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  • EuGeLi, il progetto europeo per estrarre il litio da salamoia geotermica

    Ricavare il litio dalla geotermia. Una prospettiva affascinante, capace di influenzare la geopolitica. Una risorsa che può cambiare le regole per l’economia e la logistica della materia più preziosa nel processo di elettrificazione dei trasporti. E dunque, un fattore decisivo per l’Europa.

    Una risorsa che può cambiare le regole per l’economia e la logistica della materia più preziosa nel processo di elettrificazione dei trasporti. E dunque, un fattore decisivo per l’Europa

    EuGeLi
    Un progetto con 8 attori

    Oltre che in Germania e in California, c’è anche in Francia un progetto che si chiama EuGeLi (European Geothermical Lithium Brine). Tratta di un consorzio composto da 8 entità e capitanato da Eramet, multinazionale francese dell’estrazione e del trattamento dei metalli con un fatturato di oltre 3,5 miliardi.

    Francia e Germania, anche Belgio

    Nel consorzio EuGeLi ci sono anche: ÉS – Electricity de Strasbourg, IFP Energies Nouvelles, Chimie Paris Tech., BASF, Eifer, VITO e Vrije Universiteit Brussel. Il progetto è iniziato nel 2019 e terminerà alla fine di quest’anno. Ha un budget di 3,9 milioni di euro finanziato per l’85% dalla EIT-Raw Materials, l’agenzia europea delle materie prime.

    EuGeLi
    Il guinzaglio del governo francese

    Non poteva mancare il governo francese, attraverso il BRGM (Bureau de Recherches Géologiques et Minières). C’è anche l’IFP (Institut Français du Pétrole) Energies Nouvelles, altro ente pubblico la cui presenza segnala il valore strategico del tema. E non solo a livello politico.

    L’asse Parigi-Berlino

    Del consorzio EuGeLi fanno parte la Basf (59,3 miliardi di fatturato) e, indirettamente, la francese EDF (71,3 miliardi di fatturato), il più grande produttore di energia CO2 neutral europeo, presente in Eifer insieme al KIT ovvero il Karlsruhe Institute of Technologye a PSA dunque Stellantis. Realtà che esprimono l’asse strategico Francia-Germania, ma anche un legame con l’Italia.

    EuGeLi
    La grande direttrice del Reno

    Il progetto riguarda il sito di Soultz-sous-Forêts, nella regione del Basso Reno, a circa un’ora di macchina da Offenburg, il sito individuato invece dall’australiana Vulcan Energy Resources per il suo progetto Zero Carbon Lithium. Il luogo è strategico rispetto all’industria dell’automotive e delle batterie.

    Leggi l’articolo sul progetto di estrazione Zero Carbon Lithium

    Non meno di 90 milligrammi per litro

    L’obiettivo di EuGeLi è verificare un procedimento per ricavare litio. Tale procedimento prevede il passaggio della salamoia attraverso colonne di estrazione. Al loro interno, il litio viene separato per adsorbimento attraverso un processo chimico brevettato (12 brevetti). L’obiettivo scientifico è ricavare almeno 90 mg/litro di litio.

    Il litio viene separato per adsorbimento attraverso un processo chimico brevettato. L’obiettivo scientifico è ricavare almeno 90 mg/litro di litio

    EuGeLi
    Dalla falda e ritorno

    Il vapore geotermico fuoriesce a 165 °C e, una volta ceduto il litio, viene reimmesso nella falda a 20 bar e ad una temperatura di 80 °C. Il litio ricavato è invece sottoposto ad eluizione. La soluzione arricchita è filtrata, fatta evaporare e purificata ricavando per precipitazione carbonato di litio.

    Il carbonato di litio è pronto

    Il carbonato di litio è il semilavorato necessario ai produttori di celle. L’obiettivo di business è verificare che il processo funziona ed è sostenibile da un duplice punto di vista: economico ed a ambientale. Occorre verificare l’efficienza del processo e la sua impronta in termini sia di inquinanti sia di CO2.

    Soultz-sous-Foret
    Il litio è più vicino

    La possibilità di ricavare litio utilizzabile per le batterie nel cuore dell’Europa offre automaticamente vantaggi economici ed ambientali. Accorciando la filiera, sarebbero infatti tagliati drasticamente i trasferimenti e dunque le emissioni di CO2. Sono attesi anche vantaggi di costo.

    L’attesa è di raggiungere un costo di circa 3.000 dollari per tonnellata di carbonato di litio. Dunque la metà o meno rispetto ai procedimenti tradizionali (estrazione mineraria e soluzione salina) e concorrenziale rispetto al progetto Zero Carbon Lithium.

    Camminare sul futuro

    I vantaggi sarebbero geopolitici, etici e sociali. Portare infatti, almeno in parte, la produzione di una materia prima vicina ai luoghi di produzione e ai mercati rappresenta un fattore di sviluppo, e di stabilità economica e sociale. In una parola: di prospettiva, in accordo con gli obiettivi della Unione Europea.

    Di tale nuova prospettiva può essere parte anche l’Italia con i suoi siti geotermici, quello di Larderello (GR) in primis.

    EuGeLi
  • Zero Carbon Lithium, litio a impatto zero nel cuore dell’Europa

    C’è la possibilità di estrarre il litio ad impronta nulla di CO2 direttamente in Europa.

    Ci sarebbe vicina la Vulcan Energy Resources, società australiana che ha brevettato un processo denominato Zero Carbon Lithium e punta a inserirsi nel sempre più promettente mercato europeo delle batterie agli ioni di litio.

    Litio a zero CO2

    La Vulcan Energy Resources ha messo a punto un modo per annullare le emissioni di CO2 originate dall’estrazione del litio.

    Il litio viene estratto da una salamoia geotermica e il calore stesso dell’acqua in cui sono disciolti i sali dai quali ricavare l’elemento chimico (indispensabile per le attuali batterie della automobili) viene utilizzato per produrre tutta l’energia necessaria.

    Geotermia ed energia

    In questo modo si può quindi produrre, attraverso una centrale geotermica, l’energia necessaria all’intero processo. Il ciclo prevede il prelievo delle acque geotermali a 165 gradi.

    Le acque sono utilizzate per alimentare le turbine di una centrale geotermica e per estrarre il litio.

    Alla fine, l’acqua viene reimmessa nella falda a una temperatura di 65 gradi.

    Zero Carbon Lithium
    Dal cloruro all’idrossido di litio

    Il processo non comporta l’utilizzo di idrocarburi, nessuna emissione di gas e di sostanze tossiche.

    Secondo la Vulcan Energy Resources ci sarebbe energia in abbondanza per portare a compimento il processo chimico che dal cloruro di litio consente di ottenere l’idrossido di litio, necessario a chi produce celle e batterie.

    Efficienza dal suolo

    Lo Zero Carbon Lithium utilizza in modo molto efficiente le materie prime e basse quantità di reagenti (principalmente carbonato di sodio).

    Sarebbe dunque sostenibile e anche economico rispetto ai due metodi principali ovvero l’estrazione mineraria da roccia e da soluzione salina.

    Zero Carbon Lithium
    Il duro lavoro nelle miniere

    Il primo ha un costo di estrazione pari a 3.400 dollari a tonnellata e ci vogliono 8-9 tonnellate di spodumene per una di idrossido di litio.

    Per la raffinazione occorre aggiungere 3.000 dollari. È un metodo ad alta intensità di costo, di energia e di sostanze chimiche, dunque di rifiuti da gestire.

    Nell’acqua salata

    Il secondo è molto più economico per la raccolta della materia prima (700 dollari), ma ci vogliono 3.500 dollari per ricavare il carbonato di litio e altri 2.000 dollari per ricavare l’idrossido di litio.

    Anche qui, a fare la differenza sono i costi legati all’energia, all’acqua e ai reagenti chimici.

    Zero Carbon Lithium
    Il consumo delle risorse

    L’estrazione comporta inoltre un elevato consumo di territorio per lo scavo delle miniere. Ricavare il litio da soluzione salina per evaporazione invece richiede grandi quantità d’acqua ed è utilizzata proprio in Sudamerica, in zone desertiche o siccitose dove l’acqua è un bene prezioso e che andrebbe preservato.

    Costa la metà

    Il metodo Zero Carbon Lithium invece costerebbe 1.949 dollari a tonnellata per l’estrazione e 1.200 euro per l’elettrolisi portando il totale a meno di 3.150 dollari. Dunque la metà o meno rispetto agli altri e con un impatto per l’ambiente enormemente inferiore. Senza contare i costi derivanti dalla CO2.

    Zero Carbon Lithium

    I numeri dello studio, ricavati utilizzando il Mininviro Lifecycle Assessment, sono eloquenti:

     CO2/kgAcqua (m3)Suolo (m2)Costo per tonnnellata
    Estrazione mineraria15.0001704646.500
    Soluzione salina5.0004693.1245.872
    Zero Carbon Lithium08063.140
    Per un milione di auto elettriche

    L’estrazione e la produzione del litio provoca emissioni di CO2 pari a 1,05 miliardi di tonnellate di CO2, ovvero l’equivalente di Regno Unito, Francia e Italia messi insieme. La soluzione Vulcan non sarebbe applicabile ovunque e riguarda un solo impianto di produzione, comunque sufficiente per un milione di auto elettriche all’anno.

    Zero Carbon Lithium
    Da 675 a meno 238

    Il vantaggio per i costruttori sarebbe enorme: il litio pesa infatti su ogni auto elettrica con una batteria da 50 kWh per 675 kg di CO2.

    Con il metodo ZCL si passerebbe ad un saldo negativo di 238 kg da spendere in altri segmenti della complessa catena del valore guardando verso l’obiettivo UE di essere CO2 neutral entro il 2050.

    Cambiare la geografia del litio

    Ci sono poi altri vantaggi strategici e geopolitici. Il litio non arriverebbe più dalla Cina estraendolo dai semilavorati provenienti da Australia e Sudamerica.

    A partire dal 2024 il litio Made in Germany potrebbe arrivare da Offenburg, alta valle del Reno, nel land del Baden-Württenberg, a pochi chilometri dal confine francese e da Strasburgo.

    Zero Carbon Lithium
    Nel cuore dell’industria automotive

    Parliamo dunque del cuore dell’Europa, non distante da Stoccarda, Monaco e Ingolstadt e in grado di raggiungere una via d’acqua fondamentale come il Reno.

    In meno di 3 ore di macchina ci sono altri stabilimenti PSA, Daimler e Renault su suolo francese e siti già pronti per gigafactory come quella SVolt da 24 GWh di Überherrn.

    California, stessa idea

    Il progetto Zero Carbon è simile a quello che sta portando avanti la Berkshire Hathaway presso il lago Salton in California.

    Tra gli investitori del progetto (2,5 miliardi di dollari) c’è Warren Buffett e la speranza è di estrarre 90.000 tonnellate di litio L’obiettivo è Tesla e tutta la nascente nuova industria automotive elettrica.

    Zero Carbon Lithium
    E se avessimo tutto sotto i piedi?

    Secondo VER l’Unione Europea ha un potenziale estrattivo di 181 mg per litro di soluzione salina, pari a quello degli USA e ben superiore ai 75 mg/litro del Canada.

    Quindi, noi cammineremmo sul petrolio del futuro e avremmo la possibilità di estrarlo in modo economico e sostenibile per l’ambiente.  

    Il fattore speculativo

    Intanto il progetto della Vulcan Energy Resources ha fatto impennare il suo valore in borsa. Dai 22 centesimi australiani del I giugno 2018 è arrivata ai 2,76 dollari al 31 dicembre 2020 per poi impennarsi dopo la pubblicazione dello studio fino a 9,89. In 12 mesi ha aumentato il proprio valore di 45 volte.

    Zero Carbon Lithium
    Grandi idee, piccoli capitali

    La sua capitalizzazione è pari a circa 400 milioni di euro, decisamente troppo poco per finanziare il progetto Zero Carbon Lithium che ha bisogno di 2,25 miliardi di euro. Parte potrebbe essere finanziata dall’Unione Europea e per questo è già in corso l’istruttoria presso la Banca Europea per gli Investimenti.

    L’UE e le case automobilistiche

    Gli investitori potenziali potrebbero essere anche gli stessi costruttori. Nel business plan ci sono guadagni per 157 milioni di euro all’anno. Dunque ci potrebbe essere un ritorno sia per la collettività sia strategico visto che l’approvvigionamento del litio appartiene attualmente per l’80% alla Cina.

    Zero Carbon Lithium
    Le emissioni zero vere

    I costruttori accorcerebbero la catena di investimento e ci sarebbe un ritorno di immagine dal punto di vista sociale ed etico. L’auto elettrica oggi è percepita come un danno per l’industria e il benessere di tutti oltre che come l’inizio di nuove forme di sfruttamento umano e del territorio e un modo per azzerare le emissioni solo apparente. In sintesi: l’auto elettrica sarebbe uno sforzo inutile se non dannoso.

    Tra business e progresso

    In gioco c’è il business rappresentato dal più grande mercato del litio del mondo. La UE infatti nel 2023 raggiungerà da sola il consumo di idrossido litio di tutto il mondo registrato nel 2020.

    Questo vuol dire che tutti gli specialisti del settore assegnano al nostro Continente per il futuro un ruolo di guida nella nuova mobilità. E che lo farà facendo valere i propri valori attraverso il progresso scientifico, industriale e economico e sociale.  

    Unione Europea bandiera
  • BMW, arrivano iX3, i4, iNext e tutte le elettriche di nuova generazione

    La X3 sarà la prima BMW con 4 forme diverse di propulsione. L’arrivo infatti della versione iX3 elettrica andrà a completare la gamma già esistente che comprende le versioni a benzina, a gasolio e ibrida plug-in. La iX3 sarà anche il primo Suv elettrico della casa tedesca ed il secondo modello dopo la i3 nata nel 2013 e lasciata poi da sola a tenere la bandiera delle emissioni zero all’interno del gruppo tedesco.

    BMW ha comunque maturato nel tempo un’esperienza invidiabile e messo su strada oltre mezzo milione di auto elettrificate.

    BMW iX3 e i4
    Giocare d’anticipo

    Ora siamo alla vigilia di una vera e propria nuova ondata che, oltre alla Mini, comprende anche la iNext e la i4 attese per il 2021. BMW ha recentemente anticipato dal 2025 al 2023 il piano che prevede 25 modelli elettrificati, 12 dei quali elettrici.
    La iX3 sarà la prima BMW ad avere il sistema di propulsione eDrive di quinta generazione che fa a meno delle terre rare. Questa tecnologia deriva dal motore della monoposto di Formula E e sarà condivisa con Jaguar Land Rover.

    iNext iX3 e i4
    Cobalto e litio proprietari

    Il nuovo gruppo motopropulsore da 210 kW e 400 Nm integra l’elettronica di controllo e la trasmissione riducendo le dimensioni del 30%. È costruito direttamente da BMW così come la batteria che ha una densità energetica migliorata del 20%.

    È composta da celle prismatiche con un contenuto ridotto di due terzi del cobalto. Quest’ultimo e il litio sono acquistati direttamente dalla BMW. L’alloggiamento sul fondo della vettura permette di mantenere l’abitabilità e la capacità del bagagliaio.

    BMW motore gen5
    La CO2 calcolata come si deve

    La capacità netta è di 74 kWh e l’autonomia WLTP annunciata è di oltre 440 km dunque il consumo è di 16,8 kWh/100 km, un dato molto interessante.

    Altrettanto di rilievo è il bilancio globale di CO2. Secondo BMW, la iX3 ha un vantaggio del 30% rispetto alla X3 sDrive 20d considerando la media dell’energia rinnovabile disponibile. Se quest’ultima è verde al 100%, il vantaggio sale al 60% e diventa ancora più favorevole considerano la seconda vita della batteria, già prevista in sede di progetto.

    BMW iX3 prototipo
    La i4, prima coupé 4 porte elettrica

    La i4 sarà la prima Gran Coupé elettrica e utilizzerà lo stesso tecnologia motoristica della iX3 ma con una potenza di ben 390 kW per un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 4 s.

    La batteria da circa 80 kWh pesa 550 kg, è ricaricabile a 150 kW presso la rete Ionity, consorzio del quale BMW è socio sin dalla fondazione e offre un’autonomia di 600 km. Anche questi due dati sono di assoluto rilievo, soprattutto in rapporto alle prestazioni e indicano quale livello di efficienza BMW abbia raggiunto.

    BMW i4
    La iNext, batteria a 3 cifre e 5G

    La i4 sarà costruita a Monaco, negli stessi stabilimenti dove nasce la Serie 3 e a due passi dal quartier generale e sarà ricaricabile a 150 kW.
    La iX3 invece sarà costruita in Cina a Shenyang, grazie alla joint-venture con Brilliance.

    A Dingolfing avrà invece la sua casa la iNext, un grande Suv con batteria fino a 120 kWh, per un’autonomia che sfiorerà i 700 km e sarà dotata di connettività 5G.

    BMW batterie
  • Litio, Cobalto e Terre Rare: ecco le quantità presenti nelle batterie

    Lo spettro agitato da molti critici dell’auto elettrica è quello delle nuove dipendenze.

    Si rischia cioè di finire dalla padella, nella brace. Ci liberiamo della dipendenza dal petrolio per cadere in quella del litio, del cobalto, delle terre rare.

    Materiali oggi non preziosi, né rari. Che però con l’esplosione del mercato mondiale potrebbero diventarlo, trasferendo soltanto ad altre aree – comunque poco affidabili geo-politicamente – i problemi che oggi viviamo per le risorse petrolifere.

    La sfida dei materiali

    Il litio non è un materiale né raro, né costoso oggi. Ma può porre delle incognite per il futuro. Le sue riserve sono molto importanti in Sudamerica tra Cile, Argentina e Bolivia, con grossi giacimenti anche in Cina e Australia. Oltre che in Brasile, Portogallo, Afghanistan, Stati Uniti. Di litio ce n’è al mondo, quindi. Ma ovviamente non è infinito.

    Il cobalto ha attirato nell’ultimo periodo l’attenzione mondiale. Questo a causa della forte concentrazione delle riserve e della produzione attuale nella Repubblica Democratica del Congo. Dove la gestione degli impianti minerari e le condizioni di lavoro – secondo precisi rapporti internazionali – sono tutt’altro che sostenibili.

    Le terre rare si trovano in natura in oltre in cento minerali in bassa concentrazione e sotto forma di ossidi, fosfati, carbonati con ad altri elementi da calcio al ferro, all’alluminio. Sono caratterizzate da un magnetismo utilizzabile anche ad alta temperatura e sono frequentissime e necessarie in numerosissimi prodotti elettrici ed elettronici di comune utilizzo, dagli hard disk dei computer, alle videocamere, le batterie, i catalizzatori auto, i telefoni cellulari, i motori elettrici, oltre a radar, superconduttori, armamenti e molto altro.

    I materiali chiave per l’auto elettrica

    I materiali chiave per l’auto elettrica sono il litio, il cobalto, il manganese, il nichel, il rame, la grafite e l’alluminio per le batterie agli ioni di litio. E le terre rare, elementi chimici di cui fanno parte i 15 lantanoidi (Lantanio, Cerio, Neodimio, Samario, Praseodimio, Europio, Gadolinio, Lutezio, Tulio, Olmio, Terbio, Disprosio, Erbio, Itterbio, Ittrio) che non sono presenti nelle batterie al litio ma sono fondamentali per il funzionamento delle batterie Nichel-Idruri metallici che equipaggiano gran parte delle auto ibride sul mercato. E sono necessarie anche per i motori elettrici a magneti permanenti.

    Calcolo delle quantità presenti nelle batterie
    Litio

    Non è semplice capire quanto litio ci sia all’interno di una batteria. Partendo da calcoli teorici e dalla Legge di Coulomb si arriva alla quantità minima di 70-80 g/kWh. Il valore reale, però, è ovviamente più alto e dipende da molti fattori, dalla geometria della cella, dal costruttore. Un valore di riferimento reperibile con un’analisi delle pubblicazioni e dei dati piuttosto riservati dei costruttori del settore va dai 130 ai 300 g/kWh.

    Con una media per le batterie più diffuse, dalle Panasonic alle LG Chem, che secondo le migliori analisi di attesta a 160-170 g/kWh.

    Questo parlando di litio, perché per il carbonato di litio equivalente (Li2CO3) siamo sui 1000 g/kWh.

    Questo significa che in una batteria da 60 kWh ci sono 10 kilogrammi di litio.

    Cobalto

    Anche la quantità di Cobalto non è affatto semplice da scoprire, né è costante per i diversi produttori e le varie geometrie (prismatica, cilindrica o a busta). Cambia inoltre da una specifica a un’altra stabilite con le case auto.

    Per una batteria da 60 kWh possiamo andare dai 10 ai 30 chilogrammi di cobalto.

    Cioè da 150 a 500 g/kWh.

    Terre Rare

    Elementi appartenenti alla famiglia delle terre rare sono presenti nelle batterie ricaricabili delle auto ibride più diffuse, oltre che in batterie AA o AAA utilizzate per telefoni cordless e piccoli elettrodomestici in casa. In una batteria per auto di 1-2 kWh, normalmente utilizzata per le auto full hybrid, ci sono 2-3 chilogrammi di Cerio, Lantanio, Neodimio.

    Nei motori a magneti permanenti delle auto ibride ed elettriche il 30% del magnete è costituito di Neodimio, Terbio e Disprosio.

    In funzione della potenza del motore, si parla anche in questo caso di alcuni chilogrammi di terre rare.

    Nichel, Manganese, rame, grafite e alluminio

    In una batteria al litio ci sono inoltre per ogni kWh di capacità: 1 kg di Alluminio, circa 1 kg di Grafite, 500 grammi di Rame, 400 grammi di Nichel e 350-400 grammi di Manganese.

    Per una batteria da 60 kWh parliamo quindi di 60 kg di Alluminio, 60 kg di Grafite, 30 kg di Rame, circa 24 chilogrammi di Nichel e 22-24 kg di Manganese.

    Che futuro fa.

    Il futuro è nella riduzione delle quantità necessarie e nel riciclo.

    Le terre rare sono destinate a ridursi anche dell’80-90% nei motori a magneti permanenti, prima con una sostituzione delle più costose con altre meno costose, poi con la riduzione netta.

    Inoltre i motori a induzione, che non ne hanno bisogno, stanno guadagnando terreno.

    Litio, cobalto e gli altri materiali delle batterie al litio diminuiranno poco nei prossimi anni, ma diventeranno riciclabili.

    Dico la mia, perché le cose possono cambiare. E spesso è meglio che cambino.

    La mia opinione è che la via dell’elettrificazione apra spazi di crescita enormi a chi saprà sviluppare le soluzioni giuste. Minimizzare i materiali, aumentare i rendimenti e la durata, sviluppare il riciclo.

    Ci sono delle praterie tecnologiche da conquistare.

    L’Italia può farlo. Ha la cultura, la scienza e le capacità industriali per essere protagonista.

    Ecco la Password

    La password è soltanto una ed è chiara: RICERCA.

  • Volkswagen elettrica vs Diesel chi emette più CO2

    Volkswagen confronta auto elettrica vs diesel e calcola chi emetta più CO2 su tutto il ciclo di vita.

    Il calcolo della Volkswagen mette a confronto una Volkswagen Golf elettrica e-Golf con una Volkswagen Golf TDI Diesel valutando il loro impatto ambientale nell’intero ciclo di vita (LCA – life cycle assessment), quello che in gergo viene definito “cradle-to-grave” ovvero dalla culla alla tomba.

    Com’è fatto il calcolo

    L’analisi certificata comunicata dalla Volkswagen prende in esame tutto il ciclo di vita dei due modelli.

    Partendo da prima che l’auto arrivi su strada e il vettore energetico dentro il serbatoio o la batteria. Passando per l’utilizzo su strada, quello che io definisco il durante nel mio schema di valutazione. Arrivando a dopo che l’auto abbia concluso la sua funzione utile alla mobilità e venga rottamata. (Clicca qui e LEGGI articolo con VIDEO su Emissioni auto e Ciclo di vita).

    Vince l’elettrico, emette meno CO2

    Secondo le valutazioni di Volkswagen, considerando tutto il ciclo di vita una Golf TDI Diesel produce in media 140 g/km di CO2 mentre una Golf elettrica e-Golf si ferma a 119 g/km.

    Risultati neppure troppo distanti, ma con una composizione nettamente diversa.

    Volkswagen Golf TDI Diesel vs e-Golf elettrica

    Per la versione Diesel ben 111 g/km del totale sono generati dal carburante, ovvero dalla sua combustione e dalle emissioni generate durante tutta la catena che va dall’estrazione del petrolio fino all’emissione del gasolio alla pompa.

    Nella fase di vita attiva la e-Golf emette 62 g/km, derivanti dalla generazione di energia elettrica e dalla sua distribuzione considerando il mix medio attuale in Europa.

    I rapporti si ribaltano per la complessa e articolata fase di costruzione dell’automobile: la TDI causa l’emissione di 29 g/km di CO2 contro i 56 g/km della elettrica. La colpa è della quantità di energia necessaria a produrre la batteria e ad estrarre i minerali che la compongono.

    L’ammortamento ambientale

    Questa struttura porta anche ad un diverso ammortamento ambientale: da questo punto di vista, la Volkswagen e-Golf comincia a produrre benefici rispetto alla TDI dopo 125mila km.

    I margini di miglioramento

    L’elettrica però ha maggiori potenzialità di miglioramento. Se infatti tutta l’energia elettrica utilizzata per marciare provenisse da fonti rinnovabili, i 62 g/km di CO2 si ridurrebbero a soli 2 g/km.

    L’impronta totale sul ciclo di vita di una e-Golf può arrivare così a 59 g/km (contro i 140 g/km della Diesel).

    La situazione per la Volkswagen ID del 2020

    La futura auto elettrica Volkswagen ID. prevista nel 2020, secondo le informazioni fornite dalla VW, avrà una batteria che potrà vantare un’impronta di CO2 inferiore del 25%. Vantaggio che, in caso di utilizzo di energia da fonti rinnovabili, può arrivare fino al 50%.

    Considerando che la batteria pesa per il il 43% sul bilancio totale, si può ipotizzare che un ID. alimentata solo ad energia verde possa far fermare il conteggio delle sue emissioni su tutto il ciclo ben sotto i 45 g/km.

    L’approccio della Volkswagen

    Lo studio è interessante perché offre una quantificazione precisa dell’impronta ambientale, scomponendone la struttura e permettendo di identificare il ruolo di ciascun segmento di cui è composta. Questo è ciò che si deve correttamente fare in un’analisi LCA, ma segna un vero cambio di passo nell’approccio di un grande costruttore rispetto all’analisi delle emissioni.

    Nel caso specifico, tale strumento è stato utilizzato per confrontare lo stesso prodotto dotato di due sistemi di propulsione diversi sulla base di una percorrenza di 200.000 km.

    Il riciclo delle batterie al litio

    Da questa quantificazione non è ovviamente esclusa quella, altrettanto problematica, del riciclo delle batterie, per il quale l’Italia è in prima fila per arrivare per prima con la tecnologia migliore (Clicca qui e LEGGI articolo Riciclo Made in Italy per le batterie al litio)

    A questo proposito, anche la Volkswagen ha avviato sin dal 2009 un progetto denominato LithoRec. E sta sperimentando nel suo impianto pilota di Salzgitter un processo di fine vita che permetta il riciclo della preziosa polvere nera (chiamato anche black mass) contenente proprio il Litio, il Cobalto, il Manganese e il Nichel che possono essere riutilizzati per nuove batterie. (Clicca qui e LEGGI l’articolo Riciclo batterie al litio Volkswagen inizia la corsa industriale)

    Tale tema preoccupa molto le case automobilistiche visto che, per la normativa europea, i costi di riciclo dei veicoli prodotti sono a loro carico e le batterie contengono diversi elementi chimici il cui recupero è essenziale anche per mettere in sicurezza tutta la filiera di approvvigionamento e, se possibile, internalizzarla almeno in percentuale per prenderne il controllo.

    In ogni caso, vista la durata degli accumulatori e la possibilità che abbiano una seconda vita dopo quella vissuta a bordo delle auto,  la Volkswagen prevede che il riciclaggio delle batterie non rappresenterà un problema rilevante fino alla fine del prossimo decennio.

    L’indice di decarbonizzazione

    La casa tedesca ha infine creato un indice di decarbonizzazione denominato DKI che misura le tonnellate di CO2 equivalente prodotta in totale da un veicolo nel suo intero ciclo di vita. Nel 2015 Volkswagen era a 43,6 e per il 2025 l’obiettivo è di tagliarlo del 30% per l’intero gruppo.

    Segno che la lotta alle emissioni, quella condotta a tutto campo, sarà molto più lunga e difficile di quella considerata solo al tubo di scarico.

  • #17 EMISSIONE IMPOSSIBILE IN COLLABORAZIONE CON MOTOR1.COM

    Insieme a Motor1 Italia realizziamo la prima webserie italiana che affronta gli argomenti più caldi nel percorso verso la mobilità a Zero Emissioni.

    La collaborazione con Motor1 Italia rappresenta un’occasione imperdibile di confronto con una delle più grandi community di appassionati di auto su YouTube.

    Sono oltre 360.000 gli iscritti al canale YouTube di Motor1 Italia, una platea incredibilmente estesa e interessante per portare i temi del progetto Obiettivo Zero Emissioni all’attenzione di chi ama l’automobile e desidera muoversi liberamente. E deve continuare a poterlo fare con costi ragionevoli e senza troppi problemi anche quando dal veicolo scompaiono le emissioni inquinanti.

    Il titolo fa capire subito che la questione è di enorme complessità.

    Le emissioni devono sparire dalla scheda tecnica delle auto. Questo è chiaro a tutti. Come riuscire a centrare l’obiettivo traghettando verso il cambiamento tecnologico un intero settore che garantisce centinaia di migliaia di posti di lavoro e percentuali significative del PIL nazionale in tutte le più grandi economie mondiali è tutt’altro che definito.

    Emissione Impossibile approfondisce le caratteristiche tecnologiche delle soluzioni in campo, gli scenari energetici ai quali devono essere associate, le dinamiche socio-economiche e gli effetti sull’ambiente e sulla salute umana da tenere in considerazione.

  • Riciclo Made in Italy per le batterie al litio

    Arriva il riciclo Made in Italy a risolvere il grande problema del corretto recupero a fine vita dei materiali contenuti nelle batterie al litio.

    Parliamo delle batterie dei computer, degli smartphone e soprattutto di quelle – molto più grandi – delle auto elettriche e ibride.

    E’ inutile avere un’auto che non emette fumi allo scarico, infatti, se poi la batteria che ha a bordo depaupera risorse naturali ed è impossibile da riciclare recuperandone gli elementi più preziosi.

    RECUPERO DEL LITIO

    Fondamentale è il recupero del litio, materiale non raro e costoso oggi. Ma che ha enormi incognite per il futuro. Le sue riserve sono molto importanti in Sudamerica tra Cile, Argentina e Bolivia, con grossi giacimenti anche in Cina e Australia. Oltre che in Brasile, Portogallo, Afghanistan, Stati Uniti.

    Di litio ce n’è al mondo, quindi. Ma ovviamente non è infinito e l’esperienza del petrolio dovrebbe averci insegnato qualcosa.

    SI RECUPERANO anche Cobalto, Nichel, Manganese

    Se l’attenzione di molti è sul litio, perchè dà il nome alle batterie che proprio sui suoi ioni fanno affidamento per il loro funzionamento. Il riciclo Made in Italy delle batterie al litio consente anche il recupero di Nichel, Cobalto, Manganese contenuti negli accumulatori.

    Si tratta di materiali importanti da recuperare, tra i quali soprattutto il cobalto ha attirato nell’ultimo periodo l’attenzione mondiale. Questo a causa della forte concentrazione delle riserve e della produzione attuale nella Repubblica Democratica del Congo.

    la tecnologia italiana arriva da Cobat e CNR

    Il riciclo Made in Italy per le batterie al litio arriva da una ricerca affidata dal Cobat all’Istituto del CNR ICCOMIstituto di chimica dei composti organometallici di Firenze.

    Il processo italiano è completamente originale, come dimostra l’accettazione della richiesta di brevetto a livello europeo e degli ulteriori brevetti parziali di singole fasi del processo. Si tratta del risultato del lavoro affidato al CNR ICCOM nel 2014 dal Cobat, che nel 2018 ha condotto all’importantissimo risultato.

    Adesso tocca all’industria

    Ora che il processo relativo al riciclo Made in Italy per le batterie al litio è stato individuato, deve partire l’operazione industriale che consenta di sfruttarne le potenzialità. Dal punto di vista economico, oltre che ambientale. A questo proposito il Cobat ha già individuato dei partner industriali italiani coi quali far partire in Italia l’attività di riciclo con recupero pressoché totale dei componenti e dei materiali delle batterie al litio.

    Sono in ballo molti posti di lavoro, oltre che una leadership tecnologica in grado di superare la concorrenza degli altri paesi altamente industrializzati.

    Cosa succede oggi alle batterie al litio

    Attualmente le batterie al litio in Europa finiscono in gran parte in Germania, dove ci sono oltre 15 operatori industriali in grado di recuperare correttamente i componenti e parte dei materiali.

    Molti dei processi applicati, però, non sono in grado di recuperare correttamente i materiali contenuti nella cosiddetta Black Mass. La massa nera contiene proprio Litio, Manganese, Cobalto, Nichel. Oppure li recuperano soltanto parzialmente. Si limitano cioè a Cobalto e Nichel, senza riuscire a estrarre correttamente ed economicamente il Litio e il Manganese.

    Buona parte della Black Mass viene per questo inviata in Estremo Oriente. Principalmente in Corea e nelle Filippine. Qui con processi adeguati vengono estratti tutti i materiali.

    L’operazione avviene vicino alla Cina perchè le aziende di questo paese hanno la tecnologia per estrarre tutti i materiali.

    Le aziende cinesi, che sono nell’ordine delle decine, smaltiscono così tutte le batterie del mercato interno e partecipano, direttamente o indirettamente, alle attività economiche che si sviluppano in altri paesi dell’area.

    In Germania la Volkswagen ha già annunciato di voler entrare nella corsa per il recupero totale dei materiali contenuti nelle batterie al litio (clicca qui vedi articolo).

    Le dimensioni del business

    Il giro d’affari potenziale del riciclo Made in Italy per le batterie al litio è enorme. Il processo messo a punto da Cobat e CNR ICCOM di Firenze per essere economicamente interessante ha bisogno di migliaia di tonnellate di batterie al litio da trattare ogni anno. Soltanto in questo modo diventa vantaggioso estrarre tutti i materiali.

    Oggi le batterie al litio raccolte in Italia sono nell’ordine delle centinaia di tonnellate l’anno. Ma i modelli di auto elettriche e ibride si diffondono sempre di più e alcuni mercati, come quello Norvegese, già hanno espresso interesse per alternative più efficaci agli attuali processi applicati in Germania.

    La start-up italiana capitanata dal Cobat sarà in grado di partire, comunque, in modo economicamente sostenibile già con il livello attuale di raccolta nel nostro paese di centinaia di tonnellate di batterie al litio.

    La strada obbligata

    Quella del recupero di tutti i materiali compresi il Litio, il Manganese, il Nichel, il Cobalto a livello europeo e globale è una via senza alternative. Un prodotto non è sostenibile se porta al consumo di risorse non rinnovabili (clicca qui vedi articolo e VIDEO sostenibilità).

    L’auto elettrica non fa eccezione.

    Il riciclo Made in Italy per le batterie al litio rappresenta quindi un’ottima notizia per l’ambiente, per l’auto elettrica, per il riavvio di uno sviluppo industriale ed economico sano e lungimirante nel nostro paese.

  • Riciclo batterie al litio per auto Volkswagen inizia la corsa industriale

    Lo smaltimento delle batterie al litio a fine vita e il possibile recupero dei materiali esauribili, rari e preziosi presenti al loro interno rappresenta un elemento di preoccupazione per molti.

    Dopo anni di poca chiarezza sulle reali possibilità o intenzioni da parte delle case auto e dei costruttori di batterie di mettere a punto processi efficaci, sta finalmente iniziando una vera e propria corsa industriale. La materia prima, cioè le batterie da riciclare, non sarà abbondante per almeno dieci-quindici anni, vista l’attuale scarsa diffusione dei veicoli elettrici e l’allettante possibilità di far vivere una seconda vita alle batterie dopo la loro utilizzazione a bordo delle auto.

    Le batterie al litio per automobili, quindi, hanno davanti 8-10 anni di onorata carriera all’interno del veicolo e ulteriori 5-8 anni in utilizzi stazionari, per i quali la capacità residua disponibile dopo l’utilizzo in auto rimane più che interessante ed economicamente vantaggiosa.

    A scattare in avanti, nella corsa al riciclaggio delle batterie al litio, è il Gruppo Volkswagen che nel sito industriale nel quale sta costruendo un impianto pilota per la produzione delle celle di cui sono composte le batterie, nel 2020 avvierà le attività di una struttura pilota per il riciclo.

    Nell’impianto della Volkswagen Salzgitter si potranno riciclare 1.200 tonnellate di batterie ogni anno, che corrispondono a circa 3.000 veicoli elettrici. La capacità crescerà costantemente, anche se – per motivi di mercato e legati al riutilizzo in seconda vita degli accumulatori –  non si prevedono quantità considerevoli di batterie da riciclare per i prossimi 10-15 anni.

    Tra le possibilità di riutilizzo in seconda vita delle batterie dismesse dalle auto elettriche, la Volkswagen prevede quello all’interno delle stazioni di ricarica mobili, che funzionano come grandi power bank e che la stessa Volkswagen sta mettendo a punto. (leggi l’articolo).

    Se le batterie non sono utilizzabili per una seconda vita, oppure al termine del loro secondo utilizzo,  i componenti vengono smontati e i materiali essiccati e setacciati. Viane così prodotta una prima graniglia in forma di polvere dalla quale sono estratte materie prime preziose come nichel, manganese, cobalto e litio. A questo punto gli elementi vengono separati e ritornano disponibili per la produzione di nuove batterie.

    L’obiettivo del Gruppo Volkswagen è arrivare a riciclare fino al 97% delle materie prime, partendo dal 53% attuale. Un dato che, proprio grazie all’apporto dello stabilimento di Salzgitter, salirà secondo i valori forniti dalla casa fino al 72%.