallimenti…) non entra nella sfera di pertinenza del piano della Walmart.

Shell, petrolio e chimica in Europa

La Shell, gigante olandese del petrolio, del gas e della chimica petrolifera, ha un piano di azzeramento delle emissioni che considera anche il terzo livello.

Lo fa però tenendo fuori tutta la parte chimica e dei prodotti non energetici come i lubrificanti e i bitumi.

Clicca qui e leggi Shell condannata da un tribunale ad accelerare sulle decarbonizzazione.

Verde opaco

Il tempo delle ombre e delle ambiguità deve finire. I cambiamenti climatici non si fermano, nè si rallentano con gli annunci e il verde opaco non è molto diverso dal verde inutile del Green washing.

L’articolo di Time Magazine

Clicca qui e leggi su TIME Magazine: Some companies net-zero pledges aren’t as good as they sound.

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