fbpx
  • Che tempo farà? Scienziati a raccolta per il meteo del futuro

    Che tempo farà? A Bologna oggi e domani oltre 100 scienziati ed esperti, più di 70 presentazioni scientifiche per fare il punto su uno dei temi crescenti nel dibattito pubblico che coinvolge scienza e istituzioni.

    Conoscenze e strumenti, innovazione e tecnologia, il contributo della scienza alla pianificazione e ai processi decisionali in ambito pubblico e privato, nei diversi settori dell’economia e della società.

    Le nuove sfide del Meteo: rischio, adattamento, incertezza e previsioni

    Dopo la nascita dell’Agenzia ItaliaMeteo e il data center del Centro europeo per le previsioni, Bologna ospita un evento di grande rilievo scientifico (21-22 giugno 2022, presso Regione Emilia-Romagna Terza Torre) e si conferma una delle capitali europee delle scienze del clima e del meteo.

    Temi della conferenza sono:

    • Previsioni e sistemi di allerta per la gestione e la mitigazione del rischio;
    • Previsioni per la pianificazione e l’adattamento;
    • Comunicare le previsioni e la loro incertezza;
    • Il valore delle previsioni: diversi punti di vista e metodi di valutazione.

    La Seconda Conferenza Nazionale sulle Previsioni Meteo Climatiche è l’unico evento nazionale di questo genere nel settore delle previsioni.

    La manifestazione consiste di due giorni di incontri in cui scienziati ed esperti faranno il punto sullo stato delle conoscenze attuali, e sulle prospettive future della ricerca sulle previsioni meteorologiche e climatiche e, soprattutto, delle loro applicazioni pratiche.

    Che tempo fara robot meteo

    Programma dei lavori

    Durante la prima giornata, si svolgono due sessioni che focalizzate sull’uso delle previsioni sia a breve termine, per la definizione e l’attuazione di sistemi di allerta, sia a più lungo termine, per la pianificazione di strategie di adattamento.

    Nella seconda giornata, si affrontano i problemi della comunicazione delle previsioni – sia quella indirizzata al grande pubblico, che quella rivolta agli esperti in specifici settori – e le metodologie per quantificare il valore economico e sociale che i diversi soggetti coinvolti nel loro utilizzo possono assegnare ai dati e alle informazioni prodotte e ricevute.

    Dibattiti e tavole rotonde

    Oltre agli interventi di prestigiosi relatori, la conferenza propone dibattiti e tavole rotonde che favoriscono una vasta e attiva partecipazione dei convenuti.

    Meteo mondo

    La comunità italiana si confronterà con più di cento partecipanti, oltre settanta ricerche presentate, divise in quattro sessioni con due keynote speakers di rilievo.

    Carlo Cacciamani (Direttore dell’Agenzia ItaliaMeteo) che parla dello “Stato dell’arte delle risorse meteo presenti in Italia e il ruolo della nuova Agenzia ItaliaMeteo nella gestione del rischio”.

    Ruben Sacerdoti (Regione Emilia‐Romagna) propone un intervento dal titolo “Le politiche per la ricerca sul cambiamento climatico della Regione Emilia-Romagna”.

    Considerando la grande rilevanza e risonanza che il tema dei cambiamenti climatici sta avendo nella vita quotidiana, la conferenza vuole offrire, sia a un pubblico di specialisti che a una più vasta platea di partecipanti, ulteriori elementi che aiutino a meglio valutare, in modo scientificamente robusto, i cambiamenti che stanno avvenendo nell’ambiente che ci circonda.

    Che tempo fara mondo meteo

    Che tempo farà?

    Le previsioni meteorologiche e climatiche sono sempre più al centro di interesse da molteplici settori della società.

    Da una parte, è la cronaca stessa dei nostri giorni che, portando alla pubblica attenzione le conseguenze di fenomeni siccitosi e di temperature più elevate di quanto non siamo mai stati abituati a rilevare, ci dice come la capacità di conoscere in anticipo questi fenomeni possa portare beneficio alla realizzazione di sistemi di allerta e a strategie di adattamento dei nostri sistemi socioeconomici a condizioni meteoclimatiche che sono già cambiate, e continueranno a cambiare in futuro, con impatti rilevanti sulle vita delle persone, delle aziende e delle istituzioni.

    Robot meteo mare seaglider

    Dall’altra parte, intorno a questi temi cresce un’attenzione che parte dalla comunità internazionale e, nel nostro paese, vede un polo di attrazione nella città di Bologna, protagonista di una serie di iniziative di primissimo livello nell’ambito della ricerca scientifica e di come questa fornisca conoscenza a supporto di processi decisionali, settori economici, società.

    Due grandi associazioni

    Su queste premesse nasce la seconda edizione della Conferenza Nazionale sulle Previsioni Meteorologiche Climatiche (Bologna, 21-22 giugno 2022) organizzata in maniera congiunta dalla Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC) e dall’Associazione Italiana di Scienze dell’Atmosfera e Meteorologia (AISAM) con il patrocinio della Regione Emilia Romagna e del Comune di Bologna ed il supporto di Codifesa Bologna e Ferrara.

    Prima edizione nel 2019

    La conferenza, che segue la prima edizione realizzata nel 2019, mira a mettere in evidenza come la ricerca scientifica sui temi delle previsioni si leghi strettamente e molto concretamente a settori reali della società.

    Gestione del rischio e sistemi di allerta per la gestione e la riduzione del rischio, i piani di adattamento ai cambiamenti climatici  e la pianificazione di strategie e soluzioni, la comunicazione dei dati e la valorizzazione delle previsioni sono i quattro temi che chiamano a un dialogo intenso e produttivo rappresentanti del mondo della ricerca insieme a decisori pubblici, esponenti del mondo delle aziende e della società civile oltre che dei media e della comunicazione.

    Produttori e utilizzatori delle previsioni, quindi, si incontrano per individuare barriere e lacune nella realizzazione e nell’utilizzo di previsioni per ridurre gli impatti della variabilità meteorologica e dei cambiamenti climatici, in molteplici settori socioeconomici.

  • Allarme di Draghi e cambiamenti climatici, guarda il mio video sull’incredibile bugia

    Se guardiamo ai dati e alle previsioni di consumo delle fonti energetiche fossili, la lotta ai cambiamenti climatici ci appare per quello che attualmente è, purtroppo: una grande bugia.

    La grande bugia

    Il consumo mondiale di combustibili fossili continua ad aumentare

    Secondo l’International Energy Agency, ritenuto il massimo osservatorio sulla situazione energetica del pianeta, i consumi e la combustione di combustibili fossili nel mondo continueranno ad aumentare da qui al 2040, anno al quale si ferma la proiezione dell’Energy Outlook.

    Non ci siamo

    Per limitare l’effetto serra e i cambiamenti climatici, invece, quei consumi dovrebbero diminuire.

    Non ci siamo, quindi, non ci siamo proprio. Non è vero che stiamo lottando contro i cambiamenti climatici e contro l’incremento della temperatura media dell’atmosfera terrestre. Al contrario, stiamo continuando ad accelerarli.

    Clicca qui o sull’immagine sotto e guarda la mia video sfida Emissioni e cambiamenti climatici, l’incredibile bugia.

  • Servizi ecosistemici e scelta europea di neutralità climatica al 2050

    di Fausto Manes – Professore Ordinario di Biologia ambientale della Sapienza Università di Roma

    Il concetto di servizi ecosistemici ci permette di realizzare le azioni necessarie nel nostro tempo.

    Nella società di oggi è indispensabile diffondere la cultura sullo sviluppo sostenibile e responsabile come dichiarato nei 17 obiettivi (SDGs) dell’Agenda ONU 2030 e dalla Strategia UE per la biodiversità al 2020, ponendo fine alla perdita di biodiversità, preservando e valorizzando gli ecosistemi e i relativi beni e servizi da questi forniti per la salute e il benessere dell’Uomo.

    Nuovi posti di lavoro

    Inoltre, uno sviluppo orientato alla sostenibilità può offrire nuove e concrete opportunità di lavoro, attraverso l’innovazione dei processi e dei prodotti e la creazione di nuove competenze per dare impulso ad un’economia circolare. 

    Fausto Manes servizi ecosistemici
    Il prof. Fausto Manes con un gruppo di studenti

    Questa nuova prospettiva vede l’ambiente e le sue risorse come un importante settore di sviluppo economico connesso ai temi della crescita culturale della Società, della riqualificazione del territorio, della qualità della vita e delle nuove condizioni socio-economiche che caratterizzano la transizione post-industriale.

    Globalizzazione e società dell’informazione

    Questa transizione è stata profondamente segnata dalla globalizzazione e dal sorgere della società dell’informazione, potenziata dal nuovo sistema digitale dei flussi di comunicazione. Inoltre, l’avanzamento delle conoscenze della biologia ha determinato notevoli ricadute nel settore agro-alimentare e in quello dei beni culturali e paesaggistici, legati ad un uso più ampio delle risorse e ad una necessità di gestire un immenso Capitale Naturale, patrimonio di biodiversità costruitosi nel corso dell’evoluzione.

    Nel 2014, l’economista dell’ambiente Robert Costanza ha stimato in circa 125 trilioni di dollari/anno il valore del Capitale Naturale globale e dei Servizi Ecosistemici, pari a più del doppio del PIL globale del pianeta.

    Ruolo dei Servizi Ecosistemici

    In tale contesto un ruolo fondamentale è svolto dai Servizi Ecosistemici (di Approvvigionamento, di Regolazione e Culturali), che costituiscono il contributo relativo al benessere umano del Capitale Naturale, termine, questo, mutuato dal settore economico che indica gli stock di risorse naturali (piante, animali, aria, acqua, suolo, minerali, ecc.) generate dai flussi di materia-energia negli ecosistemi.

    Servizi ecosistemici

    Emerge chiaramente che le ricerche sui Servizi Ecosistemici richiedono analisi condotte mediante un approccio sperimentale di tipo interdisciplinare.

    Inoltre, la nozione di Servizi Ecosistemici può essere funzionale per far comprendere meglio le complesse relazioni tra persone e natura. 

    Il crescente rischio ambientale richiede soluzioni sostenibili per la gestione degli ecosistemi naturali, degli agroecosistemi e degli ecosistemi urbani. Questi ultimi costituiscono la tipologia di insediamento che più caratterizza il presente periodo storico e si inquadrano come centri nevralgici di attività umane e di alterazione degli equilibri ambientali.

    Il sistema socio-ecologico

    Alla luce di quanto premesso, per migliorare o mantenere lo stato di benessere dell’Uomo è necessario integrare i sistemi economici e i sistemi ecologici nel “sistema socio-ecologico”, con l’obiettivo di conseguire un reale sviluppo di tipo sostenibile e responsabile.

    Servizi ecosistemici ed ecosistema urbano

    Tra le sfide che ci attendono, ad esempio, nei prossimi mesi saranno critiche le decisioni assunte dai differenti Paesi sul controllo dei gas serra che hanno recentemente superato il record di emissione.

    Occorre sottolineare che, in base agli accordi di Parigi (COP 21), i Governi hanno stabilito di aggiornare i loro piani sul clima entro il 2020.

    Le emissioni continuano ad aumentare

    Nonostante tali accordi, il recente Report UNEP sul Gap di Emissioni conclude che è necessario tagliare le emissioni globali del 7,6% l’anno nei prossimi 10 anni, per raggiungere l’obiettivo di Parigi (mantenere il riscaldamento entro 1,5 °C).

    Nel Report si denuncia inoltre che nell’ultimo decennio, le emissioni globali stanno continuando ad aumentare ad un tasso di 1,5% l’anno. I Paesi devono agire immediatamente e potenziare il loro impegno climatico di oltre cinque volte per rimanere entro 1.5 °C, accordi purtroppo non raggiunti con la recente COP 25 tenutasi a Madrid.

    I tagli richiesti sono ambiziosi, ma ancora possibili, nel contesto della visione strategica europea al 2050 per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra.

    L’uomo dipende dagli ecosistemi

    In sintesi, il concetto di Servizi Ecosistemici risulta importante per la conservazione della biodiversità, la gestione delle risorse naturali e le scelte di politica ambientale.

    Ecosistema marino biodiversità

    Evidenzia in modo chiaro la dipendenza dell’Uomo dagli ecosistemi e collega in maniera esplicita la scienza con la società.

    Il concetto di Servizio Ecosistemico non esclude necessariamente la considerazione di valori diversi da quelli economici, in quanto non comprende l’intera gamma di valori quali ad esempio quelli etici con cui le persone si relazionano con la natura.

    Ciò che chiaramente non è valutabile con i Servizi Ecosistemici sono i valori intrinseci della natura, indipendenti da qualsiasi benessere e interesse umano.

    Clicca qui e leggi l’articolo con VIDEO-SFIDA Emissioni e cambiamenti climatici, l’incredibile bugia.

    Clicca qui per conoscere le attività del professor Fausto Manes e del Laboratorio di Ecologia funzionale e servizi ecosistemici del Dipartimento di Biologia ambientale alla Sapienza di Roma.

  • Coronavirus, l’irreversibile passaggio dalla globalizzazione alla globalità

    Coronavirus, globalizzazione e globalità ci accompagneranno per anni nella comprensione delle nuove dinamiche e dei nuovi equilibri mondiali.

    Con la terribile pandemia di Covid-19, infatti, il mondo passa dall’era discussa ma imperante della globalizzazione a quella ancora tutta da definire, comprendere e governare della nuova globalità.

    Una nuova era

    Non si tratta di un gioco di parole ma del superamento di un’era, quella della globalizzazione, che ci ha accompagnato per circa trent’anni.

    La globalizzazione è un processo, che per diversi e a volte contrastanti motivi ha spinto il mondo a una sempre maggiore interconnessione e interdipendenza a partire dagli anni Novanta.

    Roland Robertso globalizzazione e globalità
    Roland Robertson, autore della definizione di Globalizzazione

    La nuova globalità è uno stato di fatto, che segue appunto la fase della globalizzazione e richiede nuovi strumenti e nuove logiche di comprensione e governo. Da ogni punto di vista: economico, sociale, ambientale.

    Come mostrato a tutto il mondo dall’esperienza Coronavirus. Le connessioni esistenti sono tali e così consolidate da non essere più reversibili e possono diventare una costante minaccia, oltre che una storica opportunità.

    Nuova globalità e sostenibilità

    Nuova globalità e Sostenibilità son i due pilastri si cui costruire il nostro futuro e la pandemia di Coronavirus è il fatto storico che segna l’inizio del nuovo binomio.

    L’importanza della ricerca di una vera sostenibilità del nuovo sviluppo si è resa evidente con l’allarme ambientale legato ai cambiamenti climatici.

    L’urgenza e l’inevitabilità di trovare risposte nuove ed efficaci alle nuove sfide globali si è resa invece evidente con l’epidemia mondiale di Coronavirus.

    I due grandi nemici

    Due nemici cambieranno per sempre la nostra vita: l’incombente catastrofe ambientale e il rischio di diffusione incontrollata di virus in lungo e in largo per il globo terrestre.

    Definizioni storiche

    Il termine Globalità è presente fin dall’inizio dell’era della globalizzazione. Fin da quando, nel 1992, Roland Robertson, sociologo che ha insegnato a lungo a Pittsburgh e oggi è ad Aberdeen nel Regno Unito, pubblicò il libro Globalization.

    Libro Globalizzazione Robertson

    Roland Robertson

    A Robertson unanimemente si riconduce la nascita della definizione di globalizzazione come oggi la intendiamo.

    Robertson globalizzazione e globalità

    Già nel libro di Roland Robertson si parla però di Globalità, come risultato finale del processo di globalizzazione.

    Anthony Giddens

    L’altra definizione di globalizzazione molto famosa e storicamente precedente anche al libro di Robertson, è quella del 1990 di Lord Anthony Giddens.

    Lord Anthony Giddens Globalità
    Lord Anthony Giddens

    Relazioni sociali mondiali così intense da far sì che gli eventi locali siano determinati da fatti accaduti a grande distanza.

    Questa definizione di Giddens, ritenuta fino ad oggi rappresentativa della globalizzazione prima che Robertson la sviluppasse con una visione organica e con riferimento anche alle dinamiche economiche (che ne sono poi divenute protagoniste), è in realtà una definizione di Globalità.

    Quello descritto da Giddens è lo stato in cui ci troviamo oggi.

    Il mondo globale, evidenziato già dalla questione climatica e ambientale, è ora reso terribilmente attuale per la vita di miliardi di persone dall’emergenza mondiale del Coronavirus.

    Boston consulting group logo con scritta

    Il termine Globalità è stato portato nel 2008 all’attenzione del mondo economico, imprenditoriale e industriale dalla pubblicazione della società di consulenza aziendale Boston Consulting Group intitolata Globality – competing with everyone, from everywhere, for everything (libro tradotto anche in italiano con il titolo: Globality – competere con tutti, in ogni luogo, per ogni cosa).

    Libro Blobality su globalità e globalizzazione

    L’effetto sul business del processo di globalizzazione negli ultimi due decenni è stato proprio quello descritto il Globality dal BCG, amplificato dallo sviluppo della connessione mondiale delle comunicazioni e della capacità di vendita e acquisto di beni e servizi.

    La nuova globalità

    L’attuale globalità, però, è molto di più. Si tratta del passaggio dalla realtà economica alla vita sociale. E dalla conclusione del processo di globalizzazione a causa dell’arrivo di uno stato permanente di globalità.

    Non si tratta di equilibrio o rapporto tra locale e globale, come affrontato da Robertson – poco dopo l’inizio del processo di globalizzazione da lui descritto – con lo sviluppo del concetto di Glocalization che analizza il globale e il locale negli aspetti di reciproca interazione e contrapposizione.

    La nuova globalità non ha a che fare con il conflitto tra locale e globale, ma con la necessità di comprensione e governo (a livello globale, quanto a quello locale) di uno stato di fatto permanente e irreversibile.

    Il locale recupererà grande forza a causa dell’incapacità attuale di gestione del globale, evidenziata dallo shock del Coronavirus. Ma non basterà.

    Regole globali

    Un mondo globale ha bisogno di regole globali, di comprensione globale, di tecnologie che possano essere sviluppate e applicate efficacemente nella nuova globalità.

    Energia globo terrestre

    Cambia tutto

    L’energia della globalità non può essere quella della globalizzazione. Non è sufficiente e non è adeguata.

    L’automobile e la mobilità non possono essere le stesse. Lo stesso vale per le telecomunicazioni, la futura era spaziale, la produzione e la distribuzione del cibo, la gestione dell’acqua. E poi, ovviamente, le migrazioni, la salute pubblica, la ricerca, lo sfruttamento del territorio e delle risorse naturali.

    Nuovo mondo

    Un nuovo mondo, insomma. Il mondo della nuova globalità.

  • Coronavirus, cambiamenti climatici e inquinamento sarà la natura a cambiare l’automobile

    Quello composto da Coronavirus e automobile è un binomio che caratterizzerà il nostro futuro.

    Cercavamo tutti la tecnologia dirompente, quella che avrebbe cambiato l’auto per sempre.

    Guida autonoma, capacità di volo, zero emissioni

    La guida autonoma, capace di far arrivare l’auto sotto casa da sola.

    Oppure la capacità di volo a bassa quota da terrazzo a terrazzo, sogno già dei nostri nonni.

    O anche la trazione elettrica, con batterie al litio sotto l’abitacolo oppure idrogeno nel serbatoio, ma comunque senza cilindri, né pistoni.

    Mercedes vision avtr

    Nulla di tutto questo

    Invece sarà il Coronavirus, quindi la natura, a cambiare l’automobile. Non la tecnologia.

    Il mondo dopo la pandemia di Coronavirus non sarà più lo stesso, questo è sicuro.

    Ma l’emergenza ambientale non sarà stata superata soltanto perchè, a causa di un inedito blocco praticamente globale delle attività, le emissioni si sono momentaneamente ridotte. Il cambiamento climatico rimarrà nelle nostre agende, non può essere altrimenti visto che i suoi effetti sono già sotto gli occhi di chi ha voglia di vederli.

    Posteriore auto avtr coronavirus

    Anche l’inquinamento, mitigato in certi suoi aspetti dagli stessi motivi di stasi socio-economica che hanno limitato le emissioni di CO2 durante l’emergenza, sarà ancora lì ad aspettarci appena rimetteremo il naso fuori di casa.

    Un diverso peso della scienza

    Ciò che cambierà, dopo la pandemia, sarà la voglia dei popoli e dei governi di ascoltare la scienza.

    L’esperienza Coronavirus ci sta insegnando molto, mentre ci toglie la libertà di muoverci, incontrarci e ci fa contare un numero di morti che non avremmo mai immaginato di dover vedere.

    Peso scienza Coronavirus e auto

    Ci insegna soprattutto che in futuro sarà saggio ascoltare di più il parere, prima che diventi grido d’allarme, degli scienziati.

    Coronavirus e automobile del futuro

    L’auto cambierà più di quanto avevamo previsto noi innovatori.

    A cambiarla sarà il potentissimo cocktail dato dalla fusione del tragico ciclone socio-economico-psicologico chiamato Covid-19, con l’avanzata galoppante dei cambiamenti climatici e con le nuove consapevolezze, relative alla pericolosità dell’inquinamento locale, che usciranno proprio dall’esperienza Coronavirus.

    Non sarà un’auto retrograda

    Chi pensa a un’auto retrograda, a basso tenore tecnologico e alte emissioni tollerate a causa delle difficoltà economiche che andranno affrontate , si sbaglia di grosso.

    Ruota Mercedes vision avtr

    Nessuna grande crisi mondiale ha mai prodotto un ritorno al passato. Anzi.

    Più è scioccante e tragica la crisi, più si salta in avanti all’uscita dal tunnel.

    Tecnologia e industria post-global

    L’auto disegnata dalla natura sarà in grado di evitare gli incidenti ed avrà zero emissioni allo scarico.

    Fin qui nulla di nuovo rispetto alle attese precedenti rispetto alla grande crisi del Coronavirus.

    Posteriore avtr auto e coronavirus

    Ma sarà prodotta da un’industria post-globale, che non darà per scontato il flusso di materiali, componenti e uomini tra i diversi continenti a prescindere dal costo energetico, ambientale e anche socio-economico che ciò comporta.

    E questo cambierà tutto. Perchè appena l’automobile ridiventerà un prodotto ad elevato contenuto locale allora la ricerca, l’impresa, il lavoro e la passione potranno ripartire attorno a questo oggetto meraviglioso.

    L’auto che guida da sola deve interagire con nuove infrastrutture, inevitabilmente locali.

    L’auto che non emette nulla e rispetta la natura – che l’ha disegnata – utilizza prodotti ed energie rinnovabili frutto del territorio nel quale si muove.

    L’ingegno e le fabbriche, da cui usciranno queste nuove armonie, avranno portata globale ma riflessi culturali ed economici saldamente locali.

    L’auto dopo il Coronavirus sarà migliore.

    Leggi l’articolo Coronavirus e inquinamento, ecco le tre verità.

  • Coronavirus vs auto elettrica è la prossima sfida

    Coronavirus vs auto elettrica, si inizia a parlare della prossima grande partita che si giocherà nelle economie di tutto il mondo.

    Come scrive Fabio Gemelli di Motor1 Italia (clicca qui per leggere l’articolo), la prima mossa potrebbe essere fatta proprio in Cina con la richiesta dell’associazione dei costruttori di auto di rinviare l’entrata in vigore della normativa China 6a, simile nei valori al nostro livello Euro 6.

    Rischio rallentamento tecnologico

    Come ho scritto nell’articolo del 1° marzo (clicca qui per leggerlo) l’attenzione sull’inevitabile criticità economica, che ci attende all’uscita dal tunnel dell’emergenza Coronavirus, si presta per offrire l’occasione giusta ai già riluttanti attori industriali – che pongono non poche resistenze al cambiamento verso un sistema sostenibile – di chiedere e ottenere un rallentamento in campo ambientale.

    Coronavirus

    Nell’automobile, questo significa prima di tutto una possibile richiesta di deroghe e cancellazioni relative alle normative internazionali per la limitazione dei consumi e delle emissioni dei nuovi modelli.

    Di riflesso, si rischia un ritardo nella diffusione delle tecnologie elettrificate ad elevata efficienza, quindi ibridi Mild-hybrid, Full-hybrid e Plug-in Hybrid.

    Oltre, ovviamente, a un rinvio relativo all’arrivo con numeri di mercato importanti delle auto con trazione esclusivamente elettrica, quindi dei modelli con batterie al litio e, in prospettiva, a idrogeno.

    Punti di vista diversi

    Sarà inevitabile il confronto tra visioni completamente diverse.

    Già ieri, in condizioni economiche normali, c’era chi pensava che i limiti ambientali altro non sono che limiti economici, capaci di frenare lo sviluppo dell’industria più di quanto non siano in grado di aiutare l’ambiente.

    Coronavirus vs auto elettrica Sportellino ricarica Honda e
    Ricarica elettrica della Honda e

    E le evidenze scientifiche, che vedono il mondo della scienza insolitamente unanime nell’indicare l’abbassamento delle emissioni come priorità assoluta, venivano messe in dubbio dando inspiegabile credito a teorie avanzate da qualche opinionista improvvisato e sparuti pseudo-scienziati, in cerca soltanto di un cono di luce sotto il quale farsi notare per la prima volta nella loro vita.

    Il vecchio stile

    Questa è la posizione vecchio stile, che confonde il profitto a breve termine con lo sviluppo.

    Per il profitto a breve, la mancanza di innovazione è da sempre la ricetta migliore. Peccato che il breve termine… duri poco. E con l’arrivo dell’inevitabile giorno futuro, chi ha coltivato questa politica sia sempre stato spazzato via dal mercato.

    Il nuovo stile

    Il punto di vista di nuovo stile è diametralmente opposto, vede nell’innovazione una necessaria riduzione del profitto a breve termine.

    In questo caso l’arrivo del giorno futuro rappresenta però la realizzazione di nuovo profitto, all’interno del nuovo mercato. Quindi sviluppo solido e duraturo dal punto di vista economico.

    La sfida da vincere

    La partita tra vecchio e nuovo avrà certamente luogo nel dopo emergenza.

    Per vincerla davvero si deve tenere alta la consapevolezza che non c’è un unico nemico (il Coronavirus, piuttosto che il pericolo ambientale) ma ce ne sono due. E vanno sconfitti entrambi.

    Salto

    L’auto elettrica, che rappresenta simbolicamente l’attenzione alla costruzione di un futuro sostenibile, deve sopravvivere alla grande paura ed essere protagonista del nuovo sviluppo.

    Soltanto così entrambi i nemici saranno sconfitti e la grande crisi sarà superata correttamente, evitando cioè il pericolo di nuovi precipizi.

  • Emergenza Coronavirus, rischia anche l’ambiente

    Il pericolo nuovo e con caratteristiche incredibilmente adatte all’innesco di un vero e proprio panico sociale è certamente il Coronavirus.

    Il Covid-19 prima non c’era, adesso c’è.

    E mette in pericolo – seppur con una pericolosità reale che gli esperti di sanità pubblica indicano come piuttosto limitata – direttamente la salute delle persone. Cioè ciò che tutti noi consideriamo la cosa più importante.

    Medico mascherina e inquinamento

    L’arrivo del nuovo Coronavirus, però, non azzera i rischi ambientali.

    Il cambiamento climatico non si ferma al segnale di pericolo issato dagli uomini per l’emergenza Covid-19.

    I nemici globali oggi sono due. La questione ambientale e il Coronavirus.

    Per quanto riguarda l’ambiente probabilmente in questo periodo stanno diminuendo un po’ le emissioni a causa del rallentamento dovuto al Covid-19 in campo economico, industriale e nella vivacità sociale, ma è una pericolosissima constatazione.

    La diminuzione delle emissioni da regressione non è quello che vogliamo, né quello che serve, né ciò che funziona realmente sul lungo periodo.

    I contorni dell’emergenza

    L’attenzione mondiale è tutta per l’epidemia di Covid-19, il rischio di pandemia che incombe e la situazione sanitaria di difficilissima gestione.

    In un numero crescente di aree in Europa e nel mondo si deve ricorrere a soluzioni drastiche di isolamento di interi territori e all’annullamento di grandi eventi per evitare l’incontro nello stesso luogo di un grande numero di persone.

    Le borse più importanti vanno giù, i beni rifugio sono in veloce rivalutazione ed industrie cruciali per il benessere economico del pianeta rischiano di dover affrontare tempi molto duri.

    Partita doppia

    L’attenzione sul Coronavirus si presta per offrire l’occasione giusta ai già riluttanti attori economici – che pongono non poche resistenze al cambiamento verso un sistema sostenibile – per chiedere e ottenere un rallentamento in campo ambientale.

    Nulla di più sbagliato.

    La sostenibilità è nella capacità di gestire le nuove globalità.

    Non una per volta. Ieri i cambiamenti climatici, oggi il Covid-19. Ma tutte insieme.

    Oltre ai cambiamenti climatici, adesso c’è da affrontare anche il rischio di pandemia da Coronavirus 2019.

    Attenti alla truffa del secolo

    La truffa del secolo è all’orizzonte. Con argomentazioni da trattoria è facile dire che conta più la salute che l’ambiente. Come se fossero cose distinte…

    E rischia di diventare facile chiedere di allentare le maglie della normativa e degli obiettivi alla già zoppicante e piuttosto sgangherata alleanza globale per l’ambiente.

    Dangerous rosso

    La trappola

    Se accettiamo di permettere di emettere e inquinare in difesa dell’economia di oggi, cadiamo nella trappola e affondiamo per davvero.

    La soluzione

    Il Coronavirus, i cambiamenti climatici e l’inquinamento urbano insegnano la stessa cosa.

    Ricerca, scienza e tecnologia sono le nostre uniche armi.

    Non innalziamo i limiti alle emissioni mentre combattiamo il Covid-19.

    La vittoria, allora, sarà totale.

    Avremo un mondo senza il nuovo virus, che certamente sapremo sconfiggere. E avremo un’industria e un’economia capaci di condurci verso un futuro desiderabile.

  • Addio ai ghiacci polari, stanno scomparendo velocemente

    Addio ghiacci polari

    Se non troviamo molto velocemente delle soluzioni al riscaldamento globale, il ghiaccio polare non ha speranza, scomparirà molto presto

    L’allarme del glaciologo Peter Whadams scuote il pubblico di Repubblica Onlife, l’incontro sul futuro digitale organizzato da Repubblica a Milano dove ho partecipato alla sessione dedicata all’ambiente.

    L’aumento della CO2 in atmosfera è evidente e misurato con precisione da tutti i punti di osservazione del pianeta.

    Wadhams aumento CO2 in atmosfera

    L’esperienza diretta al polo nord

    Lo scienziato inglese nella sua carriera ha collezionato più di cinquanta spedizioni al Polo Nord, anche al di sotto dello strato di ghiaccio a bordo di sottomarini della Marina britannica, e dagli anni Settanta ha osservato direttamente coi suoi occhi una riduzione impressionante dell’estensione e dello spessore dei ghiacci.

    Oggi non ci è possibile nemmeno impiantare nell’artico quelle che fino a pochi anni fa erano delle piccole cittadelle internazionali della ricerca, perchè il ghiaccio non è più in grado di sorreggerle. E non si può più atterrare con gli aerei, perché non ci sono lingue di ghiaccio sufficientemente estese

    Estensione ghiacci polari Whadams

    I dati e le immagini mostrate da Whadams, professore dell’Universita di Cambridge e docente visitatore al Politecnico di Torino, non lasciano spazio a dubbi.

    Il riscaldamento è più veloce del previsto

    Il pianeta si sta riscaldando anche più velocemente di quanto avevano previsto i modelli di simulazione e i ghiacci polari sono imprigionati in una spirale di morte, sintetizzata dal titolo “Addio ai ghiacci” del libro del glaciologo tradotto anche in italiano.

    Reazione a catena

    Più CO2 nell’aria si traduce in temperature più alte particolarmente al Polo Nord, dove i ghiacci sciogliendosi eliminano anche la loro capacità di riflettere le radiazioni solari. L’acqua che prende il loro posto assorbe più radiazione, si scalda e la temperatura sale ancora più velocemente.

    L’addio ai ghiacci polari è una questione di pochi anni

    Riduzione estensione ghiacci polo nord

    Emissioni di metano dall’oceano artico

    Con l’ulteriore aggravante della liberazione in atmosfera di metano conservato al di sotto del permafrost che scompare. E il metano è un gas il cui impatto sul l’effetto serra è più grave di quello della CO2.

    Nella foto il ghiaccio contenente metano che sciogliendosi lo rilascia nell’aria.

    Metano nei ghiacci polari

    Un quadro terribile ed efficace.

    Ghiaccio nero

    La conseguenza più evidente agli occhi degli osservatori è il fatto che il ghiaccio polare stia diventando nero. Sì, proprio nero, come fosse la terra vulcanica d’Islanda, invece che acqua allo stato solido.

    Il ghiaccio si scioglie, le impurità rimangono

    L’addio ai ghiacci è anche visivamente impressionante.

    Il colore impressionante e poco invitante dei nuovi panorami polari è dovuto alle impurità presenti da sempre nei ghiacciai, amplificate dalle polveri dell’ultimo secolo, che rimangono in densità inedita sulla superficie e all’interno dello spessore sempre più limitato, mentre l’acqua nella quale erano imprigionate, sciogliendosi e tornando allo stato liquido, torna a far parte dell’oceano.

    Ghiaccio sempre più sottile, con spessore medio di 3-4 metri mentre negli anni Settanta era di 7-8 metri, che lascia ampie aree di acqua navigabile tra i continenti che si incontrano al Polo Nord, mentre pochi decenni fa li univa completamente anche d’astate. E per giunta nero, a causa dello sporco che rimane lì, mentre l’acqua sciogliendosi se ne va

    Riduzione ghiacciai polo nord

  • SFIDA AMBIENTALE E CONFRONTO TRA GENERAZIONI

    La più famosa di tutti è Greta Thunberg, la ragazza sedicenne che per prima ha scioperato non andando a scuola per mettersi davanti al parlamento di Stoccolma a protestare per l’inerzia degli adulti, primi tra tutti i politici, nella lotta contro i cambiamenti climatici.

    Ma negli Stati Uniti, in Europa, in Asia e in tutto il mondo si moltiplicano le iniziative di gruppi di ragazzini, anche di dieci-dodici anni, che protestano perché i grandi stanno lasciando loro un pianeta malato, deturpato e inquinato.

    Gli scioperi generali per l’ambiente vedono coinvolti i ragazzi di decine di nazioni raccolti attorno a una semplice richiesta: fate di più.

    GLI SFIDANTI. FORZE E DEBOLEZZE.

    La sfida è generazionale, più che ideologica. Vi invito a guardare in rete quante siano le proteste e ne rimarrete impressionati.

    I giovani vogliono ricevere un pianeta sano dai loro genitori. Stanno crescendo con un’educazione ambientale che le precedenti generazioni non avevano. Ma stanno per ricevere in eredità un pianeta estremamente più inquinato di quello nel quale i loro padri, madri, nonni hanno vissuto. Sono perciò più sensibili, e si trovano in una condizione peggiore. Quindi l’effetto disgusto è amplificato.

    Gli adulti si sono divisi per decenni tra scetticismo e pressapochismo, non facendo in effetti molto per cambiare le cose. Hanno dalla loro però delle motivazioni economiche molto valide: se i loro figli oggi possono pensare all’ambiente è perché il benessere generato dall’inquinamento che contestano è indiscutibile. Più o meno diffuso, ma certamente da ritenere un patrimonio da difendere.

    Da una parte sembra quindi esserci l’idealismo della gioventù, dall’altra il pragmatismo dell’esperienza. Peccato che tutto questo sedicente pragmatismo non abbia via d’uscita.

    CHE FUTURO FA.

    Il futuro che sta prendendo forma può riservare delle sorprese. Perché proprio la tecnologia gioca a favore delle nuove generazioni, capaci di comunicare, incontrarsi e capirsi come nessuna generazione ha mai potuto fare prima. Non c’è la barriera della comprensione, perché molti sanno parlare più lingue – prima tra tutte l’inglese. Non c’è il problema dei costi di comunicazione, perché la rete permette di parlarsi, vedersi, scambiarsi tutto in tempo reale.

    Non li chiamerei ragazzini, con queste premesse. Possono farcela. E speriamo che ce la facciano.

    DICO LA MIA PERCHE’ LE COSE POSSONO CAMBIARE. E SPESSO E’ MEGLIO CHE CAMBINO.

    La mia opinione è che l’energia, l’industria, la mobilità come le abbiamo conosciute fino a oggi siano visibilmente senza futuro. Scambiare la semplicità di ripetere schemi noti e familiari con il progresso è un errore clamoroso.

    Sappiamo sfruttare l’energia del sole, del vento, dell’acqua, della terra, stiamo sviluppando sistemi in grado di gestire tutto questo con il ragionamento artificiale e ancora pensiamo di dover accendere dei fuochi bruciando olio combustibile, carbone e gas per produrre elettricità, far muovere le nostre auto e per riscaldarci?

    Non mi sembra all’altezza della nostra intelligenza.

    Voi cosa dite di fare?

  • Catturare la CO2 con il CCS Carbon Capture and Storage

    E’ possibile catturare la CO2 con il CCS Carbon Capture and Storage.

    Si chiama CCS, dalla definizione in inglese Carbon Capture and Storage. Cioè cattura e immagazzinamento del carbonio. Si tratta in pratica di realizzare un’opera di sottrazione di emissioni prodotte dalla combustione di prodotti petroliferi e soprattutto del carbone prima che vengano disperse in aria.

    Questo può essere visto come aggiuntivo o alternativo rispetto alle azioni che ci permettono di emettere meno anidride carbonica in atmosfera. Prima tra tutte la produzione di energia da fonti rinnovabili invece che da fonti fossili.

    Gli sfidanti. Forze e debolezze.

    La soluzione che punta a catturare la CO2 con il CCS piace molto alle compagnie petrolifere e anche ai produttori di elettricità che hanno molti impianti a carbone. Investendo in questa tecnologia, in pratica evolvono le loro tecnologie e allungano l’esistenza dei loro impianti. Quindi anche dei dei loro affari legati a combustibili fossili.

    Schema di CCS con utilizzo e stoccaggio della CO2 – Fonte BP

    Come catturare la CO2

    Esistono diverse strade per arrivare alla separazione e alla cattura della CO2 in campo energetico, raggruppabili in tre grandi filoni. Cattura post-combustione, pre-combustione, Oxyfuel.

    Post-combustione

    Sono le tecniche più diffuse negli impianti sperimentali e dimostrativi esistenti. E sono le più gradite all’industria energetica. In pratica rimane tutto com’è, ma alla fine del processo di combustione i gas di scarico, dopo i sistemi di filtraggio per polveri e inquinanti, invece di essere immessi in atmosfera vengono inviati a un sistema di trattamento capace di separare la CO2 con processi termochimici (ne esistono diversi messi a punto in varie aree del mondo).

    Pre-combustione

    In questo caso viene trattato il combustibile, non il residuo della combustione. Il principale sistema è la gassificazione del carbone. Partendo da carbone e acqua si arriva ad avere idrogeno e CO2. L’idrogeno va ad alimentare il processo energetico e l’anidride carbonica viene inviata allo stoccaggio.

    Oxyfuel

    A cambiare non è il combustibile, ma il comburente. Cioè il gas con cui il combustibile reagisce nella combustione, che in questo caso non è più aria, ma ossigeno puro. Questo porta a una percentuale di CO2 nei fumi di scarico molto alta e agevolmente separabile.

    Agli antipodi rispetto a una strategia basata sul CCS ci sono gli operatori economici delle fonti rinnovabili, che vedono negli investimenti in impianti di separazione e stoccaggio di CO2, tutt’ora molto costosi e bisognosi della mano pubblica per ambire a diffondersi, un aiuto ingiustificato alla vecchia e ricca economia del petrolio e del carbone.

    Oltre al fatto che lo stoccaggio della CO2, realizzato in impianti minerari o petroliferi dismessi o a fine vita, oppure in siti sottomarini, non rappresenta secondo loro una vera soluzione ma piuttosto una sorta di parcheggio temporaneo.

    Che futuro fa.

    Gli impianti di cattura e stoccaggio della CO2 non si stanno sviluppando come era stato prospettato negli scorsi anni.

    I costi sono alti e le fonti rinnovabili diventano sempre più competitive. Il loro successo futuro, nonostante abbiano amici ricchi e potenti, è tutt’altro che scontato. Questo vale in modo particolare per i post-combustione, che sembravano invece i più vicini al successo.

    Dico la mia, perché le cose possono cambiare. E spesso è meglio che cambino.

    La mia opinione è che l’abbassamento delle emissioni – anche con CCS – e la sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili possano andare di pari passo.

    Non deve essere la mano pubblica, però, a finanziare impianti che limitando il danno ambientale favoriscono la stessa industria che quel danno lo provoca da decenni ed avrebbe ampi mezzi per investire in tecnologie pulite, se veramente decidesse che è il momento di farlo.

    Gli investimenti pubblici devono andare alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni mirate allo sfruttamento di fonti rinnovabili e puntare all’obiettivo di avere Zero Emissioni all’origine.