Cosa è l’automobile? La risposta è difficile, dovrebbe essere molto articolata perché l’auto è tante cose. E sono tutte importanti.
Tuttavia, per limitarci all’ambito dei difficili tempi che stiamo vivendo a causa del Coronavirus, la macchina è principalmente due cose: il più versatile e sicuro (dal punto di vista virale) strumento di mobilità ed è anche uno dei principlali motori dell’economia italiana ed europea.
Nessuna difesa
L’industria dell’auto con tutta la sua filiera e i consumi ad essa connessi (con tanto di belle accise che alimentano il gettito fiscale degli stati) è strategica e fondamentale per rilevanza sul Pil (con percentuali a due cifre), numero di occupati e rilevanza sociale visto che è e resta il secondo acquisito più importante dopo la casa.
Eppure l’auto nell’era Covid-19 non è difesa, protetta e agevolata.
Anzi è ostacolata, osteggiata e danneggiata da antiche idelologie anti-auto reicarnate in ambintalismo modaiolo e gretino, quello propagandato da politici aristo-green, con la casa in centro e la bici a scatto fisso nel cortile.
Del resto anche negli interventi del premier si citano strategie e inziative per il settori importanti come il turismo e lo sport, ma l’auto no.
Inspiegabile imbarazzo
La macchina viene nascosta, l’automobile è dimenticata. Si parla di trasporti, di mobilità alternativa ma mai una parola, una strategia, neppure da parte delle tante, forse troppe, task force di supermanager su come sostenere la mobilità a quattro ruote che è quella di chi lavora, quella delle famiglie, dei pendolari che non trovano più posto in treno.
Si fa finta di nulla: troppo difficile ammetere il valore dell’auto dopo averla usata per decenni come capro espiatorio per l’inquinamento e vacca da mungere per fare cassa.
Basta leggere il piano “Milano 2020 Strategia di adattamento”, per mettersi le mani nei capelli. La bicicletta e il modaiolo monopattino (oggetto che pare avere potenzialià magiche) sono al centro del programma.
Esiste solo la bici
Giusto, l’uso della bici e delle due ruote (ma non con il motore a scoppio perché gli scooter sono brutti e cattivi) va consigliato, perché il traffico in una città come Milano diventerà un inferno (con i mezzi pubblici a capacità ridotta e la paura delle persone).
Chi può (e ha voglia ed energie) pedali, magari perché abita a 3 km dall’ufficio, ha una vita regolare tutta casa famiglia, non deve fare la spesa tornando dall’ufficio, gestire bambini, genitori anziani e non deve muoversi durante la giornata.
Non è ammissibile approfittare di questa situazione drammatica causata dal coronavrus per realizzare decine di km di ciclabili per tutta la città che hanno un solo scopo. Ancora una volta si attuano politiche di becero traffic calming (compresi gli spazi per i locali da aperitivo sottratti ai posteggi).
Non si pensa alla condivisone delle strade ma a ridurre carreggiate con ciclabili inutili e le macchine a 30 km/h (i grandi assessori di Milano lo sanno che inquinano di più?).
Milano, è bene chiarirlo, non è Copenhagen.
Un piano di mobilità emergenziale non può essere realizzato in funzione degli interessi permanenti di ciclomaniaci (un bel bacino di voti) o su misura per le esigenze di millennials in gran forma fisica, senza famiglia e con uno stile di vita basato su spostamenti limitati.
Solo traffico e inquinamento
Se l’automobile è dimenticata in fase di pianificazione, il risultato sarà ancora più traffico e più inquinamento.
Insomma creano il problema per dare la cura: nuovi blocchi del traffico, magari spacciando ancora la correlazione smog = veicolo di contagio facendo pure confusione con le emissioni di CO2.
Insomma, la sensazione è quella di trovarsi di fronte a politici che stanno strumentalizzando una situazione per istaurare il regime del gretismo.
Putroppo il mondo reale non è quello dei salotti intellettuali di Milano frequentati dagli aristogreen e servirebbero politiche per la mobilità serie e pragmatiche, ma è chiedere troppo. E il sospetto della malafede si fa sempre più forte.
Daimler decide che di mettersi con Volvo per l’idrogeno, ma con due sorprese. L’accordo riguarda solo i mezzi pesanti e i tedeschi hanno deciso di disinvestire dalle fuel cell per le automobili. Daimler Truck AG e Volvo Group hanno firmato un accordo preliminare non vincolante per stabilire una nuova joint-venture.
Il nome dunque non c’è ancora, ma lo scopo è sviluppare, produrre e commercializzare sistemi fuel cell per mezzi pesanti e altri utilizzi. L’operazione è, in realtà, la cessione da parte di Daimler di metà della propria divisione dedicata, Mercedes-Benz Fuel Cell GmbH, per 600 milioni di euro cash.
Quegli strani incroci
Entrambe le aziende hanno due cose in comune: la visione di un trasporto carbon neutral in Europa per il 2050 e il maggior azionista rispettivo, ovvero Geely. Il gruppo cinese, oltre a possedere il 7,9% di Volvo Group (con il 15,7% di diritto di voto) e il 9,7% di Daimler attraverso la Tenaciou3 Prospect Investment Ltd.
Entrambe poi hanno avuto o hanno a che fare con Nissan e Ford e Renault. Volvo Group nel passato, Daimler ancora visto che l’Alleanza Renault/Nissan (e Mitsubishi) ne hanno il 3,1% delle azioni e i giapponesi, insieme proprio a Ford, sono – o meglio erano – alleati di Daimler proprio per l’idrogeno.
Idrogeno, pesante è più leggero
Questo accordo conferma che l’idrogeno è la via maestra per l’elettrificazione del trasporto pesante e anche per quello commerciale. Anche altri attori si stanno muovendo in questa direzione. Nel dualismo (parzialmente apparente) tra elettrico ed idrogeno, i mezzi pesanti guardano di più a quest’ultimo.
I vantaggi fondamentali sono nei tempi di rifornimento e nel packaging del veicolo. Per quanto possano innalzarsi le potenze di ricarica, batterie grandi vogliono dire grandi masse e grandi quantità di calore da gestire durante le fasi di ricarica quanto più si innalzano le potenze di ricarica.
I due colori dell’idrogeno
Nel mezzo ad idrogeno ci sono alcuni elementi incomprimibili come la forma cilindrica dei serbatoi: sull’automobile sono un limite, su un camion assai meno. Al crescere delle dimensioni, questo fattore diventa meno influente offrendo, al contrario, una densità di energia superiore rispetto alle batterie.
Mercedes e Volvo guardano fondamentalmente a due modi di produrre l’idrogeno, anzi a due colori. L’idrogeno verde è prodotto presso la stazione di rifornimento dall’idrolisi dell’acqua. L’idrogeno blu è un procedimento che prevede invece la cattura dell’anidride carbonica pareggiandone l’impronta.
Cinesi, molto più che ombre
L’accordo sarà ratificato entro la fine del 2020 e coincide con un annuncio forse più clamoroso. Daimler infatti abbandona lo sviluppo dell’idrogeno per le vetture dopo esserne stato uno dei maggiori sostenitori anche attraverso soluzioni innovative come l’ibrido plug-in con batteria ricaricabile e stack sulla GLC F-Cell.
La decisione si iscrive nel piano di ristrutturazione che Daimler sta mettendo in atto. Nella strategia Ambition2039, che punta ad avere l’intera flotta di auto nuove ad impatto zero, l’idrogeno compare ancora. Sta di fatto che, con BAIC al 5%, il 15% degli azionisti di Daimler sono cinesi dunque filo auto elettrica.
Geely sempre più forte e presente
Questa decisione è un punto a favore dell’auto elettrica contro quella ad idrogeno. Al di fuori di ogni plausibile speculazione, l’operazione Daimler-Volvo per i mezzi pesanti rafforza Geely e il suo ruolo nell’industria europea dove sta componendo rapidamente una presenza ampia, variegata e strategica.
Coronavirus e futuro dell’auto, chi deve decidere si trova davanti a un bivio.
Si può continuare a investire, pensando a un mercato ad elettrificazione dell’auto crescente, oppure fermarsi. E puntare sulle tecnologie tradizionali.
Guardare davanti, oppure indietro
Non ci sono vie di mezzo, visto che certamente le risorse economiche a disposizione saranno limitate. Si può guardare avanti, oppure rivolgere la propria attenzione all’indietro.
Cosa insegna la storia
Chi ha voglia di guardare al passato, farebbe bene a riflettere su ciò che ci insegna la storia.
L’uscita dalle grandi crisi del passato è sempre stata accompagnata dalla diffusione di nuove tecnologie.
Il passato, dal punto di vista tecnologico, non ha mai vinto. Anzi, chi ha deciso di rimanere legato alla tradizione ha ben presto dovuto salutare il mercato, che dopo possibili e comunque limitate soddisfazioni iniziali, gli ha definitivamente voltato le spalle.
Ecco i grandi episodi di crisi che hanno caratterizzato la nostra storia recente e i salti tecnologici che li hanno seguiti, con particolare attenzione all’automobile.
Per capire cosa ci riservi per il futuro il rapporto tra Coronavirus e futuro dell’auto è molto utile analizzarli uno ad uno.
1929 – Grande depressione USA
La crisi americana del 1929 è ricordata ancora oggi come una delle più terribili, soprattutto per gli effetti devastanti in termini di disoccupazione.
L’uscita da quella crisi è accompagnata dalla diffusione di tre grandi innovazioni basate su tecnologie esistenti anche prima, ma che devono proprio alla rinascita economica la loro crescita decisiva.
Il primo grande salto tecnologico degli anni Trenta riguarda il cinema, con l’arrivo del cinema sonoro e riflessi decisivi nell’evoluzione sociale ed economica.
L’altra innovazione la cui diffusione è importantissima e veloce è quella della radio.
Il salto tecnologico che riguarda l’automobile in questo periodo è a dir poco incredibile e riguarda praticamente tutti i componenti. La carrozzeria viene sviluppata come elemento progettuale e arriva ad essere integrata al telaio, il sistema di avviamento del motore diventa automatico.
L’auto, nelle sue migliori realizzazioni sulle due sponde dell’Oceano Atlantico, assume sembianze e contenuti simili a quelli attuali.
1946 – Seconda Guerra Mondiale
La seconda guerra mondiale è certamente la più grande tragedia nella storia dell’uomo. Quello che rimane in Europa, larghe parti dell’Asia, Africa e anche economicamente negli Stati Uniti – provati dallo sforzo speso per sostenere il conflitto – è poco più che distruzione.
Eppure la velocità di crescita e diffusione delle innovazioni nel dopoguerra è impressionante. Non c’è settore nel quale la ripresa economica si sia poggiata su tecnologie pre-esistenti.
La grande diffusione dell’aviazione civile nel dopoguerra è inarrestabile e sovrasta economicamente, fino a travolgerla in pochi anni la navigazione transatlantica.
L’altra grande innovazione del dopoguerra è senz’altro la televisione. In questo caso la radio non viene travolta ma affiancata, con un ruolo però ben diverso (anche dal punto di vista economico) rispetto al periodo precedente rispetto all’arrivo della nuova scatola che porta le immagini in tutte le case.
Anche in questo periodo, l’automobile è protagonista dell’evoluzione tecnologica. La novità del dopoguerra per l’auto riguarda tutti i componenti principali, dalle sospensioni, al cambio, alla carrozzeria integrata al telaio, all’utilizzo dell’acciaio che rimpiazza definitivamente il legno.
Aumenta enormemente la capacità produttive e la diffusione di mercato. L’auto non è più uno strumento di trasporto d’élite ma diventa un prodotto di massa.
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1973 – Crisi petrolifera
La crisi petrolifera porta agli occhi del mondo il fatto che il petrolio sia una risorsa con riserve limitate e concentrazione della produzione in poche aree geografiche. L’impatto sulle famiglie, soprattutto in Europa, è significativo.
I principali effetti tecnologici in ambito energetico e industriale riguardano l’evoluzione degli impianti e l’inizio della diffusione del gas naturale, destinato a guadagnare nei successivi decenni grandi spazi di mercato.
L’automobile diventa attenta ai consumi e si evolve notevolmente nelle motorizzazioni. Nascono i modelli che introducono l’auto compatta come la intendiamo oggi e nuovi motori maggiormente efficienti. Vede la luce il concetto di “downsizing” – anche se non è ancora chiamato così.
Nel giro di qualche anno sono introdotte innovazioni poi lasciate per qualche anno da parte ma oggi ampiamente adottate, come il sistema stop-and-start per arrestare il motore nelle soste.
Nascono nuove linee estetiche figlie dell’aerodinamica, arrivano a bordo autoradio estraibili, impianti stereo con mangiacassette, alzacristalli elettrici, chiusura centralizzata e sistemi di climatizzazione.
2008 – Crisi finanziaria Lehman Brothers
La grande crisi finanziaria mette in ginocchio interi comparti ed è particolarmente feroce con le piccole e medie aziende poco schermate rispetto alla difficoltà di reperire finanziamenti.
L’innovazione che con la sua diffusione, nel periodo di uscita dalla crisi, cambia profondamente costumi e abitudini è lo smartphone.
Esplode il fenomeno iPhone, muore il vecchio concetto di telefonia cellulare. Le vittime illustri e imprevedibili della diffusione di un’innovazione sotto-considerata (lo schermo tattile, detto anche touch screen) sono addirittura l’apparentemente inarrivabile Nokia e la Motorola.
Il grande fenomeno è l’accesso globale a Internet attraverso i motoridi ricerca e i social media, nonché l’esplosione della fruizione di contenuti e degli acquisti online.
Google, Facebook, Amazon, Netflix, Alibaba sono i grandi vincitori, esistevano già prima della crisi ma è dopo il 2008 che arrivano ad essere dei veri dominatori.
L’automobile acquista nuove funzionalità, arrivando ad avere una sempre maggiore connettività e una capacità di assistenza alla guida molto vicina alla guida autonoma in determinate condizioni di marcia.
Si diffonde in tutte le principali città del mondo il car-sharing e, soprattutto negli Usa, la vendita di corse a pagamento da parte di normali automobilisti attraverso Uber apre un inedito settore di attività.
Si diffondono le batterie al litio che aprono nuove prospettive al mercato dell’elettronica di consumo e arrivano fino all’automobile.
Crescono in tutto il mondo le energie rinnovabili, mentre prende forza la convinzione che è reale l’esigenza di ridurre le emissioni di CO2 per contrastare l’emergenza climatica.
L’auto Diesel, tecnologia dominante in Europa fino al 2015, perde quote di mercato nonostante le basse emissioni di CO2. Il processo di elettrificazione coinvolge tutti i marchi.
2020 – Pandemia di Coronavirus
Non è ancora chiara la reale dimensione della crisi economica dopo la pandemia, che sarà però purtroppo sicuramente enorme e molto profonda.
L’emergenza da Covid-19 è in ancora nel vivo e non ci sono certezze sulla sua durata, né sugli effetti che sarà in grado di provocare praticamente in tutto il mondo. La particolarità della crisi, comunque, è sicuramente la sua globalità, visto che non c’è angolo produttivo del pianeta che ne risulti immune.
Una caratteristica prevedibile, e per molti versi auspicabile, dello scenario socio-economico-ambientale del dopo emergenza è l’attenzione alle realtà locali.
Tra le tecnologie più adatte a una diffusione nella condizione di crisi e al successivo ruolo da protagonista nel rilancio economico, c’è la produzione diffusa di energia. Le fonti rinnovabili di energia con impianti di piccola e media taglia gestiti localmente possono essere il polmone della ripresa.
Questa soluzione garantisce impatto ambientale molto limitato, creazione di posti di lavoro con necessità di investimento contenute, riparo dai rischi della globalizzazione ma accesso alle opportunità offerte da un mondo che rimarrà comunque globale.
L’altro grande filone, già in decollo negli ultimi anni e che probabilmente sarà ancora più appropriato allo scenario futuro, è quello del Biologico. Dal cibo bio, alla cosmesi, alla nuova chimica che può sostituire in lungo e largo i tradizionali prodotti di derivazione petrolifera.
È destinata a prendere forma anche la Personal smart technology, la tecnologia di intelligenza artificiale applicata all’individuo che va dagli organi artificiali di prossima generazione, alle nanotecnologie, alla robotica personale (domestica e in ambiente di lavoro). Qualcosa si è già visto ma il grosso deve ancora arrivare ed è probabilmente oggi addirittura al di fuori della nostra immaginazione.
Per quanto riguarda il rapporto tra Coronavirus e futuro dell’auto, la prima cosa da dire è che l’automobile è candidata a rimanere saldamente protagonista dei processi di innovazione dei prossimi decenni.
Si integra perfettamente nel mondo ancora più connesso che ci accompagnerà nella futura Globalità e in numerosi servizi che potranno essere offerti attraverso di lei oppure al suo interno. Tutto questo mentre diventa sempre più robotica nelle funzioni e biologica nei materiali, adattandosi quindi anche alle altre tendenze del futuro.
L’elettrificazione dell’auto è destinata a proseguire, a breve termine con la sempre maggiore presenza a bordo di motori elettrici e batterie, quindi con la crescita e la diffusione della trazione puramente elettrica a batterie.
Con un ruolo per l’idrogeno ancora da costruire ma molto probabile, vista la prevedibile diffusione della produzione diffusa di energia da fonti rinnovabili che potrebbe aiutarne la crescita in campo stazionario. E della diffusione della trazione a zero emissioni anche nel campo dei camion.
Coronavirus e inquinamento, arrivano i primi risultati sperimentali relativi al legame tra Coronavirus e particolato atmosferico PM10.
Virus sul particolato
Il presidente della SIMA – Società Italiana di Medicina Ambientale, Alessandro Miani (ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna Prevenzione ambientale), conferma il ritrovamento di tracce di RNA di SARS-Cov2 su particolato atmosferico.
La presenza del Coronavirus sul particolato è stata riscontrata da analisi eseguite su 34 campioni di PM10 in aria ambientale di siti industriali della provincia di Bergamo.
Campioni d’aria raccolti tra febbraio e marzo
Spiega Leonardo Setti (ricercatore della Facoltà di Chimica Industriale dell’Università di Bologna, dove insegna Biochimica industriale): “I campioni sono stati raccolti con due diversi campionatori d’aria per un periodo continuativo di 3 settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo 2020”.
I campioni, analizzati dall’Università di Trieste in collaborazione con l’azienda ospedaliera Giuliano Isontina, dimostrano la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame.
I risultati positivi sono confermati da 12 diversi campioni per tutti e tre i marcatori molecolari: gene E, gene N e gene RdRP. Il gene RdRP è ritenuto altamente specifico per la presenza dell’RNA virale SARS-CoV2.
Struttura del SARS-CoV2 – credit: https://www.scientificanimations.com/wiki-images/
Il gruppo di ricerca ritiene quindi di aver ragionevolmente dimostrato la presenza di RNA virale del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico. Questo perchè è stata rilevata la presenza di geni altamente specifici, utilizzati come marcatori molecolari del virus, in due analisi genetiche parallele.
Gruppo di ricerca
Il gruppo di ricerca comprende, oltre ad Alessandro Miani e Leonardo Setti, anche Gianluigi De Gennaro (professore associato dell’Università di Bari, dove insegna Chimica dell’ambiente).
I risultati anticipati sulle nuove evidenze del rapporto tra Coronavirus e inquinamento non risultano ancora pubblicati su una rivista scientifica, quindi metodi e conclusioni non sono verificate dalla necessaria revisione tra pari che – una volta effettuata – permetterà di ritenerli scientificamente validi e sottoposti all’attenzione e alla validazione, nella successiva attività, da parte della comunità scientifica.
Non è provato che possa infettare
I risultati ottenuti dimostrano quindi la presenza di tracce di RNA del virus, non del Coronavirus intatto e certamente in grado di penetrare e svilupparsi nell’organismo umano.
Il virus, quindi, viene trasportato dal particolato ma non è ancora dimostrato che in queste condizioni si mantenga attivo o abbia una carica virale sufficiente per infettare delle persone e diffondere la malattia.
Marcatore ambientale
Il particolato potrebbe – secondo il gruppo di ricerca della SIMA – diventare un indicatore per approfondire la ricerca di casi della malattia nella zona dove ne vengono rilevate tracce. Questo in parallelo con l’analisi delle acque di scarico, altro elemento nel quale sono state trovate tracce del virus in diverse località interessate dalla pandemia.
L’individuazione del virus sulle polveri potrebbe essere anche un buon marcatore ambientale per verificarne la diffusione negli ambienti interni di ospedali, uffici e altri locali frequentati da un numero elevato di persone.
Attenti alle emissioni
Dagli autori della ricerca, arriva un invito che suona come un monito anti-inquinamento.
Occorre che si tenga conto nella cosiddetta Fase 2 della necessità di mantenere basse le emissioni di particolato per non rischiare di favorire la potenziale diffusione del virus.
Il presidente della SIMA, Alessandro Miani, conferma che la ricerca va avanti e c’è la volontà di arrivare a capire se tra Coronavirus e inquinamento ci sia un rapporto anche relativamente alla diffusione della malattia.
“Siamo in stretto contatto con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e con la Commissione Europea – afferma Miani – e sono in corso ulteriori studi di conferma di queste prime prove sulla possibilità di considerare il PM come vettore di nuclei contenenti goccioline virali. Le ricerche dovranno arrivare a valutare la vitalità e soprattutto la virulenza del SARS-CoV-2 trasportato dal particolato”.
Land Rover elettrifica i suoi modelli di volume e presenta le versioni ibride plug-in P300e della Range Rover Evoque e della Discovery Sport. Le due si aggiungono alle Range Rover Classic e Sport e introducono due novità assolute per il costruttore inglese: il nuovo sistema ibrido plug-in con motore 3 cilindri da 1,5 litri e il sistema di trazione integrale senza albero di trasmissione.
Il primo 3 cilindri inglese
La nuova unità termica è l’ultimo membro della famiglia Ingenium che comprende il 4 cilindri 2 litri (a benzina e a gasolio) e il 6 cilindri in linea 3 litri, il primo già presente su Evoque e Discovery Sport con il microbrido a 48 Volt. A differenza di questo però monta un cambio automatico 8 rapporti Aisin, al posto di quello ZF a 9 rapporti, che pesa 5 kg in meno.
Dietro spinge, davanti recupera
Il 3 cilindri è tutto in alluminio pesa 37 kg in meno rispetto al 2 litri, eroga 200 cv e 280 Nm. Il motore elettrico da 80 kW e 260 Nm è integrato in un unico modulo al differenziale posteriore. L’unità termica è accoppiato ad un alternatore/starter a 12 Volt incaricato di recuperare l’energia in rilascio ed in frenata fino ad una decelerazione di 0,2 G.
Tre quintali in più, ben piazzati
La batteria agli ioni di litio ha una capacità di 15,5 kWh ed è provvista di un caricatore di bordo da 7 kW. Tutti i componenti sono alloggiati sotto la vettura. Lo spazio interno rimane così inalterato, migliorando la ripartizione delle masse e abbassando il baricentro del 6% anche se la massa è cresciuta di circa 300 kg rispetto alle rispettive versioni con il 2 litri.
Integralmente ibrida
L’alternatore provvede anche a mantenere la carica della batteria ad un livello adeguato durante la guida in fuoristrada. In questo modo la trazione elettrica per le ruote posteriori sia sempre disponibile. Il guidatore può selezionare 3 modalità di guida: Hybrid, EV e Save, per preservare nei trasferimenti la carica e utilizzarla poi all’interno della città di destinazione.
Belle prestazioni, piccoli consumi
Il sistema genera complessivamente 309 cv e 540 Nm e permette alla Evoque di marciare in elettrico fino a 135 km/h e per 68 km (WLTP). La Discovery Sport si ferma a 64 km con un consumo di 1,6 litri/100 km pari a 36 g/km. L’altra invece dichiara 1,4 litri/100 km pari a 32 g/km di CO2 e uno 0-100 km/h in 6,4 secondi, due decimi in meno della sorella.
Solo a 5 posti
La Range Rover Evoque e la Land Rover sono già ordinabili negli allestimenti base, S, HE e HSE: per la prima si parte da 53 mila euro, per la seconda da 51.500 euro, ma senza la possibilità di avere la configurazione a 7 posti. Rimane identica la gamma degli altri propulsori in gamma, tutti 2 litri: a benzina da 200 cv o 249 cv e diesel da 150 cv, 180 cv e 240, a trazione anteriore o integrale.
Dopo è il turno di Velar e Defender
A questo punto rimangono solo due modelli Land Rover privi di versione ibride ad alta elettrificazione: la Velar e la nuova Defender, ma è solo questione di tempo, oltre che una necessità per abbassare le emissioni di CO2.
Con la Toyota Yaris Cross la famiglia ibrida della casa giapponese raggiunge un desiderio d’acquisto ancora irrealizzato.
Nasce il primo piccolo Suv ibrido della Toyota e la voglia di spazio sposa la maneggevolezza urbana e la tecnologia Full Hybrid più diffusa al mondo. Sarà lanciato sul mercato europeo il prossimo anno.
La Toyota individua per il lancio dell’inedita proposta due discendenze di grande successo.
Spirito Suv della Toyota Rav 4
Lo spirito Suv della nuova Toyota Yaris Cross arriva dalla Toyota Rav 4, punto d’inizio nella storia automobilistica di un nuovo tipo di piccole vetture di estrazione fuoristradistica destinate però a una clientela urbana e alla moda.
La Toyota Rav 4 di prima generazione, con l’inarrivabile design della versione tre porte che – per ragioni di numeri di mercato su scala globale – non è stata più prodotta. La prima Toyota RAV 4 è certamente un punto di svolta nell’evoluzione dei gusti automobilistici verso l’era attuale, dominata da carrozzerie alte e ispirate alla libertà di movimento senza limiti e senza confini.
DNA urbano della Toyota Yaris
Il DNA urbano, invece, arriva chiaramente – anche nel nome – dalla Toyota Yaris.
Il logo della Toyota Yaris Cross recupera la grafica originale del modello Yaris.
Un richiamo chiaro allo spirito originale e innovativo di quello che più di vent’anni fa fu presentato al mondo come il piccolo genio.
Tecnologia Full Hybrid di ultima generazione
La Toyota Yaris Cross è equipaggiata con il sistema ibrido che sta per debuttare sul mercato a bordo della Toyota Yaris Hybrid.
Il motore a benzina ciclo Atkinson tre cilindri 1.5 litri di cilindrata promette da parte sua un rendimento termico superiore al 40%, proponendosi come un vero punto di riferimento nello sviluppo della tecnica motoristica.
Il rendimento indicato dalla casa è superiore, infatti, a quello dei migliori Diesel dotati di prestazioni paragonabili e presenti sul mercato.
Il sistema ibrido di quarta generazione prevede l’accumulo energetico con batteria al litio.
Potenza ed emissioni di CO2
La potenza del sistema ibrido è di 85 kW, pari a 116 cavalli ed è presentato con caratteristiche di erogazione pensate appositamente per una guida in condizioni variabili. Quindi con un’elevata capacità di risposta alle richieste di potenza da parte del conducente, tipiche di condizioni urbane e anche di percorsi fuoristrada – ai quali la progettazione della Toyota Yaris Cross è stata in parte destinata.
Le emissioni di CO2 annunciate sono di 90 g/km per la versione due ruote motrici e 100 g/km per il modello con quattro ruote motrici (valori sul ciclo NEDC, che corrispondono rispettivamente secondo la casa a 120 g/km e 135 g/km sul ciclo WLTP).
Valori inferiori rispetto ai modelli concorrenti presenti oggi sul mercato, che lasciano prevedere consumi estremamente ridotti anche nell’utilizzo reale su strada.
Proporzioni
La nuova Toyota Yaris Cross è lunga 4,18 metri e ha un’altezza di 1,56 metri, con larghezza di 1,765 metri. Proporzioni che prefigurano una presenza su strada molto bilanciata.
In mezzo al traffico, che la circonderà nei paesaggi urbani nei quali sarà prevalentemente diffusa e utilizzata, la Toyota Yaris Cross si candida ad essere ben identificabile ma anche sufficientemente maneggevole.
Famiglia Toyota Yaris
La famiglia Toyota Yaris arriva così ad essere composta della versione classica, di un modello super-sportivo e di questa inedita variante Suv.
In tutti e tre i casi, la proposta della Toyota per chi ama una risposta adeguata alle sua esigenze ma non cerca ingombri e costi di gestione esagerati, è decisamente interessante.
Interni e vano di carico
Particolare attenzione è dedicata agli interni e alla funzionalità di carico posteriore.
Una caratteristica precisa della nuova Toyota Yaris Cross riguarda i nuovi sistemi di aggancio per carichi nel bagagliaio. Con un’attenzione precisa alla possibilità di massima fruizione del vano di carico a sedili posteriori abbattuti (con il versatile sistema 40:20:40) o in posizione normale.
Kia XCeed e Ceed Sportswagon Plug-in Hybrid debuttano sul nostro mercato. In vendita in Italia nel secondo trimestre dell’anno, i due nuovi modelli consolidano la presenza dei powertrain elettrificati plug-in di Kia nel segmento C.
Giuseppe Bitti, Kia Italia
«Questi due modelli – ha precisato Giuseppe Bitti, amministratore delegato di Kia Motors Company Italy – rappresentano un importante passo per Kia poiché introduciamo dei powetrain avanzati di nuova generazione alla nostra gamma di veicoli dai volumi di vendita più importanti.
Le vendite della nuova gamma Ceed sono cresciute del 46% su base annua nel 2019 a livello europeo. Per quanto riguarda invece il mercato italiano, la famiglia Ceed ha un valore molto importante sul percepito del marchio perché è il modello su cui si fonda il concetto dei 7 anni di garanzia”
La tendenza all’acquisto di veicoli elettrificati sta aumentando esponenzialmente e mentre altri marchi parlano dei loro piani futuri di elettrificazione, Kia vanta già un’ampia offerta reale di veicoli elettrificati.
Quattro livelli di elettrificazione e Gpl
“La nostra gamma di auto mild hybrid, full hybrid, Plug-In hybrid ed elettriche – continua Bitti – ora offre agli acquirenti una scelta a tutto tondo. Se a tutto ciò aggiungiamo anche la presenza di veicoli a GPL, l’offerta di Kia si declina come unica nel panorama automobilistico nazionale capace di presentare almeno una variante ad alimentazione eco-friendly per ogni segmento di mercato».
LA PRODUZIONE E L’ARRIVO SUL MERCATO
I modelli Plug-In hybrid di Kia XCeed e Ceed Sportswagon saranno costruiti a Žilina, in Slovacchia. Sono i primi modelli plug-in costruiti da Kia in Europa, ad uso esclusivo del mercato del Vecchio Continente.
I nuovi modelli sono costruiti insieme ad altri modelli Ceed sulla stessa linea di produzione. Le consegne inizieranno nel secondo trimestre del 2020. Entrambi i modelli sono coperti dalla garanzia Kia di 7 anni 150.000 km.
LA TRAZIONE IBRIDA
Le due ibride plug-in della casa sudcoreana offrono un’alternativa ai modelli tradizionali dotati di solo motore benzina o diesel. Il nuovo gruppo propulsore Plug-In si compone di un pacco batteria ai polimeri di litio da 8,9 kWh, un motore elettrico da 44,5 kW e un efficiente motore GDI (a iniezione diretta) a quattro cilindri “Kappa” da 1,6 litri.
La potenza totale e la coppia erogata dal gruppo è di 141 ps e 265 Nm a partire da 1.000 giri e consentono a Ceed Sportswagon di accelerare da 0 a 100 km/h in 10,8 secondi e a Kia XCeed in 11,0 secondi.
Il gruppo propulsore plug-in è abbinato a una trasmissione a doppia frizione a 6 marce (6DCT), garantendo così una guida più piacevole rispetto ad altri veicoli ibridi dotati di trasmissioni elettroniche a variazione continua (e-CVT). Uno dei punti di forza rispetto agli ibridi dotati di e-CVT è nell’efficienza del rapporto di potenza, dove il DCT risulta più performante e piacevole durante la guida.
Il cambio a doppia frizione 6DCT di Kia consente il trasferimento completo della potenza del motore termico e del motore elettrico in parallelo attraverso la trasmissione, minimizzando le perdite di potenza.
Il recupero di energia consente ai nuovi modelli ibridi plug-in di raccogliere energia cinetica e ricaricare i loro pacchi batteria mentre si procede per inerzia o in frenata, migliorando ulteriormente l’efficienza complessiva della catena cinematica.
Ceed Sportswagon è in grado di percorrere fino a 60 chilometri con l’energia elettrica a zero emissioni (ciclo combinato NEDC), mentre XCeed è in grado di percorrere fino a 58 chilometri (ciclo combinato NEDC). Questa autonomia consente a molti automobilisti di percorrere la maggior parte dei loro spostamenti quotidiani in modalità esclusivamente elettrica.
Entrambe le automobili sono equipaggiate con il nuovo Virtual Engine Sound System di Kia, un sistema di allarme acustico che si attiva in modalità solo elettrica a bassa velocità o in retromarcia. Il sistema genera livelli sonori virtuali fino a 59 dBA per avvisare i pedoni della presenza dell’auto e quindi incrementare la sicurezza.
LE SOSPENSIONI
Come le loro controparti benzina e diesel, gli ibridi Plug-In XCeed e Ceed Sportswagon sono stati progettati esclusivamente per le strade europee, pensando agli acquirenti europei. Il sistema sospensivo completamente indipendente fornisce ai guidatori risposte agili e immediate.
Il piacere di guida è stato sviluppato su un’ampia varietà di superfici simulanti i fondi stradali europei, cercando così di mettere sempre a proprio agio il guidatore per offrirgli sicurezza e comfort in curva e stabilità alle alte velocità.
Per le due nuove varianti ibride plug-in, le sospensioni e lo sterzo sono stati leggermente modificati rispetto alle versioni benzina e diesel. Questi aggiornamenti assicurano che ogni veicolo mantenga lo stesso carattere di guida delle sue controparti convenzionali, pur adattando la diversa distribuzione del peso del gruppo propulsore ibrido plug in.
La Kia XCeed plug in hybrid presenta la medesima sospensione anteriore frenata dei modelli benzina e diesel. L’idraulica degli ammortizzatori e il fermo in gomma permettono un comportamento stabile anche su fondi poco omogenei.
L’auto è stata progettata per assorbire anche le asperità di grandi dimensioni offrendo una risposta regolare e progressiva, impedendo al corpo di rimbalzare grazie a sospensioni che si assestano immediatamente dopo una rapida compressione.
Contribuisce anche uno sterzo più reattivo a un migliore controllo generale del corpo vettura, riducendo al contempo il rumore della sospensione sui dossi.
La tecnologia migliora ulteriormente il piacere di guida e la sicurezza. Entrambi i modelli sono dotati di serie del controllo elettronico della stabilità (ESC) e del sistema VSM (Vehicle Stability Management) di Kia, nonché del Vector Torque by Braking, che frena in modo intelligente le ruote interne per ridurre il sottosterzo in curva.
IL DESIGN
Nella gamma Kia XCeed e Ceed Sportswagon, entrambi i nuovi modelli presentano caratteristiche distintive di design per differenziarli dagli altri modelli a benzina o diesel.
Oltre all’esclusiva griglia “tiger nose” la versione Sportswagon, dotata del badge “eco plug-in”, è caratterizzata da paraurti anteriori e posteriori che riprendono lo stile GT-Line conferendo un aspetto generale più sportivo.
Lo sportellino che cela la presa di ricarica è invece integrata nel parafango anteriore sinistro. Equipaggiate di serie con cerchi in lega di alluminio da 16 pollici nel mercato italiano verranno commercializzate esclusivamente con cerchi da da 17 pollici (Ceed Sportswagon) e cerchi da 18 pollici (XCeed).
All’interno, il design sportivo dell’abitacolo mantiene lo stesso cruscotto orientato verso il guidatore, la posizione di seduta bassa e l’ergonomia della gamma Ceed esistente. Tuttavia, i nuovi modelli ibridi plug-in presentano nuove funzionalità per migliorare l’utilizzo e sfruttare al massimo il nuovo powertrain ibrido plug in.
L’INFOTAINMENT
Entrambe le auto offrono l’infotainment touchscreen da 10,25 pollici e il sistema di navigazione con la telematica UVO Connect di Kia. Adattati alle nuove varianti ibride plug-in, i sistemi incorporano nuove funzionalità per aiutare i proprietari a individuare i punti di ricarica disponibili nelle vicinanze o verso la destinazione di navigazione.
Le schermate possono anche mostrare informazioni rilevanti relative al gruppo propulsore, mostrando il livello di carica rimanente nella batteria e la grafica del consumo di energia.
Inoltre, i proprietari possono utilizzare il sistema touchscreen per programmare il momento in cui il loro veicolo deve essere ricaricato quando sono collegati a casa, consentendo ai proprietari di usufruire di tariffe energetiche non di punta, ma beneficiare delle fasce con tariffe più economiche.
l sistema di infotainment è inoltre dotato di Apple CarPlay e Android Auto oltre ad un sistema di multi-connessione Bluetooth, che consente agli occupanti di connettere due dispositivi mobili contemporaneamente.
Il quadro strumenti da 12,3 pollici, completamente digitale, è caratterizzato da un display ad alta risoluzione da 1920×720 pixel che offre grafiche dedicate al powertrain ibrido plug-in di Kia, che mostra i livelli di carica rimanenti, l’autonomia prevista solo elettrica e il flusso di energia tra la batteria, il motore termico e il motore elettrico.
Il sistema di riscaldamento, ventilazione e aria condizionata propone, oltre alle funzioni più convenzionali, anche l’opzione “Solo conducente-Driver Only”, un settaggio attivabile con un nuovo pulsante sul cruscotto che disattiva immediatamente il flusso d’aria verso tutte le prese d’aria dell’abitacolo, ad eccezione di quelle più vicine al conducente
Questo sistema è stato progettato per ridurre il consumo di energia della batteria dal sistema di ventilazione, mantenendo comunque il conducente alla sua temperatura preferita. A differenza dei tradizionali sistemi di ventilazione, il sistema “Driver Only” di Kia non limita semplicemente il flusso d’aria a determinate prese d’aria, reindirizzandolo altrove; spegne le ventole stesse, riducendo il consumo di energia alla fonte.
PRATICITA’ DI UTILIZZO
Il pacco batteria da 8,9 kWh è stato posizionato a fianco del serbatoio carburante da 37 litri, sotto il divano posteriore, a differenza di molti altri veicoli ibridi plug-in, in cui il pacco batteria sottrae prezioso spazio al vano di carico.
La Ceed Sportswagon hybrid Plug In offre 437 litri di spazio per i bagagli e fino a 1.506 litri con i sedili posteriori ripiegabili, frazionabili in 40:20:40. La capacità del bagagliaio di Kia XCeed hybrid plug in è di 291 litri che possono aumentare a 1.243 litri con il divano posteriore ripiegato. Uno spazio dedicato sotto il bagagliaio è stato ricavato appositamente per riporre il cavo di ricarica.
Entrambi i modelli sono disponibili con una raffinata soluzione per bloccare gli oggetti caricati, una rarità nel settore delle auto ibride.
Non è piacevole scoprirlo perchè ci troviamo nel pieno dell’emergenza Coronavirus, ma l’auto anti-contagio è elettrica.
Il dato di fatto è che il minor numero di contatti personali, per andare da casa al supermercato, si può avere proprio con una vettura a batterie.
Elettrica pura, oppure ibrida Plug-in
La cosa vale sia per l’elettrica pura, sia per l’ibrida plug-in. Ogni auto che possa fare il pieno di elettricità nel garage di casa e percorrere poi la manciata di chilometri che ci separa dalla destinazione, fa evitare qualsiasi tipo di contatto con estranei e infrastrutture tra origine e destinazione. E’ quindi la più sicura. Per noi e per gli altri.
Benzinaio e colonnina di ricarica
Meno soste significano infatti meno incontri, quindi un minore rischio.
Il fatto di poter evitare punti di rifornimento aperti al pubblico, inoltre, permette di evitare di toccare erogatori maneggiati anche da altri. Ovviamente i guanti usa e getta aiutano in quel caso, ma il rischio di toccare qualcosa senza adeguata protezione c’è comunque.
Colonnina per ricarica standard o ricarica veloce
Anche le colonnine di ricarica pubbliche comportano un rischio di questo genere.
Ricarica standard
Il rischio è però decisamente inferiore, rispetto all’erogazione presso una pompa di benzina, nel caso di ricarica standard. Il cavo, infatti, è quello dell’auto. Sbloccando la ricarica con una card o la classica app, possono non esserci contatti tra la mano di chi ricarica e l’infrastruttura.
Ricarica veloce
Diverso è il caso della ricarica veloce. Tanto desiderata, nella maggior parte dei casi anche più costosa rispetto a quella lenta, ma legata all’utilizzo del cavo fisso. Molto simile alla pompa di benzina, quindi. Con l’aggravante – in questo caso – che di solito non ci sono guanti usa e getta messi a disposizione dal gestore.
Buona norma, anche in tempo di normalità, è averne di propri.
Ricarica domestica
Il vero segreto dell’auto elettrica anti-contagio è nella ricarica domestica che, a maggior ragione in tempo di Coronavirus, diventa la modalità di rifornimento preferita da ogni utilizzatore .
La comodità della ricarica a casa non è una scoperta di oggi. Chiunque guidi o abbia valutato l’acquisto di un’auto a batteria sa molto bene che nell’uso quotidiano è proprio questo il modo più comodo e meno costoso di approvvigionarsi di energia dalla rete.
Però quella caratteristica, così poco osservata fino ad oggi, di consentire di uscire di casa con le batterie cariche e di rientrare a casa senza doversi mai fermare per fare il pieno in una stazione di servizio balza prepotentemente agli occhi.
Nel momento in cui fermarsi o fare tappe intermedie diventa addirittura un rischio per se stessi e per gli altri, è un grosso vantaggio.
Vantaggio anche per le altre ibride
Se l’elettrica è anti-contagio, osservando con sguardo attento all’economia delle soste i vari tipi di auto in circolazione, va detto che anche le altre vetture ibride offrono un vantaggio.
In modo particolare le Full Hybrid, garantendo consumi sensibilmente inferiori – quindi percorrenze più alte – per ogni litro di combutibile, sono certamente da ritenersi auto a minor rischio di contagio nel corso dell’utilizzo.
Bene anche il Diesel
Il maggiore tasso di anti-contagio non riguarda solo l’elettrico. Le lunghissime percorrenze offerte con un pieno rimettono in gioco prepotentemente anche le auto a gasolio.
Un’auto Diesel, a parità di dimensioni e prestazioni, ha consumi chilometrici più bassi di un’auto a benzina non elettrificata.
Quindi, grazie al pieno fatto in un’unica sosta dal benzinaio, si può avere un’autonomia di più giorni senza doversi di nuovo fermare e, anche in questo caso, il rischio contagio si abbassa.
Un dragster ad emissioni zero in grado di accelerare come e più di un missile, con l’obiettivo di battere 8 record. Lo sta preparando in Australia la Team Top EV Racing, un gruppo capitanato da un giovane ingegnere elettrico, Michael Fragomeni.
5mila cv elettrici valgono il doppio
La sua idea è battere con 5mila cavalli elettrici i 7-10mila cavalli degli immensi dragster australiani alimentati a nitrometano. La chiave di volta è nella coppia: gli oltre 23mila Nm prodotti da 0 giri/min sono inavvicinabili dai dragster a pistoni sia per quantità sia per regolabilità, dunque si possono trasmettere meglio a terra.
Il suono dell’accelerazione
C’è poi il fattore ambientale, che sta diventando sempre più importante anche nelle competizioni. Quelli a pistoni emettono fino a 150 dB, quelli elettrici una frazione anche considerando che parliamo di una scala logaritmica. Senza storia anche la partita delle emissioni gassose. Non solo quelle allo scarico.
Con l’energia del sole
Il dragster della Team Top EV Racing infatti sarà rifornito con un caricatore portatile ad energia solare da 6 kW. Catturare l’energia dal nostro astro è un vecchio pallino dell’Australia. Non a caso lì si svolge la World Solar Challenge, la prima e più importante competizione per mezzi ad energia solare.
Viaggia come un treno
Il dragster della Top EV Racing si alimenta dunque ad energia rinnovabile a chilometri zero. La batteria è agli ioni di litio da 100 kWh di capacità, funziona a 1.000 Volt ed eroga 8 MW per 10 secondi. Parliamo di oltre 4.000 Ampere di corrente. I motori della Quantum Force derivano dal mondo degli elettrotreni.
Contro i mostri sacri
L’obiettivo di Fragomeni è far omologare il suo mostro nella classe regina dei dragster denominata Top Fuel secondo gli standard delle varie federazioni coinvolte (ANDRA, NHRA, IHRA, FIA e CAMS) facendolo competere nel quarto di miglio, ottavo di miglio e 1.000 piedi.
Accelerare, ma non solo
Il traguardo più ambizioso è però battere ben 8 record, non solo di accelerazione, ma anche di velocità. Secondo le simulazioni l’elettrodragster può raggiungere i 612 km/h e accelerare da 0 a 200 km/h in 8 decimi di secondo, arrivare a 440 km/h in 2,9 s. e a 530 km/h in 3,7 s.
Oltre 7,3 G e un km in 6 secondi
Facendo i conti, le accelerazioni possono raggiungere valori di oltre 7,3 G. Sono dati più da catapulta che da automobile e che abbisognano di astronauti prima che di piloti. Il problema sarà invece trovare spazi idonei per un mezzo che, dopo pochi istanti, viaggia al ritmo di un km ogni 6 secondi.
L’esperienza dei veterani
Quello della Team Top EV Racing non è il primo dragster elettrico. Il veterano Don “Big Tatty” Garlits, a 87 anni con il suo SP38 da 600 kW ha raggiunto 189,04 miglia orarie nel luglio del 2019 a West Palm Beach, ma conta di raggiungere le 200 mph. Egli fu il primo ad infrangere tale barriera, insieme a molte altre, con i dragster tradizionali.
La volpe elettrica in coda
In Europa il record lo detiene invece l’Electric Fox che, guidato da Maris Ozolins alla Tierp Arena, in Svezia, ha chiuso il quarto di miglio di 7 secondi e 631 millesimi (396 millesimi da Garlits) uscendo da 171,02 miglia orarie. L’Electric Fox pesa 725 kg e ha un motore da 1020 kW e 2.160 Nm alimentato da una batteria agli ioni di litio a 800 Volt.
Emozioni senza emissioni
L’operazione di Fragomeni e i suoi compagni di avventura dimostra, ancora una volta, come anche le forme più “selvagge” di motorismo sportivo stiano cercando vie alternative. Le gare del fine settimana non possono cambiare a cambiare la qualità della nostra aria, ma rivelano che sta cambiando quella delle idee.
Coronavirus e crisi economica sono ormai un tutt’uno. Questa constatazione porta parecchi osservatori a ipotizzare un rallentamento nel processo di elettrificazione dell’auto.
L’equazione
L’equazione presentata da molti relativamente al rapporto tra Coronavirus, crisi economica ed elettrificazione è semplice, quasi banale. L’auto elettrificata costa di più dell’auto con tecnologia convenzionale.
Inoltre, se si tratta di un’auto con tecnologia ibrida plug-in, oppure esclusivamente elettrica a batterie, i sistemi di ricarica richiedono anche investimenti importanti in nuove infrastrutture.
Quindi, l’auto della nuova specie nel difficile scenario economico dei prossimi anni sarà completamente fuori mercato.
Gli indizi
Il primo indizio citato a supporto di questa tesi così elementare è il crollo senza precedenti del mercato dell’auto in tutti i paesi interessati dalla pandemia di Covid-19. Nessuno ha voglia di auto mentre fa la guerra al virus, figuriamoci se si complica la vita andando a cercare nuove soluzioni.
Il secondo indizio, terribilmente efficace, è la caduta del giro d’affari in quasi tutti i settori dell’economia. Con conseguente perdita di posti di lavoro e di potere d’acquisto. Pochi soldi in giro, uguale poco interesse per tecnologie elettrificate e più costose.
Il terzo indizio è relativo all’enorme necessità di denaro per tamponare con interventi pubblici la caduta del mercato, i fermi produttivi e gli adattamenti necessari nella fase – che si prevede lunga – del distanziamento sociale e della grande attenzione comportamentale per impedire la ripresa dell’epidemia.
Se il denaro serve per far sopravvivere interi settori produttivi, non può essere indirizzato verso gli investimenti sulle infrastrutture necessarie alla diffusione delle auto elettrificate ricaricabili.
L’errore
Chi immagina un ritorno da protagonista di un’auto retrograda sul mercato dell’auto, invece, si sbaglia di grosso.
Nel crollo dei mercati dell’auto in tutta Europa, accanto agli evidenti e pesanti “segni meno” relativi alle vendite globali e a quasi tutte le categorie di veicolo, c’è un solo “segno più” e riguarda proprio le auto elettriche ed elettrificate con tecnologia ibrida Full-Hybrid e Plug-in Hybrid.
Segno più sui principali mercati
Secondo i dati ACEA e UNRAE, a marzo 2020 si registra –85% dell’Italia, con l’insieme dei 5 Major Markets a -56% (Germania, Italia, Francia, Regno Unito, Spagna).
In Germania, Regno Unito e Francia, però, crescono a tassi a doppia e anche tripla cifra le immatricolazioni di elettriche plug- in ed elettriche pure (queste ultime anche in Italia), con quote di mercato complessive mai viste prima, tra il 7% del Regno Unito e il 12% della Francia, con il 9% in Germania
Germania
Auto ibride al 12,5% di quota (+62%), con le ibride plug-in che registrano un +208%. Mentre le auto elettriche fanno segnare +56%.
Francia
Ottimo risultato dei veicoli ibridi (+47%), con un +140% delle ibride plug-in (che sono al 2,6% di quota). Le ibride nel complesso raggiungono quasi l’11% del mercato complessivo (+6 punti percentuali). Le auto elettriche segnano una crescita del 145% e arrivano al 7,1% di quota
Regno Unito
Le auto elettriche triplicano quasi le immatricolazioni con un +197% e balzano in avanti nella quota passando dallo 0,9% al 4,6%. Le auto ibride plug-in fanno registrare un +38%.
I pochi soldi che ci saranno durante la crisi economica che ci aspetta, quindi, saranno spesi con grande parsimonia. Si tratterà più di investimenti, per le singole famiglie e imprese, che di spesa intesa come semplice costo. Investire dei soldi, significa guardare a tecnologie che promettono di durare nel tempo, non a tecnologie obsolete – per quanto convenienti.
Il mercato del futuro
Il mercato dell’auto nei prossimi anni sarà caratterizzato da numeri certamente e sostanziosamente inferiori rispetto agli anni pre-Coronavirus, come prevedono tutti gli operatori del settore. All’interno di quei numeri, però, le tecnologie elettrificate aumenteranno il loro peso relativo
Non solo, perchè cresceranno anche in termini assoluti andando a costituire la vera e solida ossatura sulla quale crescerà il mercato dell’auto del futuro.
Investimenti strategici
Anche la questione degli investimenti pubblici e dell’indirizzo da parte della mano pubblica dei grandi investimenti privati in una lettura legata a Coronavirus, crisi economica ed elettrificazione è tutt’altro che ostativa.
La rinascita economica si basa sulle grandi opere, che intese in forma moderna non sono soltanto ponti, autostrade, stadi o roba simile. Le grandi opere del presente e del futuro sono nell’infrastruttura di servizio al bene comune.
Certamente l’istruzione, la ricerca e la sanità come ci insegna con ferocia l’esperienza Coronavirus. Io faccio parte di questo mondo (istruzione e ricerca) e spero che finalmente sia una visione condivisa la necessità di investire sull’educazione e l’innovazione per il nostro futuro.
Ma anche grandi reti, come quella delle telecomunicazioni, dell’energia e – in modo specifico – dell’elettricità intelligente.
L’auto che si ricarica dalla presa elettrica fa parte di almeno due di queste reti strategiche per il futuro di ogni società: la rete delle telecomunicazioni e quella dell’elettricità.
Gli investimenti per evolvere queste due reti continueranno e – auspicabilmente – aumenteranno nel prossimo futuro. Proprio per farci uscire dalla crisi nella quale un virus globale ci ha cacciati.
Questione ambientale
Un ulteriore elemento che in troppi sembrano aver dimenticato, è che all’uscita dal tunnel ci aspettano gli stessi problemi ambientali di prima.
Le emissioni si sono ridotte momentaneamente con il fermo generalizzato e planetario di moltissime attività. Ma il cambiamento climatico è un nemico che ci aspetta rabbioso, non è stato ancora né affrontato, né tantomeno sconfitto.
Coronavirus e crisi economica non ci potranno esimere dal doverlo affrontare e l’elettrificazione nel settore dell’auto è uno dei principali strumenti a nostra disposizione. Non la potremo abbandonare.
Insieme all’esperienza del Coronavirus, la questione ambientale sarà l’altro grande elemento che disegnerà il nostro futuro.
C’è poi l’aspetto psicologico a chiarire ulteriormente il quadro nel rapporto tra Coronavirus, crisi economica ed elettrificazione.
Non si esce da una crisi guardando al passato, ma rivolgendo l’attenzione completamente al futuro. Non c’è grande crisi della nostra storia che si sia conclusa con mercati caratterizzati da tecnologie obsolete.
Al contrario, all’uscita dal tunnel si ha addirittura voglia di salti in avanti dal punto di vista tecnologico.
L’arrivo su larga scala e con u peso importante – relativamente al totale del mercato – delle tecnologie di trazione auto altamente elettrificate (Full Hybrid, Plug-in Hybrid, Elettrico puro a batterie e, perchè no, a idrogeno) può essere addirittura accelerato della crisi economica che ci attende.
Si venderanno meno auto, questo è sicuro, ma quelle che si venderanno saranno maggiormente elettrificate.
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