Volvo e il comune di Göteborg collaborano per fare della municipalità svedese – dove la Volvo è nata ed ha sede – una città neutrale dal punto di vista climatico entro il 2030.
La Volvo sta collaborando in particolare con la città svedese per la creazione di nuove zone urbane da rendere delle vere e proprie aree sperimentali per le nuove tecnologie finalizzate alla sostenibilità.
Green city zone
L’iniziativa, denominata Göteborg Green City Zone, mira a realizzare all’interno della grande città portuale un’area completamente priva di emissioni.
La Green City Zone sarà dotata di diverse modalità di trasporto a impatto climatico zero e di un’infrastruttura di connessione molto avanzata.
Utilizzando un’area della città reale come banco di prova, la Volvo potrà accelerare lo sviluppo di tecnologie e servizi nei campi dell’elettrificazione, della mobilità condivisa, della guida autonoma, della connettività e della sicurezza.
L’iniziativa Green City Zone prenderà il via nella primavera 2021 e si intensificherà gradualmente in futuro.
Robotaxi Volvo
Nell’ambito del progetto rientra il programma di Volvo di inserire all’interno della zona di test dei robotaxi gestiti dal provider di mobilità M, di cui la Volvo è proprietaria al 100%.
“Di fatto abbiamo avviato un progetto che intende limitare il numero di auto circolanti in città e che è pienamente in linea con gli obiettivi perseguiti dalla Volvo”
Ha dichiarato Håkan Samuelsson, CEO di Volvo Cars.
Che ha aggiunto: “Ciò è confermato dal nostro investimento nel servizio di mobilità condivisa M, azienda che ha sviluppato una piattaforma A.I. proprietaria per migliorare l’efficienza e l’utilizzo dei trasporti. Vogliamo partecipare attivamente alla creazione delle città del futuro e far sì che rimangano luoghi vivibili. Questa iniziativa ci offre l’opportunità di farlo e, al contempo, di assumerci questa responsabilità nella nostra città natale”.
Tecnologie sperimentali
Tra le tecnologie sperimentali vi sono soluzioni e servizi di geo-abilitazione (che garantiscono che le auto circolanti nell’area sperimentale operino in modalità solo elettrica e rimangano entro i limiti di velocità), nonché infrastrutture di traffico che possono connettersi ai dispositivi di sicurezza attiva delle automobili e consentire la condivisione delle informazioni tra gli utenti della strada.
Altri esempi di potenziali nuove soluzioni sono rappresentati dagli hub di mobilità completamente elettrica, vale a dire una rete di ricarica completa e facile da usare per le auto elettriche e dai taxi con guida autonoma.
Nel corso del 2020, grazie alla sua tecnologia di I.A. proprietaria, l’azienda di mobilità della Volvo denominata M ha dimostrato di poter ridurre la congestione stradale e le emissioni in atmosfera a Göteborg.
In città oggi, in base alle elaborazione dei dati di utilizzo, la Volvo afferma che un veicolo di M sostituisca ben otto auto private.
Neutralità climatica Volvo
Allineandosi all’obiettivo del comune di Göteborg, Volvo Cars sta riducendo gradualmente e in modo costante la sua impronta di carbonio, puntando a raggiungere la neutralità climatica entro il 2040.
Per realizzare questo obiettivo, la Casa automobilistica ha fissato una serie di traguardi da raggiungere entro il 2025.
Alcuni esempi includono la riduzione del 40% dell’impronta di CO2 per auto, vendite globali costituite per il 50% da auto completamente elettriche e per la restante parte da vetture ibride e una riduzione del 25% delle emissioni di carbonio generate dalle attività operative complessive della Casa, incluse la produzione e la logistica.
Il laboratorio di test sugli incidenti del Centro per la Sicurezza Volvo compie quest’anno venti anni. Ancora oggi è uno dei centri più avanzati al mondo.
Ci sono stato diverse volte e ogni esperienza fatta lì è indimenticabile. Vedere un test di impatto dal vivo è emozionante sul momento e stimolante a lungo termine.
Lancio dalla gru di 30 metri
Ecco il video e le foto di un’esercitazione spettacolare e costosa, ma anche estremamente preziosa per l’acquisizione di informazioni e conoscenze che permettono di salvare vite umane.
Le Volvo nuove vengono fatte cadere da un’altezza di 30 metri per simulare l’elevato livello dei danni che si riscontrano sulla scena di incidenti stradali molto gravi.
https://youtu.be/fENZTgT4JnM
Il rumore non si dimentica
Quello che fa più effetto, quando sì è fermi ad osservare, è la velocità degli accadimenti e la loro evidente irreversibilità.
Dopo l’attesa per la preparazione meticolosa degli strumenti e la verifica della corretta posizione dei sensori. Dopo il controllo della pulizia della pista di lancio e di tutto ciò che può influenzare il risultato. Dopo tutto questo, arriva il momentodell’incidente.
L’auto arriva lanciata, colpisce l’ostacolo ed emette un rumore netto, cupo e assordante.
Chi ha fatto almeno una volta l’esperienza lo sa. Quel rumore non si dimentica più.
È quel suono pauroso scolpito nella memoria il monito più efficace in molti momenti nei quali successivamente mi sono trovato a fermarmi un attimo per dare maggiore attenzione alla sicurezza di un mio viaggio.
Viene distrutta un’auto al giorno
Il Centro Sicurezza della Volvo distrugge in media almeno una Volvo nuova di zecca al giorno.
Impegnarsi per migliorare la sicurezza non significa superare un test o ottenere un attestato che certifichi un prodotto come sicuro.
Spiega Thomas Broberg, uno dei maggiori esperti in sicurezza di Volvo Cars con anzianità ventennale nel settore.
Il nostro impegno per la sicurezza consiste nello scoprire come e perché si verificano incidenti e infortuni
“Soltanto così – continua Broberg – possiamo sviluppare la tecnologia che consenta di prevenirli. Ci auguriamo che il nostro lavoro pionieristico sia per altri produttori uno stimolo a perseguire il nostro ambizioso obiettivo di ridurre gli incidenti stradali in tutto il mondo”.
La struttura
Il laboratorio per i crash test del Centro per la Sicurezza Volvo consente di ricreare innumerevoli situazioni di traffico e incidenti e di eseguire test che vanno oltre i requisiti normativi.
Il laboratorio è costituito da due piste di prova lunghe rispettivamente 108 e 154 metri. La più corta delle due è mobile e può ruotare, in modo da essere posizionata per formare angoli compresi tra 0 e 90 gradi con l’altra pista.
Questo sistema permette di effettuare crash test con diverse angolazioni e velocità o di simulare uno scontro tra due auto in movimento.
La velocità all’impatto fra le auto può arrivare fino a 120 km/h.
Area esterna
Esternamente al laboratorio con le piste per il crash test c’è altro spazio per l’esecuzione di test con ribaltamento e uscita di carreggiata dell’auto.
Anche a un test di questo tipo ho potuto assistere, in uno spazio apposito dove le auto vengono lanciate in un fosso ad alta velocità.
La Volvo mette a disposizione la struttura ai membri dei servizi di soccorso stradale perchè possano perfezionare le loro tecniche di salvataggio delle persone coinvolte in incidenti gravi.
In questo modo, gli addetti del soccorso hanno potuto sperimentare le tecniche di assistenza dal vero e non soltanto in maniera teorica.
Il nuovo simulatore di guida Volvo, secondo gli ingegneri svedesi che lo hanno sviluppato, è “il simulatore di guida definitivo”.
L’innovativo sistema di realtà mista è di evidente derivazione dal mondo dei videogiochi e rappresenta una tecnologia chiave per portare avanti nuove soluzioni per la sicurezza e per la guida autonoma.
La postazione include un sedile di guida con simulatore di movimento, un volante con feedback tattile e un visore per realtà virtuale con qualità cristallina delle immagini.
Diventa veramente difficile distinguere la realtà dalla simulazione.
Il kit da sogno per qualsiasi giocatore di videogame, insomma. Il simulatore di Volvo Cars spinge la percezione oltre il limite precedente.
Piattaforma Unity e dispositivi Varjo
Il simulatore utilizza l’avanzatissima tecnologia della principale piattaforma Unity di sviluppo 3D in tempo reale e i dispositivi professionali di realtà virtuale e mista della società finlandese Varjo per riprodurre la guida di un’auto vera su strade reali.
Ciò è reso possibile dalla combinazione di una grafica 3D ad alta definizione estremamente realistica, un visore per la realtà aumentata e una tuta intera a marchio Teslasuit in grado di fornire un feedback tattile dal mondo virtuale e di monitorare al contempo le reazioni corporee.
Questo particolare abbinamento di tecnologia software e hardware consente agli esperti di Volvo Cars di simulare infiniti scenari di traffico su un percorso di prova reale, utilizzando una vettura reale, il tutto in completa sicurezza.
I tecnici possono così estrapolare importanti informazioni sull’interazione fra le persone e la vettura da utilizzare per lo sviluppo di nuove funzionalità e dotazioni di sicurezza, assistenza alla guida e guida autonoma.
I collaudatori possono interagire con ipotetiche funzionalità di sicurezza attiva e di assistenza alla guida, provare interfacce utente di guida autonoma di prossima realizzazione, testare futuri modelli di autovetture e simulare molti altri scenari.
Il sistema può essere utilizzato su strade di prova reali oppure nel laboratorio di collaudo e ogni scenario è completamente personalizzabile.
Simulazione in diretta streaming
Un team di esperti in tecnologie innovative della Casa automobilistica ha realizzato una dimostrazione dell’utilizzo del “simulatore definitivo” di Volvo Cars nel corso di un evento trasmesso in diretta streaming dalla Open Innovation Area di Volvo.
L’anno scorso, Volvo Cars, insieme a Varjo, è stata la prima Casa automobilistica a rendere possibile la guida di un’auto reale indossando un visore per realtà mista.
Tute con feedback tattile della Teslasuit
La collaborazione esistente fra le due aziende è stata ora ampliata così da includere Unity e Teslasuit, azienda produttrice di tute intere con feedback tattile.
Secondo Casper Wickman, responsabile della divisione User Experience della Open Innovation Arena di Volvo e membro del team che ha partecipato alla diretta streaming, il simulatore permette a Volvo Cars di studiare reazioni umane autentiche in un ambiente sicuro e con un costo decisamente più basso di un test reale.
La collaborazione della Volvo con aziende come Varjo, Unity e Teslasuit ci ha permesso di testare moltissimi scenari che sembrano reali in tutto e per tutto, senza dover costruire o allestire nulla.
Spiega Casper Wickman., che prosegue: “Possiamo così provare auto reali in situazione di traffico in transito che sembrano assolutamente reali, ma che possono essere regolate semplicemente azionando un tasto”.
Visore Varjo per realtà mista
Il visore XR-1 Developer Edition prodotto da Varjo monta una serie di videocamere per creare un effetto di realtà mista e garantisce un’esperienza di realtà mista o virtuale con risoluzione ad alta definizione. Il visore XR-1 di Varjo consente di integrare nel mondo reale, senza soluzione di continuità, gli oggetti e gli ambienti creati nella piattaforma Unity.
Teslasuit
Sfruttando l’applicazione di forze, vibrazioni o movimenti, la tecnologia tattile permette di ricreare la sensazione del tatto quando si interagisce con il mondo virtuale.
Indossando l’avanzata tuta tattile intera di Teslasuit, gli specialisti di Volvo incaricati delle simulazioni possono percepire, sebbene in misura ridotta, le forze cui sarebbe sottoposto il corpo in caso di incidente, senza tuttavia correre alcun rischio reale.
La tuta consente inoltre agli ingegneri di Volvo di testare le reazioni del fisico umano studiando la variazione delle reazioni muscolari, dei livelli di stress e della frequenza cardiaca nelle situazioni di pericolo e di utilizzare poi quanto appreso per sviluppare la prossima generazione di sistemi di sicurezza volti a evitare e mitigare le situazioni di rischio.
Simulatori Unity
Gli scenari di simulazione vengono creati utilizzando i software 3D in tempo reale di Unity, l’azienda che ha sviluppato una delle piattaforme per lo sviluppo di videogiochi più popolari al mondo.
Utilizzando Unity, gli esperti di Volvo possono creare ambienti e oggetti virtuali da utilizzare nelle simulazioni o inserire un dettagliatissimo modello tridimensionale di qualsiasi auto progettata da Volvo in qualunque ambiente virtuale, valutando il prototipo in diverse condizioni di illuminazione, in luoghi e condizioni atmosferiche differenti.
Dici Volvo e subito ti viene in mente la parola sicurezza. Il marchio svedese lega infatti in maniera inscindibile il suo nome ad una serie di tecnologie volte a potenziare il livello di protezione non soltanto dei passeggeri ma anche degli altri utenti della strada, dai pedoni, a motociclisti e ciclisti.
Le ultime innovazioni degli esperti Volvo Cars, in termini di sicurezza, sono orientate allo sviluppo della tecnologia usata per assistere chi guida, riducendo così il livello di distrazione che è al primo posto tra le cause di incidenti stradali.
Smartphone e touch screen
L’aumento dell’uso degli smartphone e dei touch screen a bordo delle auto ha dato avvio a un dibattito sempre più ampio sui pericoli della distrazione quando si è al volante.
La ricerca sulla sicurezza e nell’ambito delle scienze comportamentali condotta dalla stessa Casa automobilistica suggerisce che la tecnologia moderna a bordo dell’auto, se utilizzata correttamente, può ridurre attivamente la distrazione, aumentare la sicurezza stradale e aiutare le persone a migliorare lo stile di guida e il livello di concentrazione quando al volante.
‘È facile pensare che i telefoni e gli schermi siano l’unica piaga che affligge i guidatori moderni, quando è la vita nel suo complesso a distrarre le persone – ha dichiarato Malin Ekholm, responsabile del Centro Sicurezza di Volvo Cars.
Sappiamo che le persone non si distraggono di proposito, eppure succede. Può capitare di essere in ritardo a prendere i figli all’asilo e di essere quindi un po’ in tensione. Oppure di mettersi al volante dopo una brutta giornata di lavoro. Tutto questo si ripercuote sul modo in cui si guida’.
Controllo vocale
Volvo Cars utilizza la tecnologia attivamente per contrastare i pericoli legati alla distrazione e costruire automobili che possono definirsi fra le più sicure in circolazione. Ad esempio, i suoi sistemi di sicurezza attiva con frenata automatica e assistenza allo controllo dello sterzo sono progettati per essere pronti a intervenire nel caso in cui il conducente perda la concentrazione o si distragga per una frazione di secondo.
All’interno dell’abitacolo della nuova XC40 Recharge, un controllo vocale avanzato, disponibile sul nuovo sistema di infotainment Android di Volvo Cars, permette al conducente di regolare la temperatura, impostare una destinazione, riprodurre la musica e i podcast preferiti o telefonare alla mamma il giorno del suo compleanno, il tutto tenendo le mani sul volante.
‘’Poter impostare a voce le funzionalità principali della propria Volvo consente di tenere le mani sul volante e gli occhi sulla strada – ha aggiunto Malin Ekholm – . I sistemi di sicurezza attiva, come le funzioni City Safety, Run-off Road Mitigation e Oncoming Lane Mitigation con assistenza al controllo dello sterzo, possono essere paragonati a un paio di occhi in più che vegliano su chi è a bordo’’.
Monitoraggio del conducente
Volvo Cars ritiene che la distrazione possa essere ridotta anche attraverso telecamere a bordo vettura e altri sensori che monitorano il conducente. Queste tecnologie consentono infatti all’auto di intervenire autonomamente nel caso in cui un conducente chiaramente distratto (o in stato di ebbrezza) non risponda ai segnali di avvertimento e rischi un grave incidente potenzialmente mortale. Tale intervento potrebbe comportare la limitazione della velocità dell’auto, una segnalazione al servizio di assistenza Volvo on Call e, in ultima istanza, il rallentamento attivo e il parcheggio in sicurezza dell’auto. Volvo Cars ha in programma di avviare l’introduzione di queste telecamere sulla prossima generazione della sua piattaforma scalabile per veicoli SPA2.
Sessant’anni fa l’invenzione delle cinture di sicurezza
Lo scorso anno, in materia di sicurezza, Volvo ha ricevuto un riconoscimento da Dekra per il proprio contributo alla Sicurezza stradale in virtù dell’invenzione delle cinture di sicurezza, che proprio nel 2019 hanno compiuto 60 anni di vita
‘’Non posso che essere orgoglioso di ricevere questo premio e di lavorare per un brand come Volvo – ha commentato Michele Crisci, Presidente Volvo Car Italia ricevendo il premio -. Non solo Volvo ha inventato un dispositivo decisivo ai fini della salvaguardia della vita di chi viaggia in auto; lo ha anche reso disponibile a tutti i costruttori, contribuendo così di fatto a salvare tantissime vite umane sulle strade di tutto il mondo, a bordo di auto di ogni marca. Questa è Volvo e questo è il modo in cui noi intendiamo la sicurezza: condivisa, per il bene di tutti’’.
Realizzata da Volvo Cars nel 1959 grazie al lavoro dell’ingegnere Nils Bohlin, si stima che la cintura di sicurezza a tre punti abbia salvato oltre un milione di vite umane in tutto il mondo grazie alla decisione della Casa di condividere l’invenzione nell’interesse di un miglioramento delle condizioni di sicurezza del traffico. Da allora, Volvo Cars ha continuato a dare la precedenza al progresso sociale rispetto al semplice vantaggio finanziario mettendo in evidenza la questione fondamentale dell’ineguaglianza nello sviluppo dei sistemi di sicurezza per le auto.
La rivoluzione dei tre punti di ancoraggio
Era il 13 agosto 1959 quando veniva consegnata la prima automobile al mondo dotata di serie delle cinture di sicurezza a tre punti di ancoraggio – una Volvo PV544 – presso il concessionario Volvo nella cittadina svedese di Kristianstad. Nei successivi 60 anni, la cintura di sicurezza a tre punti di ancoraggio si è dimostrata il principale equipaggiamento singolo di sicurezza di un’automobile e appresenta l’innovazione più significativa in tema di sicurezza dei 130 anni di storia dell’auto.
Ha salvato ben più di un milione di vite umane, anche in virtù di un’attivazione efficace, con un semplice movimento della mano. Fu verso la fine degli anni ’50 grazie all’ingegnere Volvo Nils Bohlin, che la cintura di sicurezza si è evoluta approdando al suo design attuale. Prima di quel modello esistevano diversi tipi di cintura di sicurezza e fin dagli anni ’30 i medici statunitensi hanno cominciato a fare pressione affinché le automobili fossero dotate di cinture di sicurezza.
La cintura addominale a due punti di ancoraggio
La cintura addominale a due punti era la soluzione più comune, ma esistevano anche diverse varianti della cintura di sicurezza a tre punti.
Il problema era che non proteggevano a sufficienza i viaggiatori, specialmente alle alte velocità.
L’ex ingegnere aeronautico Nils Bohlin – che prima di essere assunto presso Volvo aveva lavorato, tra l’altro, allo sviluppo di sedili eiettabili – comprese ben presto le forze generate durante una collisione.
La cintura ideale doveva assorbire le forze nella zona giusta, attraverso il bacino e il torace, dove il corpo umano è più robusto. Allo stesso tempo, doveva essere facile da utilizzare e regolare.
Disegno a V con la punta in basso
Le particolarità del design di Nils Bohlin erano date dal fatto che il sistema era composto da una cintura addominale e da una cintura toracica diagonale, che le fasce erano ancorate in un punto situato in basso accanto al sedile, che la geometria della cintura assomigliava ad una “V” con la punta rivolta verso il pavimento e che la cintura restava in posizione e non si muoveva anche sotto carico. Gli stessi identici principi valgono ancora oggi.
I primi modelli
Sul mercato del Nord Europa, la Volvo PV544 e la Volvo Amazon furono le prime automobili a presentare questa innovazione.
Brevetto aperto e la sicurezza è per tutti
Volvo è stato quindi il primo costruttore automobilistico ad equipaggiare le sue vetture con le cinture di sicurezza a tre punti come dispositivo di serie. L’invenzione venne brevettata con quello che è noto come brevetto aperto, ossia chiunque volesse poteva ottenere la concessione del libero utilizzo del design.
A quel punto era stato compiuto un passo da giganti verso una maggiore sicurezza, ma ci sarebbero voluti ancora alcuni anni prima che i consumatori e l’industria automobilistica comprendessero la validità della soluzione.
Oggi è uno standard mondiale
Oggi le auto in tutto il mondo sono equipaggiate con la cintura di sicurezza a tre punti.
La moderna cintura di sicurezza è la colonna portante del sistema di sicurezza interno dell’automobile, integrata da altri dispositivi come gli airbag, i pretensionatori e i limitatori di forza.
La cintura si posiziona correttamente durante un impatto – il pretensionatore tende la fascia che poggia sul torace, quindi si allenta proprio al momento giusto, così che il corpo venga trattenuto il più delicatamente possibile. Tutto ciò in pochi millesimi di secondo.
L’auto elettrica dà reali vantaggi sull’impronta di CO2 solo dopo 50mila km. E solo se è alimentata ad energia eolica. Ce ne vogliono 78mila con il mix energetico europeo e addirittura 112mila con quello medio globale. Non è una scoperta, ma un’ammissione e l’ha fatta la Polestar, il marchio elettrico che fa capo a Geely e stretto parente di Volvo.
Polestar 2 contro Volvo XC40
Il calcolo è stato effettuato secondo gli standard 14044 e LCA (Lyfe Cycle Assessment) dell’ISO. Dunque sono stati considerati il prima, il durante e il dopo della vita della vettura: materiali, produzione, logistica, vendita, utilizzo e infine recupero e riciclo. I riferimenti sono la nuova Polestar 2 elettrica e la Volvo XC40 dotata di motore a combustione interna.
I risultati sono in un documento di 38 pagine intitolato semplicemente “2”. È pieno di numeri, ma forse il più sconvolgente è che in un’automobile ci sono oltre 10mila materiali diversi riconducibili a circa 70 categorie. Dati che misurano la complessità di questo business e le sfide da affrontare per intraprendere cambiamenti radicali.
…in un’automobile ci sono oltre 10mila materiali diversi riconducibili a circa 70 categorie. Dati che misurano la complessità di questo business e le sfide da affrontare per intraprendere cambiamenti radicali
Pesi diversi per le emissioni
Calcolando una vita di 200.000 km, la XC40 produce 58 tonnellate di CO2 dunque un’impronta di 290 g/km di CO2. La Polestar 2 si ferma a 50 tonnellate (250 g/km) che diventano 42 (210 g/km) se utilizzata in Europa e 27 (135 g/km) con energia eolica. La sola produzione delle batterie comporta emissioni per 7 tonnellate dunque dall’8,3% al 38,6% del totale.
La sola produzione delle batterie comporta emissioni per 7 tonnellate dunque dall’8,3% al 38,6% del totale
Gallina vecchia fa basse emissioni
La XC40 utilizza materiali che impattano meno (14 tonnellate di CO2 contro 17). Il costo ambientale di produzione è praticamente identico (2,1 contro 2,2), leggermente più alto per il fine vita (0,6 contro 0,5). I dati del prima e del dopo sono identici nonostante la XC40 si fabbrichi in Europa e la Polestar 2 in Cina. Segno che l’industria usa standard globali identici a livello ambientale.
Per alcuni materiali Volvo fornisce anche dati precisi sul loro recupero. L’alluminio in fusione è al 96%, quello lavorato al 62%. L’acciaio standard e quello inossidabile al 63%, Volvo si tiene per sé il tasso relativo agli acciai speciali prodotti internamente. Si può recuperare la metà dei materiali grezzi e addirittura il 98% dei polimeri.
Due impronte nettamente diverse
Nettamente diversi anche entità e mix di carbon footprint a livello produttivo. La Polestar 2 ha un impatto superiore di circa il 40% rispetto alla XC40 e il suo mix è: 29% alluminio, 29% batteria agli ioni di litio, 17% acciaio e ferro, 10% elettronica e 7% polimeri. Per la Volvo: 34% alluminio, 34% acciaio e ferro, 13% elettronica e 11% polimeri.
Ripulire i processi
Ci sono margini di miglioramento a livello industriale. Volvo ha già detto che è possibile ridurre nel 2025 su approvvigionamento, fabbricazione e utilizzo l’impronta di CO2 del 25% rispetto al 2018. Il problema è che in quella data Volvo vuole vendere il 50% in elettrico e, contemporaneamente, abbattere l’impronta di CO2 del 40% con prodotti però intrinsecamente più impattanti.
Qual buon vento
Nella fase dell’uso la XC40 emette 41 tonnellate di CO2 (205 g/km). La Polestar, calcolando un consumo medio di 19,8 kWh/100 km, ne genera 23 con il mix energetico globale. Si scende a 14 in Unione Europea, e a 0,4 con energia eolica. Considerando che un albero assorbe da 10 a 50 kg di CO2 all’anno, 400 kg si possono bilanciare in modo relativamente facile.
La strada è molto lunga
Da questi numeri si traggono i punti di pareggio ambientale citati all’inizio. I 200.000 km sono la percorrenza di un’automobilista medio europeo in 16 anni e mezzo, 20 anni per un italiano. I dati di emissione considerati sono superiori del 25% a quelli dichiarati: la media della XC40 è di 163 g/km, il consumo WLTP della Polestar è di 15,6 kWh/100 km.
Il confronto mancato
A livello metodologico, la maggiorazione è dovuta a fattori logistici. Per l’auto a combustione interna ci sono i costi ambientali dovuti a estrazione, raffinazione e distribuzione. Per l’elettrica c’è la dispersione dell’impianto di ricarica. C’è solo da chiedersi perché tale raffronto non sia stato fatto con la XC40 elettrica che consuma leggermente di più (16,8 kWh/100 km).
Il contesto energetico
Il problema è di sistema energetico. A livello europeo, siamo vicini all’obiettivo del 20% di consumo per il 2020 e l’Italia ha già raggiunto il proprio del 17% nel 2018. La produzione di energia verde nel nostro paese sfiora il 40%. L’obiettivo della UE è essere carbon neutral nel 2050, Volvo ci arriverà, come altri costruttori, nel 2040.
L’industria conduce, la politica segue
L’industria è dunque più avanti della politica. Per dispiegare tutto il potenziale dell’auto elettrica non bastano gli incentivi all’acquisto, ma bisogna agire sul sistema energetico. Anche Volkswagen ha compiuto uno studio simile con risultati che parlano chiaro: al momento, il pareggio di impronta di CO2 tra una e-Golf e Golf TDI a 125.000 km.
L’industria è dunque più avanti della politica. Per dispiegare tutto il potenziale dell’auto elettrica non bastano gli incentivi all’acquisto, ma bisogna agire sul sistema energetico
Il valore dell’onestà
«I costruttori di automobili nel passato non sono stati chiari con i clienti sull’impatto ambientale dei loro prodotti. Abbiamo bisogno di essere onesti, anche se la lettura dei dati crea imbarazzo» ha scritto Fredrika Klarén (foto sotto), responsabile per la Sustainability in Polestar, commentando i dati della ricerca prodotti dal costruttore svedese.
La consapevolezza sta a zero
Con questo rapporto Polestar rilancia quanto già detto da Volvo: occorre trasparenza da parte di tutta l’industria e arrivare ad un metodo di calcolo comune dell’impronta di CO2. L’obiettivo è mettere il cliente nella condizione di compiere la scelta giusta e dargli la consapevolezza che la rotta verso le emissioni zero è obbligata, ma tutt’altro che facile.
Sabato 26 settembre 2020 sarò al Verde e Blu Festival di Milano. La manifestazione segue una serie di precedenti esperienze degli organizzatori che hanno dato vita anni fa al festival dell’Energia.
Sabato 26 ore 18,15 – Rivoluzione mobilità
Condurrò l’incontro in piazza Gae Aulenti vicino al BAM – Biblioteca degli alberi di Milano.
Saranno protagonisti con me Michele Crisci, presidente della Volvo Italia, Federica Foiadelli del Politecnico di Milano, Marco Granelli assessore alla mobilità e ai lavori pubblici del Comune di Milano, Francesco Di Lucia Team Leader della squadra corse del Politecnico di Milano.
Il dialogo sulla sostenibilità con Michele Crisci, presidente della Volvo Italia, si svolge in occasione di un incontro al quale ho partecipato insieme alla Volvo e alla Fondazione Riccardo Catella al parco BAM di Milano.
Sostenibilità dalla teoria alla pratica
Oggi si può finalmente parlare di sostenibilità in modo concreto e operativo.
Un dialogo sulla sostenibilità è l’occasione per individuarne tutto il potenziale come vera leva per la rinascita, soluzione intelligente che consenta la crescita socio-economica insieme alla soluzione dei problemi ambientali.
Gli obiettivi della Volvo
Volvo XC40 Recharge in ricarica
Entro il 2025 la Volvo a livello globale ha obiettivi molto ambiziosi:
portare le vetture esclusivamente elettriche a costituire il 50% delle sue vendite globali complessive;
azzerare l’impatto sul clima delle proprie attività produttive globali;
utilizzare materiali riciclati per almeno il 25% delle parti in plastica di tutte le nuove Volvo;
Volvo Cars ha infine l’obiettivo di diventare a impatto neutro sul clima entro il 2040.
Oggi sono insieme alla Volvo e alla Fondazione Riccardo Catella al parco BAM di Milano per parlare di sostenibilità in modo nuovo e operativo.
La sostenibilità sarebbe un’attitudine dell’uomo, che cerca naturalmente la costruzione di un futuro migliore.
Il ruolo dei combustibili fossili
Eppure negli ultimi due secoli è scomparsa dalle priorità della società.
Il suo accantonamento è coinciso con l’avvento dei combustibili fossili e quindi del consumo di risorse, ritenute a torto praticamente illimitate, nell’economia mondiale.
La crisi come opportunità
Adesso la sostenibilità reale e a lungo termine delle azioni umane può tornare al centro delle logiche di scelta.
Biblioteca degli Alberi – Volvo Studio Milano
Non come fine da perseguire, com’era fino a prima dell’attuale profonda crisi, ma come mezzo per creare di nuovo sviluppo, benessere e crescita socio-economica nel rispetto dell’ambiente.
La sostenibilità non consuma risorse, ma le usa e riusa. In teoria addirittura illimitatamente.
Su questa solida base l’industria e la tecnologia hanno davanti nuove sfide da vincere e nuovi prodotti da creare.
Gli impegni presi dalla Volvo
Il percorso che la Volvo si è data per perseguire una sempre maggiore sostenibilità indica tappe e obiettivi molto chiari.
Entro il 2025 Volvo Cars intende:
portare le vetture esclusivamente elettriche a costituire il 50% delle sue vendite globali complessive;
azzerare l’impatto sul clima delle proprie attività produttive globali;
utilizzare materiali riciclati per almeno il 25% delle parti in plastica di tutte le nuove Volvo;
Volvo Cars ha infine l’obiettivo di diventare a impatto neutro sul clima entro il 2040.
La Volvo e il parco BAM – Biblioteca degli alberi di Milano sono protagonisti di un incontro sulla sostenibilità dalle caratteristiche molto interessanti.
Ci sarò anch’io domani sera nel magnifico scenario del BAM e della nuova skyline milanese.
Milano mi piace molto, in modo particolare la Milano di questi anni che ha fatto del ridisegno urbano il simbolo della sua crescita sociale e culturale, oltre che economica.
BAM – Biblioteca degli alberi di Milano
Il BAM è un parco che ha dentro l’esperimento della gestione privata di uno spazio pubblico.
La Volvo Italia è azienda partner del progetto BAM con il ruolo di ambasciatore.
Appuntamento a Martedì 14 luglio ore 18,30
L’incontro di domani al BAM di Milano ha dentro tutti gli ingredienti di un momento da vivere.
Dalle 18,30 in poi, per un’oretta, parleremo di sostenibilità. Non tratteremo però l’argomento come concetto astratto .
La sostenibilità sta entrando in una nuova era, nella quale da obiettivo diventa strumento per la creazione di benessere.
Con Michele Crisci, presidente della Volvo Italia, e Kelly Russel, responsabile sostenibilità della Coima e direttore generale della Fondazione Riccardo Catella, porteremo questa idea nella quotidianità.
La mia definizione di sostenibilità
Nel 2002 ho pubblicato la mia definizione di sviluppo sostenibile, che indica la strada per raggiungere lo scenario auspicato di una sostenibilità compiuta e solida.
Lo sviluppo sostenibile non consume risorse, le utilizza.
Nel passaggio dall’era del consumo di risorse non rinnovabili all’era dell’utilizzo, c’è il mondo che abbiamo davanti.
C’è un vero e proprio intrigo cinese dietro le grandi manovre che stanno interessando l’auto elettrica a batterie nel confronto, soprattuto in Europa, con l’auto a idrogeno.
Anzi, contro l’auto a idrogeno. Perchè se in un futuro fatto di fonti rinnovabili e vettori energetici utilizzabili a zero emissioni c’è chiaramente spazio per entrambe le soluzioni, nell’auto c’è chi non la pensa così.
L’intrigo cinese su auto elettrica a batterie e a idrogeno parte dal dato di fatto che la Cina è leader mondiale nel settore delle batterie al litio. Non soltanto nella produzione ma ormai anche nello sviluppo, nonché nell’approvvigionamento dei materiali chiave. Dal litio, al cobalto, al nichel e al manganese.
Una filiera ben costruita e difesa con decisione e abilità dal governo di Pechino.
Corea e Giappone avanti sull’idrogeno
La Cina adesso passa però dalla difesa all’attacco.
In prima linea nell’auto elettrica mondiale ci sono anche i Coreani e i Giapponesi. Entrambi – come la Cina – vantano un’industria di primo piano per lo sviluppo e la produzione delle batterie e delle auto.
La coreana Hyundai e la giapponese Toyota sono però leader anche nel campo dell’auto a idrogeno, con la Hyundai Nexo e la Toyota Mirai che rappresentano i riferimenti mondiali dell’avanzamento tecnologico nella trazione con fuel cell.
La stessa cosa non vale, al momento, per le case auto cinesi. Ma proprio nel 2019 è partito un programma nazionale di sviluppo nel settore che mira a un milione di vetture a idrogeno in Cina entro il 2030.
L’intrigo cinese parte dall’Europa
In Europa le case auto cinesi hanno acquisito importanti quote di proprietà in marchi di primissimo piano.
L’intrigo cinese su auto elettrica a batterie e a idrogeno, quindi, trova proprio qui da noi il suo terreno ideale. Apparentemente neutrale rispetto ai mercati interni di Cina, Corea e Giappone ma in realtà molto sbilanciato.
La Volvo è controllata dalla cinese Geely, che ha una partecipazione molto forte anche nella Daimler e ha portato direttamente in Cina la sede della Smart.
La cinese Dongfeng è azionista di primo piano della PSA (Peugeot, Citroen, Opel, DS) e anche la gloriosa Lotus appartiene da qualche anno al gruppo Geely.
Daimler abbandona le auto a idrogeno
La notizia di questi giorni per quanto riguarda l’idrogeno è nell’alleanza tra Volvo e Daimler per produrre camion fuel cell. Nel settore del trasporto su gomma a lunga percorrenza l’idrogeno è in effetti candidato al successo nel prossimo decennio.
In Europa lanceranno veicoli pesanti a idrogeno proprio la Toyota e la Hyundai. E anche la Iveco sarà sul mercato nei prossimi anni grazie all’accordo con l’americana Nikola in un’operazione nella quale è presente anche la Bosch.
Se si accelera sul camion, però, in Europa si frena sull’auto a idrogeno. La Daimler infatti, ha annunciato l’abbandono delle auto con celle a combustibile, di cui è stata pioniera fin dalla prima generazione delle celle con tecnologia PEM alla fine degli anni Novanta.
La regia della cinese Geely in tutto questo appare determinante. Il gruppo cinese, possiede il 7,9% di Volvo Group (con il 15,7% di diritto di voto) e il 9,7% di Daimler attraverso la Tenaciou3 Prospect Investment Ltd.
Il disegno cinese, imporre l’auto elettrica e imparare sull’idrogeno
La strategia è presto detta. La Cina utilizza al massimo delle sue possibilità l’influenza sull’auto europea per far avanzare l’auto con batterie ricaricabili.
Garantisce così un grande mercato alle sue potenzialità sulle batterie al litio e permea profondamente l’industria europea anche dal punto di vista tecnologico, oltre che finanziario.
Al tempo stesso fa rallentare l’Europa sull’auto a idrogeno, togliendo possibili sbocchi a Coreani e Giapponesi. E limitando anche l’ulteriore avanzamento tecnologico dell’industria europea nel settore, quando invece le conoscenze da noi in quest’area sono tradizionalmente di primo livello.
Per l’idrogeno in Europa rimane così soltanto la nicchia dei camion, dove è più facile essere competitivi visti i diversi spazi a bordo e il minor peso economico dell’infrastruttura di rifornimento. Dove quindi anche i marchi cinesi potranno presto trovare spazio.
Mentre l’auto a idrogeno può crescere indisturbata e in modo controllato sul mercato interno, quello cinese. Accompagnando l’industria nazionale in una crescita tecnologica che, quando sarà il momento, la renderà protagonista anche in questo…
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