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  • Model E, anche Ford scorpora la nuova mobilità da quella tradizionale, ma entrambe devono vivere

    La compagnia buona e pulita da una parte e quella sporca dall’altra. Lo sta facendo Volvo con Geely, lo farà Ford con Model E, senza dirlo esplicitamente, lo ha già fatto Renault ElectriCity. È finito il tempo in cui l’automobile faceva massa critica con i volumi e mettere insieme altri marchi aumentava la forza d’impatto sul mercato e sui conti.

    Leggi l’articolo su Volvo, Geely e Aurobay

    Due anime e due corpi

    Dunque dopo Volvo, che con Geely sta per costituire Aurobay per scorporare la parte “sporca” del proprio business, anche Ford è giunta alla stessa conclusione. A Dearborn hanno già deciso: la Ford Model E si occuperà solo dei modelli elettrici, del software della connettività. Ancora una volta, l’Ovale Blu ha attinto al proprio passato e ai propri simboli per il futuro dando alla nuova divisione un nome che ricorda la Model T che negli anni ’20 cambiò il destino dell’industria e della mobilità.

    Leggi l’articolo sull’auto elettrica americana iconica

    Henry Ford Model T
    Rapporto osmotico

    Renault è già partita seguendo lo stesso itinerario con ElectriCity: una società che si occupa di sviluppare auto elettriche, di costruirle e persino di riciclarle includendo, in prospettiva, due gigafactory per le batterie. Il tutto racchiuso in tre stabilimenti (Douai, Maubeuge, and Ruitz) che condivideranno lo stesso modello manageriale e sociale. Dunque c’è implicita l’idea che, se cambia l’industria dell’automobile, cambia anche ciò che la circonda. E viceversa.

    Renault Electricity
    Linee diverse

    Ma perché questo rovesciamento? Ci sono varie ragioni e la prima è la complessità. Fin quando ha potuto, l’industria ha tenuto sulle stesse linee la vecchia automobile e la nuova. Ora non è più possibile e non è neppure conveniente. Invece lo è separandone i destini: da un lato il vecchio che però può produrre ancora profitti senza investimenti su tecnologie e macchinari, dall’altro il nuovo che ha bisogno di nuovi sistemi di produzione dove sono più importanti gli informatici degli ingegneri.

    Electricity
    Più soft, meno hard

    Il secondo motivo è l’organizzazione. L’auto nuova ha bisogno di molto software e pochi componenti, ma di maggiore integrazione verticale e di internalizzazione. Dunque ha una logistica completamente differente e, per alcuni aspetti paradossale. Si era arrivati a produrre in casa solo il 20% e prendere tutto il resto fuori, facendogli compiere anche viaggi lunghi e tortuosi. Oggi l’auto smaterializzata può ricevere il proprio software ovunque ed essere progettata ed ingegnerizzata da più punti contemporaneamente in cloud attraverso i digital twins. Ma ciò di cui è materialmente fatta compie percorsi molto più brevi.

    Porsche Digital
    Il profitto sorpassa i volumi

    Il terzo motivo è il valore. Una società che si dedica solo all’elettrico vale di più e ha maggiori potenzialità di finanziamento. L’esempio di Tesla e di altre start-up è lampante: la capacità di raggiungere quotazioni elevatissime e raccogliere capitali è enormemente superiore rispetto ad una società zavorrata da sovracapacità produttive e da grandi masse di lavoratori da formare a nuovi approcci e nuovi sistemi. Una società giovane, con un core business più definito ed in espansione è capace di generare maggiori profitti e di farlo in modo meno vincolato ai volumi.

    Ford Rouge
    La definizione del business

    La maggiore definizione del business è una strategia che anche altre gruppi automobilistici hanno perseguito. Ad esempio FCA, prima che diventasse Stellantis, ha scorporato prima CNH Industrial e poi Ferrari dando più valore ad entrambe. C’è più denaro per attività di ricerca sviluppo e ci sono maggiori dividendi. Anche Daimler ha scorporato la divisione dedicata ai bus ai camion. E anche Porsche pensa ad una collocazione in borsa massimizzando la sua tradizionale capacità di generare profitti attraverso un modello di business più specifico e maggiore libertà di azione.

    Porsche Taycan
    I muscoli ed il grasso

    Nel mondo dell’automobile dunque si comincia ad avvertire un vento contrario: i grandi aggregati industriali non funzionano più e non sono più attraenti per i capitali. I dati di vendite e di bilancio lo dimostrano: i volumi scendono, i ricavi e i profitti salgono. La crescente importanza della CO2 nel bilancio delle aziende sta facendo il resto: da un lato chi può spendere questo vantaggio sui mercati, dall’altro chi deve acquistarli oppure realizzare. Meglio quindi separare all’interno di una stessa azienda i muscoli dal grasso, come per Model E e Aurobay, e riuscire a sfalsare due mondi – la nuova e la vecchia mobilità – che viaggiano a velocità differente perché, al momento, nessuno dei due può fermarsi.

    Tesla
  • Renault Mégane E-Tech, l’elettrica piena di sè

    La Renault Mégane E-Tech apre la seconda fase dell’elettrico per una casa che all’elettrico crede da 10 anni. Sono infatti oltre 400mile i veicoli BEV venduti dalla casa francese e che hanno percorso 10 miliardi di chilometri. Ed è questa la più grande ricchezza per un costruttore che ha precorso i tempi e oggi ha in gamma 3 modelli (Twizy, Twingo e Zoe) e due mezzi commerciali (Kangoo ZE e Master ZE), oltre a full-hybrid (Clio, Captur e Arkana) e ibridi plug-in (Captur e Mégane Sporter).

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    Renault Mégane
    Il valore dell’esperienza

    Allora Renault era pioniere, oggi ha una posizione di leader ed è tra le top 5 di mercato nell’elettrico che in Europa vale ormai l’8%, il 9% del segmento C che è al 39% elettrificato. La Renault Mégane arriva in questo contesto e in questa fascia con una vettura lunga 4,2 metri. È la prima auto dell’Alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi basata sulla piattaforma CMF-EV, la prima nativa per auto elettriche e dunque contiene anche tutta l’esperienza di Nissan in materia. Aerodinamica: il cx è di 0,29 per un sCX che va da 0,67 a 0,71, a seconda delle versioni, grazie anche alle maniglie anteriori a filo e le posteriori incassate.

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    Renault Mégane
    Batteria, si va per il sottile

    L’impostazione tecnica si riflette sullo stile. Il cofano anteriore è corto, il passo è di 2,68 metri e le ruote di grande diametro sono montate su cerchi fino a 20 pollici. L’altezza è di 1,5 metri è quasi da auto normale. Questo grazie ad una batteria che è alta solo 11 cm. Realizzata come al solito da Renault, sfrutta celle a sacchetto fornite da LG Chem con chimica NMC a basso contenuto di Cobalto e maggiore di Nickel. La versione da 40 kWh è composta da 8 moduli da 24 celle ciascuno a un singolo strato, quella da 60 KWh ha 12 moduli da 24 in due strati, ma il volume del contenitore in alluminio che le contiene e protegge è identico.

    Renault Mégane
    Triplo circuito, doppio filo

    La densità di energia per volume è di 600 Wh/litro, il 20% in più rispetto alla Zoe. Cambia ovviamente il peso: 290 kg per la prima e 394 kg per la seconda. La tensione è di 400 Volt. La gestione termica è affidata a 3 circuiti dei quali uno a liquido (prima volta per Renault) con tubi in estruso alti solo 18 mm, uno a pompa di calore che interagisce con l’abitacolo e un altro con il motore. Quest’ultimo, costruito anch’esso da Renault, è un sincrono a magneti permanenti e rotore avvolto senza utilizzare terre rare. Ha 8 poli, pesa 145 kg completo di inverter e trasmissione ed è raffreddato anche ad olio. La massa totale della vettura va da 1.513 a 1.636 kg.

    Renault Mégane
    Ricarica predittiva

    L’interazione con la batteria permette di avere sempre la temperatura corretta. In particolare, per gestire in modo predittivo la ricarica. Una volta decisa la colonnina presso quale ricaricarsi, il sistema di navigazione istruisce il sistema di raffreddamento per portare la batteria fino a 35 °C, la temperatura ideale per accorciare i tempi preservando la salute dell’accumulatore. Tale strategia è stata utilizzata per la prima volta da Tesla. La garanzia è per 8 anni o 160.000 per un’efficienza di almeno il 70%. C’è inoltre la possibilità di certificare lo stato di salute (State of Health).

    Renault Mégane
    La sicurezza nei particolari

    Molto curata anche la sicurezza. La batteria della Renault Mégane è dotata del Fireman Access frutto della collaborazione con i Vigili del Fuoco francesi. Trattasi di un’apertura posizionata sulla parte superiore che permette di circoscrivere l’incendio di una batteria in 5 minuti invece di 1-3 ore. Sotto il sedile posteriore c’è un interruttore per scollegare la batteria dal circuito ad alta tensione. Un codice QR sui finestrini permette ai soccorritori di sapere che si tratta di un veicolo elettrico e di sapere dove di trova la batteria e quali sono i punti più favorevoli per intervenire. Tale accorgimento permette di guadagnare fino a 15 minuti per l’estrazione di una persona, un vantaggio determinante per la sua salvezza.

    Renault Mégane
    La ricarica veloce, ma alternata

    La batteria da 40 kWh è ricaricabile in corrente continua fino a 85 kW, quella da 60 kW fino a 130 kW. Per entrambe la ricarica a corrente alternata è fino a 22 kW, una bella comodità (e risparmio) perché permette di sfruttare al massimo il 74% delle colonnine presenti in Europa. La Renault Mégane in 30 minuti può così recuperare 50 km. Una scelta che conferma quella che i clienti Renault possono già trovare da anni sulla Zoe. Per la ricarica veloce, Renault parla, con grande onestà, di una potenza media effettiva di 80 kW. Dunque in 30 minuti si recuperano circa 300 km di autonomia.

    Renault Mégane
    Ecosistema Mobilize

    Renault punta ad offrire al cliente un ecosistema di ricarica facile da utilizzare grazie ai servizi di Mobilize. Per la parte domestica, ci saranno wallbox con servizio di sopralluogo e installazione. Per la parte pubblica, si potrà accedere e pagare presso 260mila colonnine in tutta Europa. Per l’Italia si parla di 24mila colonnine e 26 reti. In preparazione c’è anche l’inclusione all’interno del pacchetto della rete Ionity con tariffe preferenziali. C’è il soccorso nel caso si rimanga senza energia per strada.

    Renault Mégane
    Cambio momentaneo

    Il servizio Switch Car che permette di prendere temporaneamente una Renault “termica” nel caso ci si debba recare in un luogo poco servito da colonnine di ricarica 10, 20 o 30 giorni all’anno con chilometraggio illimitato. Il tutto può essere gestito tramite l’app che interagisce a distanza con la vettura permettendo di programmare viaggi, processi di ricarica, climatizzazione e guidare altre funzioni della vettura oltre che fungere anche da sistema di pagamento e prenotazione.

    Renault Mégane
    Sterzo da corsa

    Oltre agli elementi di elettrificazione, la Renault Mégane ha molti punti di interesse. Lo sterzo è straordinariamente diretto (12:1), le sospensioni posteriori sono multi-link e il baricentro è di ben 9 cm più basso della precedente Mégane. Da rimarcare anche il sistema infotelematico basato su Android con schermo da 9” orizzontale o 12” verticale, dunque dotato di un sistema di riconoscimento vocale assai potente e potenzialmente capace di ospitare qualsiasi tipo di app per allargarne le funzionalità.

    Renault Mégane
    Aggiornamento costante

    Ovviamente è aggiornabile over-the-air, così come altre 20 centraline della vettura, comprese quelle che riguardano la gestione dell’energia e dei dispositivi di sicurezza. La strumentazione è digitale su display da 12” e volutamente priva di palpebra. Interessante l’integrazione a scomparsa delle bocchette per la climatizzazione. Il sistema di illuminazione interna cambia colore ogni 30 minuti seguendo il ciclo circadiano per aumentare il benessere a bordo. Le sellerie interne per alcuni allestimenti utilizzano tessuto e TEP riciclati al 100% e si trova la prima applicazione del Nuo, un materiale composto da vari fogli di legno incollati con un mastice ed un tessuto a basso impatto ambientale.

    Renault Mégane
    Quattro livelli di recupero

    La versione da 96 kW e 250 Nm, raggiunge 150 km/h e accelera da 0 a 100 km/h in 10 s. Quella da 160 kW e 300 Nm arriva fino a 160 km/h e fa lo 0-100 in 7,4 s. Per la prima si po’ avere la batteria da 40 kWh e 60 kWh con autonomie rispettive di 300 e 470 km che scende a 450 km con il motore più potente. I consumi vanno da 15,5 a 16,1 kWh/100 km. Il guidatore può selezionare 4 modalità di guida (Comfort, Sport, Eco e Perso) e altrettanti livelli di recupero attraverso le levette dietro al volante. I tecnici francesi hanno scelto di non avere il one-pedal drive.

    Renault Mégane
    La scommessa dei prezzi

    Il listino della nuova Renault Mégane prevede tre allestimenti (Equilibre, Techno, Iconic) più due dedicati alla clientela business con prezzi a partire da 37.100 euro. La versione Techno con batteria da 60 kWh è finanziabile con un acconto del 20%, 36 rate da 300% e il resto è costituito da valore residuo garantito. Innovativa la possibilità di interagire con la rete attraverso WhatsApp, sia quello sul proprio smartphone sia sul sistema di bordo.

  • Renault, solfato di Nickel per le batterie grazie alle biotecnologie e ai batteri

    Renault si approvvigionerà di solfato di nickel estratto grazie ai batteri. La casa francese ha infatti firmato un accordo con Terrafame per la fornitura di materiale utile alla fabbricazione di batterie per una capacità di 15 MWh all’anno. Abbastanza per 300mila auto elettriche, con un processo ad alta sostenibilità e perfettamente trasparente.

    Il bacillo amico

    Questo processo si chiama biolisciviazione o, in inglese, bioleaching. Consiste nel trattamento di metalli solforati attraverso i batteri come il Tiobacillus Ferrooxidans. Tali batteri svolgono un’azione ossidante permettendo dunque la formazione di composti dello zolfo o del ferro in modo propriamente biologico, senza l’aggiunta di reagenti altamente inquinanti come il cianuro.

    Terrafame

    La biolisciviazione rientra nelle bioidrometallurgia, ovvero nei processi di estrazione in soluzione con elementi biologici, dunque organismi viventi, prevalentemente microbici. È dunque un metodo davvero ecologico perché non comporta l’emissione di alcuna emissione tossica, tantomeno climalterante visto che il carbonio non è coinvolto.

    Dalla Finlandia per l’Europa

    Questo particolare permette di abbattere del 90% il consumo di energia e del 60% l’impronta di carbonio rispetto alla media dell’industria che produce solfato di nickel. Il processo inoltre si completa in un unico sito (Sotkamo, in Finlandia) ed è dunque perfettamente tracciabile. Terrafame è il più grande produttore di Nickel in Europa e ha un fatturato di 338 milioni di euro.

    Terrafame

    Il processo messo a punto da Terrafame prevede la frantumazione del materiale grezzo lungo 4 stadi che porta ad avere pezzettini da circa 8 mm di diametro. Si creano mucchi da 400×1.200×8 metri che vengono svuotati a ciclo continuo formando un mucchio di pari dimensioni dove viene fatta circolare la soluzione biologica contenente i batteri.

    Oltre 20 anni di studi

    La ventilazione favorisce la reazione aerobica. La soluzione è a circuito chiuso e fornisce, attraverso trattamenti opportuni lungo il percorso, la precipitazione dei composti che alla fine vengono neutralizzati e purificati. A questo punto i materiali da consegnare al cliente sono pronti.

    bioliscivazione

    La biolisciviazione non è una novità. I primi studi risalgono infatti alla fine del secolo scorso e l’UE ne ha finanziato uno definito Biomine (Biotechnology for Metal bearing materials in Europe) iniziato nel 2004 e terminato nel 2008. Il coordinamento è stato del Bureau de Rechearches Geologiques et Minieres (BRGM, l’ente minerario francese).

    La risposta ambientale all’economia

    L’obiettivo di Biomine era esplorare le potenzialità delle biotecnologie all’interno dei processi di estrazione. La conclusione è stata che «è possibile utilizzare la biotecnologia per ampliare il potenziale della produzione dei metalli entro i confini europei, con la possibilità che i processi non vadano incontro ad una grave minaccia ambientale».

    Biomine

    Una conclusione che ha un carattere scientifico, industriale e anche geopolitico ed ambientale. Terreni sui quali l’UE e l’economia stanno facendo sforzi enormi. Gianluca De Ficchy, direttore Acquisti dell’Alleanza Renault-Nissan ha dichiarato che il proprio obiettivo è abbattere la carbon footprint del 30% entro il 2030.

    Accorciare e concentrare la catena

    Un pezzo del processo che porterà all’annullamento per Renault nel 2040 in Europa. Ulteriore dimostrazione che, per raggiungere l’obiettivo UE del 2050 è necessario coinvolgere tutta la catena del valore. E occorre renderla trasparente, più concentrata e più corta. Dunque, se il mercato è l’Europa, occorre fare tutto in Europa.

    Gianluca De Ficchy

    E questa è un’occasione per creare economia “verde”, rendendola accettabile anzi desiderabile. In gioco ci sono la dipendenza della UE dalle materie prime fondamentali e il rafforzamento del suo ruolo strategico nello scacchiere economico e politico mondiale.

    Tutti i pezzi al loro posto

    Dal canto suo Renault sta cercando di costruire tale catena del valore, con l’obiettivo di fabbricare batterie con impatto ambientale sempre più basso e recuperabili, sia per un riutilizzo secondario sia per riciclarne i materiali. Il nucleo di questa strategia è la Re-Factory di Flins e altri due elementi.

    Flins Renault

    Il primo è l’alleanza con Veolia e Solvay per riciclare almeno l’80% dei componenti chimici. Il secondo è l’accordo con Vulcan Energy Resources per l’utilizzo di litio geotermico a bilancio di CO2 negativo. Con il Nickel da biolisciviazione, Renault “ripulirebbe” un altro dei tre elementi chimici base delle batterie.

    Leggi l’articolo sull’accordo di Renault con Vulcan Energy Resources per il litio geotermico

    Poi toccherà a rame e cobalto?

    L’altro è il Cobalto, il più critico per costi e provenienza, con la prospettiva di ridurne l’utilizzo fino ad annullarlo del tutto. Va detto che anche il Cobalto è ottenibile attraverso la bioliscivazione, così come lo zinco e soprattutto il rame, altro materiale fondamentale per l’elettrificazione e sempre più caro.

    Cobalto

    Ne fa ampio utilizzo il motore della nuova Mégane EV, del tipo ESM, con i magneti in terre rare sostituiti da filamenti di rame. Resta da dire che l’idrometallurgia è la strada principale per il riciclo dei componenti delle batterie, anche per Renault. E chissà che in quel caso i micro organismi non possano essere un giorno d’aiuto “ripulendo” anche questo tipo di processi.

    L’obiettivo condiviso

    L’obiettivo finale comune è costruire una catena del valore circolare e controllabile in ogni suo segmento che abbracci l’automobile a monte e a valle. Questa è la via maestra delle zero emissioni.

    Renault Megane
  • Luca De Meo (Renault): le batterie durano molto più di quanto ci aspettassimo. Dentro c’è valore da scoprire

    Le batterie delle automobili elettriche durano molto di più di quello che ci aspettassimo. Parola di Luca De Meo in occasione di una tavola rotonda con i giornalisti italiani presso la sede di Renault Italia. Il nuovo amministratore delegato di Renault è tornato al suo primo luogo di lavoro per incontrare il personale, i concessionari e infine la stampa.

    Luca De Meo Renault Italia
    Separare la batteria dal veicolo

    Diversi i temi affrontati, ma il più sorprendente è proprio quello delle batterie. Nei mesi scorsi Renault ha iniziato a parlare di nuovo del battery swap, soluzione che provò nel 2009 insieme a Better Place e che è stata resuscitata da Nio. La discussione è partita da qui e ha permesso a De Meo di precisare meglio.

    Leggi l’articolo sulle batterie allo stato solido tra Apple e Nio

    Luca De Meo

    «Quello che abbiamo detto è che avremmo lavorato sull’idea di separare più facilmente la batteria dall’auto. Le applicazioni di battery swap sono interessanti per le microauto da città e alcuni veicoli commerciali. Quando si parla di batterie grandi e ad elevato voltaggio, diventa molto più complicato e pericoloso».

    Renault Zoe
    L’esperienza paga

    «Noi siamo i primi, oltre Tesla, che vedono ritornare indietro le batterie dopo 10 anni. Sappiamo costruire le auto elettriche e le batterie, sappiamo come ripararle e sappiamo anche quali sono le loro prestazioni nel tempo e ci siamo resi conto che le nostre batterie hanno una durata molto più lunga di quella che prevedevamo».

    Renault Twingo elettrica scritta posteriore

    De Meo ha evidenziato due aspetti fondamentali: la validità effettiva di una tecnologia e la nozione di valore. «La batteria per assurdo sopravvive a più cicli di proprietà e di vita del prodotto. È un po’ come per le case: sopravvivono a più famiglie e a più generazioni. La batteria dunque va gestita un po’ come un assett immobiliare. È quello che devi separare».

    Luca De Meo
    Valore a tre zeri

    «Noi abbiamo tante tante batterie perché abbiamo venduto sin dall’inizio le Zoe con la batteria in leasing e che rimanevano in carico al costruttore. Queste batterie funzionano, se si riutilizzano in rack di stoccaggio e si ricicla almeno l’80% dei materiali per le nuove batterie lì dentro c’è molto valore. E non si parla di centinaia di euro, ma molto di più».

    Renault advanced battery storage

    «Per questo – ha continuato De Meo – stiamo lavorando affinché vi sia un valore certo o quasi certo che possiamo anticipare al cliente dall’inizio. E questa è una delle cose sulle quali Renault avrà un grande vantaggio competitivo». In parole povere: le Renault elettriche costeranno di meno grazie al valore già creato con le attuali batterie.

    Renault Zoe
    Ricicloni esemplari, senza saperlo

    Ma c’è un altro aspetto che, derivato dalla durata della batterie, ha creato un business non previsto. «Renault è il primo operatore di riciclo in Francia: facciamo oltre un miliardo di fatturato e abbiamo creato, senza volerlo e senza neppure che fosse strategico, un business che possiamo moltiplicare per 4 e per 5 e che vogliamo seguire per fare vera economia circolare».

    Leggi l’articolo per il riciclo made in Italy delle batterie al litio

    Luca De Meo

    La batteria agli ioni di litio è dunque una tecnologia che funziona. Secondo Renault, più di quello che ci si aspettasse. Questo ridimensiona la corsa tecnologica a batterie sempre più durevoli. Oggi sono garantite generalmente per 8 anni o 160.000 km. Serve spingersi fino a 2 milioni di chilometri come alcuni stanno facendo?

    Nio
    Il fulcro è la batteria

    Tale durata sta cambiando il modello di gestione del valore. Quest’ultimo coincide con il modello di business di chi finanzia la vettura, dunque le società di leasing e noleggio, captive o quelle emanazione di banche. Ecco perché anche le società di noleggio a lungo termine stanno cambiando la gestione dei veicoli.

    Luca De Meo

    ALD Automotive, società leader di noleggio a lungo termine, ha annunciato che passerà ad una gestione multi-ciclo: 3-5 anni di lungo termine, 1-2 anni di breve termine o leasing a privati e 1-2 anni in car sharing. E quando non saranno più utilizzabili, li rivenderà direttamente o li rottamerà.

    Renault elettriche future
    Finché morte non li separi

    È l’esatto contrario di quanto accadeva in passato: passaggio veloce dei veicoli in flotta affidando la loro rivendita a società terze o a contratti di buy-back. Il futuro invece è possedere e controllare il veicolo fino alla sua estinzione ed oltre sapendo che la batteria è destinata a sopravvivergli e a creare ulteriore profitto.

    Questa ridondanza del valore permette di ridurre il rischio e dunque il prezzo, sia all’acquisto sia su rata o canone. È infine evidente che c’è un ulteriore valore che sopravvive alla batteria stessa e che riguarda le materie prime che la compongono. Valore aggiuntivo potrà essere creato con processi di riciclo efficienti.

    Luca De Meo
    Circolare, sostenibile, profittevole

    Tali evoluzioni, oltre a promettere una diminuzione dei prezzi di acquisto, preparano anche il terreno a due aspetti fondamentali. Il primo, è lo stimolo a creare un’economia circolare anche da parte della case automobilistiche, al di là degli obblighi di legge. La Re-Factory di Renault a Flins ha questo scopo.

    Renault gamma ZE e E-Tech

    Il secondo è che l’elettrificazione possiede un’imprevedibilità positiva che crea nuove opportunità, anche sul territorio, e un clima favorevole intorno alla transizione verso le emissioni zero. Renault punta entro il 2025 a lanciare almeno 10 modelli elettrici e vendere almeno il 35% con propulsione ibrida.

    Renaulution
  • Dacia Spring, arriva l’elettrica low cost a meno di 20mila euro

    La primavera manterrà la promesse. È infatti pronta ad arrivare la Dacia Spring che si annuncia a meno di 20mila euro. Il listino della piccola franco-rumena è infatti ufficialmente fissato a 19.900 euro, incentivi esclusi.

    Leggi l’articolo sulla Dacia Spring concept

    Promessa mantenuta

    La promessa era arrivata circa un anno fa, alla vigilia del Salone di Ginevra che non si è poi svolto. La promessa era in un concept che è stato praticamente copiato dall’auto di serie. Anche se quello aveva la presa lateralmente e questa l’avrà invece sulla calandra.

    Dacia Spring
    Il low cost esiste ed è anche elettrico

    La prima auto elettrica low cost dunque esiste e non poteva che essere una Dacia. Meno male, perché il marchio di Renault aveva ultimamente un po’ nascosto questa connotazione. La cavalcò invece quando nacque, praticamente in contemporanea con le compagnie aeree low cost.

    Il sogno della mobilità

    Si avverava un duplice sogno: un’auto dall’elevato controvalore insieme alla possibilità di viaggiare liberamente con pochi spiccioli. Per la prima volta, il “basso prezzo” non era più l’espressione del “vorrei, ma non posso”, ma di una scelta libera. Radicale forse, ma solida ed intelligente. E del rinnovarsi di questi sogni oggi abbiamo più bisogno che mai.

    Dacia Spring
    L’arte del momento giusto

    La Dacia arrivò al momento giusto e oggi sceglie di nuovo il prodotto giusto per riaffermare la propria missione. La Spring è infatti un piccolo suv lungo 3 metri e 70 e somiglia molto alla Duster, modello di grande successo tanto da essere per alcuni periodi il suv più venduto in Europa.

    Dalla Cina con stupore

    La Spring invece è derivata dalla Renault K-ZE, prodotta in Cina in collaborazione con la Dongfeng. La Dacia Spring ha un motore da 33 kW e accelera 0-100 k/h in 19,1 secondi: sono i dati che dichiarava la prima Fiat 127 nel 1971. Parliamo di 50 anni fa, ma siamo sicuri che oggi abbiamo bisogno di più?

    Dacia Spring
    Oltre 300 km in città

    La batteria agli ioni di litio da 26,8 kWh assicura un’autonomia di 230 km nel ciclo misto e di 305 km in quello cittadino. Il caricatore di bordo permette la ricarica in 13 ore dalla presa domestica, in 4,5 ore da wallbox o colonnina o in all’80% in 56 minuti in corrente continua a 30 kW.

    Per il privato, il car sharing e il padroncino

    La Dacia Spring promette 4 veri posti e un bagagliaio da 1.100 litri di capacità. Tre le versioni. La base è proposta a clienti privati e flotte nei due allestimenti Comfort e Comfort+. Se dovessero essere confermati gli incentivi, verrà via rispettivamente a 9.460 e a 10.960 euro.

    Dacia Spring
    Su strada da settembre

    Le prime consegne sono previste per il mese di settembre. La Business è invece pensata per gli operatori di car sharing, la Cargo omologata N1 è dedicata ai padroncini impiegati nella logistica dell’ultimo miglio all’interno delle città. La vedremo non prima del 2022.

    Lo spirito low cost

    Può la Dacia Spring essere la prima vera elettrica low cost? Sicuramente ne incarna lo spirito andando incontro a due istanze fondamentali, come il prezzo e l’autonomia, nel modo proprio delle auto low cost. Dunque largo alla concretezza: chi si muove in città vuole un’auto piccola, economica e facilmente gestibile.

    Dacia Spring
    Smart city, immagine o concretezza?

    Questa forse non è l’immagine patinata delle smart city, con le loro auto connesse e a guida autonoma e che si ricaricano in pochi minuti a suon di centinaia di kW. Però è il sunto nudo e crudo di chi ogni giorno utilizza l’automobile per muoversi. E vuole avere il modo di farlo anche in futuro.

    Dacia Spring
  • Renault 4 elettrica, inizia così il futuro vintage del marchio

    La Renault 4 elettrica sarà il primo modello della nuova ventata vintage che soffia a Parigi.

    Da quando l’italiano Luca De Meo è al vertice dal gruppo, in molti hanno iniziato ad attendersi per il gruppo francese, che naviga in grossi problemi economici e di posizionamento sul mercato da anni, un recupero dei valori rappresentati per la clientela dai modelli più significativi modelli del passato.

    Esperienza Fiat 500

    Tutto inizia anni fa, quando il giovane e promettente Luca De Meo è in Fiat. Il neo-arrivato condottiero Sergio Marchionne cerca nuovi e giovani talenti da mettere a capo di progetti chiave, primo tra tutti quello più rischioso e cruciale,.

    La riproposizione in chiave moderna della Fiat 500 che nell’immaginario collettivo riassume la capacità del marchio torinese di essere leader nelle auto utilitarie.

    Luca De Meo e Sergio Marchionne Fiat 500

    In molti storcono il naso, il progetto di recupero del modello Fiat 500 non convince tutti e il fatto che sia legato ai valori chiave del marchio – secondo i manager più ingrigiti – non consiglia affatto di affidarne il lancio a giovani risorse, magari nemmeno nate e cresciute a Torino.

    Invece è proprio Luca De Meo, giovane di indubbio talento originario di Locorotondo in Puglia e laureato alla Bocconi di Milano, proveniente da esperienze in Renault e Toyota, prima di essere messo a capo del Marketing della Fiat, a curare il lancio e il posizionamento della Fiat 500 degli Anni Duemila.

    Il resto è storia recente e ben nota, con la Fiat 500 che diventa un simbolo del nuovo design e di un vero e proprio modo di essere, Luca De Meo che passa per il Gruppo Volkswagen – dopo la Fiat – e miete ulteriori successi diventando numero uno della Seat rilanciandola e inventando il marchio Cupra, per poi approdare a Parigi.

    Renault 4 elettrica e-plein air posteriore

    Linea vintage Renault

    Il rilancio della Renault, secondo fonti vicine al numero uno De Meo riportate da Automotive News Europe, passa per la riscoperta di modelli che arrivano dal glorioso e redditizio passato degli anni Sessanta e Settanta declinati rigorosamente in versione elettrica.

    Renault 4

    Si comincerà dalla Renault 4 elettrica, compatta dalle linee anticonvenzionali che ha rappresentato un vero e proprio modo di essere nella sua lunga epoca di produzione.

    Renault 4 elettrica e-plein air muso

    Inizia la Renault 4 elettrica

    Nel 2019 il centro stile della Renault, in collaborazione con fornitori di componenti, ha realizzato la Renault 4 e-Plein Air per l’esposizione di auto d’epoca al Parco delle Esposizioni di Lione (8-10 novembre 2019).

    Renault 4 e-plein air e classica

    La versione elettrica arriva a 50 anni esatti dal lancio della Renault 4 Plein Air del 1969 ed anticipa gli studi in corso per la reinvenzione in chiave moderna della Renault 4 grazie alla trazione elettrica.

    Renault 5 turbo

    Seguirà la Renault 5 elettrica

    Secondo le indiscrezioni che arrivano dagli uffici vicini al vertice della Renault, la nuova linea Vintage con trazione elettrica del marchio si allargherà presto anche alla Renault 5, altro simbolo del successo e dei valori del marchio negli anni Settanta e Ottanta, arrivando fino agli anni Novanta con la SuperCinque.

    Renault super 5
  • Uber punta a una flotta completamente elettrica entro il 2040, alla ricerca di un consenso mai nato

    La flotta di Uber sarà completamente elettrica entro il 2040. L’azienda americana ha un piano da 800 milioni di dollari per i prossimi 5 anni e ha stipulato già accordi con General Motors, Nissan e Renault. Il piano fa seguito al Clean Air Plan e all’accordo che Uber ha già firmato nel Regno Unito con Nissan per 2mila Leaf e avere una flotta solo elettrica a Londra entro il 2025.

    Leggi l’articolo sul piano di Uber per riconquistare Londra

    Nissan Leaf
    Con GM, solo per il Nordamerica

    Il nuovo accordo con General Motors riguarda gli USA e il Canada. Gli autisti di Uber avranno uno sconto (non quantificato) per l’acquisizione dell’auto da sommare agli 8.500 dollari di incentivo. Per gli accessori di ricarica, wallbox comprese, è previsto invece uno sconto del 20%.

    Chevrolet Bolt EV
    Drivefounding

    Un’altra fonte di finanziamento saranno gli utenti: scegliendo un’auto elettrica, pagheranno una tariffa addizionale. GM Financial e Uber lanceranno inoltre un piano simile a quello britannico per Los Angeles e Denver. L’accordo è incentrato sulla Chevrolet Bolt e su tutti i modelli elettrici futuri del gruppo americano.

    Leggi l’articolo sul piano di elettrificazione di General Motors in 4 mosse

    Chevrolet Bolt EV
    Le intenzioni dell’Alleanza

    Con Nissan e Renault è stata firmata una dichiarazione di intenti. Il piano è per l’Europa e parte da Francia, Olanda, Portogallo e Regno Unito. L’obiettivo per il 2025 è avere il 50% delle corse in elettrico in 7 capitali (Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Lisbona, Londra, Madrid e Parigi), generatrici nel 2021 dell’80% del giro di affari di Uber in Europa.

    L’esempio di Londra

    Alla Francia saranno destinati 75 milioni di euro per incentivare fino a 4.500 euro ogni vettura. Anche in questo caso, il cliente finanzierà la transizione con un contributo di 3 centesimi al km per passeggero sulla tariffa ordinaria. La particolare attenzione al paese d’Oltralpe trova due motivazioni.

    Renault Zoe
    Un occhio di riguardo per la Francia

    La prima è la nazionalità di uno dei costruttori, la seconda è in un rapporto di Transport&Environment. Il documento afferma che il ride hailing avrebbe incrementato le emissioni all’interno delle grandi città e che la flotta di Uber in Francia sarebbe composta al 90% da auto diesel.

    Parigi
    La condivisione non sempre efficiente

    Transport&Environment si è segnalato negli anni scorsi per i suoi attacchi al motore al gasolio (e non al motore a combustione in quanto tale). Le auto condivise generano maggiore efficienza, ma è anche vero che, circolando in cerca di una corsa, generano emissioni, al contrario del car sharing.

    Uber
    Un problema di sistema prima che di consenso

    Questo pone un problema di bilanciamento della flotta in rapporto alla domanda e agli altri mezzi di trasporto pubblici. Uber è al lavoro per un rapporto ambientale. Nel frattempo ha recepito il messaggio per cercare quel consenso, legislativo prima che di opinione, che nel Vecchio Continente fatica a trovare. Secondo Transport&Environment il piano di Uber diminuirà entro il 2025 le emissioni di CO2 di 500.000 tonnellate.

    Uber Transport Environment
    I dati in Nordamerica

    Sono invece significativi i dati d’Oltreoceano. Prima della pandemia, lo 0,15% delle corse in USA e Canada erano effettuate da auto elettriche, il 12% da ibride e ibride plug-in, 5 volte la quota di vendita di tale tipologia di auto negli USA. Il ride-hailing genera lo 0,6% delle emissioni dell’intero sistema dei trasporti.

    Los Angeles
    Più di mille corse per autista

    Uber effettua 7 miliardi di corse all’anno nel mondo attraverso 5 milioni di autisti, la maggior parte… “ibridi”. Come è noto infatti il servizio viene effettuato spesso attraverso auto private da persone che non possiedono licenza specifica. Ed è questa la barriera legislativa che i tassisti usano per resistere a Uber.

    Taxi Roma
    Uber al contrattacco

    La mossa di Uber rappresenta anche uno strumento competitivo nei confronti dei concorrenti. Lyft ha annunciato una flotta elettrica al 100% per il 2030, ma senza promettere alcun aiuto economico. Nel 2016 GM aveva acquisito il 6,6% d Lyft con un investimento di 500 milioni di dollari.

    Lyft
    La mobilità non è per tutti

    Tale quota è stata venduta alla fine del 2019 seguita dalla chiusura di Maven, il marchio di mobilità di GM. Sorte analoga ha avuto anche Chariot di Ford, servizio di van sharing nato e morto in 3 anni. Questa tendenza è antecedente alla pandemia da Covid-19, dunque naturale.

    Maven
    Le chiavi competitive

    Alla luce anche di questo fattore il business va rivisto. Se le cose stanno così, non saranno le case a mettere più auto elettriche su strada attraverso consociate. Ci penseranno le aziende di servizio invece alle quali le case automobilistiche dovranno praticare sconti e facilitazioni per non perdere questa quota di mercato.

    Ricarica cartello
    L’elettrificazione fa gola

    Uber sta anche lavorando con BP ed EVgo per fornire servizi di ricarica dedicati ai propri autisti. E anche questa è una mossa strategica. I sistemi di pagamento dell’energia per i trasporti sono infatti un terreno di battaglia tra utility, aziende di servizi, case automobilistiche e persino industrie petrolifere.

    BP
  • Dacia Spring, nella Ginevra virtuale l’elettrica low cost diventa reale

    La primavera elettrica sta arrivando anche per Dacia che al Salone “virtuale” di Ginevra ha presentato la Spring, concept che prefigura la prima auto elettrica low cost. Trattasi tuttavia di un ritorno visto che la Spring era stata già presentata come concept di Renault al Salone di Parigi nel 2018 e poi a Shanghai l’anno successivo come modello di serie. Si chiama infatti K-ZE City ed è prodotta in Cina in collaborazione con Dongfeng. Di diverso, la Spring ha i fari con firma luminosa a doppia Y che vedremo su tutte le Dacia.

    Dacia Spring concept
    Un film francese già visto

    La notizia è però che la Spring sarà la prima Dacia elettrica dal 2021 e che in Europa avremo finalmente un’auto ad emissioni zero accessibile e dalle dimensioni davvero urbane. La Renault K-ZE è infatti un piccolo crossover che offre abitabilità per 4 persone. È lunga 3,7 metri e larga 1,6, dunque 9 cm più di una Twingo e più stretta di 5 cm. Il motore è da 33 kW e la batteria da 26,8 kWh si ricarica a casa in 4 ore o in 50 minuti all’80% a 40 kW dalle colonnine rapide con un’autonomia di 250 km.

    Dacia Spring concept
    Autonomia promessa di 200 km

    La Dacia Spring promette invece 200 km WLTP, ragionevole per una batterie dotata di capacità simile o leggermente superiore e con un motore da 45 cv. Questo spiega la velocità massima di 105 km/h. Si spera dunque in una batteria un po’ più capace e in una potenza superiore. Renault ha una banca organi piuttosto fornita per farlo utilizzando componenti di precedente generazione in modo da contenere i costi, in puro spirito Dacia. La K-ZE dichiara un peso di soli 921 kg, ma è destinato a crescere anche per la dotazione di sicurezza necessariamente maggiore per l’Europa.

    Dacia Spring concept
    Il brand potrà più del prezzo

    La Dacia Spring promette di essere la prima auto low cost. La K-ZE è offerta a circa 10mila euro, per l’Europa il prezzo sarà ovviamente maggiore. Il paradosso potrebbe essere che la sua arma migliore non sarà il prezzo, ma il brand. Dacia infatti si è guadagnata una fama di auto accessibile e di sostanza al di là della sua convenienza. Lo confermano i 6,5 milioni di unità venduti storicamente e il successo in Italia con 88.514 immatricolazioni nel 2019 (+33,4%), veicoli commerciali compresi. Il progresso per le sole vetture è ancora più marcato (36,4%) con il primato della Duster come auto straniera più venduta e del marchio come leader assoluto nel GPL.

    Dacia Spring concept
  • Renault Twingo Z.E. accende la sfida elettrica in città

    Arriva anche la Renault Twingo Z.E. ad arricchire il gruppo sempre più numeroso delle city car elettriche.

    Aspettando la Fiat 500 elettrica

    La Renault Twingo Z.E. e la Honda e (Clicca qui e leggi l’articolo che la mette alla prova) aspettano ora la Fiat 500 elettrica per dar vita a una sfida che si annuncia molto agguerrita.

    Twingo elettrica ricarica wallbox
    Renault Twingo Z.E. in ricarica alla wallbox

    L’arrivo della Fiat 500 a batterie farà infatti salire parecchio l’attenzione dei potenziali clienti italiani nei confronti della soluzione elettrica per uso cittadino. Se saranno competitive, le sfidanti ne potranno trarre vantaggio.

    La settima Renault elettrica

    La piccola Twingo Z.E. è il settimo veicolo completamente a zero emissioni introdotto dalla Renault.

    Si va ad aggiungere alla compatta Renault Zoe, al quadriciclo Twizy, ai veicoli commerciali Kangoo Z.E. e Master Z.E. e a due modelli venduti in estremo Oriente, la berlina RSM SM3 Z.E. e il piccolo SUV Renault City K-ZE, a listino rispettivamente in Corea e Cina.

    Gamma elettrica Renault in Italia

    Batteria e ricarica

    La Renault Twingo è costruita su una piattaforma predisposta per la trazione elettrica.

    La batteria realizzata con celle agli ioni di litio della LG Chem ha una capacità di 22 kWh .

    L’integrazione nel pianale non compromette in nessun modo l’abitabilità a bordo e lascia invariato il volume del bagagliaio rispetto alle versioni con motore a combustione interna.

    Renault tingo trasparenza da sopra

    La gestione termica è indicata dalla Renault come un elemento di punta della tecnologia complessiva. Il sistema di raffreddamento è infatti ad acqua e questo rappresenta una novità assoluta per la Renault.

    Batteria e caricabatterie Caméléon, lo stesso della Renault Zoe, consentono la ricarica su colonnine in corrente alternata di potenza fino a 22 kW.

    Il gruppo motopropulsore costituito da motore, riduttore e caricatore è anch’esso lo stesso della Zoe ed è prodotto a Cléon, in Normandia.  

    Renault Twingo Z.E.
    Renault Twingo Z.E.

    L’auto esce nella sua veste finale dallo stabilimento di Novo Mesto in Slovenia, che produce sulle sue linee di assemblaggio tutte le versioni della Renault Twingo.

    Motore e prestazioni

    Il motore ha una potenza di 60 kW (82 cv) ed eroga una coppia massima di 160 Nm.

    L’accelerazione da 0 a 50 km/h si effettua in 4 secondi. La velocità di punta è di 135 km/h. 

    Renault Twingo elettrica interni
    Interni personalizzabili della Renault Twingo Z.E.

    Autonomia

    La sua batteria da 22 kWh, secondo i dati forniti dalla Renault, garantisce circa 250 chilometri d’autonomia in ciclo WLTP cittadino e 180 chilometri nel ciclo WLTP Completo.

    L’attivazione della modalità di marcia Eco-Mode, sempre secondo i dati della casa, permette di raggiungere un’autonomia di circa 215 chilometri su percorsi misti.

    Renault Twingo elettrica interni dall'alto

    Frenata rigenerativa

    Il guidatore può scegliere tra tre livelli di frenata rigenerativa. Nell’impostazione più accentuata, l’auto decelera con decisione al rilascio dell’acceleratore.

    Questo permette di evitare, in molte situazioni di guida urbana, il ricorso al freno e realizza la cosiddetta guida con un solo pedale. 

  • EVA+, scusate l’anticipo

    Le reti di ricarica per le auto crescono, anche quelle che ci permetteranno di compiere lunghi trasferimenti in tutta Europa. L’ultima in ordine di tempo ad essere stata completata è quella del progetto EVA+ (https://www.evaplus.eu/): le 200 colonnine a 50 kW sono state installate sulle strade di lunga percorrenza di Italia (180) ed Austria (20) e sono operative.

    L’Europa ha pagato la metà

    EVA+ (Electric Vehicles Arteries in Italy and Austria) è un consorzio con un budget di 8,5 milioni di euro, cofinanziato fino al 50% dalla Commissione Europea nell’ambito Connecting Europe Facility  (https://ec.europa.eu/inea/en/connecting-europe-facility). Lo ha coordinato Enel servendosi di alcune sue società terze: e-distribuzione, Enel Energia ed infine Enel X che si è occupata di impiantare le colonnine sul territorio italiano. Quest’ultima è il braccio di Enel per lo sviluppo della mobilità elettrica in Italia ed è attiva anche nelle competizioni ad emissioni zero come la Formula E e la MotoE. Per le 20 colonnine sul territorio austriaco ci ha pensato la Smatrics (reti di ricarica) consociata della Verbund (energia). Fanno parte del consorzio anche BMW AG e BMW Italia, Nissan (anche attraverso Nissan Italia), Renault e Volkswagen Group Italia e Audi AG.

    Lungo i corridoi

    Il progetto è stato presentato a Bruxelles il 17 gennaio 2017 e si è concluso in meno dei 3 anni previsti. La rete di Eva+ è interoperabile (dunque si può pagare con l’app Juice Pass di Enel X) ed è composta da colonnine fino a 50 kW di potenza, due punti di ricarica ciascuna e 3 standard: CCS, CHAdeMO e Type 2. La mappa definitiva indica che sono coperte 17 regioni italiane su 20 escludendo Abruzzo, Molise e Sardegna. L’Emilia-Romagna è quella che ne ha di più (33), seguita da Lazio (30) e Lombardia (22). L’Umbria ne ha una. La distribuzione si è dunque concentrata sulle grandi direttrici del TEN-T, ovvero i corridoi europei e non ha tenuto conto di altri parametri come l’estensione della superficie, la popolazione o le vendite di auto elettriche. Eva+ è comunque la dimostrazione che i consorzi (come lo è anche Ionity) sono uno strumento che funziona poiché coinvolgono case costruttrici, società di produzione e distribuzione dell’energia e le istituzioni, prima fra tutte l’Unione Europea.

    Dalle strade alle autostrade

    La strada da fare tuttavia è ancora lunga. Le statistiche dell’EAFO (European Alternative Fuel Observatory) mostrano come in Italia ci siano 3.858 stazioni pubbliche per un parco circolante di poco più di 30mila veicoli tra elettrici e ibridi plug-in. L’Austria, ne ha pochi di più (circa 33mila), ma ha più stazioni (4.561) dunque la densità è notevolmente superiore, soprattutto per quelle veloci (oltre 22 kW) lungo le direttrici di comunicazione: 48 ogni 100 km di autostrada contro le 12 dell’Italia. In generale, emerge una segmentazione crescente dell’offerta: stazioni di bassa potenza in città e nei punti di aggregazione sociale e commerciale, potenza e velocità più elevate lungo le grandi vie di comunicazione. Per quest’ultimo capitolo è fondamentale compiere due passi successivi: aumentare i punti di ricarica rapidi (150 kW) e ultrarapidi (350 kW) e impiantarli anche lungo la rete autostradale. Visti i tempi (e le tariffe), sarebbe d’obbligo.